02-Eterno femminino-Aspasia di Mileto-17 PDF

Title 02-Eterno femminino-Aspasia di Mileto-17
Author Francesca Minotti
Course Filosofia teoretica ii
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Concezione della donna nel mondo greco. Presentazione della figura di Aspasia di Muletto, moglie di Pericle...


Description

2. Aspasia di Mileto Dal mito alla storia? In questo nostro percorso attraverso l‟ “L‟eterno Femminino”, visto da diverse angolazioni, „chiare‟ od „oscure‟, incontriamo dopo la mitica “tenebrosa” Medea, la “madre assassina” per antonomasia, ma non solo, resa tragicamente immortale nella versione tragica dataci da Euripide, un‟altra figura femminile, Aspasia di Mileto, non mitica, ma storica, anche se le poche testimonianze dell‟epoca (siamo attorno al 430 a C) ne parlano sovente in modo antitetico come “intrigante concubina, dedita ad amori mercenari”, oppure come “fedele compagna di un grande legislatore, in grado di conversare con i filosofi”. Intorno alla compagna di Pericle, straniera come Medea, “due tradizioni apparentemente inconciliabili si affrontano nell‟Atene del V secolo avanti Cristo…” (Maria Luisa Farris: Storia di una concubina, art. in Storia e Dossier, 1997). Pericle (495 a C - 429), dal greco periclès, “circondato dalla gloria”, è il grande statista ed oratore dell‟Atene democratica e nel 431 a C, tenne il famoso Discorso agli Ateniesi che può essere reso, con queste parole: “Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro modo di governare va incontro ai molti invece che ai pochi: perciò è detto democratico. Qui ad Atene noi facciamo così. Le nostre leggi assicurano giustizia uguale per tutti nelle dispute tra privati, tuttavia noi non ci dimentichiamo mai dei meriti degli eccellenti tra i cittadini. Quando uno di loro si distingue per vero merito, noi lo chiamiamo a servire lo Stato, e ciò non è un atto di privilegio nei suoi confronti, ma una ricompensa al suo merito, e la sua eventuale povertà non è d‟impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui noi godiamo si estende anche alla vita di tutti i giorni: non siamo sospettosi l‟un dell‟altro e mai diamo fastidio al nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Liberi, liberi di vivere come ci piace, rispettando le leggi, tuttavia pronti e uniti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino di Atene pur attendendo ai propri affari privati, non trascura i pubblici doveri e soprattutto non si serve dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così. 1

Ci è stato insegnato a rispettare gli Arconti (i magistrati e i giudici) e a rispettare le leggi e a non dimenticarci mai di proteggere coloro che vengono offesi. E ci è stato insegnato anche di rispettare quelle leggi non scritte che hanno dimora nell‟universale sentimento di ciò che è buono e giusto e di ciò che è nella misura del buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che si disinteressa allo Stato, noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile e benchè siano pochi coloro che sono in grado di dar vita alla politica, tutti, qui ad Atene, siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione dialettica un ostacolo sulla via alla Democrazia, anzi… Noi crediamo che la felicità sia il frutto naturale della libertà, ma la libertà sia solo il frutto naturale del giusto valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell‟Ellade e che ogni cittadino può crescere sviluppando in sè una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza ad affrontare qualsiasi situazione; è per questo che la nostra Città è il “centro del mondo” ed è aperta ad esso, per cui non rifiutiamo mai uno straniero. Qui a d Atene noi facciamo così…” (da Tucidide, Guerra del Peloponneso, II)

