Favole del giorno PDF

Title Favole del giorno
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

Descrizione Racconti del Giorno di Parini...


Description

Favole del giorno → eziologiche in quanto si occupa di ricercare le cause che provocano la nascita di tutte le abitudini.

IL MATTINO



Protasi e descrizione iniziale:

L’edizione del Mattino pubblicata nel 1763 si apriva con una presentazione del “Precettori d’amabil Rito” incaricato di ammaestrare il “Giovin Signore”, destinatario dell’opera, dedico a svaghi e divertimenti e logorato da ogni sorte di vizio. Il personaggio rimarrà senza nome, privo di autonomia decisionale. Il Mattino si aprirà con la descrizione del risveglio e delle prime ore del giorno di contadini e artigiani, di cui Parini sottolinea i pregi e la vicinanza allo stato di natura, in contrapposizione alle artificiose consuetudini del nobile; il quale, rincasato a tarda notte, fatica a risvegliarsi, a mattino inoltrato, mentre la gente del popolo è da tempo impegnata nelle proprie attività. Sostenutezza linguistica, comparazioni mitologiche ed enfasi epicizzante contribuiscono a realizzare il carattere antifrastico e parodico del poemetto. Il precettore dovrà impartire all’allievo ammaestramenti adatti alle abitudini e al tenore di vita del ceto sociale di appartenenza, consigliando nelle diverse situazioni che gli si presenteranno, e suggerendogli il modo di godere i vantaggi connessi alla propria condizione privilegiata. Mentre assume il punto di vista del proprio pupillo, l’istitutore rivela l’inconsistenza dei riti e dei comportamenti nobiliari. •

La Vestizione:

Abbandonate le “oziose lane” del proprio letto, il Giovin Signore è pronto per affrontare la giornata. Il primo impegno che lo attende è la vestizione. Secondo un preciso rituale, cui ben si adatta un linguaggio metaforico di ascendenza guerresca e mitologica, i valletti rivestono con indumenti esotici, accessori e profumi ricercati il nobile, sarcasticamente trasfigurato in un cavaliere della tradizione epica. Perfettamente abbigliato, il signore potrà dedicare le proprie attenzioni alla donna amata, per la quale svolgerà il compito di cavalier servente. •

La favola di Amore e Imene:

Ispirato alla favola di Amore e Psiche, il primo degli inserti eziologici del Giorno illustra l’origine dell’inviolabil rito del cicisbeismo (cavalier servente) con la separazione istituzionale fra matrimonio e amore, e la perdita del naturale sentimento della gelosia maritale. Figli di Venere, Amore e Imene erano in perfetto accordo e congiungevano i corpi e le anime degli uomini. Amore, rappresentato fanciullo, e poi adulto forte e sicuro, trionfò sul fratello. La ribellione indusse Venere ad assegnare ai figli compiti distinti. Amore avrebbe governato sulle anime durante il giorno, mentre Imene, dio delle nozze, avrebbe regnato sui corpi durante la notte. Così nella società nobiliare il matrimonio, privato di ogni attrazione erotica, si riduce a pura convenienza, mentre l’amore è riservato alle relazioni extraconiugali fra il cavalier servente e la propria dama, talvolta regolante negli stessi contratti di nozze. •

La biblioteca del Giovin Signore:

Mentre il parrucchiere lo acconcia, il nobile sfoglia pigramente qualche volume galante, esotico o romanzesco. Parini descrive la biblioteca di un facoltoso dilettante delle lettere, interessato ai libri più per il loro valore materiale, limitato al puro apprezzamento estetico e a un collezionismo fine a sé stesso, che per il loro contenuto. Il lusso era interpretato da alcuni come motore di progresso economico e civile. Parini si schiera con coloro che lo intendevano piuttosto come fenomeno moralmente riprovevole, generato dalla diseguaglianza sociale.



La Favola della Cipria:

Allegoria della vanità di certe mode settecentesche, la favola ridicolizza l’uso delle parrucche incipriate e l’artificioso tentativo di annullare, attraverso cosmetici, le due opposte età della giovinezza e della vecchiaia. Amore dirime la disputa sorta fra i suoi seguaci di differenti età per la supremazia amorosa cancellando fra i contendenti ogni possibile differenziazione anagrafica; la cipria e il belletto saranno i mezzi attraverso cui ottenere tale omologazione. In grado di confondere la vista, gli espedienti escogitati da Amore non potranno tuttavia ingannare il tatto, unico fra i sensi capace di ristabilire la verità. Alla favola eziologica dall’aggraziata atmosfera rococò succede un’estesa similitudine eroicomica. Assoggettatosi pazientemente all’opera del parrucchiere pur di accrescere la propria avvenenza, il Giovin Signore è pronto ad affrontare la vorticosa nebbia della cipria, allo stesso modo in cui gli antenati affrontavano il fumo e il fuoco per l’onore del casato e della patria. Finalmente pronto a compiere il proprio quotidiano ingresso in società, il protagonista sostituirà allo sforzo eroico degli antenati il proprio non meno indispensabile contributo estetico alla salvezza comune. •

