Parafrasi e commento DEL Canzoniere PDF

Title Parafrasi e commento DEL Canzoniere
Author Lucia Vignali
Course Letteratura italiana
Institution Università di Bologna
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Parafrasi e commento sonetti canzoniere...


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PARAFRASI DEL CANZONIERE 1.SONETTO PROEMIALE Parafrasi discorsiva Presso di voi che ascoltate in poesie staccate tra loro il suono di quei sospiri d’amore di cui io nutrivo il mio animo, al tempo del mio primo traviamento giovanile, quando in parte ero un uomo diverso da quello che sono ora, (presso di voi che scoltate il suono) dei diversi stili, in cui io piango e mi esprimo fra le inutili speranze e l’inutile dolore, se c’è qualcuno che sappia per esperienza che cos’è l’amore, spero di trovare presso di lui compassione e perdono. Ma ora mi accorgo chiaramente come per tutto il popolo sono stato per molto tempo oggetto di dicerie, motivo per cui spesso ho vergogna di me stesso dentro di me; e la vergogna è il risultato del mio vaneggiare, e il pentimento e il sapere con chiarezza che tutto ciò che riguarda la vita terrena è di breve durata. Commento E’ proemio, e dovrebbe essere epilogo (Carducci). In questo primo frammento del canzoniere troviamo tutta la vita del poeta, di sospiri e lacrime, e iniziano già tutte quella serie di emozioni contrastanti che caratterizzano il poema : l’amore della giovinezza (il giovenil errore) , l’ora della maturità (ben veggio or : ora vedo bene) e dell’inquito disinganno. Tutto è descritto dalle rime : core-errore-dolore-amore, che descrivono l’intero contenuto del libro. Il sonetto è composto probabilmente nel 1349-50 (nella forma Correggio, il “ primo canzoniere”. Il vocativo “voi” a inizio verso, chiama subito a se la seconda persona: i lettori. L’apostrofe (quando la voce narrante si rivolge a un uditore ideale diverso da quello reale , al fine di persuadere meglio quest’ultimo) è rivolta sia al lettore contemporaneo che a quello della posterità, perché è un pubblico che per prova (per esperienza) intente Amore (che è motore della poesia e colpa dell’innamorato) -Il componimento comunque rimane un solliloquo (un monologo) che esclude l’oggetto dell’amore, cioè Laura, che qui è del tutto assente. - Su tutto, prevale la percezione del “Giovenil errore” , che va inteso sia come error (dal latino filosofico stoico, come disordine della ragione) sia come erranza spirituale (peccato cristiano) -Alla vergogna e alla conoscenza (l’autocoscienza, il rimorso) che provengono dall’amore passione, risponde il pentimento di chi scrive, cioè di un Io (il poeta) che in parte si confessa un “altr uom” rispetto a quello smarrito della giovinezza. Retorica e sintassi: - Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDE, CDE (A ed E sono una quasi-rima, -ono/-ogno). Le prime due quartine sono un unico periodo, aperto dall'allocuzione ai lettori ("Voi ch'ascoltate") e retto dal verbo finale ("spero trovar"), con anacoluto (ma ben veggio or si come al popol tuo)intriduce grammaticalmente lo sdoppiamento del soggetto logico. Numerose e insistite le figure retoriche che impreziosiscono lo stile: ripetizione di -ri nei primi vv. ("rime", "sospiri", "nudriva"), di -va nella seconda quartina ("vario", "vane", "van", "prova", "trovar"); chiasmo ai vv. 5-6 ("piango-ragiono / speranze-dolore"prop: sono collegate inversamente); allitterazione della "f" al v. 10 (" favola fui"), della "m" al v. 11 ("me medesmo meco mi" a sottolineare la preghiera penitenziale delo soggetto e la consapevolezza di quel sogno che è la vita) e della "v" al v. 12 (" vaneggiar vergogna"), sempre in posizione iniziale per sottolineare il sentimento di condanna verso se stesso. -Sempre me medesimo meco mi : poliptoto

Il polisindeto ai vv. 12-13 ("et... e... e...") rende incalzante l'elenco delle conseguenze negative dell'amore e del rimpianto espresso dall'autore. -Suono /sono/sogno: parole rima che aprono e chiudono il sonetto in paranomasia e quasi in climax -L’oscillazione del piano temporale che oscilla tra era/fui tra passato di colpa e consapevolezza di ora.

