Conflitti interpersonali nel lavoro PDF

Title Conflitti interpersonali nel lavoro
Author Giulia Marini
Course Psicologia della comunicazione.
Institution Università di Bologna
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Summary

RIASSUNTO LIBRO INTERPERSONALI NEL LAVORO ANALIZZARLI E RISOLVERLI SENZA CAPITOLO 1 CAUSE E CONSEGUENZE DEI CONFLITTI INTERPERSONALI La maggior parte degli individui passa una considerevole parte della propria vita lavorando e spesso con altre persone, con le quali ritrovarsi ad avere interessi e in...


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RIASSUNTO 1° LIBRO “CONFLITTI INTERPERSONALI NEL LAVORO – ANALIZZARLI E RISOLVERLI SENZA AGGRESSIVITÀ NÉ PASSIVITÀ.” CAPITOLO 1 – CAUSE E CONSEGUENZE DEI CONFLITTI INTERPERSONALI La maggior parte degli individui passa una considerevole parte della propria vita lavorando e spesso con altre persone, con le quali può ritrovarsi ad avere interessi e attività in comune anche fuori dal contesto lavorativo e perciò finire per instaurare un rapporto di amicizia. Alcune statistiche sostengono, comunque, che meno di un quarto delle persone che consideriamo amici appartengono al nostro ambiente lavorativo e che almeno la metà delle persone, invece, non ha amici sul posto di lavoro. Tali rapporti, infatti, nascono principalmente per motivi professionali, perciò, non necessariamente sono legami che si protraggono al di fuori dell’ambiente strettamente lavorativo. In generale, i rapporti lavorativi sono importanti poiché se sono positivi possono essere fonte di sicurezza e soddisfazione, inoltre se si basano sulla solidarietà riducono ansia, depressione e malattia. Se sono negativi, invece, possono essere motivo di disagio e insoddisfazione a causa dei conflitti. Quest’ultimi non rappresentano una rarità e si verificano spesso sul posto di lavoro, però non devono essere considerati totalmente negativi, perché se riescono a stimolare la ricerca di soluzioni creative, diventano produttivi e possono portare ad alti livelli di realizzazione. Invece, sono da considerarsi nocivi quando le differenze sono motivo di disagio grave, che genera stress e infelicità costanti, tali da protrarre a lungo e peggiorare le difficoltà interpersonali. Ciò si verifica principalmente quando è l’individuo stesso il motivo del disagio ma non se ne rende conto, un esempio di tale situazione è quello del Dirigente che critica l’operato di un dipendente o fa richieste per lui impossibili da realizzare. Una causa molto comune che porta al deterioramento dei rapporti è quella legata alle avances e allusioni sessuali sgradite oppure agli atteggiamenti offensivi. Solitamente in questi casi la nostra prima reazione è di autocritica, perché ci sentiamo in parte responsabili dell’accaduto, inoltre alcune allusioni finiscono per sorprenderci a tal punto da non riuscire a reagire e ci lasciano un senso di inadeguatezza. Dopo l’autocritica si passa quindi alla rabbia contro noi stessi per non essere riusciti a reagire in modo adeguato. A tal proposito, risulta fondamentale conoscere la natura dei conflitti, i loro effetti e come poterli risolvere. Quest’ultimo aspetto però non sempre è realizzabile, perché se il conflitto è lieve si tende ad accettare di non essere d’accordo su una questione, ma nelle altre occasioni è richiesto uno sforzo comune. In caso di conflitti occorre riconoscere due aspetti:

1. Non siamo responsabili di tutto perché se nel tentativo di risolvere il conflitto, l’altro si rifiuta di collaborare, noi abbiamo fatto il possibile. 2. Se il conflitto non si risolvere occorre adottare metodi alternativi come una denuncia formale, un tentativo di trasferimento oppure la ricerca di un nuovo lavoro.

