Docsity riassunto antropologia culturale barbara miller PDF

Title Docsity riassunto antropologia culturale barbara miller
Author Giorgiana Rapagna
Course Sociologia
Institution Sapienza - Università di Roma
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RIASSUNTO ANTROPOLOGIACULTURALE BARBARAMILLERAntropologia Culturale Università degli Studi di Firenze 59 pag.Document shared on docsityANTROPOLOGIA CULTURALEBarbara Miller1. L'ANTROPOLOGIA E LO STUDIO DELLA CULTURAL' antropologia (letteralmente ''discorso intorno al genere umano”, dal greco antico a...


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RIASSUNTO ANTROPOLOGIA CULTURALE BARBARA MILLER Antropologia Culturale Università degli Studi di Firenze 59 pag.

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ANTROPOLOGIA CULTURALE Barbara Miller 1. L'ANTROPOLOGIA E LO STUDIO DELLA CULTURA L'antropologia (letteralmente ''discorso intorno al genere umano”, dal greco antico anthropos e logos) è lo studio della specie umana, dalle sue origini preistoriche e delle sue diverse espressioni contemporanee. Preso di per sé definisce un vasto insieme di indirizzi e di tradizioni di studio che ha assunto caratteri peculiari nei diversi paesi. La principale distinzione in uso è tra “antropologia fisica (o biologica→ studio dell’umanità dal punto di vista biologico) e “antropologia culturale” (ovvero lo studio dell’umanità dal punto di vista culturale). Negli Stati Uniti antropologia è definita in generale come lo studio della specie umana, delle sue origini preistoriche e delle sue diverse espressioni contemporanee. Nella tradizione statunitense l'antropologia è divisa in quattro campi di studio detti four fields: • antropologia fisica, o biologica: lo studio della specie umana dal punto di vista biologico che analizza la sua evoluzione nel tempo e le sue varianti contemporanee; • archeologia: lo studio delle culture umane del passato condotto attraverso l'analisi dei loro resti materiali; • archeologia linguistica: lo studio della comunicazione umana che analizza le sue origini, la sua storia e le sue varianti e trasformazioni contemporanee; • archeologia culturale: lo studio delle popolazioni e delle culture contemporanee che affronta anche i temi delle differenze e del cambiamento culturale. Nella tradizione inglese si è sviluppata maggiormente l'antropologia sociale, indirizzo nato intorno agli anni ’20 in Gran Bretagna il quale ha un approccio incentrato sulla dimensione sociale e sul funzionamento dei sistemi e delle strutture sociali in prospettiva comparata rivolta alle società semplici. Il termine etnologia (ethnos e logos, discorso intorno ai popoli), nell'Europa continentale, ha definito lo studio delle culture extraeuropee, cosiddette tradizionali. Nell'ambito italiano, il termine demologia, o storia delle tradizioni popolari, detta anche folklore, ha indicato lo studio delle culture popolari europee come distinte dalla cultura borghese o aristocratica. Nell'ordinamento didattico italiano, a partire dagli anni ’80, è entrata in uso l'espressione discipline demoetnoantropologiche che riunisce nell'acronimo DEA, la Demologia, o storia delle tradizioni popolari, l'Etnologia, come studio delle culture etnologiche extraeuropee, la tradizione americana dell'Antropologia culturale, come indirizzo incentrato sulla riflessione teorica e lo studio delle società complesse nella contemporaneità. Il libro si riferisce alla tradizione statunitense dell’antropologia culturale. 1.1.2 L’antropologia culturale come discorso sull’”altro” L'antropologia culturale è una disciplina scientifica nata in Occidente che ha per oggetto lo studio delle popolazioni contemporanee e delle loro culture, laddove per cultura si intende in termini generali l'insieme dei comportamenti e delle credenze appresi e condivisi dalle persone. L’antropologia culturale analizza le differenze e somiglianze tra le culture umane di tutto il mondo e analizzano le somiglianze e le differenze esistenti tra loro. Per fare ciò sul piano metodologico essi apprendono informazioni sulla cultura trascorrendo lunghi periodi insieme alle persone che studiano. L'antropologia