Era il giorno ch\'al sol si scoloraro PDF

Title Era il giorno ch\'al sol si scoloraro
Author Renata Schirò
Course italiano (letteratura)
Institution Liceo (Italia)
Pages 3
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Summary

analisi poesia "Era il giorno ch'al sol si scoloraro" di Petrarca...


Description

“Era il giorno ch’al sol scoloraro”, Francesco Petrarca Era ‘l giorno ch’al sol si scoloraro per la pietà del suo Fattore i rai, quando i’ fui preso, e non me ne guardai, che i be’ vostr’occhi, Donna, mi legaro. Tempo non mi parea da far riparo contr’a’ colpi d’Amor; però n’andai secur, senza sospetto: onde i mei guai nel comune dolor s’incominciaro. Trovommi Amor del tutto disarmato, ed aperta la via per gli occhi al core, che di lacrime son fatti uscio e varco. Però, al mio parer, non li fu onore ferir me di saetta in quello stato, ed a voi armata non mostrar pur l’arco. Questo sonetto, abbozzato il 30 novembre 1349, in seguito alla morte di Laura a causa della peste, è il terzo del Canzoniere e rievoca il primo incontro e l’innamoramento del poeta con la sua amata, avvenuto durante il giorno della Passione di Cristo. Il sonetto, che segue lo schema delle rime ABBA per le prime due quartine e CDE/DCE per le due seguenti terzine, ha alla base una sorta di parallelismo tra il Salvatore e l’amata Laura, il quale cela una serie di antitesi tra le due figure. Tramite la perifrasi dei primi due versi, ci è chiaro che questo incontro avviene durante Venerdì Santo, giorno in cui i raggi del sole si spengono gettando la terra nelle tenebre, a causa della morte di Cristo, mentre invece gli occhi di Laura si accendono, manifestandosi al poeta e lo fanno cadere nella trappola di Amore. Questi stessi occhi catturano il poeta, il quale è “preso e legato” in una scena analoga a quella del Salvatore che fu anch’esso imprigionato prima di essere portato di fronte ai suoi giudici. Il parallelo “commune dolor” di cui ci parla Petrarca nell’ultimo verso della seconda quartina, è però un dolore completamente diverso: a differenza della sofferenza, condivisa da tutti i cristiani, del “Fattore”, che muore in croce per la salvezza dell’umanità, quella di Petrarca è

privata, com’è sottolineato del verso 7 “i miei guai”. Sono sovrapposte così un’immagine sacra e una profana, poiché il dolore vano di Petrarca è dovuto a una passione sensuale, che sarà segno della sua perdizione. L’autore però, in questa confessione nella quale prende coscienza del fatto che egli ha ceduto ai “colpi d’Amor”, cerca di trovare una sorta di scusante alle sue colpe. Amore, infatti, l’ha colto, in maniera poco onorevole, come ci evidenzia il primo verso dell’ultima terzina, nel momento in cui era più lontano dal sospettare un pericolo di questo tipo, poiché egli, abbandonato al dolore del giorno consacrato al lutto, non pensa a “far riparo”. La sua sicurezza, e il suo atteggiamento ignaro, ricordato il passo dell’Inferno di Dante dove nel V canto Francesca e Paolo sono descritti anch’essi “soli e senza alcun sospetto” nel momento in cui Amore li coglie. Questo parallelismo simbolico religioso, è utilizzato anche da Dante nell’opera che riguarda la morte di Beatrice, Donna pietosa, che è accompagnata dagli elementi che ricordano la morte di Gesù. Le figure delle donne, entrambe incontrate in chiesa, sono però viste in modo completamente diverso però dai due autori, mentre per Dante, Beatrice è immagine di salvezza e beatitudine, che porta alla contemplazione e di Dio, per Petrarca invece la sua amata è un ostacolo per l’arrivo al paradiso e rappresenta quasi il peccato al quale egli stesso cede. Tutto il testo contiene anche dei temi che fanno riferimento al mondo dello Stilnovo. Tra questi gli occhi che sono descritti come “via per il core”; mezzo con il quale la donna “lega” l’amante. Questa stessa idea degli occhi come “arma” che imprigiona è utilizzata per esempio dallo stilnovista Guido Cavalcanti nel sonetto Voi che per li occhi mi passaste ‘l core. Gli occhi in questo caso però sono anche mezzi attraverso il quale l’autore può descrivere le enormi sofferenze provocategli da questo sentimento passione, come ci evidenzia la dittologia al verso 11 “che di lagrime son fatti uscio e varco”. Ancora tipico della Stilnovo è la personificazione di Amore, sleale, che ferisce l’autore “disarmato” rendendolo una vittima, mentre l’amata, ben protetta, non ha subito alcuna minaccia, come descrive la metafora che chiude il sonetto “a voi armata non mostrar pur l’arco”. Questo sonetto è quindi un’analisi di coscienza nella quale Petrarca, pur ammettendo le sue colpe, condanna il modo disonorevole con il quale Amore l’ha ferito e le

sofferenze e l’infelicità che, dopo questo momento il quale segna una svolta per la sua vita, lo accompagneranno nel corso della sua esistenza....


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