EMODINAMICA FISIOLOGIA PDF

Title EMODINAMICA FISIOLOGIA
Author Anonymous User
Course Fisiologia
Institution Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
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Summary

SBOBINE...


Description

L’emodinamica studia il comportamento del sangue in movimento nei vasi. Per studiare lo scorrimento del sangue nei vasi dobbiamo fare riferimento a delle leggi della fisica ed in particolare quella parte della fisica che regola il movimento dei fluidi La prima legge che prenderemo in considerazione è la LEGGE DI LAPLACE. La legge di Laplace tiene conto in un organo cavo della pressione P definita come pressione transmurale Per pressione transmurale si intende la differenza tra le due pressioni che agiscono sui due lati della parete, quindi tra la pressione interna e la pressione esterna. Di solito la pressione esterna che agisce sul contenitore sferico, sul vaso viene ignorata e quindi considerata trascurabile. Si tiene conto solamente della pressione interna. Questa pressione (pressione transmurale) viene considerata una pressione distendente della parete proprio perché agisce dall’interno e quindi tende ad aprire, dilatare un organo cavo o ad aumentare il calibro di un vaso. La tensione indicata con T viene generata da questa pressione P che agisce sulla superficie. È una forza che si oppone all’effetto della pressione interna cioè: la pressione interna tende ad aprire a distendere l’organo, la tensione della parete tende a farlo collassare a far chiudere per esempio un vaso. La legge di Laplace esprime questa relazione tra Tensione T, Pressione P e Raggio r. Normalmente queste pressioni, quindi la pressione transmurale e la pressione della parete sono in equilibrio tra di loro. Se il sistema è in una condizione di equilibrio non abbiamo né una dilatazione del ventricolo né un aumento del calibro dei vasi. Sostanzialmente noi abbiamo una modificazione del raggio solamente se il sistema non è più in equilibrio a seconda che prevalga la tensione o la pressione intramurale. Questa legge è valida per qualsiasi organo cavo, quindi in generale noi non dobbiamo tener conto di un solo raggio perché qui abbiamo a che fare con un contenitore sferico. Dobbiamo tener conto in questo caso di due raggi R1 ed R2 e la legge dice che la pressione transmurale P è data dal prodotto della tensione della parete T per la somma dei reciproci dei raggi. Questa formuletta la possiamo semplificare se abbiamo a che fare con il ventricolo, infatti in questo caso possiamo dire che i due raggi sono uguali perché il ventricolo lo abbiamo paragonato ad una sfera. Quindi la formula diventa P= 2T/R. Nel caso di un vaso cilindrico è ancora più semplice P=T/R perché quando consideriamo un vaso o un organo estremamente lungo uno dei due raggi è ugual ad infinito ed 1 / infinito = 0 per cui la formula viene semplificata ancora di più. Sia nel caso che noi consideriamo un contenitore sferico o un vaso cilindrico, quindi le formule che rispettivamente dobbiamo prendere in considerazione sono queste: 2T= PxR (ventricolo) e T=PxR.