culturale nasce allo scopo di conoscere, interpretare, ma anche salvaguardare le differenze culturali espresse dalle altre culture, rispetto alle culture occidentali industrializzate. Lo scopo dell’antropologia culturale non è tuttavia solo una conoscenza finalizzata alla salvaguardia della diversità culturale e dei mondi locali, ma questo obiettivo è connesso ad un percorso inverso: l’antropologia culturale guardando l’“altro” ci porta a vedere meglio noi stessi e a rendere noto il non familiare. In quanto discorso introno al genere umano l’antropologia culturale ci abitua a considerare le culture umane in una prospettiva ampia, insegnandoci ad osservare noi stessi da un punto di vista “esterno”: come se appartenessimo a una cultura “altra”. Ad esempio, riportiamo il caso degli Inacirema, la cui cultura è stata descritta la prima volta nel 1956 e ci è d’esempio a questo approccio. Gli Inacirema sono una popolazione nordamericana che nel passato dava molta importanza al corpo umano. La loro casa aveva un cuore, un ambiente in cui nel muro era incassata una scatola/cassetta in cui erano conservati amuleti e pozioni magiche senza le quali pensavano di non poter sopravvivere. Sotto il contenitore era collocata una piccola fontana e ogni giorno i membri della famiglia entravano nel locale sacro, si inchinavano di fronte al contenitore, mescolavano diversi tipi di acque sacre nella fontana e compivano un breve rituale. Ora, se leggiamo al contrario tale nome verrà fuori che sono gli americani. Questo è un esercizio di defamiliarizzazione che ha sempre caratterizzato lo sguardo antropologico sulla diversità umana. Oggi non è scomparso lo studio del “primitivo”, dei mondi tribali, ma tali mondi si sono trasformati. 1.1.3 La storia dell’antropologia in sintesi Le origini dell'antropologia culturale risalgono a scrittori come Erodoto, Marco Polo, Ibn Khaldun: grandi viaggiatori che scrivevano resoconti sulle culture con le quali entravano in contatto. Le radici concettuali più recenti si fanno risalire a scrittori dell'Illuminismo, come ad esempio Montesquieu. La scoperta dei principi

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dell'evoluzione biologica da parte di Charles Darwin ha fornito le basi per la prima spiegazione scientifica delle origini della specie umana. Secondo i principi dell’evoluzione biologica, le forme di vita più antiche si sono evolute in quelle più recenti attraverso un processo di selezione naturale per cui gli organismi biologici che meglio si adattano all’ambiente sopravvivono e si riproducono, mentre quelli che ne sono meno capaci sono destinati all’estinzione. Il concetto di evoluzione ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del pensiero antropologico delle origini. I principali protagonisti della fondazione dell'antropologia culturale, nel tardo Settecento e all'inizio del XIX secolo, sono Sir Edward Tylor e Sir James Frazer, in Inghilterra, e Lewis Henry Morgan, negli Stati Uniti. Ispirati dalla teoria dell'evoluzione biologica, questi studiosi elaborarono un modello di evoluzione culturale secondo cui tutte le culture umane evolvono, nel tempo, da forme inferiori a forme superiori. Questa concezione collocava i popoli non occidentali in uno stadio primitivo e prevedeva, per loro, due possibili destini: il raggiungimento del livello evolutivo delle civiltà occidentali o l'estinzione. Bronisław Malinowski, → uno degli studiosi che maggiormente hanno determinato lo sviluppo dell'antropologia culturale moderna, ha introdotto la pratica della ricerca sul campo con l'osservazione partecipante. Definì l'approccio teorico del funzionalismo, il quale assimila le culture agli organismi biologici, le singole parti dei quali collaborano al funzionamento e alla conservazione dell'insieme. Il funzionalismo è connesso al concetto di olismo, ossia la convinzione circa la connessione esistente tra il tutto e le sue parti che conduce alla necessità di studiare ogni singolo aspetto della cultura che si voglia comprendere. Il funzionalismo contribuì a mettere definitivamente in crisi i paradigmi evoluzionistici etnocentrici. Franz Boas → è considerato