GLI EFFETTI DEI CONFLITTI NELL’AMBIENTE DI LAVORO Molti sono i fattori causa di stress nella vita lavorativa, tutti possono essere però racchiusi in questa classificazione: 1. Fattori legati alla natura dell’impiego → es. troppo lavoro, troppo poco lavoro ecc. 2. Fattori legati al proprio ruolo → es. livello di responsabilità 3. Fattori legati alla struttura dell’organizzazione → es. mancanza di consultazione fra colleghi 4. Fattori legati alla carriera → es. frustrazione delle ambizioni 5. Fattori legati alla natura dei rapporti con superiori, colleghi, clienti ecc. I primi quattro creano condizioni di lavoro insoddisfacenti, poiché sono tutti fattori (incertezza sul grado di responsabilità, mancati avanzamenti di carriera ecc.) legati all’insorgere di conflitti con le persone con cui lavoriamo.

EFFETTI NEGATIVI L’ambiente di lavoro è caratterizzato in molti casi da conflitti con pesanti effetti negativi come perdita di sicurezza, calo dell’autostima ecc. Gli effetti, in generale, variano in ampiezza a seconda della natura del conflitto, dell’importanza che ha per noi e della durata. Infatti, se non è difficile ignorare un conflitto poco significativo, uno che non è percepito come tale può finire per crescere di intensità e creare problemi. Inoltre, quando tutte le parti risultano consapevoli del conflitto problematico, si verificano ripercussioni a livello psicologico. Gli effetti negativi possono verificarsi sia a livello personale che a livello aziendale, poiché se esiste un conflitto tutta l’organizzazione ne risente. Da un punto di vista personale questi effetti sono legati allo stress e si verificano attraverso tre tipi di sintomi: 1. Livello psicologico →reazioni tipiche sono: incapacità di concentrarsi, irritabilità e difficoltà nel rilassarsi. 2. Disturbi fisici → i più frequenti sono: emicrania, insonnia e cattiva digestione; ma possono sfociare in patologie più gravi come ulcera o ipertensione. 3. Segnali comportamentali → i più comuni sono: abbandono dei rapporti conflittuali, abuso di alcolici, sigarette e tranquillanti.

Si finisce spesso in un circolo vizioso in cui il conflitto crea lo stress, che rovina i rapporti con colleghi, clienti ecc. fino ad arrivare all’esasperazione del conflitto stesso. Tale situazione aumenta la probabilità di vedere il conflitto in modo poco obiettivo, attribuendo la colpa totalmente agli altri, perciò risulta fondamentale saper gestire queste occasioni per combattere lo stress.

EFFETTI POSITIVI Un conflitto se affrontato in modo adeguato può avere effetti positivi come: 1. Rafforzare un rapporto → Due persone che riconoscono di avere punti di vista diversi e sono disposte a mediare rafforzeranno il rapporto lavorativo. 2. Aumentare la fiducia → Due persone che risolvono un conflitto avranno maggiore fiducia l’una dell’altra. 3. Aumentare l’autostima → la risoluzione positiva di un conflitto aumenta l’autostima. 4. Stimolare la creatività e la produttività → il conflitto gestito in modo adeguato è necessario per aumentare la creatività e la produzione (si confrontano idee diverse). 5. Essere fonte di soddisfazione → il continuo bisogno di stimoli fa sì che l’individuo utilizzi la carica accumulata nel conflitto e nella liberazione dalla tensione. Deutsch afferma che spesso il conflitto stimola interesse, curiosità e capacità individuali, permettendo una valutazione delle proprie abilità. Gli effetti positivi si verificano solo per conflitti controllabili che dipendono dalla natura dei rapporti di lavoro e dal valore attribuito al conflitto.

SODDISFAZIONE NEI RAPPORTI DI LAVORO I rapporti lavorativi possono essere fonte di sicurezza, soddisfazione, amicizia e se basati sulla solidarietà reciproca possono essere appaganti. La soddisfazione in genere proviene dalla gratificazione che deriva dal lavoro stesso, che a sua volta dipende dal grado di appagamento dell’individuo nei confronti della propria vita. Argyle e Henderson (1985) sostengono che un rapporto lavorativo più superficiale finisce per generare conflitti più facilmente rispetto a quelli familiari o di amicizia. Ciò accade perché nei confronti di un rapporto lavorativo abbiamo maggiori aspettative a livello di crescita personale, ma anche finanziaria, rispetto agli altri tipi di rapporti. Inoltre, nella maggior parte dei casi, pur essendo formale e funzionale all’attività che svolgiamo, può diventare più soddisfacente se basato anche su amicizia e cooperazione. Molto frequenti sono però i rapporti di tipo competitivo tra coloro che operano a livello gerarchici contigui, essi non sempre costituiscono la base per un conflitto se si sviluppano in forme amichevoli permettendo a tutti il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Un rapporto di

