Emergenza e progettualità educativa PDF

Title Emergenza e progettualità educativa
Course Progettazione e valutazione educativa
Institution Università degli Studi di Genova
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Summary

VERSO il carattere imprevisto, veloce da trattare e disorientante sembra difficile progettare azioni per il futuro si fatica a comprendere il Forme e traiettorie comprendere le condizioni entro cui si manifesta vanno spiegati il contesto e le istituzioni entro con che la attuale, dove tutto ormai se...


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2.DALL’EMERGENZA VERSO L’EMERGENZA Per il carattere imprevisto, veloce da trattare e disorientante dell’emergenza sembra difficile progettare azioni e interventi per il futuro poiché si fatica già a comprendere il presente. 2.1 Forme e traiettorie dell’emergenza Per comprendere le condizioni entro cui si manifesta un’emergenza vanno spiegati il contesto e le istituzioni entro cui essa avviene. Emergenze con che la società attuale, dove tutto ormai sembra accadere improvvisamente, deve affrontare: -educative(bullismo, drop out=non terminare scuola, rapporto mondo scuola e lavoro, uso di sostanze, ecc.) -ambientali-climatiche -umanitarie -sanitarie -alimentari -lavorative (mancanza di lavoro, precarietà, morti bianche=caduti sul e per lavoro) Tutte accomunate da traiettoria collettiva dell’emergenza, riguardante tutta o parte della popolazione mondiale. Ma visibili anche come intime e personali se vissute all’interno di servizi, dove la visione si concentra sul singolo (ad. Es ogni migrante può rappresentare individualmente tutte le emergenze collettive) L’educazione risulta il metodo per affrontare queste emergenze e si concretizza nei servizi educativi che dialogano con e all’interno dei tre ambiti(formale, informale e non formale) offrendo possibilità e strumenti specifici di intervento. Il modello professionale che ne consegue dovrebbe assecondare la convergenza dei seguenti fattori: 1. Intenzionalità educativasi esprime in che cosa un educatore trova importante, di cosa si vuole occupare e per cosa valgono il tempo e la fatica che spende. Le scelte dei servizi educativi (dimensione politica) e nei servizi educativi (dimensione operativa) corrispondono a una progettualità che considera l’emergenza come occasione o come problema. Ogni educatore partecipa prendendo decisioni personali e di équipe coincidenti con quelle di mondo e umanità. 2. Metodo adattabile alla situazionesi crea a partire dai comportamenti personali/di gruppo, si attua nel quotidiano con processi organizzati (azioni dell’équipe condivise entro sistema pedagogico comune) ed è la modalità con cui si differenziano i servizi. Genera competenze specifiche che descrivono come le scelte vengono realizzate, condivise, mediate, presentate. 3. Specifiche competenze professionali Nuove e situate nei differenti contesti di emergenza, flessibili nelle sfumature per rispondere a problemi diversi e si caratterizzano per una dimensione personale accentuata. L’intervento educativo nei contesti di emergenza

INTENZIONALITA’ METODO COMPETENZE Indagando i rapporti tra agire educativo e contesti di emergenza si devono scardinare le consuetudini per pensare a nuove logiche interpretative. L’emergenza costringe ad un intervento educativo oppure un evento educativo è esso stesso un’emergenza? Non sono forse della stessa sostanza educazione ed emergenza?