Nelle parole di Pericle, che sarà il compagno di Aspasia, ci sono tutti i fondamenti teorici della democrazia. Teorici, perché, di fatto, allora come oggi, verranno più volte contraddetti, soprattutto nei confronti della donna in genere e dello straniero. Questo traspare proprio nelle vicende relative alla vita di Aspasia, giunta ad Atene proveniente da Mileto, una fiorente città ionica sulla costa occidentale dell‟Asia Minore e imponente centro dell‟illuminismo greco. Aspasia molto probabilmente ebbe presto “familiarità con i problemi filosofici e scientifici, ma soprattutto fu abituata in Mileto a frequentare come donna una cerchia di uomini colti, cosa impensabile per una donna di Atene”, città in cui visse nella II metà del V secolo a C. Proprio perché donna di grande intelligenza e cultura “è comprensibile che quel suo discorrere tranquillamente con gli uomini, apparisse originale agli occhi degli ateniesi le cui spose conducevano invece una vita ritirata codificata dalla morale comune e mai si sarebbero sognate di invadere, anche con la loro semplice presenza, gli ambiti ritenuti esclusivamente „maschili‟: con la sua originalità, Aspasia divenne il simbolo di tutto ciò che altre donne non erano e non potevano essere e diventò la donna più famosa dell‟Atene del V secolo, colei che „iniziò da etera e finì da signora‟ ” (M L Farris, art. cit.). La donna “rispettabile” era, in epoca classica, cittadina ateniese solo in quanto moglie o madre del cittadino maschio; in virtù del suo sesso era però esclusa da ogni forma di vita pubblica e, ritenuta giuridicamente incapace, doveva essere perennemente rappresentata 2

da un tutore detto kurios (generalmente il padre per le fanciulle nubili, e il marito per le spose). „Generare figli legittimi – che avrebbero quindi goduto di tutti i vantaggi dell‟essere cittadini – ed essere fedeli custodi dei beni della casa‟: questa, nella sua formulazione più classica, fu l‟essenza della vita delle donne “rispettabili”. Nel mondo degli uomini potevano entrare a testa alta solo “le altre”, quelle che rispettabili non sono, e che, proprio in virtù di questa loro alterità, godono di una libertà impensabile per una donna “per bene”: sono le etere, le „cortigiane‟, cui – come viene eloquentemente espresso in una celebre frase di Demostene – gli uomini si accompagnano „per il piacere‟ non solo sessuale, e le concubine, le “compagne” cui ci si affida „per le giornaliere cure del corpo‟. “Per l‟uomo ateniese, anche coniugato, era normale perciò avere rapporti occasionali con prostitute, o intrecciare relazioni con cortigiane [etere], donne cioè che erano capaci di cantare, danzare, conversare, di assicurare agli uomini – a differenza delle ordinarie prostitute – uno svago anche intellettuale” (art, cit.). Aspasia di Mileto fu dunque una celebre etera, “cortigiana” (“prostituta” secondo i suoi detrattori). La sua casa era però frequentata dall‟elite intellettuale di Atene, secondo quanto Platone racconta nel Menesseno, e alle sue lezioni di retorica assistettero uomini importanti accompagnati dalle loro mogli e persino Socrate. Oltre a Socrate, il celebre scultore Fidia, i filosofi Anassagora e Protagora, il musico Damone, il celebre veggente Lampone, lo storico Erodoto e Ippodamo l‟architetto di Mileto. I socratici Senofonte, Echino e Plutarco la descrissero saggia, dotata delle più elevate virtù e quale la musa ispiratrice dei più alti progetti di Pericle, il grande politico e riformatore democratico in Atene che per lei lasciò la moglie, la fece la sua compagna, da lei ebbe un figlio (a sua volta chiamato Pericle), e infine, pare, la sposò. La relazione di Aspasia con Pericle, conosciuto poco dopo il suo trasferimento da Mileto ad Atene, “la vide ufficialmente nella vesti della sua pallakè […] „concubina‟ o „compagna‟, non coniugata legalmente quindi con l‟uomo che la donna frequenta. Una concubina “era considerata una proprietà sessuale esattamente come una moglie, e la violenza carnale o la seduzione di una concubina comportavano le stesse punizioni che nel caso le offese fossero perpetrate ai danni di una moglie legittima” (art. cit.). “Pericle, appena raggiunta la trentina aveva sposato una giovane donna, probabilmente una sua parente (di lei non conosciamo neanche il nome) che, secondo Plutarco (Vite) „… era già stata maritata con Ippanico e ne aveva avuto un figlio, Callia detto il Ricco. Da Pericle ebbe invece Santippo e Paralo. In seguito, poiché la convivenza non riusciva gradevole a nessuno dei due, Pericle, col suo consenso, le trovò un altro marito e prese Aspasia che amò di un amore straordinario…‟. La nascita dei due figli non impedì dunque che il matrimonio avesse fine intorno al 455. Subito dopo il divorzio, Pericle intrecciò la relazione con Aspasia […]. Nel 451-450, Pericle aveva proposto una legge che limitava la facoltà di essere considerato a pieno titolo cittadino ateniese solo ai nati da entrambi i genitori a loro volta cittadini, salvo poi chiedere al popolo che venisse legittimato il figlio che aveva avuto da Aspasia che ateniese non era: […] “… per quanto fosse cosa assai strana che una legge di cui era 3

