Dies Irae - Il Dies Irae dalle origini a Brumel PDF

Title Dies Irae - Il Dies Irae dalle origini a Brumel
Author Gabriella Mazz
Course Storia della Musica
Institution Conservatorio di Musica Licinio Refice di Frosione
Pages 2
File Size 77.5 KB
File Type PDF
Total Downloads 73
Total Views 138

Summary

Il Dies Irae dalle origini a Brumel...


Description

La Missa pro defunctis è chiamata Messa da Requiem in quanto comincia con l'introito Requiem Aeternam. Il testo della Messa da (o anche di) Requiem è analogo a quello della Messa ordinaria: a parte altri lievi cambiamenti, sono stati eliminati i momenti più gioiosi come il Credo e il Gloria ed è stata inserita la sequenza Dies irae, attribuita a Tommaso da Celano (discepolo di San Francesco vissuto nella prima metà del 1200) che però è probabilmente autore solo della stanza conclusiva. stendere una Vita del santo di Assisi; risultata insoddisfacente ebbe una seconda redazione, ma tutti questi scritti furono poi sostituiti ufficialmente dalla Legenda maior di Bonaventura e condannati alla totale distruzione. Il Dies irae è una forma di canto liturgico che risale circa al ix secolo, nata aggiungendo nuovi testi ai vocalizzi dell'Alleluia, è cioè la melodia sostituiva di uno Jubilus alleluiatico, chiamata sequenza. La sequenza ha linee di testo accoppiate a un' identica frase melodica, un procedimento che anticipa il da capo strofico facilitatando la memorizzazione di un testo; a poco a poco la strofizzazione altererà anche il testo che mediante strutture di corrispondenza fonica tenderà ad assimilarsi alla ripetizione musicale. Sequenza è il primo testo rimato.

Il testo Il Dies irae presenta in tutto 57 versi rimati in metro trocaico (del tipo cioè lunga / breve, con accento sulla lunga) Dì es ì rae, dì es ìl la I versi sono accoppiati a tre a tre, ovvero i secondi tre versi presentano la stessa melodia dei primi tre, questa è la struttura (in maiuscolo la melodia, in minuscolo le rime) che si ripeterà per altre tre volte:A (aaa)A (bbb) / B (ccc)B (ddd) / C (eee)C (fff) In tutto sono 19 strofe, con le prime 17 che seguono il tipo della prima: Dìes ìrae, dìes ìlla / solvet saeclum in favilla, / teste David cum Sibylla. Le ultime 6 righe sono invece aggiunte in un momento successivo: si passa da una suddivisione a gruppi di tre versi a una a gruppi di due, inoltre non c'è più la ripetizione melodica; anche l'accento cambia, mentre per tutto il brano era caduto sulla penultima sillaba, sugli ultimi due versi, di chiusa, cade sulla terzultima, inoltre, gli ultimi due versi non sono più in rima ma assonanti : Lacrimosa dies ìlla, qua resurget ex favìlla, / judicandus homo rèus. huic ergo parce, Dèus / pie Iesu Dòmine, dona eis rèquiem.Amen i compositori tratteranno spesso le varie stanze come singoli episodi, a loro discrezione, nell'ambito del Dies irae ci sarà così il "Tuba mirum", l'"Ingemisco" il "Confutatis"… La notazione si ricorda che il termine neuma viene fatto risalire al radicale greco neu* con il significato di "cenno, fare cenno", lo stesso radicale di nume o nunzio; un'altra etimologia lo fa derivare da p-neuma (con la caduta della p iniziale) nel senso di soffio, respiro. Il ritmo musicale non era misurato in unità ritmiche ugualmente distribuite come oggi ma era libero e seguiva la parola; non significa mancanza di ritmo, significa mancanza di una simmetria esatta, regolare e obbligata tra i suoni. Innanzi tutto si osservi la melodia del primo verso, formata da un' oscillazione sul semitono, seguita da una concatenazione di terze spezzate: è importante saperla riconoscere perché sarà ripresa da moltissimi altri autori in ogni epoca, andando a costituire quello che viene considerato il vero e proprio tema del Dies irae. Il canto procede prevalentemente di grado congiunto, con qualche salto di 3°. Si possono trovare anche intervalli di 4° e di 5°, ma sono di facile intonazione in quanto coinvolgono sempre la nota base del tono RE (in genere come nota di arrivo). Negli ultimi versi la struttura cambia, non è più ripetitiva, i salti melodici si fanno più frequenti e appare anche un SI bemolle; è evidente la differenza con il resto della composizione, come si è già accennato anche a proposito del testo. A partire dal xv secolo il Dies irae comincia ad essere trattato polifonicamente; il primo esempio polifonico conosciuto è stato scritto da Antoine Brumel (1460 ca – 1520), allievo di Ockeghem. Le messe di Brumel sono a quattro voci, con un'importante eccezione, la Missa Et ecce terraemotus a dodici voci. Si tratta dell'unica messa del periodo con un organico così ampio (di Josquin Desprez abbiamo un mottetto a 24 voci). Le messe, all'epoca, erano a quattro voci, talvolta a cinque o sei. le

