EGI teorie d’impresa PDF

Title EGI teorie d’impresa
Author Sabrina Bonelli
Course Economia e gestione delle imprese
Institution Università di Pisa
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CAPITOLO UNO – Teorie dell’impresa 1. Perché le imprese esistono? Il primo a teorizzare il motivo dell’esistenza delle imprese è Coase (1937) secondo il quale le imprese esistono a causa delle imperfezioni del mercato, e più precisamente nell’esistenza dei costi di transazione. Questo tipo di visione è neoclassica in quanto fa rimanere l’impresa incentrata sull’allocazione delle risorse.* Una possibile altra risposta a questo quesito vede invece nell’impresa uno spazio di produzione e un luogo di creazione di ricchezza e innovazione. Secondo Coase le imprese esistono perché le transazioni di mercato sono costose ed esistono tre tipi di costi: costi di scoperta dei prezzi adeguati, costi di negoziazione e di conclusione di contratti separati per ogni transazione e costi legati all’incertezza. Tali costi possono essere ridotti , ma non eliminati. Le transazioni dell’impresa sono regolate da un contratto. Particolare, nel quale alcuni contraenti (dipendenti) scambiano una remunerazione fissa contro il dovere di seguir gli ordini dell’imprenditore “entro alcuni limiti”. La forma di coordinamento dell’impresa si afferma su quella di mercato perché conviene. Perché così facendo vengono eliminati i costi di transazione del mercato soprattutto quando esiste incertezza sul futuro. Ma il coordinamento attraverso impresa non si impone in tutte le circostanze perché come afferma Coase anche l’impresa richieda dei costi: costi di organizzazione, lo spreco di risorse, l’aumento dei prezzi degli input. (I primi due sono chiamati rendimenti decrescenti dell’attività di management perché all’aumentare della dimensione dell’impresa e del numero di transazioni eseguite, aumentano sia i costi di coordinamento all’interno dell’impresa sia gli errori dei dirigenti che causano uno spreco di risorse. *2. Che cos’è un’impresa è qual è la sua natura? Esistono due dimensioni: l’impresa come luogo di coordinamento degli agenti, oppure impresa come luogo di gestione dei conflitti e degli interessi degli agenti stessi. Porre la questione della natura dell’impresa significa innanzitutto considerarla come una forma particolare di organizzazione economica, un assetto istituzionale alternativo al mercato e in secondo luogo giustificarne l’esistenza. Mentre su mercato gli scambi tra agenti economici si fanno attraverso il sistema dei prezzi, all’interno delle imprese il coordinamento di verifica attraverso l’autorità dell’imprenditore. Impresa e mercato sono quindi due forme alternative si coordinamento economico. Per scegliere tra le due, prova a rispondere Coase proponendo una risposta articolata che che vuole proiettarsi nella realtà dei fenomeni economici ma comunque rimanere ancorata alla teoria neoclassica, in particolare al marginalismo. La scelta avviene costi di transazione (vedi domanda sopra). La natura dell’impresa è quella di coordinamento economico con il mercato. 3. Quali son i principali schemi della teoria economica che hanno affrontato il tema della definizione dell’impresa? Ci sono cinque teorie che parlano di impresa:

TEORIA NEOCLASSICA

In realtà non esiste nella prospettiva neoclassica alcuna teorie dell’impresa in senso proprio. I principali postulati della teoria neoclassica, nel modello di Leon Walras, sono: -La ricerca di condizioni di equilibrio in situazioni di concorrenza e di disponibilità di informazioni perfette ed in assenza del progresso delle tecniche; (informazione perfetta riguardo la domanda, l’offerta, prezzi, performance passate ecc.. e non c’è innovazione e progresso tecnico) - L’ipotesi della razionalità perfetta degli agenti che, per l’impresa, ha come conseguenza l’obiettivo della massimizzazione del profitto; - si focalizza sullo scambio e non sulla produzione; - Il proprietario ed i manager dell’impresa coincidono; - L’obiettivo dell’impresa è la massimizzazione dei profitti; - I benefici e gli oneri (sia sociali che privati) sono completamente espressi dai ricavi e dai costi.