Da qui si può evincere che esiste una relazione diretta tra tensione T e raggio R: tanto più piccolo è il raggio tanto è minore la tensione che bisogna sopportare per raggiungere una determinata pressione. Funzionalmente questo significa che l’aorta è capace di sopportare i forti urti che si generano sulla sua parete quando il cuore pompa sangue dai ventricoli nell’aorta e questa tensione maggiore mi servirà a sopportare queste forti pressioni. Nel cuore nel caso in cui aumenta il raggio dei ventricoli avviene una cardiomiopatia dilatativa. Se aumenta il raggio significa che il cuore deve sviluppare una maggiore tensione. In queste situazioni il ventricolo si trova in una situazione meccanicamente svantaggiata. Anche se la valvola semilunare si apre ad un valore normale e cioè di 80 mmHg, la tensione per aprire la valvola allo stesso valore deve essere maggiore perché è aumentato il raggio del ventricolo; in altre parole il ventricolo si è dilatato e deve compiere quindi un maggiore lavoro interno e di conseguenza ci sarà un maggior dispendio di energia e con essa maggior consumo di ossigeno. Nell’applicazione della legge di Laplace ai vasi sanguigni bisogna tenere conto del fatto che noi abbiamo dei vasi sanguigni in cui c’è una forte componente elastica e vasi in cui c’è una forte componente muscolare (arteriole). Nei vasi arteriosi caratterizzati da questa forte componente elastica, la situazione è facilmente riconducibile alla legge di Laplace perché la tensione che si sviluppa è contrastata dalla reazione elastica della parete. Sostanzialmente questa componente elastica fa si che all’arrivo di sangue, ad esempio nell’aorta, la parete si dilata ma poi si ha il ritorno elastico. Quindi l’aumento di tensione che si genera in seguito alla distensione della parete è sufficiente ad equilibrare il notevole aumento di pressione che abbiamo nella fase di eiezione. Se è presente solo la componente elastica viene mantenuta la condizione di equilibrio tra la tensione superficiale e la pressione intramurale. Le cose cambiano quando abbiamo a che fare con pareti muscolari; c’è una reazione attiva muscolare per cui il raggio tende a diminuire. Questo raggio prevale sulla tensione superficiale, per cui la condizione di equilibrio non si raggiunge. Perciò il muscolo contraendosi determina una diminuzione del raggio.

Come in ogni sistema idraulico il sangue circola se si determina un gradiente di pressione, una differenza di pressione ΔP ai capi del nostro sistema. Questo significa che nel nostro organismo il flusso è possibile perché abbiamo agli estremi del nostro sistema una

differenza di pressione. Una differenza di pressione tra il punto di ingresso (l’aorta) e l’uscita del nostro sistema dei vasi (vene). Questa è una differenza di pressione che determina una spinta del sangue nel nostro circolo. Naturalmente il flusso dipende anche dalle resistenze. Quest’ultime sono offerte dai nostri vasi sanguigni al passaggio del sangue. Quando parliamo di resistenze del circolo ci riferiamo a quelle resistenze che sono offerte da tutti i vasi; quindi è più corretto parlare di resistenze periferiche totali. Ciò significa che noi nel fattore resistenza R mettiamo dentro sia le resistenze degli elementi che sono posti in serie nel circolo sia quelli che sono disposti in parallelo. Quindi abbiamo un flusso che dipende da una differenza di pressione in maniera diretta e questo flusso è relato in maniera inversa alla resistenza. Questo tipo di relazione tra Flusso F, Pressione ΔP e Resistenza R non è altro che la Legge di Ohm del cuore. La legge di Ohm del cuore ci dice che ci sarà un flusso se esiste una differenza di pressione tra gli estremi di un condotto, quella differenza di pressione che si registra all’inizio del circolo e quindi nell’aorta e la pressione venosa nella vena cava (pressione venosa centrale). Questa relazione tra Flusso F, Pressione ΔP e Resistenza R è rappresentata in questa formuletta ( in cui il flusso è legato alla pressione arteriosa media PAM e alla pressione venosa centrale PVC e inversamente proporzionale alla resistenza R intese come resistenze periferiche totali. Allora la PVC è quella pressione che vige nella vena cava.

La PAM quindi è una media, non aritmetica, ma ponderata tra la pressione sistolica e la pressione diastolica. è data dalla somma tra pressione diastolica PD + 1/3 della pressione differenziale (PS – PD). La pressione differenziale è data dalla differenza tra la pressione sistolica e quella diastolica. La PAM è il valore che la pressione assume mediamente durante un intero ciclo cardiaco; Non rappresenta la media aritmetica, ma una media ponderata che tiene conto del fatto che nel corso del ciclo cardiaco (durata 800 ms), la durata della diastole è di 500 ms mentre la sistole è di 300 ms. Quindi questa formula tiene conto che la diastole occupa un tempo maggiore durante il ciclo cardiaco e di conseguenza si da un peso maggiore alla pressione diastolica rispetto alla pressione sistolica.

