Commento Evgenij Onegin PDF

Title Commento Evgenij Onegin
Author Giulia Saletti
Course Letteratura russa i lcmc
Institution Università degli Studi Roma Tre
Pages 3
File Size 106.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 101
Total Views 136

Summary

Commento e analisi dell'opera di Puskin (lezioni e esame della prof.ssa Piccolo)...


Description

COMMENTO EVGENIJ ONEGIN

Digressioni e contrapposizioni. La presenza dell’autore, con i suoi interventi, permette una gran libertà di contenuti. Le digressioni sono continue e toccano gli argomenti più vari: la vocazione letteraria, le polemiche, le scelte poetiche, gli stati d’animo, i ricordi e le nostalgie, le scene ambientali, le tradizioni e il folklore, ecc… e l’andamento del racconto procede così, zigzagando. Questa libertà di contenuti è compensata, peraltro, dalle esigenze rigorose della forma: è un romanzo in versi ed è stata scelta la strofa di dodici versi, simile al sonetto, che spesso appare come un componimento chiuso in sè. C’è anche un altro elemento che contribuisce a strutturare fortemente il testo: l’Eugenio Onegin è un poema costruito sulle contrapposizioni permanenti, dalle più visibili alle più segrete (e le contraddizioni interne proprie ai personaggi rientrano in questo gioco sottile), mettendo in atto tutta una rete di corrispondenze che danno al romanzo una ricchezza e una complessità straordinarie e lo rendono così accattivante. Esempio: Onegin, annoiato, disincantato, disilluso/Lenskij, entusiasta, ingenuo, ottimista oppure Tatiana, morettina, taciturna, ardente, sognatrice/Olga, bionda, allegra, leggera, spensierata Esempio: la città, con la sua vita brillante, mondana/la campagna, con la sua vita patriarcale, ancorata alle vecchie usanze Esempio: l’amore/il matrimonio oppure la lettera di Tatiana/la lettera di Eugenio

Rapporti tra l’autore e Eugenio. Anche se ci sono dei punti di incontro, l’autore non è Eugenio, l’autore e Eugenio sono due persone distinte, autonome. Eugenio è indolente, velleitario, le poche volte che intraprende di fare qualcosa non porta a termine niente; ha letto tanto, soprattutto i libri alla moda, ma non c’è libro che gli piaccia, salvo “Childe Harold” di Byron e altri due o tre romanzi che sono “esclusi dal suo sfavore” (cap.7, strofa XXII). Grazie a queste letture ha ampliato la sua cultura e, tentato dalla voglia di scrivere, ha “preso la penna…: ma la fatica tenace gli dava la nausea, nulla uscì dalla sua penna…” (cap.1, strofa XXXVIII). Diventato proprietario terriero, manifesta qualche velleità riformistica, ma tutto ciò che riesce a fare è sostituire la borscina – giornate di lavoro gratuite che i servi della gleba devono al padrone – con l’obrok – un’imposta in denaro – e chi ne beneficia non sono certo i contadini. Ci sono certamente dei punti comuni: la descrizione della vita brillante di Onegin è quella di un giovane nobile dell’epoca e fu anche quella di Puskin negli anni della sua gioventù pietroburghese; la descrizione della vita di campagna di Onegin è l’esatta descrizione della vita di Puskin a Michajlovskoe o a Boldino (le proprietà di famiglia in campagna). Puskin, pure lui, ha condiviso l’entusiasmo giovanile proprio della sua generazione per Byron, e i suoi primi poemi (Ruslan e Ljudmila, Il prigioniero del Caucaso) risentono di questa sorta di ammirazione. Ma ormai ha preso le distanze dal byronismo di Eugenio e con Byron: il ritratto di Onegin non è il ritratto dell’autore, e Puskin si discosta da Byron “il poeta dell’orgoglio” e dagli altri poeti che parlano di loro stessi. Puskin può, anche lui, attraversare momenti di tedio, di noia, di angoscia, ma rimane fondamentalmente ottimista e soprattutto “è visitato dalla Musa“, crede appassionatamente nella forza e nella gioia liberatrice della poesia: è un poeta, un creatore. Il creatore, fra l’altro, con il suo Eugenio che non riesce a combinare niente, di un nuovo personaggio letterario che avrà grande sviluppo nella letteratura russa, ovvero il personaggio dell'”uomo inutile“.

