Title | Commedia latina - TUTTO QUELLO CHE C\'è DA SAPERE |
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Author | Chiara Rinaldi |
Course | Latino |
Institution | Liceo (Italia) |
Pages | 5 |
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TUTTO QUELLO CHE C'è DA SAPERE ...
Commedia latina La letteratura latina nasce con il teatro (240 a.C. - Livio Andronico), ma non sappiamo se con una tragedia o con una commedia. Due tipi: ● Palliata (fa riferimento al pallium, un mantello greco): commedia ad ambientazione greca ● Togata (fa riferimento alla toga): commedia ad ambientazione latina Il primo a scrivere commedie ad ambientazione latina è Nevio perché scrive ad argomento storico. Ci sono arrivate soprattutto palliate, che hanno espliciti riferimenti alla commedia menandrea. Periodo più importante: III sec a.C. (Plauto e Terenzio).
Plauto Abbiamo poche notizie sulla sua biografia: ● Non era di origine romana e non proveniva da un’area ellenizzata: era nato a Sarsina, sull’Appennino Tosco-Emiliano ● La data di nascita si ricava in modo indiretto dal “Cato Maior” di Cicerone, che ci dice che Plauto rappresentò da anziano la sua commedia “Pseudolus”. La senectute cominciava a 60 anni e questa commedia venne rappresentata nel 191 a.C. → la sua data di nascita è da collocare tra il 255 e il 250 a.C. ● Circolano molte leggende riguardo alla sua vita (es: condizione di schiavo) ● Muore nel 184 a.C. Scrive commedie palliate in cui sono evidenti la contaminatio (= inserimento nella commedia di elementi di altre commedie → l’originalità nasce dalla mescolanza, la commedia da cui parte è precedente ma lui rielabora) e la aemulatio (= modelli greci come punto di partenza, ma superamento). In passato gli vennero attribuite moltissime commedie (molti avevano sfruttato il suo nome per avere successo), ma Varrone (erudito del I sec a.C.) ne considerò autentiche solo una parte → a noi sono giunte le 21 commedie individuate da Varrone (quelle ritenute spurie da Varrone non si sono conservate). I titoli spesso sono traslitterazioni di parole greche (es: “Menaechmi” = gemelli). Caratteristiche:
● Il prologo è espositivo: un attore o il capocomico racconta gli antefatti o anticipa l’intreccio ● Si alternano parti dialogate e parti cantate in metri vari → caratteristica che è stata definita con l’espressione “numeri innumeri” ● Importanza del personaggio del servus callidus (= servo astuto e intraprendente), che ha sempre un piano per aiutare il padrone ● Commedia motoria (= i personaggi sono sempre in movimento sulla scena) ≠ commedia statica di Terenzio, in cui l’attenzione è sul personaggio e il riso viene in secondo piano ● I personaggi sono “tipi” ricorrenti, maschere caricaturali come il vecchio, il giovane innamorato, il soldato vanitoso La sua poetica è espressa da un suo personaggio, Pseudolus: è compito del poeta presentare al pubblico bugie in forma verosimile (“illum veri simile quod mendacium est”) → il pubblico è coinvolto nelle riflessioni dell’autore attraverso la rottura della quarta parete: metateatro utile a Plauto per sottolineare che si tratta di finzione, è funzionale per confortare i patrizi (perché il protagonista delle commedie è il servus callidus, che in alcuni casi si permette di esercitare violenza fisica o verbale sul padrone → Plauto deve ricordare che nella realtà questo non può succedere). Non c’è valore paideutico, il teatro plautino è uno svago. “Anfitrione” È l’antefatto di “Eracle” di Euripide, in cui Anfitrione viene sempre proposto come padre di Eracle, anche se effettivamente non lo è (Zeus è il padre, ma Anfitrione lo cresce). La trama ha una sua linearità perché non è inventata da Plauto, è nota a tutti e ruota attorno ad un eroe: Anfitrione è lontano per la guerra e Giove si presenta ad Alcmena sotto mentite spoglie per giacere con lei. Ha dei toni abbastanza irriverenti, pur avendo Giove come personaggio e pur avendo contenuto mitologico → ribaltamento tipico di Plauto (la divinità è presa in giro, ma alla fine compare sempre l’autorità che le spetta). Sono presenti molte figure retoriche di suono perché sono le più semplici. Il prologo è espositivo e introduce in media res: ➔ V 73: Mercurio parla e la parola chiave è il trasformismo, legato alla divinità (= “Baccanti”) → “saprò mutarla da tragedia a commedia”: “Anfitrione” è definita tragicommedia perché, parlando di divinità, deve esserci un po’ di tragicità (soprattutto alla fine, quando Zeus interviene). Il tema del doppio è fondamentale in tutta la tragedia:
− V 586: Sosia dice che tutti si sono sdoppiati ( → iperbole) → la coppa che Anfitrione vuole portare ad Alcmena si è sdoppiata, Alcmena ce l’ha già − Vv 360 e seguenti: sticomitia ( → il verso viene spezzato: al v 1012 il verso è spezzato addirittura in 5) sul doppio: ○ Crasi tra domus e est ○ “Erus” = dominus, padrone → latino popolare (usato anche nei “Carmina Burana”) ○ Scontro tra Sosia e Mercurio perché Sosia non sa più chi è ○ V 455: ultima battuta di Sosia → “Preferisco andarmene subito. Dei immortali mi appello a voi: dove mi sono perduto? Dove mi sono trasformato?”: Sosia è ottimista e riesce sempre a trovare un risvolto positivo Linguaggio: ● V 554: “eccere” (= ecce rem o per cerere) → esclamazione ● Elementi del linguaggio quotidiano (es: negli avverbi → “tuatim”: tus + tim) VS espressioni del registro elevato ● Parodie del linguaggio omerico (es: v 365) → il pubblico riconosceva il riferimento e l’ironia ● Equivoco verbale che nasce dal largo utilizzo di figure retoriche → vv 590 - 591: nessuno crede più a Sosia, che fa riferimento alla verità (ma il servo solitamente mente sempre) → figure di suono (allitterazione incrocia con ve - vi + poliptoto con vera - verum + accostamento di parole che suonano in modo simile) ● V 623: poliptoto con ripetizione con vigilantes + aprosdoketon (= inaspettato): “mi ha dato dei pugni” → non si capisce più niente Canticum di Alcmena (vv 633 - 653) → N.B.: Plauto riduce all’osso le parti corali, ma ci sono i cantica (= il personaggio canta da solo e cambia il metro) − “Virtus” = “valore” − Alcmena, di cui viene messa in dubbio la fides, incarna la matrona perfetta → ci stiamo avvicinando alla fine e tutto deve mettersi a posto − Il canticum è la celebrazione della domina − Vive in funzione del marito − V 650: vengono ribaditi i punti fermi del mos maiorum Monologo di Giove (vv 861 e seguenti): si rivolge agli spettatori − Idea della divinità capricciosa, che tuttavia alla fine risolve la situazione − Anfitrione giustamente si arrabbia pensando che sua moglia abbia giaciuto con un altro uomo (si comporta come un vero vir) − È necessario che tutto torni al suo posto e Giove ha questa funzione (≠ di solito è il servus callidus) → cfr discorso sul metateatro: ricorda che se uno nasce schiavo, morirà schiavo (N.B.: nel III sec a.C. la società non è mobile)
Terenzio Primo autore latino di cui ci è arrivata l’opera omnia e primo scrittore latino proveniente dall’Africa (Cartagine). Secondo quanto scritto nel “De Poetis” di Svetonio, Terenzio arrivò a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano, che lo affrancò a causa delle sue capacità artistiche. Svetonio indica il 185 a.C. come anno di nascita di Terenzio, ma la data è probabilmente da spostare al 190 perché la prima commedia fu rappresentata nel 166: la sua carriera sarebbe cominciata a 19 anni e la sua abilità artistica sarebbe stata notata dal senatore quando aveva solo 12 anni. Muore nel 160/159: secondo la tradizione, si recò in Grecia per cercare altri testi di Menandro e per documentarsi e morì in un naufragio o suicidandosi a causa della perdita dei testi menandrei. Opera nel Circolo degli Scipioni → ellenizzazione dei costumi. Gli furono rivolte molte accuse, da cui si difendeva nei prologhi delle sue opere → N.B.: il prologo non è espositivo (≠ Plauto), è una captatio benevolentiae che mostra la sua difficoltà nel farsi apprezzare. ● Essere un prestanome (= non scrivere lui le sue commedie, ma raccogliere gli scritti di altri autori, in particolare Scipione Emiliano e Lelio Minore) ● Non possedere vis comica e comporre commedie senza riso ● Plagio delle commedie di Menandro ● Aver abusato della contaminatio Abbiamo sei commedie di cui restano anche le didascalie, inserite successivamente. Al v 36 dell”Heautontimorumenos”, nel prologo extradiegetico (dunque fuori dalla narrazione ≠ “Anfitrione” di Plauto”), l’attore chiede di affrontare con benevolenza la commedia, che definisce stataria (≠ la commedia plautina era stata definita motoria da altri). Le commedie di Terenzio fanno riflettere: si sofferma sugli individui, non solo sui “tipi” → vuole suscitare la riflessione, non il riso. Il tema dell’humanitas (“Heautontimorumenos”) (pag 97) – – –
Il padre Menedemo decide di punirsi per aver cacciato il figlio (lavora tantissimo) Concetto della φιλανθρωπία (cfr Menandro): accorata preoccupazione del vicino di casa Menandro risponde malamente (è il dyscolos della situazione)
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“Sono umano e tutto ciò che è umano mi riguarda” = “Homo sum: humani nil a me alienum puto”: versi fondamentali → attenzione per l’humanitas: consapevolezza di essere uomini che fanno parte di un tutto, ci dobbiamo occupare degli altri Terenzio aggiunge qualcosa alla φιλανθρωπία di Menandro (N.B.: il contesto culturale e politico è diverso → Roma si sta aprendo al mondo): si guarda agli altri uomini per imparare, c’è uno scambio in cui tutti devono dare il loro contributo al mondo...