La seguente ricerca è volta a rispondere a queste domande per rendere progettabile ciò che non lo è e di accogliere e desiderare ciò che istintivamente viene schivato. 2.2. Contenuto vs contenimento L’emergenza risulta sfuggente a definizioni, ma se proprio si vuole provare le si possono attribuire le caratteristiche di velocità, fluidità, incertezza e imprevedibilità; perciò l’agire educativo che racchiude l’emergenza non può fermarsi a interventi univoci e rigidi,ma deve anzi cambiare ed adattarsi a seconda di situazioni, momenti e persone. I continuum (percezioni non scindibili in unità distinte fra loro, in cui si possono trovare dimensioni e virtù del lavoro educativo) individuati come principali traiettorie sono: -della vita nell’emergenza fra strutturato e destrutturato: Regime e improvvisazione Per strutturati si intendono i momenti emergenziali disposti,organizzati e funzionanti secondo regole e schemi precisi e determinati e che contengono valenza educativa diretta o indiretta. Si distinguono in momenti universali per ogni servizio (raccolta dati anagrafici, relazione sul periodo di permanenza in struttura, ecc.) e che variano a seconda del servizio ( sportivi, lavorativi, formazione, inserimento lavorativo ecc.). Per destrutturati si intendono i momenti privi apparentemente di schema, ma che comunque contengono una forte potenzialità educativa. (pasti, tempo trascorso insieme in spazi personali/pubblici della comunità, eventi significativi per i ragazzi) Queste due sono dimensioni presenti, sussistenti e spesso coesistenti. Il vivere quotidiano e l’agire educativo dovrebbero sempre oscillare fra un vertice del continuum all’altro garantendo equilibrio. Se così non fosse da un lato si arriverebbe ad un’improvvisazione totale, che genera confusione nelle procedure e nelle regole, impossibilità di prefiggersi e raggiungere obiettivi ed incapacità di progettare, valutare e realizzare percorsi educativi significativi volti al cambiamento e al benessere futuri. L’improvvisazione risiede nelle capacità e nelle risorse personali dell’educatore, risulta quindi impossibile attivare un cambiamento in ciò che è altro da se, a meno che non si consideri la stretta connessione fra improvvisazione e dipendenza. Dal lato opposto invece si arriverebbe a una forma più immobile e radicata, ovvero al regime. Questo esaspera la struttura quasi paralizzando la situazione a causa del sovraccarico di ordine e rigore emanati dall’alto e dall’esterno, che si possono solo subire. Il rischio è che troppe regole provochino l’effetto indesiderato dell’infrazione. La prassi che permette di non rinunciare a nessuna delle due dimensioni è quella di strutturare il destrutturato e destrutturare lo strutturato; cioè viverle entrambi, spostandosi dall’una all’altra , per rendere i momenti formativi e di apprendimento ed impedire di viverli come costrizioni o perdite di tempo. -del contenimento fra libertà e incatenamento: autonomia e dipendenza Due concetti di libertà: essere “liberi da” richiama il non dover essere ma l’essere “in possibilità di”, l’essere “liberi di” richiama la riappropriazioni di se stessi e della propria autenticità. Che ruolo hanno gli educatori nel processo di acquisizione di libertà? Uno dei rischi nei contesti educativi emergenziali è legato alla riduzione di libertà, all’incatenamento alla dipendenza, alla passività e all’oppressione. Il ruolo degli educatori non è sicuramente quello di liberare totalmente un’altra persona, perché si rischia di sostituirsi al ragazzo su cui si sta intervenendo in risposta all’emergenza. Tale risposta che prova l’inefficacia di questo metodo si ha per due motivi: uno deriva dall’interno e dipende dallo sguardo dell’educatore, da come legge e vive la persona e la sua condizione (ad es. “se il minore è un caso perso, un selvaggio allora i protocolli diverranno rigidi e stringenti”non è vero farai odiare la comunità e tutto ciò che ne concerne al ragazzo). Il secondo deriva dall’esterno e dipende dal bisogno che ha l’educatore di porre fine immediatamente a tante situazioni di sofferenza che perdurano nel tempo. L’educatore così non è più colui che “aiuta ad aiutarsi”, ma colui che