Chi è Eugenio? La noia del protagonista deriva dall’ozio e dalla sazietà, ed è all’inizio, alme no in parte, una posa legata al dandismo, un atteggiamento di moda. Ma si tratta anche, certamente, di una sua predisposizione (già fin dall’inizio del racconto, cap.1, strofa VIII, Puskin accenna alla sua “malinconica pigrizia“) e l’insistere sulla noia di Eugenio, vero e proprio leit-motiv, costituisce uno dei fili conduttori della trama. Da notare, peraltro, le ambiguità di Puskin nei confronti di Eugenio: giudizi contraddittori, appena pronunciati, sono immediatamente corretti o contraddetti; i dubbi di Tatiana, le domande che si pone nel cap.7, strofa XXIV “chi è dunque, angelo o altero demonio?“; i tanti punti di vista enunciati sotto forma di pettegolezzi da salotto, vedi cap.8, strofe VII-VIII. Ad esempio: l’Onegin del cap.1, dalla inesistente cultura poetica “non provava grande passione… per le armonie del verso, e non sapeva distinguere un giambo da un coreo“, opposto all’Onegin del cap.8, che ha acquisito una competenza tale della grammatica dei versi russi che perdendosi nei suoi sogni “per poco non divenne poeta“; l’Onegin del cap.4, disincantato, cinico, opposto dell’Onegin gentiluomo che, in risposta alla lettera di Tatiana, rifiuta la parte del seduttore ed invece recita una predica alla ragazza (strofe XII-XIV). Qui Eugenio, un tempo gran seduttore, svolge la parte del saggio censore e Puskin, anche se un po’ironicamente, elogia il suo comportamento (strofa XVIII). Ma se anche nel corso del romanzo Eugenio si trasforma, ci appare sotto tante sfaccettature; quello che costituisce la sua unità è il tedio, la noia (“le mal du siècle“, quel male che colpisce la gioventù europea dopo il crollo dell’avventura napoleonica). Eugenio dall’inizio alla fine è fedele al suo “spleen“, alla sua ipocondria. E in ogni caso Puskin non lo giudica mai: “Perchè parlate così ostinatamente di lui? Forse perchè senza mai stancarsi ci affanniamo a giudicare di tutto…“.

L’evoluzione dei personaggi. Col passare del tempo tutto cambia e quindi cambiano anche i personaggi. Eugenio, il disincantato, l’annoiato, il pessimista denigratore, nell’ultimo capitolo si innamora perdutamente di Tatiana che aveva così freddamente respinta anni prima. Tatiana stessa, la giovinetta semplice e provinciale, è diventata una dama d’alta società, il fulcro dei salotti aristocratici e mondani di Pietroburgo. Cambiano sì, ma cambiano pure rimanendo fedeli a se stessi. Eugenio è fedele alla sua noia, al suo tedio, elementi che lo caratterizzano per tutto il romanzo. E anche il suo amore per Tatiana, non è forse così appassionato, prorompente, perchè sa bene che non potrà mai avere Tatiana? Non sarebbe, in fin dei conti, altro che l’eterna legge del desiderare ciò che si sa non si potrà ottenere? Tatiana, la sognatrice, è fedele al suo sogno d’amore, quel segreto che custodisce gelosamente, e che rimanendo un sogno non sarà mai intaccato, scalfito dalla realtà, il che la addolora ma la fa anche gioire.

Le tematiche. Alcuni temi particolarmente interessanti ed affascinanti possono considerarsi il duello, il folklore, la njanja, l’inverno, la gioventù che sfugge. Il capitolo 6 del romanzo è incentrato sul duello tra Lenskij e Onegin. Eugenio prova rimorso e vorrebbe respingere la sfida, ma la paura dell’opinione pubblica, che pure disprezza, è più forte dell’amicizia e del rimorso. Onegin si sveglia, si prepara, esce (strofe XXII-XXIII) e giunge al mulino, luogo classico per i duelli. Lo accompagna il servo Guillot (la scelta di Onegin di nominare come “secondo” Guillot è molto offensiva, come anche il suo sfacciato comportamento di farsi attendere per più di un’ora, essendo di prassi tollerato al massimo un quarto d’ora di ritardo). Puskin è affascinato dal motivo del duello e ha scritto anche un racconto su questo tema: La pistolettata (fa parte dei Racconti di Belkin). Sembra quasi premonitorio: tutti

sanno, infatti, che alcuni anni dopo Puskin, per paura dell’opinione pubblica (per “il terrore della falsa vergogna“, cap.6, strofa XXVIII) cadrà, ferito a morte in duello, sotto i colpi di pistola del barone D’Anthès.

