Didattica e nido di infanzia PDF

Title Didattica e nido di infanzia
Course Progettazione educativa/formativa
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

riassunto del libro didattica e nido di infanzia con all'interno inserimenti di quanto detto anche a lezione dalla professoressa Silva....


Description

DIDATTICA E NIDO D’INFANZIA INTRODUZIONE Introduzione Nel 2013 Enzo catarsi realizzò un seminario di studi dal titolo “La didattica del (nel) nido”; un titolo provocatorio che catturò l’attenzione di molte persone e di molti studiosi. La tematica affrontata appare significativa da due prospettive: dal punto di vista del dibattito sulle politiche educative all’interno di uno scenario europeo e italiano e da quello della ricerca scientifica. Per quanto riguarda il primo aspetto, il concetto di “didattica” è una questione essenziale nell’ottica di un curricolo di sevizi educativi 0-6 anni proposta dalla legge nazionale n 107 “Buona scuola” rende improrogabile la riflessione sulla didattica in relazione al nido d’infanzia ed essenziale l’approfondimento sulla formazione e sulle competenze della professionalità che operano in questo ambito. Per quanto riguarda l’ambito della ricerca scientifica la didattica è un tema caratterizzato da un rilievo epistemologico all’interno di una riflessione pedagogica sui processi della formazione umana e sui servizi alle persone  l’abbinamento didattica-nido è una congiunzione non accondiscendente ed è allo stesso tempo un argomento interessante il termine didattica, associato alla fascia 0-3 anni, viene ritenuto da alcuni un ossimoro. Catarsi, a tal proposito, sosteneva un’idea di didattica diversa da quella che storicamente la parola racchiude. CAP 1. LE PAROLE NELLA RELAZIONE CON I BAMBINI: OSSERVARE IL “LINGUAGGIO IN AZIONE” AL NIDO I bambini crescono accompagnati dalle parole degli adulti che si prendono cura di loro e, col tempo, ne comprendono i significati, imparano a distinguere il tono e i diversi pesi delle parole, riconoscono i ritmi della lingua, cominciano a produrre le prime parole (i fonemi), formano le prime frasi, interagiscono attivamente diventando partner attivi, fino a compiere le esperienze di comunicazione sociale e coordinazione specifica. La comunicazione non verbale precede, accompagna e segue l’evolversi di questa competenza. Le prime parole vengono acquisite attorno ai 12 mesi e a 4 anni il bambino ha già un vocabolario che gli permette di raccontare, argomentare, descrivere, conversare. L’adulto, con modalità e stili diversi, diventa sostegno o contenitore all’apprendimento del bambino. La ricerca al nido è quella di offrire ai bambini la possibilità di sperimentare diverse forme di socializzazione linguistica e di comunicazione educativa. Qui i piccoli sperimentano conversazione e dialogo con l’adulto di riferimento a seconda delle occasioni: routine, momenti di gioco libero, attività di gruppo, letteratura. La parola è uno strumento educativo a tutti gli effetti e occuparsi delle parole che accompagnano la vita quotidiana al nido significa tener conto dei ‘’ contenuti espressi’’. Il nido è un osservatorio naturale di eventi e sequenze comunicative per capire l’appropriatezza del linguaggio adulto e la qualità delle occasioni offerte ai bambini, per sperimentarsi rispetto all’uso e agli scopi della parola. Lo studio della comunicazione educativa e delle condizioni che la influenzano, quali l’organizzazione del contesto, gli stili e gli orientamenti dell’adulto costituisce, in questo senso, il presupposto per avviare ‘’una riflessione volta ad elaborare strategie più adatte e le precauzioni più utili per determinati obbiettivi educativi’’. La parola nel contesto del nido è un medium comunicativo, un mezzo per comunicare e per trasmettere delle conoscenze e degli atteggiamenti e stimola diversi modi di ‘’pensare, esaminare e riflettere sulle esperienze’’. Il modo con cui ciascun bambino arriva a usare, padroneggiare la propria lingua e giocare con essa dipende dall’esperienza che lui stesso ha fato della lingua: va da sé chiedersi che cosa possa fare l’adulto per offrire ai bambini ciò di cui hanno bisogno per sviluppare al meglio i diversi usi del linguaggio. La capacità dei bambini di muoversi attivamente nei contesi sociali è fortemente legata alle competenze linguistiche espressive che progressivamente maturano durante le prime fasi dello sviluppo. Ciò richiede agli educatori di coinvolgere i bambini in esperienze di scambio (conversazione e dialogo) che consentano loro di sviluppare specifiche competenze quali quelle legate alla padronanza di un ricco e variegato vocabolario, alle competenze sintattiche, lessicali, narrative e descrittive.