attiva le sue risorse e competenze per (non)risolvere un problema a lungo termine. Poiché le soluzioni a cui ricorre durano per un brevissimo periodo e alla lunga risultano fallimentari, siccome l’educatore che si è sostituito al ragazzo non potrà seguirlo per sempre, vanificando così il “lavoro” fatto. Ma se nell’emergenza il lungo periodo sembra essere inesistente come si interseca tutto questo? Il lavoro degli educatori, oscillando fra vissuti e pratiche liberanti (aprire una porta verso se stessi e gli altri tramite coscientizzazione e condivisione) e fra vissuti e pratiche imprigionanti (consapevolezza del ragazzo che esistono persone realmente interessate al suo benessere tramite limitazioni e incontri protetti), mira a due possibilità: possibilità di essere (da parte del ragazzo) e di poter essere (da parte del servizio). -del contenuto fra progetto pedagogico e protocollo: qual è la tendenza da intraprendere per gli interventi pedagogici in mancanza di tempo e spazio per la progettazione, la pedagogia e l’effettivo cambiamento al benessere? Se si orienta lavoro verso poli a sx dei continuum  azioni fisse, strutturate, standardizzate, estremamente professionalizzate, che mirano ad essere ripetibili più che efficaci e di qualità. PRO: tutela e sicurezza CONTRO: scarsa cifra educativa, forma di educazione difensiva, poco efficace e trasformativa. Se si orienta lavoro verso poli a dx dei continuumstile orientato all’emotivo-relazionale. CONTRO: paura per la sofferenza dell’altro confonde e contorce la professionalità, affetto sconfinato. Cercare la staticità in situazioni dinamiche e complesse rischia di portare al fallimento del servizio e dell’intero progetto costruito sulla persona. La buona prassi, anche qui, risiede nell’oscillazione dalla struttura (attenzione agli aspetti legislativi, procedurali e formali) alla destruttura(attenzione costante ai punti di accesso al quotidiano del ragazzo che permettono di arricchire e trasformare il suo progetto di vita). Decostruire lo strutturato cogliendo al suo interno un elemento di relazione e costruire il destrutturato cogliendo al suo interno un elemento di ordine. Solo così i limiti temporali tenderanno allo zero, perché insiti in un lavoro a-temporale di ri-definizione e oscillamento perenne, che offre la possibilità di intraprendere un percorso personale di soluzione e di cura 2.3 pensiero e metodo: la lezione di Paulo Freire(1921-1997) Paulo Freire sostiene che il concetto di oppressione esiste anche nelle attuali società di consumo con altre forme e strutture. Ad es. una delle nuove oppressioni è l’omologazione subita nell’informazione che si trasforma in oggetto di consumo, nella passività sempre più estesa, nell’assenza di una dimensione partecipativa e di una capacità dialogica. Per liberarsi culturalmente egli propone la presa di coscienza della sopraffazione quotidianamente subita; organizzandosi si può agire intenzionalmente sulla realtà per migliorarla. Gli educatori non possono rimanere neutrali rispetto a ciò che accade perché educazione e politica non sono scisse. Intuizione centrale della sua pedagogia è la ricerca della comprensione del reale, ovvero dell’azione e della riflessione che-diventando prassi- assumono carattere trasformativo. Oggi la sua lezione può servire a riflettere sull’esistenza, a parteciparvi, a non adattarvisi, a costruire alternative partendo dalla comprensione della realtà. Per questo analizzeremo 3 temi fondamentali della sua pedagogia e su come attivarli metodologicamente in strutture educative di emergenza: 1. Dialogo: aperto, libero ed ascoltante con cui le persone possano comprendersi e comprendere l’Altro in modo profondo, autentico e stimolante, è atto di creazione,aperto e favorevole alla diversità (valore aggiunto)benché talvolta i contenuti siano differenti dalla propria concezione di vita, realizzatosi nell’uguaglianza, nella libertà e nella comunione. Freire critica il dialogo visto come scambio di idee/beni di consumo che include l’imposizione di un soggetto sull’Altro consistente nel depositare conoscenze da un soggetto all’altro. L’educazione partecipata e liberatrice inizia quando l’educatore si domanda di cosa parlerà con l’educando.

