Emergenza e progettualità educativa PDF

Title Emergenza e progettualità educativa
Author Sabrina Galici
Course progettazione e valutazione degli interventi educativi
Institution Università di Bologna
Pages 15
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Summary

“Emergenza e progettualità educativa” di Andrea TraversoIntroduzione L’emergenza è prima di tutto, una possibilità educativa. La ricerca descritta in queste pagine presenta un duplice modello che inverte lo sguardo e prova decidere le diverse priorità. L’emergenza non è (e ineducazione, non deve ess...


Description

“Emergenza e progettualità educativa” di Andrea Traverso Introduzione L’emergenza è prima di tutto, una possibilità educativa. La ricerca descritta in queste pagine presenta un duplice modello che inverte lo sguardo e prova decidere le diverse priorità. L’emergenza non è (e ineducazione, non deve essere) solo una situazione urgente alla quale rispondere con una progettazione professionale, organizzata ed efficace; l’emergenza è educazione e l’educazione è emergenza. Da qui la necessità che gli educatori e le educatrici siano in grado di prenderla, di afferrarla, di pensarla, ancor prima che l’urgenza del fatto prende il sopravvento, afferri lei educazione. Nel volume si tenterà di mettere in relazione la visione dell’emergenza percepita e la definizione dell’emergenza, così come viene codificata a livello istituzionale, anche nella definizione e normazione dei servizi educativi ad essa dedicati. Infine, si affronterà anche ruolo dell’educatore e del pedagogista nell’emergenza e con l’emergenza, sostenendo una professionalizzazione ampia che chiami in causa le competenze, gli strumenti, le prospettive teoriche, le traiettorie di ricerca, la sensibilità personale. Chi fa ricerca utilizzando le norme e le fonti primarie conosce bene la difficoltà nel reperire le fonti, verificarne l’attendibilità e validità. Nonostante la rete oggi consenta di ottenere in poco tempo molte informazioni, è necessario un minuzioso lavoro di verifica e controllo incrociato: così è stato per i progetti educativi, per i PEI e per le diverse normative nazionali e regionali. È stato allora, necessario interpellare le strutture domandare di mettere a disposizione i materiali utilizzati nelle loro comunità. Spesso, in queste situazioni, si deve far fronte alla riluttanza e alla diffidenza: non in questo caso. Il tema dell’indagine ha reso possibile uno scambio orientato alla fiducia e alla condivisione delle prassi. Il testo si articola in cinque capitoli. I primi tre rappresentano lo sfondo teorico e normativo nei quali contesti educativi che operano in condizioni di emergenza si muovono delineando una triangolazione dialettica, progettazione-emergenza-accreditamento che in modo attivo passivo chi sia, vivono quotidianamente le reti chiamata a rispondere a problemi di natura educativa e sociale. I restanti due capitoli presentami il disegno di ricerca, il suo sviluppo ed il modello derivante, nelle sue diverse attribuzioni: un modello allarmista e di un modello trasformativo e dei diversi contributi che queste due prospettive offrono al lavoro educativo e alla sua progettualità. Capitolo 1- la progettazione educativa nella comunità per minori Il lavoro educativo si qualifica tale se orientata finalità pedagogiche, capaci di rispondere a bisogni di individui o di comunità in condizioni di disagio difficoltà. Si deve dare risalto a tre fattori che gli conferiscono identità e lo identificano e differenziano da quello delle altre professioni che lavorano nel sociale: la riflessione, la progettazione e l’azione pensata. Tali fattori costituiscono la tessitura che regola il sistema di relazioni quotidiane ed ogni investimento di raccordo e continuità tra il progetto quadro, il progetto di vita e la progettazione individualizzata. La natura residenziale dei servizi vincola rapporti di vicinanza, anche fisica, che rendono necessario un impianto metodologico progettuale, che possa sostenere le particolari condizioni di questi servizi educativi: -

La turbolenza che impedisce un lavoro standardizzato-che è importata all’interno della comunità dai minori e dalle loro famiglie e che anima l’agire Le questioni emotivamente intense che si manifestano all’interno della comunità e che non possono essere rinviabili e disgiunte dagli accadimenti Il sistema di conoscenze e tecniche muta con rapidità e sfugge ogni possibile cristallizzazione

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Le richieste espresse dall’ambiente circostante sono spesso contraddittorie, e costringono la comunità ricercare un continuo equilibrio tra la capacità di ascolto e quella di comunicazione.

