Crisper - Riassunto dettagliato. - E l\'uomo creò l\'uomo PDF

Title Crisper - Riassunto dettagliato. - E l\'uomo creò l\'uomo
Author Graziella Romano
Course Storia della lingua italiana
Institution Università per Stranieri di Perugia
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Summary

Riassunto dettagliato....


Description

Crispr Ritoccare, cesellare, correggere il DNA lettera per lettera. La nuova tecnica che sta cambiando il volto della biologia è gentile e potente. Maneggevole e a buon mercato come una lama affilata, precisa come un laser. Consente di modificare a piacimento gli organismi viventi prendendo attentamente la mira. Non li bombarda di mutazioni casuali, non si accontenta nemmeno di tagliare e cucire il DNA in modo artigianale, come si faceva una volta. Trasformerà la medicina, l’agricoltura, il mondo come lo conosciamo? Entusiasmo e timori si rincorrono, e questo è il primo libro capace di spiegare la rivoluzione che stiamo vivendo. Benvenuti nell’era di CRISPR. Dietro al nome oscuro si nasconde un processo biologico sorprendentemente semplice. La creatività dei ricercatori lo ha trasformato in uno strumento al nostro servizio. È l’equivalente del comando «trova e sostituisci» di un programma di videoscrittura, per eliminare i refusi dal libro della vita. Per questo si chiama «editing del genoma». La tecnologia non è ancora così efficiente da poter realizzare tutti i desideri, e qualche sfida potrebbe non essere mai alla nostra portata. Ma se terrà fede anche solo a una piccola parte delle promesse, l’editing genomico renderà possibile un’infinità di esperimenti, regalandoci conoscenze, farmaci, prodotti capaci di migliorare la qualità della vita. I problemi sollevati da CRISPR, tuttavia, non sono una questione da poco. Quando sapremo cambiare i geni a piacimento, come faremo a impedire che questa tecnica cada nelle mani sbagliate? I primi esperimenti su embrioni umani sono già stati effettuati e il dibattito è appena iniziato. Esiste il pericolo che vengano progettati «bambini su misura»? Sarebbe un sogno o un incubo se l’uomo creasse l’uomo?

Hello, CRISPR! Con questo distico si apre Next, di Michael Crichton. Il grande autore di fantascienza è famoso per aver immaginato decine di modi diversi in cui la civiltà potrebbe arrivare al tracollo per colpa di qualche tecnologia sfuggita di mano. Nel mondo un po’ pazzo che ha tratteggiato in Next si concretizzano molti incubi del più classico repertorio fanta-biotech. Ma a rileggere questo libro, fra tante fosche profezie destinate a restare solo sulla carta colpisce soprattutto quella di CRISPR/Cas9 che, secondo qualcuno, potrebbe avverarsi grazie all’invenzione di una nuova tecnica di modificazione genetica. Questa tecnologia si è affacciata sulla scena solo nel 2012, per iniziare a diffondersi a macchia d’olio un paio di anni più tardi. Per il momento quello che ci interessa notare è che lo scenario delle biotecnologie fai da te è diventato improvvisamente molto più plausibile proprio grazie all’invenzione di CRISPR. Basta aver studiato biologia al college e disporre di poche centinaia di euro per provare a manovrare questo sistema di modificazione genetica e, forse, riuscire a tirare fuori persino un risultato divertente. Magari fiori che brillano al buio grazie a un pigmento fluorescente preso in prestito dalle meduse. Niente che faccia finire su una rivista scientifica come inventore dell’anno, ma abbastanza per sperimentare il brivido di aver creato qualcosa che prima non c’era. L’ingegneria genetica con cui si producono gli OGM classici è molto più veloce e precisa rispetto agli incroci tra piante affini che per secoli hanno rappresentato l’unico approccio possibile al miglioramento genetico delle specie di interesse agrario. Con gli incroci si mescolano le migliaia di geni delle due varietà parentali e poi si osserva la nuova generazione, cercando le combinazioni fortunate come se fossero aghi nel pagliaio. Con l’ingegneria genetica si ha il vantaggio di poter spostare chirurgicamente solo il gene desiderato e di poterselo procurare anche da specie non compatibili, se in quelle affini non ce n’è uno adatto. Ma resta pur sempre un’impresa complicata, che richiede strumenti e competenze specialistiche. Se il classico copia-incolla con il DNA è difficile nelle piante, figuriamoci negli animali, che sono creature ben più delicate. Per non parlare degli interventi sull’uomo, che richiedono standard di sicurezza molto elevati. Al fine di correggere le mutazioni che causano malattie gravissime si possono utilizzare dei vettori virali, ma gli attuali sistemi hanno parecchi limiti. Per permettere alle terapie geniche di dispiegare tutto il loro potenziale servirebbero strumenti più precisi e affidabili. I biotecnologi sognano da sempre di poter disporre di tecnologie di modificazione mirata, che possano essere utilizzate per la ricerca di base, il cui scopo è una migliore comprensione del funzionamento degli organismi viventi. Negli ultimi decenni hanno provato vari approcci, intelligenti e utili, ma ancora piuttosto