il fondatore dell'antropologia culturale nordamericana. Boas realizzò che tutte le culture hanno una distinta individualità e una propria validità, introducendo il concetto del relativismo culturale, ossia la convinzione della necessità di comprendere le singole culture a partire dai valori e e dalle idee che sono loro propri e dell'inopportunità di giudicarle in base a standard vigenti in contesti culturali diversi. Boas introdusse un approccio basato sul particolarismo storico, ovvero sullo studio particolare delle singole culture, piuttosto che sugli approcci generalizzanti e storicamente non fondati dei predecessori evoluzionisti. L’interesse per Boas per le relazioni tra individuo e cultura è stato alla base di un successivo indirizzo dell’antropologia americana, sviluppato dai suoi allievi, noto come scuola di cultura e personalità, che, partendo da un approccio integrato della cultura teorizzava l’esistenza di un “ethos” intorno al quale gli individui svilupperebbero strutture psicologiche comuni. Margaret Mead è la più famosa allieva di Boas ed è stata tra i primi antropologi a occuparsi di antropologia pubblica e ha ritenuto molto importante la divulgazione delle conoscenze antropologiche, capaci di introdurre cambiamenti sociali positivi. Nel periodo compreso tra le due guerre, l'antropologia britannica con Alfred R. RadcliffeBrown si orientò verso una prospettiva struttural-funzionalista, che diede vita all'antropologia sociale che privilegiava lo studio delle strutture sociali e la ricerca delle leggi di funzionamento delle società cosiddette primitive. I suoi allievi, Edward E. Evans Pritchard e Mayer Fortes, proseguirono sulla linea della sociologia. Entrambi misero in discussione l'idea che l'antropologia fosse una scienza naturale della società alla ricerca di leggi: Pritchard sviluppò una concezione dell'antropologia più vicina alle scienze storiche, Mayer introdusse la dimensione del mutamento e del conflitto, mettendo in crisi l'idea della società come organismo in equilibrio. Nello stesso periodo l'antropologo Claude Lévi-Strauss ha elaborato una prospettiva teorica fortemente influenzata da una visione filosofica, conosciuta con il nome di strutturalismo francese: riteneva che il miglior modo per comprendere una cultura fosse quello di raccogliere aspetti relativi ai sistemi di parentela, ai miti, alle narrazioni a essa associati e a ogni altro aspetto della vita sociale e culturale, e analizzare i loro temi soggiacenti. Lo strutturalismo francese ricerca gli elementi soggiacenti le relazioni sociali e le pratiche sociali, che si esprimono nella reciprocità e nello scambio. Lo strutturalismo di Levi Strauss si basava su un concetto di struttura diverso dal pensiero di Radcliffe-Brown, per il quale la struttura era l’insieme delle relazioni sociali esistenti tra istituzioni, individui e gruppi. Al contrario, per Lèvi la struttura è un inconscio soggiacente le relazioni sociali e si esprime nella reciprocità e nello scambio, in quel sistema di opposizioni e simmetrie che nelle società rpimitive sono espresse dalle regole di parentela e di esogamia, dai miti, e dalle classificazioni. Lo strutturalismo francese ha ispirato lo sviluppo dell'antropologia simbolica, ossia lo studio della cultura intesa come sistema di significati. Il materialismo culturale (anni ’60) è un approccio di stampo marxista che ha posto l’accento sulle possibilità di accesso degli individui ai mezzi di sussistenza. Il materialismo culturale è un approccio allo studio della cultura che pone l'accento sugli aspetti materiali dell'esistenza degli esseri umani, in particolare l'ambiente naturale in cui viviamo e i nostri mezzi di sussistenza. La prospettiva teorica dell'antropologia interpretativa, o interpretativismo, (anni ’60) che ha avuto in Clifford Geertz il suo maggiore interprete, sostiene che per comprendere una cultura è necessario concentrarsi su ciò che le persone pensano, sulle loro idee e i simboli, e i significati che per loro sono importanti. La cultura, secondo Geertz, è una rete di significati (web of meanings) che l'antropologo deve decodificare e interpretare. Un significato non è soggettivo, individuale, ma pubblico e intersoggettivo. La cultura non è quindi oggetto da laboratorio analizzabile indipendentemente dalla presenza dell’antropologo. Anche l’etnografia, forma di