otto voci in una messa furono superate raramente Brumel è tra i primi ad esplorare una strada nuova, dando importanza, anche per il numero elevato delle voci, all'aspetto verticale dell'organizzazione dei suoni, ovvero agli accordi formati dalle note nelle varie voci. La trama di scrittura è tipicamente mottettistica; anche se vi sono momenti omofonici quasi totali, le parti non arrivano mai a una conclusione contemporanea (tranne che nel finale), ma formano un continuo incastro che si suole definire "a coda di rondine". Il "tema" del Dies irae gregoriano è colorato in rosso (è identico all'originale gregoriano, sia pure con valori diversi) ripreso dalle due voci più acute in canone alla 4° superiore (i primi versi, fino alla parola solvet, sono in canone, con un'eccezione alla battuta 8). La scrittura è polifonica e contrappuntistica, procede prevalentemente di grado congiunto senza salti superiori alla quintaSi potrebbe dire che il brano è a metà tra il modo Dorico e la tonalità di RE minore, con strutture triadico – accordali (gli accidenti sono comunque aggiunti, non essendo presenti nell'originale). Le due parti superiori procedono spesso in quarta e in terza con moti retti o obliqui, mentre le due voci inferiori muovono prevalentemente per moto contrario. Tutte le cadenze si concludono su quinte aperte, ovvero prive della caratteristica (la terza dell'accordo) compresa la cadenza finale, e in genere il settimo grado è ritardato. le quattro voci, esclusivamente maschili, si muovono con frequenti unisoni (e qualche incrocio tra le parti), spesso in un ambito di decima, arrivando a toccare l'apertura massima di due ottave alla battuta 42. Superius segue abbastanza fedelmente la melodia gregoriana (corrispondente agli stessi versi) anche se con valori diversi. La scrittura è abbastanza vivace con un momento particolarmente intenso alle battute 20 – 23, con ottave scoperte per moto parallelo, parzialmente evitate grazie alla nota inserita in terza discendente. I versi pari del Dies irae scritto da Brumel non riportano la musica e secondo l'interpretazione di Paul van Nevel (autorevole studioso e Direttore della musica qui presentata) sono lasciati all'improvvisazione degli esecutori. In questo caso i tre versi successivi ("Iudex ergo cum sedebit, quidquid latet apparebit, nil inultum remanebit") sono fatti eseguire da Nevel con la tecnica del falsobordone (una successione per moto parallelo di accordi di terza e sesta), seguiti da uno strumentale eseguito da quattro tromboni (Alto, due Tenori, Basso). È questo uno dei tanti possibili modi di improvisazione caratteristici del xv secolo. Coro Tuba Mirum Liber polifonia a 4 Quantus tremor monodico Tuba mirum polifonico Liber scriptus Duo P da 8 a 13 1500 primo spagnolo importante vicino all’armonia tonale...


Similar Free PDFs