Il linguaggio si sviluppa grazie alla progressiva capacità del bambino di essere partnerinterlocutore attivo di scambi conversazionali nei quali l’adulto, a sua volta, agisce la ‘’ funzione di stimolo da imitare, di espansione, di modellamento’’. La nutrizione e i primi scambi tra madre e bambino finalizzati a coinvolgere i piccoli in modelli di dialogo tipici del mondo adulto sono, precursori del dialogo. Si tratta di esperienze cruciali per la progressiva acquisizione e sviluppo della comunicazione. Si acquista la capacità di coordinazione e alternanza nei turni che costituisce la base per il successivo sviluppo linguistico: la capacità di coordinarsi attraverso lo sguardo e la capacità di alternare i turni. L’interazione sociale è dunque una palestra dello sviluppo cognitivo. Stando in contesti sociali e linguistici variegati e, attraverso questo processo di socializzazione linguistica, imparando molte altre cose: questo processo, suggerisce Bruner, consente al bambino ‘’di entrare nel mondo della comunità linguistica e, al tempo stesso, nella cultura a cui il linguaggio dà accesso’’. L’apprendimento del linguaggio si svolge all’interno di un contesto fortemente strutturato dell’adulto. Il concetto di ‘’ambiente linguisticamente ricco ’’ va tuttavia problematizzato oggi chiedendoci quale modello di uso delle parole proponiamo ai bambini e che tipo di esperienza comunicativa offriamo e perché. Molti studi dimostrano che i bambini che trascorrono maggior tempo con la madre hanno presumibilmente risultati migliori sia nella comprensione sia nella produzione. Ci sono differenze rispetto al parlare al nido/ parlare a casa soprattutto nello stile dell’adulto. Le madri in contesi familiari tendono a usare uno stile narrativo, mentre le educatrici in contesi informali prediligano uno stile dialogico che promuove la partecipazione dei bambini al racconto e alla ricostruzione attiva della storia. Chi non frequentava un contesto informale produceva più espressioni di desiderio (‘’voglio’’) o di possesso (‘’è mio’’) rispetto ai bambini che frequentavano un nido/scuola, i quali mostravano più produzioni relative a eventi passai e futuri, usando anche linguaggio astratto. La condizione sociale diventa una condizione che cambia le modalità e gli usi delle parole. Al nido si praticano spesso ‘’routine discorsive’’, si utilizzano parole che consentono all’insegnante di creare un contesto laboratoriale dialogico basato proprio sulla messa in parola dell’esperienza di apprendimento e di conoscenza: la parola consente di pianificare l’azione, la riflessione sull’azione e sui significati, la presa di consapevolezza di ciò che si sta facendo. Il linguaggio è fortemente connesso alla dimensione culturale di ciascuna ‘’nicchia evoluiva’’ ed è nel contempo strumento o artefatto culturale che consente ai bambini di entrare nella comunità culturale. L’interazione tra adulti e bambini va intesa come fenomeno culturale a sua volta immerso in un più ampio sistema culturale al quale il bambino viene progressivamente socializzato: i bambini nel corso del loro sviluppo vengono socializzati contemporaneamente sia ‘’attraverso il linguaggio che all’uso del linguaggio’’. Ciò riguarda l’ambiente familiare e anche i contesti educativi extra-familiari. Scuola d’infanzia negli Stati Unitilo scopo è l’attivazione di competenze verbali legate all’espressione di sé e delle proprie opinioni. Scuola d’infanzia nel Giapponecapacità di cogliere i sentimenti altrui non verbalizzanti. È una competenza che consente di acquisire gradualmente le parole. Scuole d’infanzia Cinesisembrano indurre i bambini a parlare in pubblico. Lo scopo è quello di rinforzare le capacità di ascoltare gli altri e di fare o accettare critiche in contesi di pari. Il concetto di ‘’partecipazione guidata’’, che non implica solo situazioni che contengono intenzioni esplicite di insegnamento da parte degli adulti, è utile a spiegare questa immersione attiva dei bambini in situazioni di scambio linguistico con l’adulto grazie alla partecipazione alle attività della propria comunità e durante i momenti di quotidianità (gioco, momento del pasto, del cambio e del sonno).