L’Uscita per il pranzo:

È la fine del Mattino. Il giovane aristocratico è pronto per recarsi a pranzo dalla sua dama, mentre il precettore interrompe il proprio compito; non prima di aver ricordato all’allievo che la mediocrità non è fatta per i nobili, e che egli dovrà pertanto contraddistinguersi o rifiutando schifiltosamente ogni cibo o mangiando con eccezionale voracità. Per compensare il ritardo causato dal protrarsi dei preparativi, il cocchiere lancia la carrozza in una corsa incontrollata, che già in passato ha causato la morte di malaccorti passanti. I versi conclusivi del Mattino sono all’insegna del contrasto tra le frivole cure che hanno occupato la prima parte della giornata del protagonista e il triste spettacolo della lunga strisce d’impuro sangue lasciata sul selciato della carrozza. Il tema della pericolosità dovuta all’eccessiva velocità delle carrozze nelle strade cittadine era stato affrontato da Parini nell’ode “La salubrità dell’aria”. La prima parte del poemetto si chiude con lo stesso paragone con il volgo che l’aveva avviato. Un’ira dolorosa e drammatica accompagna quel cocchio macchiato di sangue fra il terrore del volgo e la triste pietà del Parini.

IL MEZZOGIORNO •

Nel palazzo della Dama:

Nel Mezzogiorno l’azione si trasferisce nel palazzo della Dama. Appena arrivato il giovane viene condotto nelle stanze riservate della nobildonna, con la quale si intratterrà in conversazione. Parte di una più ampia similitudine, la descrizione dei contrassegni virili del sultano che fa il proprio ingresso nell’harem accentua per antifrasi la poca prestazione fisica del protagonista, guidato nei suoi rituali comportamenti in società da una languida artificiosità. •

L’etica matrimoniale:

l’assenza di gelosia distingue i mariti del nostro buon secolo da quelli dei tempi antichi. Raffigurata come una delle Furie, la Gelosia era passione connaturata all’istituto matrimoniale: era espressione di autentica vitalità. Le moderne norme di comportamento hanno invece prodotto la perdita di ogni afflato passionale. La Prudenza guida ora nelle scelte matrimoniale i canuti padri, impegnati a esaminare la dote nuziale e l’antichità nobiliare del casato degli aspiranti sposi, l’indifferenza maritale resta l’unico sentimento a unire il freddo sposo e la freddissima vergine. •

La Favola del Piacere:

I cibi preparati per il pranzo eccitano i sensi dei commensali; i nobili non mangiano per soddisfare un bisogno vitale, ma per puro piacere. La terza favola del poemetto è finalizzata a ricostruire l’origine delle disuguaglianze sociali. La narrazione è aperta dalla descrizione dell’esistenza umana in età primitiva, ovvero una condotta a contatto con la natura, in una condizione di perfetta uguaglianza. L’equilibrio si infranse per il fastidio che tanta omogeneità suscitò nelle divinità, le quali per cambiare la terra inviarono il Piacere (semidio) capace di comunicare a ogni cosa. Fu il Piacere a creare diversità fra gli uomini. Avvertita la presenza della nuova divinità, coloro che sarebbero diventati nobili impararono a riconoscere il buono, a sentire il fascino della bellezza femminile, a preferire i vini raffinati all’acqua di fonte, mentre gli altri rimasero insensibili, e continuarono a vivere spinti dal primitivo stimolo della necessità, destinati alla povertà e a lavorare per arricchire di piaceri le mense dei nobili, senza portarne gioie. La favola combina allo stile realistico, il tono aggraziato della descrizione della discesa del Piacere sulla Terra e quello sensistico-scientifico di alcuni inserti didascalici. Parini qui afferma l’uguaglianza naturale degli uomini. Per il poeta, le differenze non sarebbero legate al ceto sociale, bensì ai valori morali praticati da ciascuno ( → Rousseau). •

Il vegetariano e la vergine Cuccia:

Il banchetto descritto nel Mezzogiorno presenta la sarcastica rassegna di alcuni nobili commensali. Al ritratto del mangiatore famelico segue quello del vegetariano, sdegnoso dispregiatore di carni pronto a intenerirsi per la sorte di animali innocenti, e a rifiutare, di contro, l’esercizio di qualsiasi pietà nei confronti degli uomini. La disapprovazione per coloro che per primi si cibarono di animali f tornare alla mente della dama un triste evento. Prede così avvio l’episodio più acclamato del “Giorno”, in cui ai toni della satira si accompagnano quelli del dramma. Viene rievocato il “crudele giorno” in cui la cagnetta della dama venne fatta rotolare a terra da un servo, morso a un piede dallo stesso animale. Licenziato, il servitore si ridurrà, con la propria famiglia, a una vita da mendicante; e la cagnetta potrà andare superba della vendetta ottenuta.