macchinosi. Adesso che è arrivata CRISPR assomigliano a bambini che hanno appena scartato il pacco dei sogni sotto l’albero nel giorno di Natale. In pratica CRISPR ha dimostrato di poter funzionare in tutti gli organismi viventi in cui è stata messa alla prova, sfoggiando una versatilità che nessuno poteva dare per scontata. Come ha notato uno dei pionieri della tecnica – George Church – si tratta di un salto di qualità, e sono in tanti ad azzardare la parola «rivoluzione». CRISPR ha reso possibili così tanti esperimenti che se ne vorrebbero fare migliaia, se solo si avesse abbastanza tempo, ha dichiarato uno scienziato al «New York Times». CRISPR è un acronimo indigeribile che sta per «clustered regularly interspaced short palindromic repeats». Ma lasciando cadere la erre finale resta «crisp» che in inglese vuol dire netto, preciso. Una coincidenza fortunata, dal momento che l’accuratezza è proprio il nostro obiettivo. Nei dodici mesi del 2015 CRISPR è stata protagonista di 1259 studi pubblicati, tanto che la rivista «Science» ha nominato la nuova tecnica «la svolta dell’anno». Interrogando il database di PubMed alla fine del 2016 il numero totale aveva sfondato quota quattromila. Una rapidità di diffusione che non trova precedenti nella storia delle biotecnologie. Quella che era nata come una sigla ormai è diventata un verbo che risuona nei laboratori: «Crisp it!». Ovvero, hai una mutazione che ti interessa, un gene da modificare, un organismo da studiare? Che aspetti, «crispizzalo». La tecnologia CRISPR è solo una proteina con un’altra piccola molecola attaccata alla doppia elica del DNA. Ma per gli specialisti è la tecnica che ha consentito di replicare il DNA a volontà come in una stampante collegata a un computer.

