COSA Giudicata Formale PDF

Title COSA Giudicata Formale
Author Elisa Cuccaro
Course Elementi di procedura civile
Institution Università degli Studi di Trento
Pages 3
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25 Settembre 2015

IL PRINCIPIO DI COSA GIUDICATA FORMALE (PASSANDO PER L’IMPUGNABILITÀ) Parlavamo ieri del 216, 2 c.p.c., oggetto di questo giudizio è un fatto giuridico, non una posizione sostanziale, esso richiede che per promuovere un giudizio siffatto serve un interesse, ravvisato da dottrina e giurisprudenza nel munirsi di un titolo idoneo per l’iscrizione nel registro immobiliare. Il contraente dovrà avere l’onere di trascrivere o annotare l’atto di citazione nel registro immobiliare, con la trascrizione della domanda giudiziale la parte attrice prenota così l’eventuale successivo futuro effetto favorevole di quel giudicato, gli effetti di quel giudicato risaliranno alla data di trascrizione o annotazione della domanda e in ragione di ciò il contratto e la sentenza formano un titolo atto alla trascrizione. Se il nostro attore non ha l’accortezza di trascrivere la domanda la sua vittoria rischia quanto al bene di rivelarsi una vittoria di Pirro. La trascrizione è importante, specie per queste azioni e per l’azione revocatoria. Se le norme del c.p.c. richiamano la trascrizione si riferiscono alla trascrizione delle domande giudiziali. Terza e ultima precisazione: il 2909 c.c. ci fa capire che l’accertamento contenuto nella sentenza diviene incontrovertibile quando la sentenza passa in giudicato, ossia quando quella sentenza è passata in COSA GIUDICATA FORMALE. Il 2909 c.c. costruisce il giudicato formale come un presupposto del giudicato materiale, descritto dalla norma. La cosa giudicata materiale non può esistere senza giudicato formale, che ne è il presupposto, sono intimamente connessi; ma diversi. Tanto che la definizione di giudicato formale la da l’art. 324 c.p.c. e non il c.c. Il giudicato materiale è l’accertamento incontrovertibile, mentre il giudicato formale è l’inimpugnabilità della sentenza o la sua immutabilità come atto. Non c’entra nulla con l’incontrovertibilità. In buona sostanza il c.p.c. prevede che per potersi considerare immutabile e non impugnabile una certa sentenza non deve essere più soggetta a certi mezzi di impugnazione previsti dalla legge. L’IMPUGNAZIONE è quel mezzo o strumento di controllo e riesame di una sentenza quanto alla giustizia e/o invalidità della sentenza stessa; strumento previsto dalla l. processuale e che apre un giudizio davanti a un giudice diverso e spesso sovraordinato e superiore oppure eccezionalmente di fronte allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. L’attacco, l’aggressione a una sentenza si dice in Germania, se manca l’aggressione non c’è impugnazione. Il giudice di fronte a cui può aprirsi il giudizio di impugnazione è di regola sovraordinato a quello che ha pronunciato la sentenza. Una particolare impugnazione (regolamento di competenza) si propone di fronte alla Cassazione. Ci sono anche due mezzi di impugnazione espressamente previsti dalla legge: c.d. revocazione della sentenza (artt. 395 ss. c.p.c.) e opposizione di terzo (artt. 404 ss. c.p.c.) che si propongono, davanti allo stesso giudice. I presupposti nel nostro sistema sono due: (a) essere stati parti al giudizio che si è concluso con la sentenza che si impugna (con un eccezione, l’opposizione di terzo), l’altro presupposto è ricostruito dal sistema ed è detto (b) soccombenza (e che però la giurisprudenza preferisce denominare come interesse ad impugnare).

Di regola la parte che propone opposizione deve essere rispetto a quella sentenza soccombente e la parte soccombente nel nostro sistema è la parte che vede respinta la sua pretesa. La parte vincitrice non può impugnare se la sua pretesa è soddisfatta, non esiste la doppia conforme. La soccombenza può essere parziale, reciproca o ripartita (sono sinonimi in lingua italiana, non gergo tecnico, nda). Entrambe le parti hanno vinto ma anche perso. Es. A conviene in giudizio B facendo valere nei suoi confronti un risarcimento di 500, in primo grado domanda accolta ma il giudice quantifica il danno in 100, A ha visto la sua pretesa accolta, cioè il risarcimento, solo in parte qua però, non è vincitore integrale. Può impugnare la sentenza nella parte in cui il giudice non ha accertato il suo risarcimento, allo stesso modo B può impugnare per ovvie ragioni. Il potere processuale di impugnazione è per sua natura soggetto a decadenza, potere che si ha l’onere di esercitare ex lege entro un termine, se non lo esercito entro un dato ordine di tempo il potere si consuma, si esaurisce, non è più esercitabile. Le impugnazioni di regola sono soggette a termini decadenziali e i termini che prevedono decadenze sono c.d. termini perentori (art. 153 c.p.c.), qualora le impugnazioni contro la sentenza non vengano proposte entro i termini perentori indicati dall’art. 324 c.p.c. si è decaduti. Quando le impugnazioni non sono proposte o siano infruttuosamente proposte, allora la sentenza è passata in giudicato formale, è inimpugnabile e immutabile. Da quel momento l’accertamento materiale è incontrovertibile, fanno stato ad ogni effetto. Es. Sentenza di primo grado che accerta che A e non B è proprietario di bene x, B non propone appello. Sentenza passata in giudicato. Es. A conviene in giudizio B, accertamento della proprietà e giudice accerta che A e non B è proprietario del bene X. B si duole per varie ragioni delle domande di A, si apre il giudizio d’appello che però viene rigettato. Se B non propone in Cassazione allora passa in giudicato formale, altrimenti no. Il giudicato formale richiede notevoli tempi (media di 10 anni). Perché il nostro legislatore ha congegnato così il sistema? Una sentenza su cui pende il termine per appellare non accerta incontrovertibilmente nulla (finché B può appellare A non può chiedergli quel bene). La descrizione più vera è data da Merkl, teoria dei calcoli e degli errori: il legislatore ben può pensare che il giudicato sostanziale, per essere tale, è bene che sia di regola il prodotto di un procedimento nel quale più teste e più occhi, più giudicanti esaminino la controversia. Se una sentenza è pronunciata da una sola testa statisticamente posso presumere che quell’accertamento venuto a formarsi sia un accertamento meno corretto. Per questo quasi sempre il giudicato sostanziale è ancorato al giudicato formale. Però quando Merkl concepiva la sua teoria si poteva permettere di non tenere presente la variabile della durata del processo, secondo molti l’apparato di impugnazioni è oggi un lusso, qualcosa che non ci si può permettere. La durata del processo (111 Cost.) è un canone interpretativo fondamentale delle norme processuali. In America il primo grado è vincolante e definitivo, non ci sono i vari gradi di giudizio come da noi.

Ulteriore precisazione: questa immutabilità della sentenza o inimpugnabilità è assoluta o relativa? In altri termini, quando una sentenza è passata in giudicato formale l’inimpugnabilità può dirsi assoluta? Oppure è un’inimpugnabilità relativa? É un problema di diritto positivo, in Francia è assoluta, da noi relativa ex iure positivo. Contro una sentenza passata in giudicato formale solo entro limiti angusti sono proponibili certi specifici mezzi di impugnazione, in particolare la revocazione per alcuni motivi. Con questa conseguenza terminologica: impugnazioni straordinarie, le altre erano dette ordinarie. L’impugnazione straordinaria si pone contro una sentenza passata in giudicato, quella ordinaria sospende il giudicato formale....


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