La riflessione Ogni educatore o educatrice esprime il proprio essere, per mezzo di un potenziale riflessivo che connota la professione educativa tra quelli intellettuali. È il pensiero che guida il potenziale affettivo, emotivo ed empatico che il patrimonio di chi educa. Non è possibile immaginare di lavorare con gli affetti, le emozioni e le empatia senza una chiara intenzionalità, frutto della riflessione; il rischio sarebbe quello della superficialità. Questa forza educativa si esprime con maggiore energia nei contesti in cui l’urgenza o emergenza prevalgono rispetto a circostanze in cui la fanno da padrone la pianificazione e di controllo, sia esso degli adempimenti o dei risultati. L’incontro con l’altro che necessita di aiuto travolge le situazioni dando vita a fasi nuove, impreviste che, prima ancora di essere progettate, devono essere studiate, analizzata nei loro dettagli, nei loro rapporti di incoerenza distruttiva-ciò che ha destabilizzato un sistema che prima era in equilibrio. La progettualità orienta l’agire educativo e gli restituisce valore, lo ipotizza come percorso ne vede la tensione verso il futuro e non solo nel micro dell’oggi. Lancia prospettive a partire da una buona lettura del contesto, immagina ipotesi metti in moto la creatività sociale. Nel coraggio di sé e della fiducia nel futuro e l’accettazione incondizionata dell’altro e del bagaglio emotivo e narrativo che porta con sé all’interno della comunità e che non può essere in alcun modo confiscato. La progettazione La progettazione è la logica conseguenza di questa posizione di ascolto e di accoglienza. L’utilizzo di modelli e strumenti per progettare, anche nel caso in cui fossero utilizzati in maniera inconsapevole, esprime la necessità di fare ordine nella situazione. La definizione del contesto, dei bisogni adesso collegati, il rapporto tra bisogno, obiettivo e relativi indicatori di successo, l’interdipendenza tra obiettivo ed attività, il processo di monitoraggio-valutazione logico che conduce dal pensiero all’azione pensata, dal auspicio all’evidenza è importante che gli educatori le educatrici siano messi nelle condizioni di poter organizzare il proprio lavoro, sia esso di coordinamento e gestionale o di intervento quotidiano con minore, secondo principi che promuovano la bontà e la semplicità. Il primo, bontà, intendo affermare il principio dell’adeguatezza e della coerenza, tale per cui gli interventi progettati siano quanto di meglio un servizio educativo possa offrire in quella particolare situazione e alle condizioni di quel momento. Il secondo, semplicità esprime il naturale impegni educativa svelare la complessità, comprenderla senza banalizzarla ma operando in modo da possederla, concepirla, semplificarla. L’educazione necessita naturalmente di semplicità, impegnandosi in favore del bene, della relazione, del giusto. I modelli di progettazione che possono essere utilizzati all’interno delle comunità educative, in tale prospettiva, sono finalizzati a dare coerenza ai rapporti di bontà e semplicità. - Un modello lineare agisce con maggiore efficienza laddove collega un bisogno primario, un’esigenza circostanziata, ad un obiettivo a breve termine, fortemente situato ed è più facilmente auspicato per interventi destinati al singolo - o per piccoli nuclei con le medesime caratteristiche e gli stessi bisogni. - Un modello circolare risulta maggiormente efficiente laddove il gruppo di lavoro si mostra capace e responsabile di farsi carico dell’intero processo, delle difficoltà del percorso. Le qualità del modello incontrano le esigenze personali, e più spesso di comunità, che necessitano di molte fasi di elaborazione.