CANZONIERE 3 , INCONTRO CON LAURA Era il giorno ch’al sol si scoloraro è il terzo componimento del Canzoniere. Fa ancora parte dei testi proemiali del libro, che inquadrano e strutturano il racconto a mo’ di cornice introduttiva. Questa lirica, in particolare, ricorda il giorno dell’innamoramento. Come si menziona altrove nel corso del libro (Rvf 211, Voglia mi sprona), il Venerdì Santo in cui l’episodio è ambientato è il 6 aprile 1327. Ma è stato facilmente accertato, ed è cosa notissima, che il 6 aprile 1327 era un lunedì e non un venerdì. Petrarca deve dunque aver modificato l’elemento biografico, come spesso faceva in tutte le sue opere, per conferire alle date e ai numeri significati soggiacenti. Far coincidere la data dell’innamoramento con l’anniversario della morte di Gesù, infatti, oltre a rappresentare come un presagio negativo sul destino dell’amore per Laura, iscrive cronologicamente questo amore fra due giorni di lutto, appunto il 6 aprile 1327, giorno della Passione di Cristo, e il 6 aprile 1348, che sarà il giorno della morte di Laura stessa. Al tormento amoroso del poeta, così, fa da sfondo il dolore corale della comunità dei credenti, ma si tratta piuttosto di uno sfondo “contrastivo”: in contrapposizione al significato sacro della sofferenza collettiva, il poeta vive infatti una propria profana, e perciò colpevole, sofferenza privata; questa frattura contrassegna decisamente la storia d’amore con un marchio peccaminoso e comincia già a definire il dissidio inconciliabile fra passione per Laura e amore per Dio di cui il poeta soffrirà per tutto il corso della vicenda raccontata dal libro. Metro: rima quartine incrociata ABBA ABBA Rima terzine replicata CDE CDE Con A/D e C/E in assonanza presenza dei consueti latinismi, come "factore" -allitterazione della “s” secur senza sospetto, con chiaro rif al V canto. Parafrasi 1 Era il giorno che il sole si scolora , giorno della passione di Cristo (giorno in cui il sole si oscura in una temporanea eclissi per l’agonia del loro creatore, secondo i Vangeli) 2 per la compassione nei confronti del loro Creatore 3 In questo giorno io fui preso (conquistato dall’amore) e non me ne guardai (non pensai a difendermi) 4 Perché i tuoi occhi belli donna (laura) mi legarono (mi catturarono, mi conquistarono) 5(Essendo un giorno di lutto e meditazione religiosa) non mi sembrava il tempo (il giorno) in cui difendermi 6. Contro i colpi, le ferite d’Amore; perciò andavo 7. fiducioso e senza timori: e perciò i miei lamenti 8. Coincisero e cominciarono con tutto il dolore dell’umanità 9 Amore mi trovò del tutto disarmato, 10. e trovò libero il varco per entrare nel cuore attraverso gli occhi (cioè ramite gli occhi dell’amate trova una facile via verso il cuore, motivo tipico del canzoniere e di tutta la lirica classica e romanza 11. che ora sono diventati sorgente di lacrime.

12. Perciò, a mio parere, da parte di Amore non fu corretto (non gli fu onore) 13. colpire con la freccia me, che ero in quello stato inerme, 14. e non mostrare neppure l’arco a te (Laura) che eri ben difesa (dalla tua virtù e castità). Contro la cattura e il ferimento del personaggio-poeta c’è una Laura indenne ,a cui amore non mostra neppure l’arco. Il colpo di amore è disonorevole perché slealmente di parte. Commento L’esordio del sonetto è primaverile: tipico della lirica romanza (si pensi a Dante che quando si trova ai piedi del colle è primavera), ma qui in chiave nuova: è primavera, ma soprattutto è venerdì Santo, 6 aprile 1327 , riccorrenza della morte di Gesù e quindi dolore per tutti i Cristiani. E quel giorno coincide esattamente con l’innamoramento di Laura (direi simbolico). Sacro e profano si mischiano, e tale motivo sarà sottofondo implicito di tutto il racconto, voluto per offuscare il sentimento di colpa. Continua la guerra di Petrarca che concentrato sulla pietà del suo Factore viene slealmente colpito da amore e dalle sue frecce, mentre la sua nemica esce del tutto indenne e disonorevolmente dall’agguato. Laura viene messa per la prima volta in scena dal “voi” v 14 con cui sarà apostrofata nella prima parte del canzoniere. -Il senza sospetto, un chiarissimo riferimento al canto V -Fanno poi per la prima volta apparizione gli occhi i Laura e quelli del poeta, in una battaglia di sguardi condotta fino all’ultimo sangue. Dalla rimeria precedente, stilnovista ma non solo, deriva il concetto dell’amore che arriva al cuore per il tramite degli occhi («li occhi in prima generan l’amore / e lo core li dà nutricamento», Giacomo da Lentini; «Voi che per li occhi mi passaste il core», Retorica e sintassi