In figura vedete l’andamento della pressione media e vedete come questa linea rossa decade man mano che ci spostiamo lungo tutto il circolo sistemico, procedendo dalle arterie fino alle vene. Abbiamo una progressiva riduzione della PAM. Questa pressione media viene anche definita pressione di perfusione perché sostanzialmente è la pressione che determina il flusso nei vasi. Questa pressione è generata dal cuore. Non va confusa con la pressione transmurale, in quanto quest’ultima è una differenza di pressione tra la pressione interna del vaso e la pressione esterna (viene esercitata dall’esterno sui vasi). La pressione transmurale non determina direttamente il flusso ma lo influenza perché è responsabile della variazione del diametro dei vasi. Una pressione media che si riduce lungo i diversi tratti del circolo sistemico. Questa pressione media (pressione di spinta) in ogni tratto è data dalla differenza tra la pressione che misuriamo all’inizio del tratto e la pressione che misuriamo alla fine del tratto. I diversi tratti sono indicati sull’asse delle ascisse ed è quindi facile rilevare la pressione media in ogni tratto. Riferendoci alla figura possiamo notare che la pressione media diminuisce di poco lungo le grosse e le medie arterie, questo perché in quest’ultime si risente della grossa spinta operata dalla pompa cardiaca; ma significa anche che nelle arterie la resistenza al flusso è molto ridotta. Passiamo dal valore di 100mmHg in aorta fino ad arrivare ai capillari dove questa è scesa a 35-37 mmHg ed esce con una pressione di 17-18 mmHg. Scende ancora nelle venule e nelle vene dove vi sono valori di 5mmHg, valori poco superiori alle pressioni che vigono in atrio destro. Abbiamo un gradiente pressorio che spinge (agisce su ogni tratto del circolo sistemico) lo stesso flusso in ogni tratto (la gittata cardiaca è costante nei vari tratti). Quindi il flusso è costante ed un gradiente pressorio che varia da tratto a tratto. Il salto maggiore si trova tra l’inizio e la fine delle arteriole, qui il gradiente pressorio è di 40 mmHg. Questo significa che questi vasi sono quelli che offrono una maggiore resistenza al flusso.

Le resistenze maggiori si trovano a livello delle arteriole. Quando il sangue esce dalle arteriole per entrare nei capillari ha un valore pressorio di 35-38 mmHg. Questa caratteristica delle arteriole è dovuta alla grossa componente muscolare nella parete che conferisce a questi vasi un certo tono. La resistenza al flusso è dovuta alla componente muscolare della parete delle arteriole. Questi vasi arteriolari si trovano in uno stato di parziale contrazione. Abbiamo quindi gradiente elevato che può anche variare e che dipende dallo stato di contrazione delle arteriole.  Se le arteriole sono costrette, aumenta il loro tono muscolare e questi vasi offrono una maggiore resistenza al flusso. Il risultato è un aumento della pressione a monte del punto di costrizione e una caduta di pressione a valle di questo punto di costrizione. Quindi significa che se aumentano le resistenze a livello delle arteriole perché aumenta lo stato di costrizione, a monte quindi nelle arterie aumenterà la pressione e a valle a livello dei capillari avremmo una diminuzione della pressione.  Al contrario se si ha una vasodilatazione a livello delle arteriole caratterizzato da un rilasciamento della muscolatura arteriolare o meglio una diminuzione del tono muscolare, mi determina una riduzione delle resistenze per cui a monte delle arteriole avrò una caduta della pressione e a valle avrò un aumento della pressione . Aumenterà la pressione perché una vasodilatazione mi determina un maggior flusso che arriva a livello delle arteriole. Questo lo ritroverete a livello dei capillari glomerulari dove la regolazione della funzionalità renale si basa tutta sul gioco delle arteriole, sostanzialmente posso modificare le pressioni all’interno dei capillari glomerulari andando a modificare il tono muscolare delle arteriole. In questo modo io posso regolare il flusso renale.