lavoro cambia in base anche all’intensità, ad esempio sarà più soddisfacente un rapporto terapeutico o didattico rispetto a quello tra colleghi. Una classifica dei vari livelli di soddisfazione che scaturiscono dalle relazioni è stata realizzata da alcuni psicologici che hanno analizzato tali livelli in termini di rapporto tra costi e benefici. Si è giunti alla così detta Teoria dell’equità in cui si sostiene che le relazioni più appaganti sono quelli in cui costi e benefici sono in equilibrio, perciò nell’ambiente di lavoro una relazione risulta soddisfacente se entrambi siamo consapevoli di poter contare sull’altro per dividere le responsabilità, il carico di lavoro e per collaborare. Secondo questa teoria la soddisfazione diminuisce quando viene inserito un elemento di disuguaglianza, anche se fino a che entrambe le parti sono convinte di ricevere il giusto compenso o il giusto carico di lavoro per essere soddisfacente il rapporto non deve per forza essere equilibrato. Altro modello è quello dell’investimento secondo cui maggiore soddisfazione deriva dai rapporti che hanno costi bassi e alti compensi che superano le aspettative. Un esempio rilevante è il rapporto tra dirigente e subordinato che per quest’ultimo è positivo se oltre agli ordini riceve anche conoscenze utili per raggiungere gli obiettivi. Infatti, ciò che rende un rapporto soddisfacente è la presenza di lealtà, condivisione del lavoro e scambio di aiuto che riducono lo scoppio di conflitti. Se tutto ciò viene meno e nessuna delle due parti vuole arrivare ad un compromesso si crea un conflitto negativo.

PERCHÉ NASCONO I CONFLITTI? Un’indagine che risale agli anni ’60 sulle aziende britanniche ha dimostrato che gli individui passano la maggior parte del tempo lavorativo ad interagire con altri individui, un esempio la figura del manager che trascorre 90% del suo tempo con altre persone. La percentuale può aumentare in base alle attività, è molto alta in quelle non industriali come scuola, sanità e forze dell’ordine; dove le azioni in solitaria sono molto rare. I rapporti assumono forme diverse, infatti a seconda del tipo di impiego e di posizione gerarchica occupata si può interagire con colleghi, superiori, subordinati, clienti ecc. Durante le interazioni quotidiane possiamo trovarci a dover dare ordini, ricevere istruzioni, cooperare, negoziare, informare o aiutare a risolvere un problema. Tutti questi rapporti dipendono dalla struttura formale dell’ambiente lavorativo, mentre il loro funzionamento dal rispetto di alcune regole formali, che se non vengono rispettate sono la principale causa di conflitto. Esistono fattori con cui è possibile stabilire la probabilità che si verifichi un conflitto interpersonale o al contrario stabilire se il rapporto lavorativo sarà di tipo armonioso. I fattori in questione sono cinque e ognuno contiene al suo interno alcuni aspetti tipici che sono i seguenti: 1. Caratteristiche del gruppo: a. la formazione di gruppi.

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b. la pressione del gruppo e la presenza di stereotipi di comportamento. Regole di interazione: a. sistemi di comunicazione. b. rottura delle regole di interazione. Differenze interpersonali: a. lo scontro tra personalità diverse. b. differenze di sesso e di età. Il modo in cui trattiamo gli altri: a. pregiudizi. b. abuso di autorità. c. giochi di potere e manipolazione. Il modo in cui percepiamo le situazioni: a. aspettative e principi generali. b. equivoci ed errori di interpretazione. c. aspettative e idee razionali.