Cerca trova e zac! In natura CRISPR rappresenta l’equivalente batterico del nostro sistema immunitario, perché nei batteri che ne sono provvisti si attiva in modo specifico in risposta ai virus invasori. Noi combattiamo i microrganismi patogeni con gli anticorpi prodotti da apposite cellule immunitarie, ma i batteri sono organismi unicellulari molto semplici, come fanno a difendersi? Innanzitutto esiste un sistema di catalogazione delle infezioni che sono già state contratte e debellate, una sorta di libretto delle vaccinazioni che poi viene lasciato in eredità alle cellule figlie. Ogni volta che il batterio supera un’infezione, archivia i frammenti del DNA virale a futura memoria. Ciascun frammento del DNA virale catalogato serve come stampo per produrre una replica sotto forma di RNA. Questo filamento funge da identikit in caso di nuova infezione e viaggia a bordo di una proteina capace di degradare il DNA virale con cui viene in contatto. Insieme, la proteina e l’RNA, funzionano come sentinelle che scandagliano tutto il DNA presente nella cellula, rimbalzando da un sito all’altro, aprendo ripetutamente la doppia elica e verificando la somiglianza con l’identikit, finché non si trova una perfetta corrispondenza. Una volta riconosciuto il materiale genetico dell’invasore, la proteina lo afferra e lo degrada, facendo piazza pulita. È così che la piccola macchina stermina-virus si trasforma in un dispositivo biotech al servizio dei ricercatori, pronto a lavorare anche in ambienti cellulari ben più complessi di un semplice batterio. CRISPR si mette all’opera nelle piante come negli animali. Riesce a scandagliare i DNA lunghi e strutturati degli organismi superiori. Grazie alla sua bussola trova la sequenza che vogliamo modificare e, zac!, la taglia con estrema precisione. Non si può dire che la tecnica sia infallibile, ma certo commette pochi errori. Può accadere che il ricercatore di turno desideri semplicemente disattivare il gene che ha tagliato. In questo modo potrà verificare cosa accade alle cellule, e all’intero organismo vivente di cui fanno parte, quando il gene non lavora più e quindi capire qual è la sua funzione in condizioni normali. In tal caso è sufficiente tagliare e lasciare il resto della fatica alla natura. Ogni cellula infatti è dotata di un macchinario di riparazione che quando scopre una rottura nel DNA la ricuce, anche se spesso commette dei piccoli errori. A volte va perduta qualche lettera, o ne viene aggiunta qualcuna di troppo, oppure una lettera viene sostituita con un’altra. In genere questo è sufficiente a far saltare il quadro di lettura del gene, rendendolo inattivo. In altri casi i ricercatori non si accontentano di una mutazione casuale, ma vogliono riparare la lesione in modo preciso, per poter correggere la copia mutante di un gene con la versione sana. Allora la ricetta CRISPR si arricchisce con l’aggiunta di un altro ingrediente: una piccola molecola di DNA che funziona da stampo per correggere la lesione nel modo desiderato. Oppure c’è un’altra possibilità ancora, quando invece di riscrivere poche lettere vogliamo far integrare un’intera sequenza estranea in corrispondenza del taglio. Insomma esistono almeno tre modi diversi di far funzionare questo meraviglioso giocattolo.

Tutto ciò può essere fatto nelle cellule staminali in coltura, che poi con i giusti stimoli verranno persuase a differenziarsi nei diversi tipi cellulari. Cellule del sangue, ad esempio, o del pancreas. Ma c’è un’altra caratteristica che rende CRISPR davvero speciale: a differenza delle metodiche precedenti, può essere usata per modificare molti geni alla volta. È un grande vantaggio quando si tratta di fare luce su malattie complesse che non sono causate da una singola mutazione ma dall’interazione di molti geni. La sigla CRISPR sta per «brevi ripetizioni palindrome raggruppate e regolarmente interspaziate». Nel DNA le lettere a disposizione sono solo quattro, perché questa molecola è una successione di quattro basi (adenina, guanina, timina e citosina). Le sequenze palindrome CRISPR sono lunghe una trentina di lettere e si trovano disposte in modo regolare in una porzione del DNA di molti batteri.

Il sistema CRISPR utilizzato nei laboratori per modificare il DNA è costituito da almeno due componenti. Il primo è proprio la proteina, che è detta Cas9. È un enzima. Per essere più precisi appartiene alla classe delle nucleasi, che sono gli enzimi specializzati nel tagliare il DNA. Il secondo componente del sistema è l’RNA bussola, che conduce l’enzima verso il sito da recidere. Insomma il sistema di modificazione genetica CRISPR è costituito da un enzima e da un RNA.

Dall’ingegneria all’editing C’è uno dei capostipiti degli enzimi capaci di riconoscere brevi sequenze e tagliarle, il mitico Eco RI, gentile dono del batterio Escherichia coli. È stato il primo enzima con la capacità di tagliare il DNA in modo speciale. Anche gli enzimi di restrizione, come CRISPR, sono armi di difesa che si sono evolute nei batteri per degradare il DNA estraneo. Ma agiscono in modo aspecifico e tagliano dove vogliono loro, non possono essere indirizzate in un punto prescelto dallo sperimentatore. Questi strumenti di base, comunque, sono serviti a costruire le fondamenta del biotech. È con questi mezzi che nei primi anni settanta Herbert furono creati i primi microrganismi ricombinanti i quali aprirono la prospettiva di utilizzare i batteri come biofabbriche per sintetizzare proteine di organismi superiori di interesse medico e scientifico. La prima ad arrivare al traguardo è la società Genentech, che nel giro di un decennio produrrà l’Humulin. Da allora l’insulina ricombinante sintetizzata dai microrganismi ha completamente rimpiazzato le insuline di origine animale, dimostrandosi sicura ed efficace per milioni di pazienti. E ha funzionato come apripista per una sfilza di altri prodotti ricombinanti, dall’ormone della crescita ai vaccini. I virus che attaccano i batteri, e le controdifese di questi ultimi, hanno quindi reso possibile sia la nascita dell’ingegneria genetica che quella delle nuove biotecnologie di precisione. CRISPR in questo senso rappresenta un ritorno alle origini, anche se con l’emergere delle nuove potenzialità è partita un’operazione di rebranding accompagnata da un cambio di nome: non più ingegneria genetica ma editing, a sottolineare la volontà di effettuare interventi minimi e puntuali. Oggi non ci si accontenta più di aggiungere qualche gene utile, originario di un organismo, in un punto casuale del genoma di un’altra specie. Si vuole scegliere il punto preciso in cui operare l’inserzione, invece di