È importante riflettere sul parlare al nido. Le educatrici americane praticano spesso un’interazione verbale molto individualizzata, non ampliando il discorso al gruppo, mentre le educatrici italiane utilizzano la dimensione sociale del parlare con i bambini e la centratura sul gruppo: sottolineano il clima di convivialità. Per analizzare il modo di parlare di bisogna fare riferimento:   

livello interattivo: l’assegnazione dei turni e la struttura della partecipazione; livello strategico: le forme e i modi degli atti comunicativi; livello semantico: i contenuti.

Il saper parlare ai bambini, il mettere in parole le cose, appare oggi come una necessità assoluta, ma spesso non è argomento di attenzione nemmeno nella formazione culturale delle educatrici. Ripensare a come parliamo ai bambini è un tema che oggi deve entrare nella pedagogia e nella riflessione didattica al nido, perché la parola è il veicolo primo di apprendimenti e motore di sviluppo per tutti i bambini e le bambine in una scuola per tutti, aperta, flessibile, inclusiva. CAP 2. INCONTRARE I VIVENTI. ESPERIENZE SCIENTIFICHE DEL NIDO Le ragioni della valenza educativa nel contatto diretto con la natura e delle attività all’aria aperta sono molteplici: la vita all’aperto fa bene alla salute, favorisce il movimento fisico ed emotivo, promuove e sostiene lo sviluppo sensoriale, motorio, affettivo e sociale, lo sviluppo dell’autonomia, lo spirito di avventura, innesca atteggiamenti di cittadinanza e sostenibilità ambientale. L’ambiente esterno, è il luogo di apprendimento, si parla di outdoor education, che coniuga i metodi dell’educazione attiva con l’intenzionalità pedagogica dell’educazione ambientale, della centralità del corpo e del movimento. Il valore della conoscenza fondata sulle esperienze vissute, dell’osservazione diretta dei ‘’fatti naturali’’. Il rinnovato interesse per l’outdoor educationpermette la promozione e sostegno di un atteggiamento di ricerca scientifica, si promuove l’identificazione con i viventi e il senso di responsabilità nei loro confronti imparando ad aspettare, a toccare con cautela, a meravigliarsi, a interrogarsi insieme all’adulto cercando elementi e indizi e non ritenendo che vi siano risposte già pronte. Tre sono i principali obbiettivi della sperimentazione: 1. Educare al benessere: inteso non solo il benessere fisico ma anche le potenzialità umane ed intellettuali, che deriva dalla relazione con l’ambiente naturale; 2. Coltivare la ‘’naturale curiosità’’ dei bambini, sostenere e promuovere l’atteggiamento di ricerca/investigazione, la disposizione all’osservazione e all’interrogazione che caratterizza una vera educazione scientifica; 3. Seguire i bambini e accompagnarli in percorsi che hanno il ritmo stesso della natura e dunque allenano all’attesa, alla scoperta del particolare, alla pazienza e alla cura. Il ruolo dell’adulto è quello di condurre le attività proposte, la sua capacità di cogliere, sollecitare e rilanciare le domande che nascono dalle parole, ma soprattutto dalle azioni e dai comportamenti dei bambini. Numerosi studi evidenziano che l’esposizione durante l’infanzia a esperienze di relazione diretta con il ‘’mondo naturale’’ possa favorire futuri atteggiamenti di sensibilità/appartenenza e responsabilità nei confronti dell’ambiente. Già da molto piccoli sono dei raccoglitori di ‘’dai’’ e utilizzano un atteggiamento che, se valorizzato, potrà in seguito trasformarsi in un vero e proprio atteggiamento scientifico. Esplorano e si mettono in relazione con gli ‘’oggetti’’, scoprono il movimento, la gravità, il comportamento animale. Per perseguire questi obbiettivi c’è bisogno di un giardino realizzato adottando e ricalibrando le basi forti dell’educazione ambientale e della didattica dell’ecologia e uno spazio di lavoro-gioco, collegato alle esperienze che i bambini fanno all’esterno, un luogo dove si possono affrontare alcuni tempi quali la