-Enjambements vv. 5-6; vv. 6-7; -Metafore il fitto impiego di metafore belliche, tipiche del linguaggio amoroso petrarchesco. “mi legaro” (v. 4); “colpi d’Amor” (v. 6); “disarmato… armata” (vv. 9, 14); -Perifrasi “il giorno ch’al sol si scoloraro… i rai” (= Venerdì Santo) (vv. 2-3); -Dittologia “uscio et varco” (v. 11); -Antitesi “ferir me… non mostrar pur l’arco” (vv. 13-14); -Allitterazioni “secur, senza sospetto…” (v. 7).

CANZONIERE 5, IL NOME DI LAURA Petrarca, in tale componimento, mira ad esaltare il nome dell’amata, quel nome che pronuncia “movendo sospiri”, (emissione della voce con una forte connotazione affettiva). L’esaltazione onomastica è condotta tramite acrostici, ossia alcune lettere iniziali, poste in evidenza nel testo soprastante, che formano il nome associato alla donna. Nel manoscritto autografo, dunque scritto dalla mano del poeta stesso, le sillabe d’interesse non sono messe in rilievo graficamente, dunque il nome della donna è celato e va ricercato con attenzione. Il primo acrostico è contenuto nelle due quartine. Comincia il suo sviluppo con la parola LAUdando, dove la prima sillaba coincide con le prime lettere del nome dell’amata: Nella lode inizia il nome di Laureta. REal, chiaro richiamo allo stato regale della donna che innalza dunque il valore della sua lode, ma la sillaba finale è quella iniziale di TAci, che lo invita a restare in silenzio poiché non dotato delle qualità superiori che l’elogio richiede. (La condizione superiore di Laura, quasi regale, chiede all’ingegno del poeta un valore doppio per realizzare l’impresa di nominarla, forse per l’inadeguatezza sarebbe meglio lui tacesse, lasciando ad atre spalle il compito di onorlarla.) Nelle quartine dunque il nome ottenuto associato all’amata è Laureta, nome anagrafico della donna. Nel successivo acrostico delle terzine fuoriesce il nome Laurea. Quest’ultimo è formato dalle sillabe iniziali dei verbi LAUdare e REverire e dall’ A di Apollo. Con LAUDARE E REVERIRE indica come il nome di Laura induca reverenza e lode al solo essere pronunciato Con la A di Apollo come allo stesso tempo simboleggi la poesia stessa. È evidente dunque la centralità, oltre che del motivo della donna amata, anche di quello del desiderio dell’alloro poetico (il termine laurea, infatti, deriva dal nome latino della pianta d’alloro, Laurus, simbolo della poesia) e del mito dafneo (dalla ninfa Dafne, trasformata in alloro dal padre Peneo) che costituisce uno dei nuclei essenziali della poesia petrarchesca. Infine, sempre nelle due terzine, tornano sottolineati i limiti del poeta, quelli già presenti nell’ammonimento di tacere (vv. 7-8), questa volta rappresentati dallo sdegno che potrebbe suscitare in Apollo il pronunciare il nome di Laura, o meglio il suo poetare. ((Petrarca riprende un topos classico: quello dell’inadeguatezza della letteratura per un’impresa che risulta essere troppo difficile) L’ultima terzina è incentrata sull’omofonia di Laura e Lauro, ossia l’alloro, pianta sacra ad Apollo, simbolo di poesia, di cui era composta la corona posta sui capi dei poeti, appunto, come già notato, la cosiddetta Laurea in latino. (Nella trad. medievale la scelta dei nomi era tutt’altro che casuale)

Parafrasi 1. Quando sospirando inizio a pronunciare il vostro nome 2. col nome che Amore mi scrisse nel cuore (cioè Laura), 3. lodando si incominciano a sentire fuori dalle labbra 4. le prime dolci lettere del suo nome (cioè le prime sillabe: LAU). 5. La vostra condizione regale, che incontro subito (con la seconda sillaba del vostro nome (RE)), 6. raddoppia la forza del mio ingegno intento in tale elevata impresa (nominarvi); 7. ma la sillaba finale mi grida: taci (TA ultima sillaba nome dell’amata), poiché renderle onore 8. è un peso per spalle più robuste delle tue (il poeta è inadeguato). 9. Così induce a lodarvi e a riverirvi (sillabe iniziali LAU e RE di tali azioni presenti nel nome dell’amata) 10. il vostro stesso nome semplicemente chiamandovi, 11. oh voi che siete degna di ogni reverenza e onore: 12. forse però Apollo si adira (si disdegna) 13. del fatto che a parlare dei suoi rami sempre verdi (ossia il Lauro pianta a lui sacra; Laura\Lauro) 14. si faccia avanti una presuntuosa lingua mortale.