CARATTERISTICHE DEI GRUPPI Il primo fattore riguarda le caratteristiche dei gruppi, i quali possono essere divisi in due categorie: gruppi formali e gruppi informali. I primi sono creati per svolgere una determinata attività, mentre i secondi sono basati sulla condivisione di interessi o abitudini comuni. Queste due tipologie non sempre sono distinguibili e inoltre se analizziamo l’ambito lavorativo troveremo altri tipi di gruppi più omogenei fondati su età, sesso, tendenze sessuali, razza e religione. In un ambiente lavorativo solitamente vengono incoraggiati i rapporti informali che possono rafforzarsi durante le pause o gli eventi aziendali, se si tratta di rapporti nati casualmente e in relazione all’organizzazione del lavoro, la partecipazione ad eventi sociali informali avverrà, invece, con un gruppo specifico di colleghi con cui solitamente si condividono interessi e abitudini. Tutti questi contatti possono trasformarsi in amicizie e ciò risulta facilitato in quegli ambiti lavorativi in cui ad esempio ci sono orari pesanti oppure nei lavori a turni. I rapporti informali possono essere sia positivi che negativi, il primo caso si verifica se facilitano e promuovono la cooperazione, il secondo quando si creano sottogruppi. Quest’ultimi sono negativi, perché conducono spesso all’esclusione delle persone e ciò può essere motivo di conflitto all’interno dell’organizzazione. Un esempio ci viene offerto dalla testimonianza di Franco un insegnate di 30 anni che viene escluso da un altro gruppo di insegnanti che durante la pausa pranzo si dedicano ai cruciverba, che a Franco però non piacciono. Una caratteristica fondamentale dei gruppi è la coesione ovvero il senso di appartenenza e condivisione che lega i membri del gruppo. La coesione è così importane, perché più c’è coesione, più aumenta la conformità dei membri alle regole

del gruppo stesso. Infatti, proprio per questo motivo i gruppi storici risultano più compatti rispetto a quelli di recente formazione, in quanto i primi sono fondati su relazioni ormai consolidate. La coesione ha effetti positivi perché più il gruppo è coeso più i membri trovano soddisfazione, ma ha anche effetti negativi perché porta ad atteggiamenti non corretti verso i non appartenenti al gruppo. La coesione si rafforza grazie alla percezione di una minaccia esterna, infatti in caso di scontro con altri gruppi o di minaccia contro le regole del gruppo la morale dei membri aumenta. Nonostante il gruppo in genere rappresenti un fattore positivo, in molti casi contribuisce anche a creare atteggiamenti ostili nei confronti dei non membri che vengono esclusi ed isolati da informazioni, avanzamenti di carriera, assunzione ecc. Un esempio è quello di Angela, una poliziotta, che viene esclusa dai colleghi uomini solo perché donna ed è costretta ad adeguarsi ai loro comportamenti. Altra caratteristica dei gruppi è il ruolo degli stereotipi ovvero dell’idea che una persona abbia alcune caratteristiche solo perché appartiene ad un dato gruppo. I concetti stereotipati, in genere, sono negativi, riguardano principalmente la razza e il sesso ed oltre a venir utilizzati come scusa per discriminare gli altri, vengono anche utilizzati dai gruppi dominanti per difendere la loro posizione.

LE REGOLE DI INTERAZIONE Il secondo fattore riguarda le regole informali che governano i rapporti, definendo quale comportamento adottare in una determinata circostanza. Queste regole ci guidano e aiutano nelle difficoltà, perciò la loro inosservanza porta alla nascita inevitabile di conflitti. Tali regole possono dividersi in universali , ovvero valide per tutti i tipi di interazione, oppure specifiche, ovvero riferite ad ambiti lavorativi specifici. Le regole universali sono quattro e sono le seguenti: 1. Regole di aiuto: è una tipica forma di solidarietà nei rapporti lavorativi che riguarda gli aspetti pratici e concreti, anche se ne esistono forme di tipo emotivo e psicologico. Si basano sul sostegno verso colleghi, superiori o clienti, a cui dobbiamo dare consigli e aiuto nel momento del bisogno. 2. Regole di interazione stretta: sono regole universali come il rispetto della privacy o l’astenersi da rapporti sessuali con i subordinati e nell’ambito di rapporti professionali. Quest’ultimo fatto, regolato anche dall’etica professionale, può portare se non rispettato alla rottura delle regole previste, che esplicitano l’impossibilità di avere rapporti sessuali con colleghi o subordinati senza esplicito consenso di entrambe le parti. Molestie, allusioni sessuali, contatti forzati sono perciò vietati. 3. Regole che riguardano terzi: sono regole che controllano il rapporto con terzi, che seppur non coinvolti nei nostri rapporti quotidiani possono esercitare un’influenza determinate, perché comunque i rapporti interpersonali in ambito lavorativo non sono isolati rispetto al contesto sociale. Queste regole

