Dall\'economia preindustriale alla rivoluzione industriale PDF

Title Dall\'economia preindustriale alla rivoluzione industriale
Author Gustavo De Rosa
Course Storia economica
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunto capitolo 1...


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Riassunti di storia economica Capitolo 1 Dall’economia preindustriale alla rivoluzione industriale I caratteri dell’economia preindustriale Prima che l’economia si modernizzasse le condizioni di vita nei vari paesi erano pressoché caratterizzate dalla povertà. Vi era una minoranza ch e disponeva del surplus prodotto dal commercio e dalla terra e viveva agiatamente. Tale surplus non era notevole siccome piuttosto di essere investito nell’agricoltura esso veniva sprecato in beni di lusso. Tra il 18°ed il 19° secolo si ha il passaggio da un’economia di sussistenza ad un’economia basata su una produzione dei beni tale da garantire un reale processo di accumulazione e di sviluppo. Per comprendere l’importanza di tali mutamenti dobbiamo capire quali erano le condizioni di vita nell’era preindustriale: povertà diffusa, stagnazione della produttività; prevalenza del settore agricolo nell’economia e mancanza di specializzazione dei lavoratori oltre che l’assenza di mercati nazionali. Definiamo un paese sottosviluppato quando l’80% della popolazione è dedita all’agricoltura mentre lo definiamo sviluppato se solo il 15%della popolazione lo è. Se consideriamo l’Inghilterra, uno dei paesi più avanzati dell’epoca, verso la metà del 1700 l’agricoltura rappresentava la metà del reddito nazionale. Il regime prevalente è quello dell’autosufficienza e l’agricoltura era basata su tecniche vecchie quali le rotazioni biennali/triennali mentre l’allevamento è prevalentemente quello ovino e si tratta di quasi sempre di allevamento brado. Le colture più sviluppate sono quella cerealicola, delle patate e del mais. Qualora il raccolto fosse insufficiente si entrava nella tipica crisi dell’età preindustriale caratterizzata dalla riduzione dell’offerta del cibo e un conseguente aumento dei prezzi. Indeboliti dalle privazioni gli uomini non sono in grado di resistere alle malattie comportando un notevole innalzamento del tasso di mortalità.

Anche gli altri settori sono molto arretrati, basti pensare che i contadini producono da sé tutti gli oggetti di prima necessità. Se poi si fossero cercati oggetti di una qualità superiore sarebbe bastato rivolgersi ad artigiani o a mercanti. Le industrie meccaniche e siderurgiche avevano scarso rilievo. L’unica industria importante era quella tessile. Quelle preindustriali erano economie immobili: gli uomini, le merci, i capitali difficilmente giravano. Le vie di trasporto più usate perché meno costose e più sicure erano quelle d’acqua. Molto meno importante era il trasporto via terra a causa delle pessime condizioni delle strade (dove esistevano). Basti pensare, nelle migliori delle ipotesi, che si potevano percorrere circa 15/20 km al giorno. Tutto ciò portava all’inesistenza di un mercato unico ed omogeneo. Il solo settore che poteva permettere lauti guadagni era proprio quello del commercio internazionale (la via più semplice per passare dallo stato preindustriale a quello industriale). Con l’esportazione di prodotti che eccedevano la domanda di mercato interna e con l’importazione di prodotti che scarseggiavano si potevano offrire più servizi sul mercato aumentando il benessere della popolazione.

La rivoluzione demografica Tra i fattori che cambiarono gli equilibri dell’Antico Regime c’è sicuramente la rivoluzione demografica. L’Inghilterra ed il Galles passarono da 5 mln di abitanti alla fine del 1600 a circa 10 mln alla fine del 1700. L’Italia passò da 11 mln a 16 mln. In generale l’Europa è passata da 118 mln di abitanti nel 1700 a 187 mln nel 1800. L’aumento della popolazione comporta l’aumento di uno dei fattori di produzione (più gente=più lavoro). Il saggio di sviluppo della popolazione dipende dalla differenza tra il tasso di natalità e quello di mortalità. Prima del 1700 l’incremento