Commento Il sonetto intona le lodi di santa Laura, che per la prima volta è celebrata nel suo nome. Ricco di metamorfosi e di allegorie paraetimologiche e di allusività. Tuttavia, secondo le regole dell’amore cortese, il nome non viene pronunciato apertamente, ma svelato al lettore attraverso un gioco di parole. -La lode , la regalità , il tacere di fronte all’ineguagliabile essenza di lei : sono le tre parole che configurano la donna. E poi Laurea: la corona di alloro che consacra la fama del poeta. Compare poi il celeste innamorat Apollo-Sole, dio della poesia e della luce del giorno, che secondo il mito si innamorò della ninfa dafne , che per sfuggirlo si tramutò in alloro, diventando così albero sacro e emblema dei poeti e della gloria (Ovidio, Metamorfosi) -Laura si moltiplica fin da ora in Dafne, e il poeta è (spesso) alter-ego di Apollo , anche se qui esso pare sdegnarsi che una lingua mortal osi glorificare i rami sempreverdi della sua pianta prediletta.

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FIGURE RETORICHE Enjambements vv. 1-2; vv. 3-4; vv. 7-8; vv. 9-10; vv. 11-13; Sinchisi v. 2: “e ‘l nome che nel cor mi scrisse Amore”; vv. 9-10: “Così LAUdare et reverire insegna la voce stessa”; vv. 13-14: “ch’ a parlar de’ suoi sempre verdi rami lingua mortal presumptüosa vegna”; Metafore vv. 7-8; “ché farle honore è d’altri homeri soma che da’tuoi”;

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Sineddoche v. 8; “è d’altri homeri (–> spalle) soma che da’tuoi”; Metonimia v. 8; “è d’altri homeri soma (–> peso) che da’tuoi”; Anastrofi v. 8: “è d’altri homeri soma che da’tuoi”; v. 11: “o d’ogni reverenza et d’onor degna”; Endiadi v. 9: “LAUdare et REverire”; v. 11: “reverenza et d’onor”; Allitterazioni v. 11; “o d’ogni reverenza et d’onor degna” (d – o – gn); Perifrasi v. 13: “ch’a parlar de’ suoi sempre verdi rami (—> Lauro)”.

CANZONIERE 11 , IL VELO Comprensione In questo componimento, il poeta si rivolge alla donna. Ella da quando ha saputo che il poeta è innamorato di lei non lascia mai il velo che le avvolge i biondi capelli e le nasconde gli occhi. Così il poeta non può più vedere ciò che più desiderava: il dolce sguardo dei begl’occhi di Laura.Il componimento è una ballata composta dalla ripresa (i primi quattro versi) e da una strofa; è della ballata la ripresa di una rima della ripresa nella strofa: sgombra – adombra. Nella ripresa al v.3 il poeta annuncia subito l'argomento della poesia «poi che in me conosceste il gran desio». Nel primo piede l'autore racconta che quando Laura non era a conoscenza dei suoi sentimenti vedeva «di pietade ornare il volto», cioè l'atteggiamento della donna verso di lui era gentile e il suo sguardo era pieno di cordialità; nel secondo piede Petrarca osserva come Laura abbia «l'amoroso sguardo in sé raccolto», ossia abbia negato al poeta il suo saluto, togliendogli l'oggetto che egli «più desiava». Dunque il poeta è senza «il dolce lume» degli occhi dell'amata poiché sono coperti da un velo. Ballata se si confrontano gli schemi rimici delle ballate petrarchesche 4 con gli schemi dello stesso genere ma stilnovista o dantesco5 si può notare come i primi non mutino in modo particolarmente rilevante rispetto ai secondi: la ballata di Petrarca, dunque, risulta un tipo di componimento che manca di originalità rispetto agli altri assetti metrici presenti nel Canzoniere, le quali strutture iniziali sono state modificate secondo le esigenze interpretative e secondo il gusto letterario di Petrarca. La vera innovazione nella ballata di Petrarca, come sostiene Capovilla, consiste nell'ampio uso del monosfrofismo: nove di queste, distribuite tra le Rime e le Disperse, sono composte dalla ripresa e da una sola stanza, e il numero dei versi non supera i venti6