prevedono la difesa dei colleghi, evitare di discutere con terzi le confidenze oppure non criticare gli altri ecc. 4. Regole che riguardano i compiti da svolgere: sono regole che controllano lo svolgimento di determinate attività all’interno di tutti i rapporti di tipo professionali come quelli tra insegnante e alunno, dottore e cliente, poliziotto e pubblico ecc. Queste regole si riferiscono ad entrambe le parti e in genere sono da esse conosciute, però qualora non sia così è compito del professionista mettere a conoscenza la persona cui si indirizza. Infatti, ad esempio, un dottore deve visitare, fare diagnosi, curare e un insegnante deve preparare la lezione, correggere i compiti, insegnare; mentre un paziente deve dare al medico tutte le informazioni utili e uno studente svolgere i compiti, consegnarli ecc. Questi rapporti sono soggetti spesso a malintesi che generano conflitti, che possono essere risolti facilmente se si conosce la regola che è stata infranta.

SCONTRO TRA PERSONALITÀ DIVERSE Il terzo fattore è legato ai nostri comportamenti che sono influenzati dalle circostanze esterne e dai tratti della nostra personalità, infatti le ricerche più recenti si concentrano proprio sullo studio dei rapporti fra la nostra personalità, la situazione in cui ci troviamo e le persone coinvolte. Un tratto della personalità importante, soprattutto per chi svolge un lavoro direttivo o in ambiti particolari come sanità e scuola, è la flessibilità, ovvero la capacità di adattarsi alle esigenze dell’ambiente che mutano. La flessibilità è meno presente, invece, negli ambienti con regole rigide. Alla personalità diamo un grande valore perché crediamo che persone con un certo tipo di personalità cerchino un certo tipo di lavoro e che in esso trovino maggior soddisfazione rispetto a chi possiede personalità diversa. Questo atteggiamento non è sbagliato, ma non toglie la possibilità che ci siano persone con personalità distinte che svolgono lo stesso lavoro. Con alcune di essere potrai trovarti in sintonia, con altre in disaccordo. Di solito i contrasti nascono quando due individui affrontano un problema in modo diverso, infatti è difficile conciliare una persona minuziosa con una che prende le cose in modo accomodante. I contrasti possono svilupparsi anche a causa di opinioni o abitudini personali diverse, ma è comunque possibile riuscire a lavorare insieme se si tratta l’altro con rispetto e cortesia.

DIFFERENZE DI SESSO Il terzo fattore comprende anche le differenze di sesso, che influenza particolarmente rapporti e attività lavorative. Le donne, infatti, secondo alcune ricerche trovano allo stesso tempo più appagante e stressante il lavoro e riescono ad avere più amicizie e più persone con cui non vanno d’accordo rispetto agli uomini. Una donna sa di dover essere più brava dei colleghi maschi per riuscire ad affermarsi e sa anche che in un ambiente prevalentemente maschile può andare incontro a difficoltà come l’esclusione dai gruppi. Ancora oggi l’equilibrio dei poteri sociali

vede l’uomo come dominante rispetto alla donna, infatti sono gli uomini ad occupare posizioni di prestigio ed essere privilegiati economicamente. Questo si verifica per la presenza di stereotipi sui ruoli sessuali che creano norme che impediscono la libera espressione di entrambe le parti e perciò fanno considerare adeguato il comportamento deciso ed aggressivo dell’uomo e quello pacato della donna. Sono molti i testi che trattano questo argomento, dove si sostiene che i conflitti nascano a causa di comportamenti legati ai ruoli sessuali, perché è difficile cambiare opinione sui comportamenti maschili e femminili ritenuti normali. Kanter (1979) ha individuato quattro ruoli stereotipati attribuiti alle donne in ambito lavorativo, che sminuiscono la loro dignità e le loro competenze e sono i seguenti: 1. Ruolo della madre terra: la donna è una nutrice amorevole che crea l’aspettativa che il suo comportamento debba essere tale anche in ...


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