stata fatta valere tutta la severità, fosse abolita proprio da colui che l‟aveva proposta, tuttavia le sventure domestiche patite da Pericle [il divorzio, la morte dei due figli legittimi e di una sorella], volsero l‟animo dei cittadini ateniesi a compassione, come se egli avesse già scontato la pena della sua alterigia e della sua superbia. Pensavano che fosse vittima della persecuzione di un nume avverso e che perciò gli fosse necessario l‟aiuto degli uomini, quindi gli concessero di iscrivere nella propria tribù il figlio bastardo [nothos, „non nato da giuste nozze‟, ossia „illegittimo‟] dandogli il suo stesso nome” (Plutarco, Vita di Pericle)” (M L Farris, art. cit.). “Atene 433 a C: una serie di scandali e accuse infamanti colpisce la cosiddetta „cerchia di Pericle‟, il gruppo di intellettuali e artisti che si riunisce intorno allo statista, artefice della potenza economica e culturale della città. Non riuscendo ancora ad attaccarlo personalmente, infatti, i nemici politici di Pericle mirano a gettare fango almeno sugli appartenenti al suo entourage” raggiungendo “alcune delle persone a lui più vicine: lo scultore Fidia è dapprima accusato di essersi appropriato di parte dell‟oro messo a disposizione per l‟erigenda statua di Atena nel Partenone. Poi lo stesso Fidia è accusato di empietà, asebeia, e, più o meno contemporaneamente, anche il filosofo Anassagora. Infine, un poeta comico, Ermippo, rivolge le sue accuse contro Aspasia, la donna che da diversi anni vive al fianco di Pericle: ‟In quel medesimo torno di tempo anche Aspasia, accusata dal poeta comico Ermippo fu chiamata in giudizio per rispondere di empietà. Costui inoltre la accusava di tenere presso di sè delle donne libere, che a lei chiedevano asilo, per il piacere di Pericle‟, così la nostra fonte principale, Plutarco nella Vita di Pericle… I poeti comici dunque non risparmiarono a Pericle gli attacchi più diretti e, mettendo in ridicolo alcuni aspetti della sua vita privata, fecero di Aspasia uno dei loro bersagli preferiti, presentandola costantemente nelle loro commedie come una donna di malaffare. Per loro Aspasia fu sempre e solo la „straniera‟, giunta ad Atene in cerca di fortuna, costretta per sbarcare il lunario a prostituirsi, come le innumerevoli altre donne che giungevano dall‟Oriente o dal resto del mondo greco; l‟arrampicatrice sociale che era riuscita a irretire Pericle, ad ammaliarlo con le sue arti, e che poi pensò bene di mettersi ad allevare cortigiane, procacciando fanciulle per il suo instancabile amante! Perfino il citato Plutarco, pur elogiandola per la sua saggezza e per la considerazione che per lei avevano Socrate e i suoi discepoli, riporta che “Aspasia attendeva a un mestiere punto decoroso nè onesto quale quello di allevare cortigiane”. Inoltre, per tutti i detrattori e gli avversari di Pericle, il loro figlio fu sempre e solo „il bastardo‟. Lei stessa fu da loro impietosamente soprannominata Onfale, come la leggendaria regina della Lidia per la quale l‟eroe Eracle aveva lavorato come schiavo. Cratino la definì la sua “Hera libertina” e laida „concubina‟ e del figlio che lei ebbe da Pericle, Eupoli, nella sua commedia I Demi, fa dire che ‟da tempo sarebbe un uomo se non l‟intimorisse la sventura di essere il figlio di una prostituta‟. La paragonarono a Targhelia, una bella e astuta cortigiana ionica di qualche generazione prima che si era unita a molti personaggi greci di primo piano, servendosi della sua influenza per sedurli alla causa persiana. L‟esplicito sottinteso era che Pericle fosse incatenato dal fascino di quella straniera che si serviva della propria presa su 4