1. Voi che abbandonate il velo in ogni circostanza che ci sia solo o ombra 2. Donna , non vi vidi (farlo, cioè abbandondare il velo) 3. Da quano conosceste il grande desiderio

4. Che non lascia posto d’entrare ad ogni altra voglia nel mio cuore (scaccia dal profondo del cuore del poeta ogni altra pulsione) 5. Quando tenevo nascosti i miei pensieri d’amore verso di voi 6. Che hanno spento la mia mente per via del troppo desiderio 7. Vedevo il vostro volto pieno di piet 8. Ma dopo che vi accorgeste dell’amore che divampava in me 9. I biondi capelli vennero allora coperti dal velo 10. E lo sguardo che induceva ad amare (divenne) concentrato in se stesso e sottratto all’amante (in se raccolto) 11. Quello che più desideravo di voi mi è stato tolto: 12. Così il vostro velo mi comanda 13. Che per mia pena mortale, cela sia il caldo sia il gelo 14. Nasconde la luce dei vostri occhi belli Commento Apre il racconto dopo un “prologo allargato” , sono endecasillabi e settenari ripresi in una ballata monostrofica, la prima del canzoniere. La poesia è leggera e sinuosa, come un velo (la figura ricorre 3 volte ed è marcata da allitterazioni. L’argomento è la donna (Laura) che cela velando i biondi capelli e la luce dei propri occhi , non appena ha compreso che i pensieri dell’amante sono rivolti a lei. Il movimento oscilla tra un prima, in cui sembrava che Laura fosse capace di pietà e di corrispondenza di amorosi sensi, e un poi silenzioso e nascosto dalla sua tendenza a tacere, essere schiva. Assolutamente sono presenti i riflessi delle rime petrose di Dante . Il motivo del velo è reale e metaforico, ed entra con questa ballata nel sistema del Canzoniere, coinvolgerà poi tutto il racconto.

CANZONIERE 16 1. Il vecchietto bianco e canuto (dittologia sin, bianco di capelli per l’età) si muove (inizio dei verbi di movimento caratteristici di ttto il sonetto) 2. dal suo dolce paese, dove ha trascorso tutta la vita (fornita= compiuta fino alla vecchiaia, quasi terminata) 3. e dalla sua famiglia, commossa

4. dal vedere il caro padre venir meno ( che si allontana, per una partenza che si immagina definitiva) 5. da lì, trascinando (traendo-trahendo lat) a fatica le vecchie membra 6. per le ultime giornate della sua vita, 7. si fa coraggio quanto più può con la buona volontà, 8. esausto per l’età e affaticato dal cammino; 9. e viene a Roma, seguendo il suo desiderio 10. di vedere il cosiddetto velo della Veronica, l’immagine di Cristo 11. che spera di poter vedere di nuovo in cielo, dopo la morte (in paradiso) 12. allo stesso modo, a volte cerco io, 13. Laura, per quanto possibile, in altre donne 14. la vostra tanto desiderata immagine. Il verso 14 è occupato tutto dall’immagine in assenza della donna amata, “la disiata vostra forma vera” la forma desiderata può essere intesa come l’anima di lei (idea agostiniana) o platonicamente come “l’idea di lei” . L’ultima parola del sonettp : vera , Rivia implicitamente alla Veronica, vera icona di Cristo. Analisi Poiché l’io dichiara di dover ricercare il volto di Laura in quello di altre donne, si tratta evidentemente di una rima della lontananza, vale a dire un componimento scritto lontano dalla donna amata, presumibilmente durante un viaggio. L’intera lirica è fondata su una lunga similitudine fra il poeta e un anziano “romeo”, cioè un fedele che si reca in pellegrinaggio a Roma. Questa comparazione è però presentata dal testo in maniera inconsueta: per i primi undici versi, infatti, la scena è integralmente occupata dall’immagine del vecchio viaggiatore, e il sonetto appare al lettore come un componimento a tutti gli effetti di argomento religioso. Solo al v. 12 l’avverbio così introduce inaspettatamente il secondo termine di paragone, rivelando infine il significato profano e amoroso del testo. Questo brusco capovolgimento di situazione segna una presa di distanza dal topos (“luogo comune”) del pellegrinaggio, tipico della lett...


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