Il folklore nell’Eugenio Onegin si esprime con il sogno di Tatiana. Cresciuta in campagna, in mezzo al mondo contadino, Tatiana crede nelle favole del mondo antico e condivide le superstizioni delle ragazze contadine. Questo permette a Puskin, appassionato di folklore, di introdurre nel romanzo un affascinante repertorio di credenze popolari: segni premonitori, presagi come il gatto accovacciato sulla stufa che si lava il muso con la zampina; oppure l’aspetto bicorne della luna a sinistra nel cielo; la stella cadente; la lepre che le attraversa la strada. Non mancano neppure i riti propiziatori, rivolti a conoscere il futuro (ed in particolare il nome del futuro marito): il rito della candela e quello del piattino; lo specchio rivolto alla luna; il tavolo apparecchiato per due in un angolo isolato della casa e privo di protezione delle icone (quest’ultimo suggerito dalla njanja che sapeva tutto delle regole della magia popolare). Il sogno di Tatiana (cap.5) è senza dubbio espressione del suo amore e del suo desiderio per Eugenio, e ha fatto la gioia degli psicanalisti. E’ un incubo e gli “esseri mostruosi” che lo popolano sembrano usciti da un quadro di Hieronymus Bosch. Ma è anche direttamente legato all’interesse di Puskin per il folklore: l’orso è uno dei personaggi chiave del folklore russo, una figura ambivalente, amico/nemico dell’uomo (lo confermano i riti sciamanici dei popoli siberiani che addirittura vedevano nell’orso il loro antenato) e può essere il simbolo della forza protettiva, della fertilità, della prosperità, oppure, all’opposto, assumere significato di forza ostile, demoniaca.

Nelle famiglie aristocratiche russe dell’Ottocento la njanja, cioè la balia, era un personaggio importante e spesso la figura sostitutiva della madre, la quale se non era del tutto assente era alquanto distratta. E’ proprio il caso di Puskin, e l’affetto di Aleksandr nei confronti della vecchia balia è autentico (a lei sono dedicate, fra l’altro, alcune delle poesie più belle di Puskin, Sera d’inverno e Alla njanja). Nell’Eugenio Onegin l’unica persona alla quale Tatiana confida il suo segreto d’amore è la njanja, e la njanja, a sua volta, le racconta la sua desolante, triste storia (cap.3, XVI-XX). Il narratore, commosso, ricorda con tenerezza la vecchia njanja, “l’amica dei miei anni giovanili” (cap.4, strofa XXXV).

Le descrizioni dell’inverno, meravigliose, di grande suggestione emotiva, attraversano tutto il romanzo, come un leit-motiv. Puskin, come Tatiana, ama molto l’inverno russo, è la sua stagione preferita, e il motivo dell’inverno è presente in tutta la sua opera (il primo incontro tra Griniev e Pugacev avviene nel bel mezzo di una tormenta di neve; uno dei Racconti di Belkin ha per titolo La tormenta di neve). Le poesie Sera d’inverno, Strada d’inverno e Mattina d’inverno sono un incanto, da annoverarsi tra le più belle composte da Puskin.

“dove sei tu, giovinezza… in un baleno è proprio fuggita la primavera dei miei giorni… e davvero non ritornerà?“, cap.6, strofa XLIX. Il motivo della nostalgia per la giovinezza (l’età dei sogni e delle illusioni) che ormai se n’è andata e il sentimento dello scorrere inevitabile, irrimediabile del tempo che passa, sono un altro dei leit-motiv dell’Eugenio Onegin: forse il filo conduttore di tutto il romanzo, il tema che dà all’opera il suo significato più profondo....


Similar Free PDFs