demografico era spesso annullato da epidemie, guerre ecc. Solo dal XVIII secolo in poi il tasso di mortalità si ridusse e la popolazione iniziò lentamente a crescere. Solo sul finire del secolo la differenza tra il tasso di natalità e quello di mortalità era tale per cui si ebbe la rivoluzione demografica. Fu un evento irreversibile. Non erano tanti i nuovi nati a determinare l’incremento bensì si moriva di meno. C’è sicuramente correlazione tra la rivoluzione industriale e un miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie che quindi contribuirono alla diminuzione della mortalità. La crescita della popolazione fu inferiore a quella della produzione e questo significava un maggior reddito pro-capite e quindi un maggior surplus che veniva investito per migliorare sempre di più quelli che erano i processi produttivi. Finalmente si era messo un punto alla cosiddetta TRAPPOLA MALTHUSIANA (l’aumento della popolazione generava anche un aumento della povertà). Con l’età industriale è aumentata anche l’aspettativa alla nascita: si è passati da circa 30 anni (periodo preindustriale) a oltre i 70 (periodo industriale). Tale aumento è giustificato anche dai progressi in medicina (vaccino antivaioloso); progressi nell’edilizia (mattone al posto del legno); progressi nell’igiene personale ; fondazione di ospedali (anche se non erano efficienti ,lì dentro ci si poteva contagiare e la medicina era ancora un misto tra empirismo e tradizione). Un aumento della popolazione significa una domanda di prodotti agricoli che ancora una volta significava un miglioramento da apportare nel sistema agricolo:  In Russia ci fu l’aumento delle terre destinate a coltura;  In Inghilterra ci fu il miglioramento delle tecniche agricole.

La rivoluzione agraria Nell’economia preindustriale era fondamentale il rapporto popolazione-risorse, il quale era instabile, bastava che variasse uno dei due fattori per avere conseguenze

sull’altro. Basti pensare che due cattive annate agricole significavano carestia e che quest’ultima a sua volta significava epidemia e quindi mortalità. Sul finire del XVII secolo in Inghilterra ci fu un notevole aumento della popolazione si arrivò a circa 10 mln nel 1800. Con l’aumento della popolazione, il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie in Inghilterra si assiste al fenomeno dello spostamento da parte delle persone in città. Per far fronte a questo aumento della popolazione era necessario che qualcosa nel sistema agrario cambiasse. Con il nome di RIVOLUZIONE AGRARIA si indicano quelle grandi trasformazioni e innovazioni verificatesi nell’agricoltura. Lo sviluppo agricolo è una delle premesse per la rivoluzione industriale. Londra all’inizio del XVIII secolo contava circa 1/10 della popolazione inglese quindi ciò impone una radicale trasformazione nella politica granaria. Siccome a Londra si consuma molto di più che nel resto del paese essa non dovrà essere rifornita dalle sole campagne circostanti ma da tutto il paese. Si passava quindi da una produzione di autoconsumo ad una produzione di mercato (prima interno e dopo anche estero). L’agricoltura doveva essere più produttiva e bisognava seminare in tutte quelle terre non coltivate o coltivate parzialmente a causa dei vincoli di pascolo. Per ottenere il primo fine si fa ricorso a perfezionamenti nella tecnica agraria modificando il sistema di rotazione ed introducendo nuove colture. Il sistema tradizionale inglese era quello della rotazione triennale con il quale nel primo anno si seminava il grano, nel secondo un altro cereale (come orzo o avena) ed il terzo era lasciato a maggese. Già dal ‘600 alcuni proprietari terrieri avevano proposto di sostituire il maggese con le piante foraggere che erano adatte a rigenerare il terreno siccome servivano da cibo per gli animali da pascolo che fertilizzavano tale terra. Soltanto con l’aumento della domanda, tale tecnica fu adottata in Inghilterra. Ciò ovviamente non fu immediato ma passò per tre punti:

1) dall’emancipazione dei servi; 2) dalla liberazione della proprietà dalle restrizioni legali; 3) l’abbandono delle tecniche antiche in agricoltura. In Inghilterra l’emancipazione legale era già avvenuta con la peste nera. Rimasero però alcune restrizioni di libertà di movimento come lo statuto sull’apprendistato ( i lavoratori non potevano cambiare impiego) e la Legge sul domicilio che tendeva ad immobilizzare i lavoratori nelle loro parrocchie di nascita Un secondo passo fu quello della liberazione della proprietà dalle restrizioni legali in modo tale da permettere alle terre di essere comprate e vendute liberamente. Questo avvenne molto prima che negli altri paesi europei ma comunque con alcune restrizioni. Nel XVI secolo fu introdotto il maggiorascato (per assicurare l’integrità di un patrimonio questo veniva dichiarato indivisibile e trasmesso nell’ambito della stessa famiglia al parente maggiore più vicino di grado) che ebbe come conseguenza quella di lasciare le terre in mano a proprietari assenteisti che non avevano interesse a migliorare la terra. Nel XVIIIsecolo però tutto questo cambiò perché i proprietari terrieri mostrarono interesse nelle nuove tecniche agrarie ed anche per ottenere maggiore potere politico (all’epoca era legato al possesso terriero). Vi investirono grandi capitali per ottenere miglioramenti in agricoltura e nell’allevamento. Tuttavia, affinché tali trasformazioni potessero dirsi veramente compiute occorreva una trasformazione nella distribuzione della proprietà. Basti pensare alle enclosures le terre divennero di proprietà privata (vennero recintate). Prima delle enclosures le terre venivano assegnate un modo casuale e ciò rappresentava un disincentivo per l’agricoltore siccome, dovendo abbandonare il terreno l’anno dopo, egli non apportava alcun miglioramento alla terra. Per favorire il progresso quindi si ebbe un concentramento della proprietà attraverso le enclosures. A farne le spese furono i più deboli che o si trasformarono in braccianti o si diressero verso le città. Le

enclosures però ebbero anche gravi costi sociali: esse privarono i piccoli affittuari del diritto di pascolo sulle terre comuni. Nell’800 si iniziò anche a concedere le terre in affitto, questo molto lungo in modo che l’affittuario le coltivasse con cura per ottenere i migliori risultati possibili. In questo nuovo sistema non vi erano solo proprietari e affittuari bensì c’erano anche i lavoratori agricoli ovvero dei salariati senza la speranza di poter diventare un giorno proprietari terrieri. La situazione, quindi, mutò: più terre, nuovi mercati grazie al miglioramento delle vie di comunicazione, più produzione ecc. Nonostante tutti questi incrementi ci fu un aumento dei prezzi che trova nell’inflazione e nelle Guerre Napoleoniche le principali cause. Napoleone con il blocco continentale impedì all’Inghilterra di importare il grano dai paesi baltici, grano che non poteva nemmeno essere importato dall’America dato l’enorme costo di trasporto. Nel 1797 in Inghilterra fu introdotto il Restrinction Act che comportava la sospensione per la Banca d’Inghilterra dell’obbligo di convertite i biglietti di banca in oro. Ciò comporto un notevole deprezzamento della moneta a causa dei moltissimi biglietti emessi facendo salire moltissimo i prezzi.

La rivoluzione industriale Il termine rivoluzione industriale indica quel processo di industrializzazione avvenuto in Gran Bretagna tra il 1760 e il 1830/1850. Comportò la separazione fra proprietà dei mezzi di produzione e produttori diretti, l’accentramento della manodopera salariata in un unico luogo di lavoro (la fabbrica); la produzione di massa per il mercato ecc. Vediamo quali erano le premesse della rivoluzione industriale. Prima della rivoluzione industriale il settore della produzione più rappresentativo era quello laniero che era contraddistinto da 3 punti principali:

1) il lavoro veniva svolto nella casa del lavoratore (cottage, infatti si parlava di cottage industry) e coinvolgeva l’attività dell’intera famiglia. Gli uomini lavoravano al telaio, le donne preparavano il filo ed i bambini cardavano la lana; 2) l’influenza del capitale utilizzato in questo stadio della produzione era assai bassa (solo il telaio richiedeva un certo investimento) 3) l’azienda non rappresentava l’unica occupazione in quanto le persone erano dedite anche all’agricoltura. Questo tipo di organizzazione fu chiamato sistema domestico. Da questo sistema ci si discosto quando i mercanti davano la lana ai filatori, i quali venivano pagati a cottimo a lavoro finito. Si ha quindi una prima trasformazione: da imprenditori a lavoratori a pagamento per un altro imprenditore (il mercante). Quest’ultimo iniziò a radunare i lavoratori in un unico edificio passando dal sistema domestico al putting out system la cui caratteristica principale è quella di attribuire ai lavoratori le singole fasi della lavorazione. Al centro di questo processo c’è la figura del mercante che organizza il processo produttivo e cura la commercializzazione del prodotto: è quindi un notevole passo verso l’organizzazione capitalistica dell’industria. Il sistema domestico presentava notevoli difetti:  produzione diseguale come quantità e qualità;  Condizioni di lavoro cattive (orari eccessivi e paghe basse);  Un sistema di produzione decentrato (non era possibile il controllo della produzione);  Incapacità del sistema di reagire con prontezza alla domanda del mercato che si stava ampliando.

Fu per questo che si passò dal sistema domestico a quello di fabbrica. Come ci si arrivò? Attraverso due momenti principalmente: 1)attraverso mutamenti nell’organizzazione; 2)con i miglioramenti delle tecniche produttive. A questo punto bisogna porsi due domande: Perché la rivoluzione industriale ebbe luogo proprio allora? Perché in Inghilterra? Semplicemente perché la necessità aguzza l’ingegno: c’era una bassa produttività a causa di metodi inefficienti e strumenti inadatti. Quindi al crescere della domanda l’offerta non riusciva a adeguarsi. Un aiuto importante venne ai processi produttivi dallo sviluppo scientifico (ad esempio James Watt con la sua macchina a vapore). Ci si accorge di questo notevole sviluppo scientifico anche grazie ai moltissimi brevetti rilasciati in quel periodo. Tutto ciò avvenne in Inghilterra poiché li esisteva libertà d’iniziativa oltre ad avere una società più aperta ai mutamenti economici con una politica che incentivava quest’ultimi. Inoltre, l’Inghilterra disponeva anche di tutte quelle risorse che svolsero un ruolo da protagonista durante la Rivoluzione Industriale come (lana, carbone, ferro, cotone, ecc.). Il sistema idrografo permetteva di sfruttare a pieno la forza idraulica ed il clima umido era ideale per l’industria tessile. Poiché i prodotti dovevano essere accessibili a tutti si passò ad una produzione di scala con prezzi molto bassi. Proprio questa esigenza di offrire prezzi bassi portò gli imprenditori a sostituire il lavoro umano con la forza motrice (per l’utilizzo delle macchine). Molto importante era anche il commercio estero grazie alla potenza navale di Londra. Grazie alla sua espansione aumentò la domanda di merci inglesi e

vennero fornite all’industria materie prime che abbassarono il costo dei processi produttivi. I profitti vennero investiti in agricoltura e nei trasporti oltre che nelle industrie estrattive e manufatturiere facendo di Londra uno dei maggiori centri finanziari del mondo dove era facile procurarsi capitali a buon mercato. I tassi d’interesse caddero dal 7-8% all’inizio del XVIII secolo a circa 3-4%. Infine, in Inghilterra vi era più manodopera qualificata siccome a causa delle lotte religiose molti artigiani europei si rifugiarono in Inghilterra. Come abbiamo detto precedentemente il mercante imprenditore riunì tutti i suoi operai in un unico luogo ovvero la fabbrica ma solo quando gli strumenti manuali furono sostituiti dalle macchine. Fino ad ora abbiamo analizzato solo il punto di vista da parte dell’offerta di lavoro, quindi, è giusto analizzare anche la domanda di lavoro (la vera forza propulsiva della rivoluzione industriale). L’espansione del mercato, dal 1760 in poi, costrinse i produttori britannici a ricercare mezzi meno costosi e più produttivi. La richiesta di merci britanniche aumentò notevolmente siccome:  nei principali paesi europei si domandavano molte merci britanniche;  Lo stesso avveniva in America da parte dei coloni inglesi;  grazie alla loro potenza commerciale riuscirono ad aprire nuovi mercati in Asia;  tra il 1720-1760 le esportazioni raddoppiarono, lo stesso successe tra il 17601795;  la popolazione raddoppiò tra il 1600 ed il 1800;  Il mercato potenziale era addirittura più importante di quello attuale (ovvero quel mercato che si poteva creare riducendo i costi e raggiungendo quindi nuove masse di consumatori).