provare e riprovare finché non arriva un colpo di fortuna. E si cerca il modo per rimpiazzare un eventuale gene difettoso con quello sano, anziché lasciare il vecchio insieme al nuovo. Mentre diamo il benvenuto a CRISPR, comunque, non dovremmo cedere alla tentazione di sminuire tutto ciò che è stato fatto prima, con gli strumenti classici. Per superare i vecchi limiti, ad esempio, si è tentato di sfruttare i naturali meccanismi con cui le cellule aggiustano i cromosomi danneggiati. Il processo si chiama ricombinazione omologa e può essere impiegato dai ricercatori fornendo uno stampo di comodo, che suggerisca la correzione desiderata. È così che vengono prodotti i cosiddetti topi knockout, che presentano uno o più geni inattivati. Spegnendo i geni e osservando le conseguenze della loro inattivazione se ne può comprendere il ruolo e si possono creare dei modelli animali delle malattie umane su cui testare le potenziali terapie. Negli anni novanta si è scoperto che la frequenza della ricombinazione omologa poteva essere aumentata notevolmente introducendo un taglio nel sito da correggere, perciò è iniziata la caccia al metodo adatto per provocare lesioni mirate. Ed ecco che entra in scena la prima pretendente al trono dell’editing di precisione. La nucleasi a dita di zinco, o ZFN. Si tratta di un sistema che unisce la capacità di recidere il DNA dell’enzima nucleasi di un batterio e l’abilità delle dita di zinco di legarsi alla doppia elica. È possibile indirizzare la forbice molecolare verso una sequenza specifica lungo un cromosoma e tagliare. Il problema è che il procedimento è piuttosto complesso. Un’altra strategia promettente si è affacciata sulla scena qualche anno più tardi: «Tale». È apparso chiaro che le proteine TALE avrebbero potuto essere usate come sistema di posizionamento per dirigere un enzima taglia-DNA verso il sito da modificare. Legando assieme proiettile proteico e forbici molecolari, dunque, è nata la tecnologia TALEN. Ma nemmeno TALEN è perfetta. Per ogni bersaglio da colpire, è necessario produrre una nuova proteina. La differenza con CRISPR è eclatante, perché questa ha la rara qualità di essere facilmente programmabile: la proteina resta sempre la stessa, mentre a cambiare è solo l’RNA che la guida, e che per nostra fortuna è facile ed economico da sintetizzare. CRISPR è anche l’unica delle tre tecniche che consente di editare simultaneamente molti siti usando diverse guide di RNA e un’unica proteina taglia-DNA. Qualche neo ce l’ha anche lei ma i ricercatori stanno trovando nuovi trucchi potenziarla.