-IMPRESA COME SCATOLA NERA: inseriamo input e vengono fuori output – l’impresa è come un atomo senza spessore ne dimensione, come un agente passivo programmato per applicare meccanicamente le regole di convenienza economica. Critiche al modello neoclassico: Ronald Coase Spiegava che l’esistenza delle imprese, era dovuta a fatto che le transazioni di mercato sono costose per i costi di contrattazione: per ottenere un informazione più affidabile e precisa Contrattazione Incertezza e controllo su buona riuscita del mercato Williamson va più in profondità con la teoria dei costi di transazione.

TEORIA COSTI DI TRANSAZIONE

Williamson con un approccio che egli definisce New Istitutional Economics, cerca di approfondire le motivazioni per cui ci sono costi di transazione. Teoria inizialmente avviata da Coase con l’abbandono dell’idea di impresa come atomo e il suo riconoscimento come istituzione del sistema economico (impresa ha un ruolo predominante). Il mercato non consente di regolare la transazione in modo esclusivo. L’impresa è un’alternativa tanto più efficiente quanto più elevati sono i costi di transazione. Il management deve trovare le soluzioni organizzative più adeguate. L’organizzazione è la risposta al fallimento del mercato come scritta di governo delle transazioni, che si verifica a causa: Dell’incertezza Della razionalità limitata (intesa secondo la visione di Simon ossia lui critica l’assunzione della teoria neoclassica del comportamento razionale che massimizza la funzione di utilità dove si ha informazione perfetta, e introduce la razionalità limitata, scelta razionale che tiene conto dei limiti conoscitivi e cognitivi) dovuta alle asimmetrie informative e all’incapacità di calcolo. Questa è la conseguenza diretta dell’incompletezza dei contratti che impedisce agli agenti di prevedere tutti i fattori che potranno influenzare le loro transazioni. Dell’opportunismo delle parti – è la ricerca del proprio interesse, ricorrendo a inganni e sotterfugi, a discapito degli altri. È la conseguenza delle asimmetrie informative. Investimenti specifici – asset specificity I criteri di scelta per Williamson rispetto alla alternativa di integrare o esternalizzare (fare o far fare) sono tre: costo, contesto e tipo di transazione. Esempio: azienda Boeing ha esternalizzato troppo le proprie attività , quindi i costi di transazione hanno compensato i vantaggi dei minori costi grazie all’esternalizzazione e creato quindi disfunzioni e danni all’immagine dell’impresa. Alta specificità dell’investimento meglio impresa, bassa specificità meglio il mercato. I limiti di questa teoria stanno nel fatto che essa non contempla i costi di agenzia né l’evoluzione dell’impresa, né spiega come dovrebbero aver luogo l’integrazione verticale di fronte a investimenti in capitale umano, non valutabili esternamente e non trasferibili.

TEORIA DELL’AGENZIA

Parte dalla teoria neoclassica espandendo e formalizzando il problema derivate dall’interazione tra i soggetti in “relazione d’agenzia”: il proprietario dell’impresa (PRINCIPALE) che da il mandato al manager (AGENTE) di esercitare il potere di amministrazione aziendale. Il principale incentiverà l’agente ad agire in modo da conseguire i propri obiettivi e soddisfare i propri interessi, partendo dal presupposto che l’agente dispone di un vantaggio informativo e partecipa anche lui alla relazione mosso da interessi e obiettivi propri, generalmente diversi da quelli del principale. L’impresa non ha un’esistenza vera e propria (è considerata come una finzione legale, come un insieme di contratti). Questo tipo di teoria comporta dei costi, ovvero - le spese di controllo e per lo sviluppo di incentivi (sostenute dal principale per orientare il comportamento dell’agente) - i costi di obbligazione (sostenuti dall’agente) e quelli per coprirsi assicurativamente da rischi - i costi per la perdita residuale (scarto tra il risultato dell’agente e quello del principale, che si sarebbe evitato se la gestione fosse stata condotta dal principale).