biodiversità, le relazioni tra organismi, l’unicità dei viventi: quest’ultimo viene chiamato ‘’atelier scientifico’’. Il progetto atelier scientifico si rivolge prioritariamente ai bambini medi e grandi del nido, ma talvolta le attività vengono estese anche ai più piccoli che si affacciano a queste esperienze. Gli adulti non devono frenare il bisogno di sperimentazione da parte dei piccoli, il che significa soprattutto non chiudere con risposte univoche le loro ‘’grandi’’ domande, ma riconoscerle e sostenerne la difficoltà; educarli a condividere con i pari le proprie sperimentazioni, le proprie scoperte, le proprie emozioni. I momenti di formazione preliminare condotti dalla biologa e gli incontri di formazione per monitorare il percorso condotti con l’equipe di ricerca non sono finalizzati all’acquisizione di saperi e di conoscenze specifiche, oggi peraltro facilmente reperibili anche in rete, ma all’acquisizione di un atteggiamento culturale, scientifico nei confronti dei contenuti necessari per l’attuazione delle proposte e delle attività rivolte ai bambini. Si mettono in comune conoscenze, esperienze, situazioni e comportamenti interessanti da osservare e monitorare. L’obbiettivo è quello di cogliere e sostenere le ricerche dei bambini, la voglia di osservare e di capire, di aprire possibili piste di investigazione che potrebbero invece chiudersi dando risposte generiche ed affrettate. Abitare il giardino, quotidianamente, uscire con il bello e con il cattivo tempo: è bello, ma è anche faticoso organizzarsi, vestirsi e svestirsi (autonomia) per uscire, portare tutto l’occorrente (previsione ed organizzazione). L’avvio e il consolidamento dell’abitudine ad andare sistematicamente in giardino con i bambini ha il significato ragionare e progettare insieme. Si rilevano tempi di attenzione molto dilatati e prolungati. Gli argomenti che sono legati alla vita e sollecitano conversazioni, ragionamenti e identificazioni, attivano anche modalità di rappresentazione più elaborate. La metodologia adottata sembra, inoltre, adatta a sostenere e strutturare l’attenzione e la memoria, oltre che a gettare buone basi di lavoro collaborativo, che proseguirà in futuro alla scuola dell’infanzia. CAP 3. VERSO UN NIDO “SITUATO”. CONDIVIDERE PRATICHE EDUCATIVE E ORGANIZZATIVE Già da anni il sistema complessivo dei servizi dedicati alla fascia di età 0-6 anni si è collocato in una traiettoria di trasformazione volta a rispondere ai nuovi bisogni emergenti dalle famiglie e dei bambini, alle side poste da una società sempre più multiculturale, all’esigenza di razionalizzare le risorse. La scelta è di avere un gruppo di lavoro che predispone un impianto di ricerca sul modello della ricerca-intervento, in modo tale da poter intercettare le differenti prospettive utilizzate dai diversi attori territoriali e fornire dati utili alla trasformazione delle pratiche. L’adozione di un approccio qualitativo ha permesso di poter visualizzare in chiave trasformativa i saperi situati nei contesti lavorativi e mettere in moto le azioni necessarie ad innescare un processo di trasformazione. L’adozione di nuovi modelli organizzativi e l’incremento di alleanze tra servizi sono tutti indicatori promettenti della crescita di sensibilità strategiche delle organizzazioni educative indagate. Ad esse si associano anche nuove esigenze formative di sviluppo professionale. Si richiede sempre più una forte adattabilità delle persone, una maggiore propensione alla condivisione dei repertori di competenze che spesso restano patrimonio del singolo, un’apertura di prospettive interpretative capaci di dare senso alla crescente diversità e alle possibili convergenze di più business e progetti in molteplici strutture organizzative o forme contrattuali. Il cambiamento in atto e le profonde trasformazioni degli ultimi anni hanno fatto acquisire una generalizzata consapevolezza di una funzione di ‘’multiruolo’’ dei servizi educativi, capace di fornire risposte multiple e adeguate alla complessità. Nell’approfondire una logica di confronto delle prospettive in gioco, i servizi educativi rappresentano un territorio privilegiato dove ogni organizzazione gioca il ruolo di stakholder partner per la costruzione di un sistema educativo integrato che deve mettere a fuoco regole di confronto e di scambio che permettano la costruzione di saperi validati e repertori di pratiche educative e organizzative condivise, secondo criteri che evitino l’autoreferenzialità. Da potenziare è una linea che interpreta il sistema integrato come processo di frontiera e di supporto al cambiamento. Le attività di supporto dovranno essere