L’età dei batteri Se vi piacciono yogurt e formaggi, probabilmente, senza saperlo avete già consumato alimenti per la cui produzione si sono rivelate utili le sequenze CRISPR. Se, difatti, i batteri di un certo alimento subiscono un attacco virale ne risente anche il prodotto finito. Ma se le colture sono ben equipaggiate di sequenze CRISPR, allora sono in grado di difendersi. In effetti CRISPR nasce proprio come una sorta di sistema immunitario, usato dai batteri per degradare il DNA virale. Ogni volta che un batterio sopravvive a un’infezione archivia i frammenti del virus debellato, alternandoli a sequenze ripetute, come se riempisse un album di foto segnaletiche. Quando il virus si ripresenta è pronto a riconoscerlo e sgominarlo, in pratica è come se fosse vaccinato. Per avere una coltura microbica resistente, dunque, basta esporre i batteri che ci interessano ai diversi aggressori virali, conservando quelli che sopravvivono e sono immunizzati. L’industria leader del settore è la DuPont, che possiede una collezione di migliaia di virus con cui vaccinare i propri batteri e nel 2012 ha messo in commercio la prima coltura migliorata con questo approccio basato sulla tecnologia CRISPR. Si chiama Choozit™ Swift ed è una miscela concentrata di Streptococcus thermophilus utile per produrre il formaggio da pizza. In ogni caso il formaggio così lavorato non sarebbe un OGM, perché non conterrebbe alcun gene estraneo dal momento che non viene utilizzata l’ingegneria genetica, ma solo un’esposizione mirata a virus che innescano il naturale processo di immunizzazione nei batteri. Si stima che CRISPR sia naturalmente presente nella metà delle specie batteriche e nel 90% di quelle creature microbiche che sono dette archeobatteri. Ben presto le sequenze CRISPR vengono trovate anche in diversi batteri patogeni per l’uomo, come quello della tubercolosi. Gilles Vergnaud le scopre nel microrganismo responsabile della peste. Fondamentale è il contributo di Streptococcus pyogenes, che è solito causare infezioni della pelle e faringiti. Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier utilizzano la proteina Cas9 di questo batterio nell’esperimento chiave che nel 2012 dimostra le potenzialità del sistema come strumento di editing genetico. È in quel momento che tutti

se ne rendono conto: l’armamentario di difesa dei batteri dagli aggressori virali può essere riprogrammato in laboratorio per tagliare e modificare il DNA apportando le mutazioni volute dai ricercatori. E naturalmente non poteva mancare Escherichia coli. È in questo batterio che le sequenze CRISPR vengono descritte per la prima volta nel 1987 da ricercatori giapponesi. Da anni geologi, climatologi ed ecologi discutono sulla possibilità di decretare l’inizio di una nuova era intitolata all’uomo, l’Antropocene, per rimarcare il fatto che, a forza di produrre e riprodurci, costruire e inquinare, stiamo cambiando il pianeta più di quanto non facciano gli agenti naturali. Ma a pensarci bene aveva ragione il grande biologo evoluzionista Stephen Jay Gould quando nel 1996 scriveva che viviamo piuttosto nell’Età dei batteri, e che il nostro pianeta è sempre stato nell’Età dei batteri. Ed ecco elencati alcuni dei criteri usati per dimostrare il predominio batterico, con alcuni aggiornamenti rispetto al quadro tracciato vent’anni fa da Gould. Criterio numero uno, il tempo: le testimonianze fossili della vita iniziano con i batteri almeno tre miliardi e mezzo di anni fa, mentre quanto agli uomini, be’, la nostra specie è qui da un battito di ciglia, diciamo duecentomila anni. Criterio numero due, l’indistruttibilità: nemmeno le peggiori capacità distruttive della civiltà umana potranno scalfirli. Criterio numero tre, l’ubiquità: si trovano in tutti gli habitat, dalle pozze dei ghiacciai ai camini dei fondali oceanici da cui sgorga acqua caldissima. Ognuno di noi è per metà a componente batterica. Nel corpo umano, insomma, c’è una quantità simile di cellule umane e microbiche. Criterio numero quattro, la tassonomia: c’è un’impressionante biodiversità batterica. Secondo i calcoli di alcuni scienziati la Terra ospiterebbe mille miliardi di specie microbiche, e noi ne conosciamo appena lo 0,001%. Ecco infine il quinto e ultimo criterio: l’utilità. Senza la flora microbica non potremmo assorbire bene il cibo che ingeriamo.

Gli eroi del new biotech La scienza è un’impresa collettiva e CRISPR non fa eccezione. Non è una lampadina che si è accesa all’improvviso nella testa di una persona sola. Per questo ricostruire le tappe della scoperta-invenzione della nuova tecnica di editing genetico è impresa delicatissima. La foto di famiglia di CRISP...


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