Il mercato potenziale stimolò la ricerca di miglioramenti nei processi produttivi che potevano far diminuire i costi di produzione e quindi i prezzi con conseguente aumento della domanda che a sua volta permise nuovi miglioramenti. Ci si rese conto che era meglio vendere più merci a molti consumatori a basso prezzo che poche merci a pochi consumatori ma a prezzi altissimi. Altro fattore importante fu quello delle innovazioni che possiamo dividere in due categorie: 1) Macchine capaci di eseguire quei lavori che prima si eseguivano a mano; 2) Macchine generatrici di energia (idraulica o a vapore) che sostituisse quella umana. La prima industria meccanizzata fu quella cotoniera, caratterizzata da due processi: la filatura e la tessitura. Il problema principale di questi due processi era la diversa velocità di produzione. Tale squilibrio addirittura si accentuò quando nel 1733 John Kay inventò la navetta volante con la quale un solo tessitore poteva compiere il lavoro che prima ne richiedeva due tessendo una trama più grande. Per dimezzare la differenza nei tempi di produzione furono introdotte macchine per la filatura come la Jenny (si potevano far girare contemporaneamente 8 fusi generando però un filo di cattiva qualità) e come la waterframe (che generava un filo sottile e di qualità ma che era così pesante da richiedere la forza idraulica per il suo funzionamento.) Dati i difetti delle due macchine la Jenny veniva utilizzata a casa mentre la waterframe nelle fabbriche. Nel 1779 fu introdotta la spinning mule che muoveva inizialmente 20 fusi fino ad arrivare poi a 400. Adesso rispetto all’inizio lo scenario è totalmente diverso rispetto all’inizio (dove la tessitura era più veloce della filatura), è quindi necessario un miglioramento nella tessitura.

Nel 1765 Edward Cartwright brevettò il telaio meccanico che fu però migliorato solo successivamente (nel 1830 erano presenti 4500 telai meccanici). Una sola persona poteva badare a due telai meccanici quindi si abbandonarono man mano i telai a mano. Altrettanto importanti furono i miglioramenti nell’industria siderurgica. Anche qui l’offerta non riusciva a adeguarsi alla domanda. L’Inghilterra intorno alla metà del XVIII secolo era costretta ad importare ferro dalla Svezia e più tardi dalle colonie (dato l’aumento dei prezzi). L’invenzione fondamentale in questo settore fu quella dell’altoforno (da parte di John Smeaton) che utilizzava come combustibile il coke (dotato di alto potere calorifico) che permetteva quindi di ottenere temperatura altissime per la fusione dei minerali di ferro. Ciò ha comportato la produzione a buon mercato di ferro, ghisa e dell’acciaio e si era addirittura trovato il modo di dare la forma desiderata al prodotto. Tali miglioramenti nell’industria siderurgica permisero alle industrie di non localizzarsi vicino le foreste e di creare nuove industrie derivate come le manifatture di utensili. Tali processi produttivi moltiplicarono la richiesta di carbone. Le miniere di carbone spesso erano invase dalle acque e c’era presenza di gas. Tutto questo rendeva pericoloso tale coltivazione. Anche in questo caso però le scoperte scientifiche hanno permesso lo sfruttamento delle miniere in piena profondità. La pompa della macchina a vapore permise di liberare l’acqua dalle miniere mentre la lampada di sicurezza (inventata nel 1815) ridusse i rischi delle esplosioni. Dalle poche migliaia di tonnellate di carbone del 1700 in Inghilterra si passò ai 28 milioni di tonnellate nel 1830. Per avere un’idea di cosa significasse tutto questo basti pensare che nel mondo all’inizio del XVIII secolo si consumavano solo 100000 tonnellate di carbone.

Nel 1810 l’Inghilterr...


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