il parlare con non può esistere senza: -saper ascoltare: ascolto attivo e vigile, che non significa ricevere informazioni passivamente ma anche esprimere la propria opinione comprendendo di non essere il solo ad avere diritto di farlo. Bisogna anche dare essenziale importanza al silenzio nel dialogare, perché permette di entrare nelle visioni del mondo della persone e nel movimento interno del suo pensiero. -umiltà: non si può dialogare se si vede sempre nell’altro l’ignoranza e mai in se stessi, se ci si vede parte di un’élite pura, padrona, differente e virtuosa, se mai si accetta il contributo degli altri e anzi si vede come un’offesa. L’educatore privo di umiltà non si riesce ad avvicinare ai destinatari dell’intervento educativo. -Fede: non si può dialogare se non si crede fermamente nell’Uomo come essere-in-possibilità. L’educatore si deve impegnare a credere nella possibilità di fare e rifare, di creare e ricreare, di essere di più. Avere fede nella persona è un atto a priori, esiste prima del dialogo perché lo determina e poiché è l’amore per mondo vita umanità. -Fiducia:se si ha fede può nascere un rapporto di fiducia, essa comporta la testimonianza, che l’educatore manifesta sull’educando, sulle sue reali e concrete intenzioni. Vi è quando la parola e i comportamenti coincidono. 2. Riflessione critica: l’educazione dovrebbe essere concepita in funzione di sfavorire l’adattamento passivo all’ordine dato, di vedersi come soggetti attivi capaci di iniziare processi trasformativi che intervengano sul reale a partire da una visione socialmente critica del presente. Poiché l’uomo è un essere in divenire e in possibilità,allora l’esistenza umana è un processo intrinsecamente costruttivo, trasformativo e consapevole del fatto che il futuro vada cambiato, costruito, problematizzato, sognato, non subìto. Osservare criticamente la realtà conferisce la possibilità di modificarla e costruire scenari entro i quali inserire l’educazione stessa. L’intervento fondato sulla riflessione critica è quello che abbraccia un modello trasformativo e compartecipato, in opposizione a quello che vede la realtà in maniera determinista e precostituita. Il modello compartecipato si basa sul condurre il soggetto a crearsi una propria visione critica con cui elabora e problematizza tutto ciò che concerne la realtà a lui circostante (relazioni, dimensioni, pensieri, osservazioni), implica i costanti processi di analisi, destrutturazione e ricostruzione delle visioni del mondo e dell’idea di educazione volti al miglioramento personale e professionale. Se l’intervento educativo non viene basato sulla riflessione critica, risulterà eticamente, pedagogicamente e culturalmente povero, poiché impedirà il fiorire di curiosità e pensiero. Inoltre l’intervento deve sfidare l’educando a produrre una sua comprensione di ciò che egli comprende attraverso la comunicazione partecipata. 3. Coscientizzazione: rendere consapevoli le persone del loro essere al mondo, della loro possibilità di azione e lotta, della situazione reale che stanno vivendo, dei loro diritti/doveri. Con il raggiungimento di una piena consapevolezza si ottiene un ulteriore strumento per agire sulla propria realtà, smettendo così di esserle passivi e iniziando la liberazione. Il modo migliore per farlo è partendo dal quotidiano , dialogando su esperienze, vissuti personali e biografie. Freire parte dal “tema generatore”, non scelto dall’educatore volto a raggiungere tramite domande problematizzanti l’essenza delle visioni del mondo altrui e tramite il dialogo e l’approccio critico si possono decostruire le codificazioni del mondo che il soggetto percepisce come contraddittorie. Arrivando così a percepire come si percepiva anteriormente, si percepisce la realtà diversamente e si allargano i propri orizzonti percettivi, grazie alla discussione coraggiosa e concreta dei problemi personali.