di lui per scopi politici. Dopo la morte di Pericle, Aristofane nella commedia Gli Acarnesi, attribuì ad Aspasia persino la colpa dello scoppio della guerra del Peloponneso [tra Atene e Sparta]: individuava infatti la causa della guerra in un decreto di Pericle contro Megara che sarebbe stato in realtà voluto da Aspasia, irata perché proprio degli abitanti di Megara le avrebbero sottratto due delle prostitute che per lei lavoravano! Questa Atene dei processi, degli scandali, delle accuse infamanti, delle rivalità politiche, è la città nel momento del suo massimo splendore … una democrazia di nome, paradossalmente governata dal suo primo cittadino, Pericle, che “potente per dignità e senno, chiaramente incorruttibile al denaro, dominava il popolo senza limitarne la libertà”, secondo le parole dello storico Tucidide che visse in prima persona gli avvenimenti” (Maria Luisa Farris, art cit). Prendendo dunque quale pretesto il suo legame con Aspasia, Pericle fu attaccato politicamente e denigrato. Lo stesso Platone lo considerò influenzato e troppo condizionato nelle sue scelte da lei. Nel 432 Ermippo, come si è visto, le intentò un processo, accusandola di empietà e di lenocinio (di essere cioè una mezzana che accoglieva prostitute per i piaceri di Pericle). Grazie alla diretta e appassionata difesa di Pericle, Aspasia fu tuttavia assolta pienamente (“Pericle riuscì a salvare Aspasia piangendo dirottamente durante il giudizio“ ci informa Plutarco – op cit). La convivenza di Aspasia con Pericle, anche se legittima, l‟amicizia con le persone colte che osavano frequentare la sua casa affrontando la maldicenza, le dottrine filosofiche provenienti dalla Ionia (come di Ionia era Aspasia), rivolte a liberare Atene dalla superstizione mitologica riguardo agli dei, furono causa perpetua di calunnie e di acredine nei suoi confronti. Inoltre, i due tipi femminili della società ateniese – la moglie e l‟etera – si trovarono come fusi nella persona di Aspasia. Alla „moglie‟ però non si voleva concedere che vivesse durevolmente accanto al capo del governo ed esplicasse su di lui un‟azione efficace, costante e quotidiana. I cittadini di Atene, cui si insegnava che la donna eccellente è quella della quale “non si ode parlare, né per lode, né per biasimo” (Tucidide, II, 45), non furono certo grati ad Aspasia per i “consigli” dati a Pericle, il loro legislatore. Tuttavia, le pesanti ridicolizzazioni dei comici, la disapprovazione, l‟avversione e l‟odio nei suoi confronti di alcuni e degli avversari politici di Pericle, la forte invidia per l‟ammirazione che la cultura e la libertà di una donna straniera suscitavano in coloro con cui venne in contatto, non misero mai in discussione né in „crisi‟, la natura profonda del suo legame con Pericle, al quale non fu facilmente perdonato di aver fatto di una donna straniera, l‟oggetto di tutte quelle attenzioni che generalmente non andavano neppure alle mogli, e neppure riuscirono a sminuire la sua fama di donna colta, saggia e capace perfino di insegnare agli uomini istruiti e addirittura ai filosofi. Aspasia è infatti definita da Socrate sua “maestra di retorica”: “ella avrebbe padroneggiato con tale maestria la tecnica del discorso (maieutica) da insegnare al grande filosofo il metodo (poi detto „socratico‟) di portare l‟interlocutore a determinate conclusioni attraverso domande incalzanti”. (M L Farris, art. cit.)

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Dopo la morte di Pericle nel 429 durante la terribile pestilenza che devastò l‟Attica, pare che Aspasia si sia legata a Lisicle, il capo democratico che resse la città per un breve intervallo di tempo - morì infatti nel 428 – e al quale dette un figlio che fu chiamato Poriste. Aspasia avrebbe vissuto il resto della sua vita ad Atene ove morì forse nel 420 a C.