Un modello a spirale esprime il proprio potenziale in situazioni complesse che richiedono un impegno profondo di ricerca. In discussione non c’è solamente la situazione, problema ma l’intero progetto che diviene lo strumento di confronto, di analisi e di studio, il bisogno di uno o dei pochi ha conseguenze sul bene comune. Tutto il personale educativo e l’utenza sono coinvolti in questo percorso di negoziazione, che richiede necessariamente la mediazione tra diversi livelli valoriali-il buono di tutti e per tutti-e diversi livelli di conoscenza nel rapporto tra complessità e semplicità, e di comprensione del mondo. All’interno di sistemi educativi orientati all’emergenza pare scontato ed evidente che il modello più funzionante debba essere quello lineare. Le condizioni di urgenza dell’inserimento richiedono una risposta il più rapida possibile non che flessibile, che sappia agire in breve tempo. Allora come è possibile progettare interventi educativi che sappiano coniugare più dimensioni? -

L’azione pensata e il progetto educativo individualizzato Lo strumento che hanno a disposizione le comunità per gestire situazioni di emergenza è il progetto educativo individualizzato (P.E.I.) ovviamente in integrazione col progetto quadro inviato dei servizi sociali e con ogni altra informazione necessaria definire le condizioni in cui versa il/la minore. Nel PEI possono convivere tutti modelli precedentemente esposti perché coesistono obiettivi contingenti ed obiettivi personalizzati che necessitano di linguaggi, strategie di interventi specifici. La discriminante non è la durata con la quale si auspica di raggiungere l’obiettivo ma il posizionamento di tale obiettivo nella vita del minore. Nel PEI trova esaltazioni terzo fattore che identifica le professioni educative: l’azione pensata. È utilizzato in forma dinamica, come riferimento costante dell’agire il pay è in grado di sostenere il pensiero dell’azione: il pensiero guida l’azione, la predispone e la orienta. L’azione modelli di interpretare il pensare. Progetto quadro è il progetto educativo individualizzato La sua compilazione è possibile grazie all’esercizio di una competenza organizzativa di una competenza documentale. Nel primo caso facciamo riferimento a quanto proposto nel documento tecnico professionale presentato dall’AIEJI (international association of social educators), che inserisce la funzione documentativo all’interno della competenza organizzativa: “Le competenze organizzative dell’educatore sociale devono riguardare anche l’amministrazione, la gestione e lo sviluppo dei servizi socio educativi dove lavora, e l’organizzazione, pianificazione sistematica del lavoro socio educativo. L’educatore sociale deve saper progettare promuovere le attività ed i processi socio educativi, così, come documentarli e valutarli dal punto di vista delle finalità e dei metodi socio educativi” Stesura del progetto educativo individualizzato e la sua revisione sistematica in itinere, hanno però anche un obiettivo di tipo narrativo in quanto, assieme al progetto quadro, servono a rendere conto delle decisioni assunte in merito: - alle strategie definite a livello individuale o di équipe (responsabilità verso l’interno; - a livello di condivisione all’interno della rete dei servizi (responsabilità verso l’esterno); - alle modalità di raccolta delle informazioni utili per poter verificare il successo educativoformativo e la loro qualità (responsabilità verso la comunità) - I metodi e procedure che dovranno essere imballati per sostenere la coerenza interna tra bisogno-obiettivo-indicatore e le attività previste nel piano (responsabilità verso la società).