La legge di Poiseuille mette in relazione la resistenza di un condotto con una serie di parametri quali: η = viscosità del liquido nel condotto I = lunghezza del condotto r = raggio del condotto in pratica questa legge di Poiseuille ci dice che la resistenza aumenta con il diminuire del raggio del condotto alla quarta potenza. Questo significa che se noi dimezziamo il raggio di un condotto la resistenza aumenta di ben 16 volte. Il numero 8 introdotto nella formula serve per mantenere le unità della viscosità in unità coerenti con quelle degli altri fattori. R dipende dalla viscosità η, poiché un liquido più è viscoso più offre resistenza al flusso e poi da questi parametri geometrici tra cui quello più importante è il raggio o meglio la quarta potenza del raggio r4, perché la lunghezza ovviamente è un parametro che si mantiene costante.

Se nella formuletta della legge di Ohm sostituiamo la resistenza per come viene definita dalla legge di Poiseuille otteniamo quella che è la formula di Poiseuille. In questa formula il flusso è direttamente proporzionale alla differenza di pressione ΔP e alla quarta potenza del raggio r4, ed è inversamente proporzionale alla viscosità η e alla lunghezza del condotto. La legge di Ohm così modificata, tenendo conto di come sono definite le resistenze nella legge di Poiseuille, ci dice che il flusso all’interno di un condotto di lunghezza costante aumenta con l’aumentare della quarta potenza r4 e diminuisce all’aumentare della viscosità η del liquido nel condotto.

Questa legge di Ohm modificata si applica in modo approssimativo nel nostro sistema circolatorio perché questa formuletta è stata ottenuta premettendo che abbiamo a che fare con dei condotti che hanno una parete rigida. Il liquido che scorre in questi condotti ha una viscosità costante e deve scorrere all’intero di questi condotti con un tipo di modalità particolare e cioè il flusso deve essere laminare. Un flusso laminare è un flusso ordinato che non da luogo a dei vortici a delle turbolenze. Queste sono le condizioni per cui è valida la legge di Poiseuille.

Il nostro sistema in effetti non realizza nessuna di queste condizioni In generale i nostri vasi non sono dei condotti rigidi, il sangue non scorre nei vasi secondo un solo tipo di modalità, cioè non sempre il sangue scorre secondo un flusso di tipo laminare. il sangue non è un fluido Newtoniano perché non sempre ha un flusso laminare e ancora di più non sempre ha una viscosità costante. Di tutte queste considerazioni ne dobbiamo tenere conto, per cui quando si va ad applicare la legge di Poiseuille bisogna che ci sia una certa cautela. Entrando nei dettagli è più esatto esprimere le resistenze come resistenze periferiche totali cioè tutte le resistenze, cioè sia quelle che sono disposte in parallelo sia quelle disposte in serie. Quando si parla di arteriole e capillari sostanzialmente ci riferiamo ad elementi che sono disposti in parallelo, quando invece parliamo di elementi in serie stiamo parlando dei grossi vasi. Questa resistenza periferica totale è la somma di tutti questi elementi che sono disposti sia in serie che in parallelo. Ad esempio, noi sappiamo che la pressione media nelle arteriole passa da circa un valore di 80 mmHg all’inizio ad un valore di circa 40 mmHg alla fine. Questo significa che se il gradiente pressorio è di 40 mmHg ed è questo gradiente pressorio che fa scorrere 5 l/min (questo è il flusso) ottengo una resistenza che è il rapporto tra il gradiente pressorio 40 mmHg e il flusso 5 l/min. Sostanzialmente ottengo una resistenza nel tratto arteriolare che è pari a 8 mmHg/l Xmin. Ripetendo questa operazione per tutti i diversi tratti del circolo si può calcolare il contributo dato alle resistenze periferiche totali dai diversi tratti che sono posti in serie tra loro. La stessa operazione la posso fare per tutto il nostro sistema circolatorio utilizzando questa formula (il prof indica la formula sottolineata in verde sulla slide) dove le resistenze periferiche totali RTP sono uguali al rapporto tra il gradiente di pressione ΔP e il flusso F.