Il commercio:

Prendendo spunto dagli argomenti oggetto di conversazione fra i commensali, Parini espone il proprio punto di vista sul dibattuto tema illuministico del commercio. Contrariamente a coloro che ritenevano gli scambi commerciali essenziali allo sviluppo economico, il poeta dichiara la propria preferenza per le idee fisiocratiche, che assegnavano all’agricoltura il primato su ogni altra attività dell’uomo. Più in generale, Parini prende di mira coloro che esibiscono, sulla scorta di mode e luoghi comuni, superficiali in materia economica. •

La Favola del Tric-Trac:

La seconda favola del Mezzogiorno ricostruisce le origini di un gioco da tavola diffuso nei secoli XVII e XVIII, il tric-trac consisteva nello scambio di pedine su una scacchiera, sulla base di mosse comandate dai dadi scossi in un barattolo. Amore nulla può contro la gelosia del rustico marito; solo Mercurio, divinità preposta alle invenzioni e ai giochi, nonché difensore di Io e Giove dalla gelosia della sposa Giunone, mediante l’uccisione di Argo dai cento occhi, sarà in grado di liberare l’amante dal controllo esercitato dal legittimo consorte della dama. È dunque Mercurio e non Amore a risolvere la situazione in loro favore inventando il gioco rumoroso del Tric-Trac, che assorda il marito e lo costringe a lasciare il campo.

IL VESPRO •

Descrizione iniziale:

Come già nel Mattino, l’esordio contrappone alla figura del nobile, esentato dal rispetto della legge dello scorrere del tempo, un’altra umanità condannata al lavoro. •

Il biglietto:

Tra le visite di amicizia e di cortesia che impegnano il Giovin Signore ci sarebbe quella all’amico colpito da una misteriosa malattia; per evitare rischi, la visita viene prudentemente sostituita dalla consegna di un biglietto beneaugurante. Per il mittente, la soddisfazione si riduce al semplice invio del cartoncino; per il destinatario si tratta di una commozione superficiale, presto dimenticata. La descrizione del ricevimento del biglietto esprime il biasimo pariniano per l’ipocrita formalismo di certi comportamenti sociali nobiliari, privi di sincero coinvolgimento. •

La nascita dell’eroe:

Dopo la visita a un’amica di cui corre voce che abbia avuto una crisi isterica, è ora la volta di nuove imprese, alle quali il cavaliere invita la dama. Un’illustre sposa ha dato alla luce il proprio figlio primogenito. La notizia dell’evento viene immediatamente diffusa da cent messi, fin nei luoghi più remoti; mentre i poeti danno voce al loro fuoco dell’ispirazione poetica, componendo versi d’encomio che pronosticano al bimbo un futuro eroico. Il precettore non riesce tuttavia a esprimersi in versi; infastidito da tanto clamore, si appressa al neonato per sussurrargli all’orecchio “Tu sarai simile al tuo gran genitore”. L’episodio si interrompe a metà del verso 349.

LA NOTTE •

Descrizione della notte:

La quarta parte del poemetto si apre con il confronto tra la notte medievale, dominata dalle tenebre, eppure destinata a tutelare il sonno ristoratore degli operosi antenati del Giovin signore, e quella dei nobili moderni, rischiarata da uno splendore artificiale, dietro cui si celano ozio e vanità. La solenne personificazione della Notte, con il seguito di teschi, uccelli notturni, fantasmi e cani ululanti attinti dalla poesia sepolcrale, è una notte manierata; la notte come se la immaginano gli uomini del suo tempo. Questa non è una notte, è una caricatura della notte, e non è la notte colta dall’intimo dello spirito, bensì una notte rifatta con immagini della letteratura corrente. •

La favola del Canapè:

L’ultima favola del poemetto illustra la nascita e il destino del canapè, divano imbottito a più posti, fornito di braccioli e spalliera. Amore fu l’artefice del mobile da salotto, luogo propizio agli incontri degli amanti. L’usanza di abbandonare le stanze più interne dei palazzi, a favore di quelle più in vista, renderà inutile il canapè, sul quale ora si accomodano anziane nobildonne aristocratiche per intrattenere frivole, noiose conversazioni mondane. Furono il Puntiglio e la Noia, geni malefici originati dall’Ozio e della Vanità, a decretare la triste fine del divano a tre posti e il definitivo allontanamento di Amore....


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