Progettualità educativa personalizzata

Per ogni minorenne o nucleo genitore-bambino inserito in una delle strutture accreditate a livello regionale è necessaria una progettualità personalizzata. Dall’impegno pedagogico si sviluppa ed articola all’interno di un sistema di reti concertato che vede coinvolti: il servizio sociale inviante, il servizio o la comunità di accoglienza e, ogni qualvolta le condizioni lo consentono, lo stesso minorenne e la sua famiglia. L’obiettivo è l’attivazione di un sistema di presa in carico integrata, secondi principi della continuità e corresponsabilità. La continuità rappresenta la dimensione interservizi e la corresponsabilità quella intra-servizi; solamente agendo in forma correlata all’impatto dell’intervento socio educativo sarà efficace su più piani. La progettualità personalizzata se articola su due livelli con due documenti-strumenti che orientano l’agire educativo: il progetto quadro e il progetto educativo individualizzato. Progetto quadro Il progetto quadro è il documento personalizzato che viene redatto dai servizi sociali e sociosanitari territoriali. Al suo interno è riportato l’insieme coordinato e integrato di interventi sociali, Sanitari ed educativi. Nel progetto quadro sono indicati: - I fattori di rischio e i fattori di protezione della situazione e del contesto di riferimento; - Le motivazioni e le finalità dell’intervento di tutela; gli obiettivi per il minorenne e il nucleo genitore-bambino e per la famiglia sempre in relazione ai bisogni evidenziati o espressi; - le attività, i tempi, gli spazi e le risorse/ strumenti per raggiungere gli obiettivi; - i tempi e le verifiche per ciascun intervento, compresi i tempi previsti di permanenza in struttura residenziale o semi residenziale; - indicatori e gli strumenti del monitoraggio finalizzato al controllo degli obiettivi e delle strategie condivise ed utilizzate. Le comunità ricevono il progetto quadro dai servizi sociali del territorio e a partire da esso alimentano tutto il primo periodo di valutazione e, osservazione di inserimento del minore in comunità. In questo intervallo di tempo il progetto quadro può essere considerato statico che il punto di riferimento per l’osservazione dei primi mesi e per la definizione del progetto educativo individualizzato oppure dinamico che lo strumento di comprensione che affianca il PEI durante la permanenza in struttura. Progetto educativo individualizzato Il rapporto tra progetto quadro progetto educativo individualizzato è la dipendenza diretta. Il primo è lo sfondo di coerenza dal quale si andrà definendo o accompagnando il secondo, sempre in stretto raccordo con gli operatori dei servizi sociali e sociosanitari territoriali, coinvolgendo per quanto possibile il minorenne stesso e la sua famiglia. Nei documenti normativi, il PEI è prevalentemente presentato come uno strumento programmatico , Di dialogo con i servizi con i minori e le loro famiglie. Nonostante in quasi tutte le normative regionali si fissino alcuni temi che devono essere obbligatoriamente trattati, non esiste una posizione univoca che ne definisca limiti e possibilità a livello nazionale. Questa cosa, da un lato consente un ampio margine di flessibilità per la comunità; dall’altro rischia di frammentare l’eccesso un sistema che avrebbe anche l’esigenza di definire un linguaggio comune. La normativa della regione Liguria contempla dei punti da tenere in considerazione che debbano strutturare il PEI da dover compilare e sviluppare: - Le attività che si prevedono di realizzare per il raggiungimento degli obiettivi specifici; - le modalità, gli strumenti e di tempi delle fasi di monitoraggio e di valutazione degli obiettivi. Non vengono tutta via date indicazioni sulle modalità di compilazione, sulle scelte che può compiere una struttura, lasciando di fatto debole un nodo cruciale: le modalità di utilizzo in itinere.