Ci sono inoltre tre altri pilastri di questa teoria: - L’impresa non ha una vera e propria esistenza (è una finzione legale), ma diverso dalla teoria neoclassica non è vista come un individuo mosso da obiettivi proprio, pertanto viene meno l’esigenza di definirli e massimizzarli. Ne ha senso interrogarsi su chi sia il proprietario. - L’unica certezza è costituita dall’esistenza di relazioni contrattuali complesse (ha poco senso interrogarsi sule attività svolte all’interno o all’esterno) - Non esiste una vera e propria contrapposizione tra impresa e mercato. Secondo Brazel “dicotomia erronea” nell’opposizione proposta da Coase.

TEORIA DEGLI STAKEHOLDER

Caratteristica principale della “stakeholder theory” è quella di definire innanzitutto verso chi l’impresa è responsabile, prima di preoccuparsi di che cosa sia responsabile. (Impresa come sistema aperto). Freeman per stakeholder intende un gruppo o un individuo che può influenzare o essere influenzato dal raggiungimento degli obiettivi dell’impresa. Si distinguono due categorie di stakeholder: - stakeholder primari con i quali l’impresa intrattiene una relazione continua e diretta (dipendenti, clienti, fornitori, pubblica amministrazione, istituzioni che operano sul territorio..) - Stakeholder secondari con i quali l’impresa intrattiene una relazione indiretta ossia non sono coinvolti in transazioni dirette con l’impresa e non possono mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’impresa (massmedia, comunità, università, centri di ricerca...) L’impresa deve soddisfare tutti gli stakeholder per creare valore nel lungo termine. l’impresa è vista come un sistema aperto che quotidianamente interagisce con un numero rilevante di attori (collettivi o individuali). Il ruolo centrale rimane sempre quello dell’imprenditore, che deve gestire il rapporto con tutti gli interlocutori e creare l’equilibrio generale che consente all’impresa di continuare a produrre ricchezza. L’impresa è un’entità governata da una razionalità intersoggettiva che si trasforma in base alla capacità di tutti gli attori (interni ed esterni), il cui ruolo è differenziato dalla loro capacità di determinare o condizionare le performance dell’organizzazione.

TEORIA EVOLUZIONISTA

Le origini della teoria sono duplici. Da un lato Freeman che riprende i lavori di Shumpeter aggiornando la teoria delle “onde lunghe” secondo la quale lo sviluppo economico avviene grazie a delle onde di innovazioni, dall’altro lato Nelson e Winter che gettano le basi di ciò che oggi costituisce la scuola evoluzionista. Come dice il nome richiama i modelli biologici e i processi di selezione naturale e si concentra sulle competenze produttive e sui processi e prodotti innovativi. Presuppone che impresa possieda delle competenze uniche (finanziarie, fisiche, umane, organizzative). L’impresa reagisce al cambiamento e crea vantaggio competitivo attraverso il cambiamento. L’impresa può determinare distruzione creativa (di cui parla Schumpeter). Nella teoria evoluzionistica non ci si concentra sulla massimizzazione o ottimizzazione. I concetti chiave su cui si concentra: -conoscenza tacita -routine -path dependency I più abili sopravvivono, le meno abili escono dal mercato. La selezione sul mercato avviene sulla base della tecnologia e dell’innovazione. L’apprendimento presenta tre caratteristiche: - è cumulativo perché ciò che di nuovo viene appreso si aggiunge a quelle imparate prima - Avviene a livello organizzativo, le competenze individuali sono fondamentali ma è importante applicare in organizzazioni particolari - Le routine non sono codificabili, sono tacite e come tali non possono essere trasferite (la capacità di apprendimento non è trasferibile) path dependence: le conoscenze specifiche delle imprese dipendono dalla propria storia passata....


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