2.4 Competenze ed emergenza

Le competenze si riferiscono direttamente al modo in cui il professionista mette insieme conoscenze, abilità ed esperienze per affrontare le sfide educative, con particolare rimando a gestione del contesto/relazioni/problematiche/risorse/strumenti risolutivi. Dietro ogni agire educativo devono essere esercitate le seguenti competenze organizzate sistemicamente: 1. Competenza progettuale: visione complessa del sistema che interviene sia a livelli macro (politica socioeducativa) sia a livelli micro (gestione utenti del servizio), essa contiene teorie, capacità osservative di previsione e adattamento al contesto e un pensiero flessibile che muta a seconda del corso dei processi. Tale competenza si affina durante il percorso universitario (tecniche e teorie) e durante il tirocinio (pratica). Bisogna che l’educatore sia consapevole di dove agisce mentre progetta e che sia pronto ad anticipare tempestivamente i cambiamenti necessari, assumendosi la responsabilità di come colmare il divario tra risorse disponibili e bisogni del ragazzo ed evitando di lasciare incompiuto il lavoro o di renderlo esageratamente complesso. La competenza progettuale si esprime a livello teorico (costruendo un modello guida che rispetti azioni e passaggi precisi) e a livello pratico/operativo (modello che si concretizza adattandosi alla singola persona). 2. Competenza relazionale: per rendere autentica la pratica educativa è necessario che la relazione educativa sia autentica e in grado di relazionarsi con bisogni affettivi o con carenze familiari usando un agire caratterizzato da presenza, cura, ascolto, empatia ed intimità. Il minore percepisce maggiormente la parte relazionale, che va curata per creare un legame educatore-educando così profondo che quest’ultimo rappresenti per il ragazzo il modello anche al di fuori del servizio. Attorno alla competenza relazionale vi sono diverse capacità che aiutano a strutturare in modo equilibrato la relazione: -accoglienza: importante durante primo incontro o ingresso del minore nel servizio per costruire la relazione ed elemento delicato della presa in cura. L’entrata nella struttura d’emergenza deve essere il meno traumatica possibile per permettere al minore di recuperare la fiducia ed inserirsi in un percorso comune. In pratica si deve armonizzare il passaggio e minimizzare l’ansia del minore, creando un clima sereno da parte di tutti (équipe e gruppo) che faciliti l’attenzione all’integrazione del singolo. -empatia:riconoscere sentimenti, capacità di immedesimarsi in condizioni e stati d’animo altrui. Intesa come creazione di una relazione di aiuto che contribuisce alla risonanza emotiva fra operatore e utente. -gestione delle emozioni:al momento dell’entrata in struttura gli operatori vengono investiti dal pesante ed impattante carico emotivo del minore, dato che la relazione implica anche contenuti di tipo latente, spesso incontrollabili, risulta difficile contenere le proprie emozioni e angosce per gestire al meglio il suo disagio. Esse vanno quindi padroneggiate e incanalate per lasciare spazio ad una reazione risolutrice delle sue difficoltà anziché delle proprie. 3. Competenza ermeneutica: in una visione pedagogica l’ermeneutica rappresenta il modo stesso con cui l’uomo incontra gli altri uomini. Questa competenza implica quindi una riflessione intorno alla possibilità umana di cogliere la verità, interpretando e dando un senso alle cose tramite il significato dei segni e dei codici culturalmente costruiti. Interpretando la realtà proiettiamo noi stessi e il bagaglio esperienziale/culturale/ideale che ci portiamo appresso, ovvero tutto ciò che ci rende autentici. Questa competenza permette all’educatore di avvicinarsi all’educando attraverso una corretta lettura delle sue espressioni (comportamenti, sentimenti, silenzi). Piramide di Maslow: classificazione dei bisogni che riflette la progressiva attenzione da tenere negli interventi educativi 1.bisogni del sécompetenza progettuale(educando è artefice del proprio percorso di crescita) 2.bisogni socialicompetenza relazionale(base sicura e modello esteso fuori dalla comunità) 3.bisogni primaricompetenza ermeneutica(legge e comprende bisogni)

5.un modello educativo nei contesti di emergenza Secondo Gadamer l’uomo che interpreta non può prescindere dal suo contesto storico, geografico e culturale nel quale agisce, muovendosi tra le conoscenze già apprese e quelle da apprendere, tra apprendimento e atteggiamento interpretativo=sovrapposizione circolare di conoscenze. L’emergenza risulta difficile perché si basa su una non conoscenza iniziale. La costruzione dei due possibili modelli tenta di rispondere alla realtà precaria e multidimensionale dell’emergenzialità, interrogandosi su come le rappresentazioni di quest’ultima ne orientino le azioni. Per progettare in emergenza si usa un modello a spirale, per indagare, ricercare, condividere significati ricostruendoli continuamente. i concetti dei modelli e la loro gerarchia interna: MODELLO ALLARMISTA

MODELLO TRASFORMATIVO

1.L’emergenza 2. i sentimenti e le emozioni 3.le persone 4.i movimenti 5.il contesto 6.i sistemi

1.i sistemi 2.il cont...


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