Il rischio è quello di vederlo compilato a puro scopo di archiviazione e come strumento per la programmazione del quotidiano, delle cose da fare venendo meno la dimensione progettuale. Al contrario dovrebbe prevalere una certo faticosa prospettiva narrativa di utilizzo: il PEI racconta una storia, i successi insuccessi di una vita in divenire. Nei luoghi della progettazione La progettazione personalizzata prova forma ai bisogni all’interno di spazi, contesti e territori che non sistema aperto mutano al variare delle condizioni. In un’accezione ampia Brandani e Tomisich definiscono luogo del progettare con lo spazio in cui tutti i professionisti si incontrano, per interesse relazione e comunicare idee e decisioni, necessità informazioni, differenti immaginare rispetto ad uno stesso problema, ed utilizzano diversi linguaggi. In un’altra prospettiva e anche luoghi in cui protagonisti si incontrano e scontrano per intraprendere percorsi di alleanza e sopportazione che vengono svelati attraverso l’interazione e la collaborazione tra le diverse scienze di riferimento dei professionisti coinvolti, scienze pedagogiche, sociali, psicologiche e giuridiche. I luoghi della progettazione sono spazi di condivisione nei quali la presa in carico si sostanzia. Sono ambienti di apprendimento fisici, cognitivi, virtuali: - La relazione intrapersonale; lo spazio del dubbio delle idee, la propria posizione rispetto alle decisioni, il sistema valoriale di riferimento; - la relazione interpersonale, educatore educatore, educatore minore, lo spazio del confronto, dello scontro, della costruzione dell’identità e del senso di appartenenza al gruppo; - il sistema di relazioni all’interno dell’équipe educativa e dell’équipe multiprofessionali, compresi eventuali incontri di rete. È lo spazio della coesione, della collaborazione e del conflitto. - Gli spazi pubblici: la comunità, i saloni e gli spazi comuni, gli spazi all’aperto, i luoghi della socialità e della condivisione-adesione ad un sistema di regole. - Spazi personali, la propria stanza, i luoghi del convivere progettuale, la scuola, il lavoro, gli amici, della costruzione di un’identità forte in costante sviluppo. Nei contesti educativi che operano nell’emergenza, o che l’accolgono al proprio interno, si crea una nuova condizione: il luogo per le spazialità e diventa incontro. Per gli educatori e le educatrici, il minore inserito, spesso in modo forzato, in struttura un luogo sconosciuto, uno spazio della mente non pensato, spesso molto distante da loro; per lingua, cultura, esperienze di vita. Il luogo dell’incontro è un abisso e la relazione educativa inizia e si palesa, da subito, come una distanza. Per il minore la comunità è il luogo della reclusione e poche volte quello della salvezza. Spesso l’emergenza coincide con un inserimento non desiderato o non ha fatto compreso con un luogo di accoglienza, subito da parte di un adulto con un certo potere, assistente sociale, giudice, forza dell’ordine. La comunità ha però come obbligo l’apertura, l’innato desiderio di accoglienza di una vita, della sua progettualità, partire dalla fisicità di quella nuova presenza che hanno di fronte. Progettazione e partecipazione Ogni progetto educativo deve essere per sua natura soggettivamente identificabile dall’altro; ogni educatore perché possa diventare adulto significativo ha necessità di essere riconosciuto nella sua specifica soggettività e non può essere Inter scambiato e indifferenziato con gli altri colleghi, ma al contempo mantiene il compito di esprimere, nella sua individualità, un’accoglienza collettiva e condivisa con i colleghi. Allo stesso modo mantiene l’onere di esprimere, nella sua individualità e specificità, un’accoglienza di gruppo e condivisa con gli altri colleghi. Nell’emergenza questa dimensione finalizzata riconoscimento, poggia su basi più fragili del consueto perché nell’urgenza

tutto, con facilità, diviene scontro o può divenire scontro. L’esercizio della forza, ovviamente non intesa dal punto di vista fisico ma di utilizzo del potresti opzionale, allontana dalla relazione, dalla vicinanza fisica, della possibilità tangibile di una coabitazione, di una coesistenza. L’arrivo in struttura equivale ad una costrizione in termini di libertà personale da autonomia. Il lavoro educativo si deve fondare sulla relazione sulla comunicazione come agenti di ricostruzione di un trauma. Già nella prima fase della presa in carico tutta via, è auspicabile una prima forma di collaborazione-partecipazione, ovviamente faticosa e carica di riluttanza, di resistenza cedere, a concedere ad acconsentire. Nel PEI trovare spazio questa rappresentazione collettiva del sapere pedagogico della professionalità al fine di favorire un’elevata circolazione di informazioni e conoscenze, un’elevata capacità di autoregolazione organizzativa, un’appropriazione di obiettivi. Dall’emergenza verso l’emergenza Tra tre imprevisto, veloce da trattare e disorientante dell’emergenza sembra difficile progettare azioni interventi per il futuro poiché si fatica già a compr...


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