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scrittura antropologica che consiste nella descrizione e analisi di un universo culturale, non è una semplice trasposizione oggettiva e neutrale nella lingua dell’antropologo dell’osservazione e di una interpretazione costruita altrove, ma è il prodotto di strategie retoriche che nascondono precisi paradigmi epistemologici. Con James Clifford e George Marcus accentuano la natura ermeneutica e dialogica dell’incontro tra osservatore e osservato, enfatizzando gli aspetti riflessivi dell’etnografia e mettendo in crisi i paradigmi positivi di una conoscenza scientifica oggettiva e neutrale. Piuttosto che conoscere l’altro l’antropologia postomoderna ritiene possibile solo costruire rappresentazioni dell’ “altro” a partire da strategie retorico-testuali e dalla soggettività dell’antropologo. A partire dagli anni Novanta si sono sviluppate altre due prospettive teoriche influenzate dal postmodernismo che tende a mettere in dubbio l’equivalenza tra modernità e progresso e che sottopone a critica elementi caratterizzanti della modernità quali il metodo scientifico, l’urbanizzazione, l’innovazione, la trasformazione tecnologica e la comunicazione di massa. 1. Lo strutturismo è una prospettiva secondo la quale potenti strutture plasmano le culture, influenzando il modo di pensare e di agire delle persone. 2. La seconda prospettiva enfatizza il ruolo dell'agency (agentività) umana e il potere che gli individui hanno di creare e trasformare la cultura opponendosi alle strutture esistenti. Gli antropologi culturali continuano a ripensare e rifondare la disciplina. Nei decenni sono emerse nuove prospettive teoriche: antropologia femminista, studi di genere, antropologia gay e lesbica, antropologia antirazzista. 1.2 Il concetto antropologico di cultura Che cosa è la cultura? La prima definizione è stata proposta dall'antropologo Sir Edward Tylor nel 1871: ''La cultura, o civiltà, intesa nel suo senso etnografico più ampio, è quell'insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo come membro di una società''. L’elemento ancora oggi ritenuto valido è l’espressione quell’insieme complesso. Mentre in precedenza prevaleva una concezione colta ed etnocentrica di cultura, intesa cioè come quel patrimonio di conoscenze che l'individuo accumula nel corso della sua vita, con la cultura in senso antropologico ogni società umana diventa produttrice e portatrice di cultura. In questo senso la cultura si delinea come un elemento universale della specie umana e dunque concetto aperto e progressista, perché porta ad attribuire pari dignità a tutti i comportamenti umani. La cultura è nello stesso tempo specifica di un gruppo, ma universale. Nell’antropologia culturale contemporanea i materialisti culturali e gli antropologi interpretativi hanno promosso due diverse definizioni di cultura: 1. Il materialista culturale Malvin Harris afferma: ''Una cultura è il modo, o stile di vita nel suo insieme, che un gruppo di persone ha acquisito socialmente. Consiste nei modi schematici e ridondanti di pensare, sentire e agire caratteristici dei membri di una data società o di uno specifico gruppo sociale''. 2. Cliffor Geertz, per gli interpretativi, ritiene che la cultura consista in un insieme di simboli, una rete di significati, motivazioni, stati d'animo e pensieri e non vi include i comportamenti. Questo manuale definisce la cultura come un insieme di comportamenti e credenze appresi e condivise. Quindi, tutti gli esseri umani hanno una cultura, intendendo questa come una facoltà della specie umana. Declinato al plurale il termine indica le micro-culture (Culture), o culture locali, cioè quell'insieme di specifici schemi di comportamento e di pensiero appresi e condivisi che si riscontrano presso una determinata area e un particolare gruppo umano. Le micro-culture sono basate sull’etnia, il genere, l’età o sulla condivisione di altre caratteristiche. 