sempre più capaci di raccogliere le istanze rilevanti per il management e la cultura educativa che provengono dalle trasformazioni economiche e organizzative, dai mutamenti sociali e culturali, dal modificarsi degli individui, dalle loro attese, ambizioni e progetti, così come dalla rivisitazione delle tradizioni. Ma dovranno essere in grado di consolidare il sapere a tutti i livelli, di sviluppare culture organizzative, tecnologie e procedure di confronto sulle rispettive pratiche lavorative che stimolino la condivisione e la validazione della conoscenza e delle pratiche adottate. Si tratta di un apprendimento inter-istituzionale, inter-organizzativo. Le conoscenze situate dentro le diverse organizzazioni dovranno diventare patrimonio comune: un sistema integrato si alimenta di scambi, di condivisioni di pratiche, di confronti. Si rileva una propensione a superare riduttivismi interpretativi a favore di letture invece più complesse dei problemi che possano rendere affrontabili alcune delle nuove side educative emergenti: allineamento tra esigenze delle famiglie, dei bambini e della dimensione organizzativa; aumento della competizione; sostenibilità dei servizi. Ogni riflessione sul ruolo e sulla funzione dei servizi educativi si pone lontana dalle filosofie dentro le quali i nidi sono nati, non si tratta più solamente di sostegno del lavoro delle madri. La crescente consapevolezza di rappresentare uno spazio che può aiutare le famiglie a transitare da una dimensione individualistica dell’educare a una dimensione partecipata e co-costruita. I nidi si rappresentano come luogo di elaborazione/ riflessione di una responsabilità educativa ampiamente condivisa tra educatori, genitori e comunità territoriali. Come configurare servizi educativi capaci di attraversare le side del nuovo secolo non è scritto in alcun luogo, né può essere inferito da alcuna teoria bonificante, ma è rimandato all’impegno conoscitivo dei soggetti coinvolti. Le nuove progettazioni sono chiamate a vivere nell’incertezza, anche l’incertezza professionale è diventata un vincolo e una possibilità con cui fare i coni. Il lavoro educativo in questo senso si sta riconfigurando dentro sistemi di attività più flessibili e aperti al cambiamento, maggiormente instabili e più inclini alla negoziazione della propria identità educativa, sociale e storica. Dal materiale raccolto si è registrata una crescente filosofia della partecipazione che sembra caratterizzare i nuovi genitori. La partecipazione dei genitori segue oggi altre traiettorie e risponde ad aspettative diverse rispetto alle origini. La prima esperienza di partecipazione dei genitori si è caratterizzata secondo una prospettiva istituzionale di controllo democratico delle istituzioni. L’attenzione rivolta alle famiglie si è focalizzata in un approccio più situato nella relazione tra genitori e educatrici, preoccupato di agevolare un confronto e uno scambio tra genitori, tra genitori e altre figure di supporto e confronto. La partecipazione si è collocata dentro la vita quotidiana dei nidi; le feste, la costruzione di artefatti, la progettazione di attività sono diventate occasioni informali che chiamano in causa i genitori come attori e coprotagonisti di un progetto educativo che li include. In questo...


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