Gradiente di pressione che è diverso da tratto a tratto, però a livello sistemico questo gradiente pressorio è uguale a circa 100 mmHg( si approssima a 100mmFg la pressione del ventricolosx e a 0mmHg quella dell’atrio sx). Il flusso è 5 l/min che è costante nei diversi tratti. Allora ottengo nel circolo sistemico ho una resistenza che è pari a 20 mmHg/l Xmin Se andiamo nel circolo polmonare e ripetiamo la stessa operazione ho un gradiente pressorio o che è di circa 15 mmHg( approssimando la pressione del ventricolo dx a 25mmHg e a 10mmHg quella dell’atrio dx), il flusso è sempre lo stesso e ottengo un valore che è uguale a 3 mmHg/l Xmin. Tutto ciò significa che nel circolo sistemico le resistenze sono maggiori e nel circolo polmonare sono circa 5 - 6 volte minori.

PARTE 2.

Nella sezione longitudinale del vaso possiamo vedere il flusso laminare in cui il sangue viene suddiviso in tanti strati paralleli/laminari tra di loro che si muovono con velocita` diversa. Per effetto di questa diversa

velocita`, il sangue muovendosi assume un profilo “parabolico”. Ovvero, lo stra to laminare a contatto con la parete si muove con una velocita`molto bassa tale per cui possiamo considerarlo “fermo .Nel flusso turbolento, il sangue si muove in tutte le direzioni e non piu` solo parallelamente all’asse. Si formano,cosi`, dei vortici/vibrazioni che, urtando contro le pareti provocano dei rumori. Tale flusso viene percio` defiinito “rumoroso” e si contraddistingue da quello laminare che invece e` definito “silenzioso”. Il flusso turbolento si osserva principalmente nei grossi condotti (aorta, arteria polmonare), ma anche nelle vie aeree. L’aria quando circola in trachea si muove, infatti, secondo un flusso turbolento. Quindi il flusso turbolento vige in quei condotti, trattasi generalmente di condotti di grande diametro, in cui i fluidi che scorrono al loro interno sono soggetti ad alta velocità di conduzione. Questa grande velocità aumenta la probabilità che si creino dei vortici, con conseguenti vibrazioni sulle pareti e generazione di rumore. Quindi, velocita` molto elevate aumentano la probabilita` che insorga un flusso turbolento. Nella parte dell’aorta vicino alla valvola semilunare, la pressione con cui il cuore spinge il sangue dal ventricolo all’aorta , aumenta la velocita` del liquido. Percio`,sia questa velocita`, sia l’aumento del raggio nella parte prossimale dell’aorta determinano un aumento della probabilita` dell’insorgenza di un moto turbolento. Aumento della velocita` e del raggio sono i due parametri che determinano il passaggio da un flusso laminare ad uno turbolento. Anche la viscosita`del sangue entra in gioco: se essa diminuisce, aumenta la tendenza ad entrare in un moto turbolento. A sua volta, la viscosita` del sangue dipende dalla percentuale della sua parte corpuscolata. Normalmente ha valore di 48%: ovvero , i un certo volume di sangue il 48% e ` costituito dalla parte corpuscolata e il 52% dal plasma. Quando l’ematocrito si mantiene intorno al 48%, vuol dire che il sangue scorre in maniera lenta , in caso contrario(ovvero con viscosita` intorno al 30%), nel caso ad es, di anemia, il sangue scorrera`piu` velocemente. Quando abbiamo parlato del primo e secondo tono cardiaco, abbiamo detto che erano dovuti alla chiusura delle valvole atrio-ventricolari e semilunari. I rumori che le valvole producono sono generati dall’urto violento del sangue che trasformera` un flusso laminare in uno turbolento per pochissimo tempo, dopo il quale si ricostituira` unn flusso laminare. Questi sono fenomeni fisiologici. Se invece, ci troviamo di fronte a delle valvole che non si chiudono o non si aprono totalmente(soffi), ci troviamo di fronte a condizioni patologiche.

I parametri quali raggio, velocita`, viscosita` densita`, sono implicati nel numero di Reynolds: Nr= rvd/ nl {r=raggio, v= velocita`, d= densita`, n= viscosita`’ l=lunghezza}. Nr aumenta se aumentano densita` e velocita`; diminuisce all’aumentare della viscosita`. Per NR 3000 flusso turbolento. 2000...


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