LETTURA

Aspasia di Mileto (Autopresentazione) Il mio nome si va perdendo… Mi dispiace… L‟idea di passare alla storia mi ha sempre attratta. Dire “Aspasia” e far pensare a qualcuno, essere importante nella storia, è stata, in fondo, la mia vera aspirazione. Eppure il mio nome si va perdendo… Un tempo era ricordato per vari motivi, invero non tutti onorevoli, ma ora non ci si ricorda neppure di lui, il mio amante più famoso, Pericle, il grande legislatore di Atene. Giunsi in Atene, straniera, da Mileto, sulle coste dell‟Asia minore, al seguito del grande condottiero acheo Alcibiade e subito conobbi Pericle, il quale lasciò sua moglie per avermi come compagna nella sua vita, contraendo poi con me quel matrimonio misto che lui stesso alcuni anni prima aveva censurato per legge. Atene nel V secolo aveva realizzato un perfetto progetto politico e sociale che tuttavia escludeva le donne: le confinava nella sfera di ciò che non ha pensiero, insieme ai bambini, agli schiavi, agli animali. Alle mogli era concesso solo di occuparsi della casa e dei figli. Tutte le donne dovevano accettare il silenzio, cioè rimanere invisibili pubblicamente, pena di vedersi affibbiare la poco rispettabile etichetta di concubina, di etèra, o peggio, di prostituta o di ruffiana. L‟unico ruolo socialmente rispettabile e accettato era quello di essere una moglie legittima. Una donna che poteva essere intellettuale pareva uno scherzo di natura o una perversione del carattere femminile che doveva essere contrastata con tutti i mezzi. Per una donna di Atene l‟ideale era che di lei si parlasse il meno possibile. Io, invece, Aspasia di Mileto, fui maestra di retorica, ma soprattutto divenni amante straniera di Pericle e in tal modo sfuggii alla rigida regola che escludeva le donne da qualsiasi spazio di pensiero e di autonomia. Divenni perciò un personaggio molto scomodo per la morale corrente e per la oligarchia al potere. La mia fama fu grande, le mie doti politiche e la mia eloquenza mi permisero di avvicinare i massimi esponenti della cultura ateniese. Fui maestra della raffinata arte dialettica che insegnai al mio amato Pericle e perfino a Socrate, il grande filosofo, che 6

fu assiduo alle mie lezioni. Nella mia scuola di retorica insegnai l‟amore per la parola, il suo enorme potere di persuasione, in privato come nella sfera pubblica. Indicai così chiaramente alle donne, l‟esistenza di uno spazio nuovo in cui potersi confrontare, molto diverso da quello in cui vivevano recluse per sempre e che garantisse loro di partecipare alla vita intellettuale, in un ambiente che unisse le persone colte di entrambi i sessi. Pericle mi sostenne appieno in questo mio obiettivo: aveva capito che le riforme allora in uso erano troppo anguste e inadatte ad una Atene nuovo centro del mondo ellenico. Aprii così la mia casa e di Pericle, agli intellettuali e ai politici di alto livello e alle loro mogli, ma questo tipo di vita risultava incomprensibile alla maggioranza dei cittadini che non riusciva proprio ad immaginarsi come una donna, una moglie, potesse intrattenere rapporti con un estraneo, senza passare attraverso il talamo o l‟alcova di cortigiana. Qualsiasi altro tipo di relazione era al di fuori del suo orizzonte… nei miei inviti, la gente non poteva vedere che erotismo e lascivia. Alla fine, però, l‟opinione pubblica fu benevola nei confronti di Pericle e gli perdonò il suo secondo matrimonio con me e perfino il nuovo genere di inviti, ma non fu affatto così per gli oligarchi politici detentori del potere. Questi soffiarono con forza sul fuoco… Di fatto, nella nostra casa si formò un cerchio di intellettuali, di artisti, di rampolli dell‟antica aristocrazia: il “Circolo di Aspasia”. Gli amici portarono nella nostra casa anche le loro mogli; in tal modo le donne cominciarono ad entrare nelle conversazioni, affrontando discorsi fino a quel momento a loro negati.

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DIALOGO RETROSPETTIVO TRA PERICLE ED ASPASIA PERICLE Mia Aspasia, tu mi eri stata maestra di eloquenza e di sapienza, tu che hai formato altri valenti oratori oltre a me, Pericle di Santippe, ma… ricordi? - non eri stata risparmiata dalle accuse che ti volevano coinvolta nella guerra contro Sparta … ASPASIA … Ricordo bene, Pericle… le vere cause di questa terribile guerra non erano certo quelle sostenute dalla accu...


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