1.2.2 Le caratteristiche della cultura La cultura è distinta dalla natura La relazione tra natura e cultura è di grande interesse per gli antropologici culturali che si sforzano di comprendere i comportamenti e i modi di pensare delle persone. Per pensare a come le culture si distinguano dalla natura e contribuiscano a modellarla si deve pensare alle funzioni umane universali per sopravvivere: mangiare, bere, dormire, andare di corpo. Queste 4 funzioni hanno importanza primaria nella vita di ogni essere umano e sarebbe scontato dire che tutti svolgono tali azioni nel medesimo modo, ma in realtà non è così. Mangiare La cultura condiziona le nostre scelte alimentari, i tempi e modi del nostro nutrimento e attribuisce significati al cibo e all'alimentazione La culturale stabilisce anche quali cibi siano accettabili e quali no. Inoltre, la percezione del gusto varia in modo significativo. In Cina i formaggi sono ritenuti disgustosi mentre in Francia ne sono ghiotti; molte culture danno importanza all’agricoltura e alla pesca e ritengono inutilizzabile un prodotto confezionato. La ricerca transculturale ha dimostrato che i 4 gusti: acido, dolce, amaro e salato, non sono universali. Ad esempio, l’umami (sapidità) è un gusto importante in Asia orientale. In Indonesia il popolo Weyewa distingue 7 gusti. Anche il modo in cui mangiamo è caratterizzante. In alcuni luoghi mangiare da un

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piatto comune è importante. Le differenze culturali si rendono evidenti anche quando si prendono in considerazione le figure responsabili della cottura dei cibi e il modo di servirli. Per molte culture la cottura domestica è di responsabilità delle donne e gli uomini alla preparazione di banchetti per le festività. Bere Ogni cultura stabilisce che cosa sia corretto bere, quando bere e con chi e attribuisce significati alle bevande e alle occasioni in cui bere. Spesso le diverse culture codificano il significato di particolari bevande e le maniere corrette di berle e servirle. Bere in compagnia crea e rinsalda le relazioni come nel caso delle “fratellanze” nelle università nord-americane. Dormire Il sonno è tanto culturalmente condizionato quanto è determinato biologicamente. Le influenze della cultura sul sonno si rendono evidenti quando si esamina chi dorme con chi, il tempo dedicato al riposo e i motivi per cui alcuni soffrono di insonnia o di disturbi del sonno. I luoghi in cui dormono i neonati e bambini è differente da cultura a cultura: da soli, con i genitori, con la mamma etc… nelle regioni rurali dell’India le donne dormono di meno degli uomini perché devono accendere il fuoco per preparare il pasto mattutino. In America settentrionale abbiamo umani con personalità A, che ritengono che dormire tanto sia sinonimo di debolezza, a Tokyo è diffuso l’EDS (excessive daytime sleepiness). Andare di corpo Ci sono differenze culturali nel grado di intimità riservato all’evacuazione che può essere un atto privato oppure avere luogo in contesti relativamente pubblici. Nei villaggi dell’India molte abitazioni non hanno il bagno e ogni mattina si deve raggiungere un campo dove accucciarsi e nel frattempo conversare. Ciascuno porta con se un pentolino di ottone pieno d’acqua con cui sciacquarsi. Questo sistema ha vantaggi ecologici in quanto fertilizza il campo. Presso molte culture i prodotti dell’evacuazione sono considerati inquinanti e disgustosi; gli abitanti di alcune società della Papua Nuova Guinea seppelliscono o nascondono con molta cura le feci poiché temono che qualcuno possa trovarle e usarle contro di loro attraverso pratiche magiche. In alcune culture native americane l’urina, in special modo quella della donna, aveva proprietà medicinali e detergenti ed era considerata l’acqua della vita. Nel corso di alcuni riti funebri veniva spruzzata sul cadavere nella speranza che potesse rigenerare il defunto. L’urina si conservava in scatole destinate al primo bagno del neonato, e veniva mescolata con l’acqua. La cultura si basa sui simboli Le nostre vite sono organizzate e basate sui simboli. Il simbolo...


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