Decameron - Giorno VI, Novella XIX (\" Guido Cavalcanti\") PDF

Title Decameron - Giorno VI, Novella XIX (\" Guido Cavalcanti\")
Author Kevin Miolli
Course Lettere moderne
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Summary

Parafrasi, Commento, Analisi delle figure retoriche....


Description

BOCCACCIO: IL “DECAMERON” GIORNO VI, NOVELLA XIX (“GUIDO CAVALCANTI”) !

"

Analisi e commento La storia, narrata da Elissa, regina della giornata, è incentrata sul#motto finale#espresso da#Guido Cavalcanti, poeta e amico di#Dante. La narratrice rievoca brevemente#il passato di Firenze di fine Duecento, quando c’erano “nella nostra città assai belle e laudevoli usanze” e “si ragunavano insieme i gentili uomini delle contrade e facevano loro brigate”. L’ambientazione è quella della Firenze di fine Duecento (la stessa della novella di#Cisti fornaio, sempre nella sesta giornata), che nella realtà storica era straziata dalle#lotte, anche sanguinose,#tra Guelfi “bianchi” e Guelfi “neri”; qui Boccaccio evita l’analisi approfondita e realistica dei motivi socio-politici dello scontro, e si concentra sulla raffigurazione di Cavalcanti e sulla#celebrazione della sua brillante intelligenza nel saper parlare e nella capacità di superare con prontezza ed energia gli ostacoli, oltre che dell’eleganza e dei suoi “buoni costumi” cavalleresco-cortesi." La novella di Boccaccio esalta la Firenze antica evidenziando la presenza nella città di molte e lodevoli usanze, di cui non vi rimane nulla, a causa dell'avarizia, che col tempo è aumentata insieme alle ricchezze. Boccaccio, mosso da un moto di malinconia e rievocazione, inserisce la descrizione di tali usanze per informare il lettore riguardo i costumi del periodo durante il quale ha vissuto il poeta stilnovista Guido Cavalcanti, oltre che per celebrare la Firenze dei tempi passati." Calvalcanti, la figura dell’intellettuale e la Firenze di fine Duecento: in questa#novella#Boccaccio esalta#Guido Cavalcanti, grande poeta stilnovista, come#emblema dell’intellettuale!e rappresentato come uno dei migliori esperti di scienze filosofiche e naturali che non viene compreso dalla massa, che in lui vede solo, in maniera molto superficiale, una figura originale e solitaria, presa in maniera ossessiva dai propri pensieri. La “beffa” di Guido ai danni della brigata di Betto (uno dei capi della fazione “nera”) vuole invece ribadire proprio questa#distanza incolmabile#tra la gente comune e chi detiene il privilegio della cultura e del sapere: per questo Guido paragona#i suoi avversari a dei morti, cioè a corpi ormai privi di vita e di senno." Da questo episodio traspare anche la prospettiva con cui nel Decameron si guarda al tempo passato e ai valori ch’esso incarna: Boccaccio, infatti, esclude del tutto dalla rappresentazione#la questione politica. Piuttosto, alla luce dell’ideologia dell’opera e della visione del mondo del suo autore, conta la rievocazione, venata di nostalgia, del!passato ideale della città di Firenze, in cui ancora esistevano figure, come quella di Cavalcanti, che rappresentavano al meglio#un'aristocrazia#" non solo dei titoli o dei possedimenti ma anche#dell’intelletto e della cultura umanistica."

Testo Guido Cavalcanti#dice con un motto onestamente villania a certi cavalier fiorentini li quali soprappreso l’aveano." & Sentendo la reina che Emilia della sua novella s’era diliberata e che ad altro non restava a dir che a lei, se non a colui che per privilegio aveva il dir da sezzo, cosí a dir cominciò:" Quantunque, leggiadre donne, oggi mi sieno da voi state tolte da due insú delle novelle delle quali io m’avea pensato#di doverne una dire, nondimeno me n’è pure una rimasa da raccontare, nella conclusion della quale si contiene un sì fatto motto, che forse non ci se n’è alcuno di tanto sentimento contato." Dovete adunque sapere che ne’ tempi passati furono nella nostra cittá assai belle e laudevoli usanze, delle quali oggi niuna ve n’è rimasa, mercé dell’avarizia che in quella con le ricchezze è cresciuta, la quale tutte l’ha discacciate; tra le quali n’era una cotale, che in diversi luoghi per Firenze si ragunavano insieme i gentili uomini delle contrade e facevano lor brigate di certo numero, guardando di mettervi tali che comportare potessono acconciamente le spese, ed oggi l’uno, doman l’altro, e cosí per ordine, tutti mettevan tavola, ciascuno il suo dì, a tutta la brigata, ed in quella spesse volte onoravano e gentili uomini forestieri, quando ve ne capitavano, ed ancora de’ cittadini: e similmente si vestivano insieme almeno una volta l’anno, ed insieme i di piú notabili cavalcavano per la cittá, e talora armeggiavano, e massimamente per le feste principali o quando alcuna lieta novella di vittoria o d’altro fosse venuta nella cittá. Tra le quali brigate n’era una di messer Betto Brunelleschi, nella quale messer Betto ed i compagni s’erano molto ingegnati di tirare Guido di messer Cavalcante de’ Cavalcanti, e non senza cagione, per ciò che, oltre a quello che egli fu un de’ miglior loici che avesse il mondo, ed ottimo filosofo naturale, delle quali cose poco la brigata curava, si fu egli leggiadrissimo e costumato e parlante uom molto, ed ogni cosa che far volle ed a gentile uom pertenente seppe meglio che altro uom fare: e con questo era ricchissimo, ed a chiedere a lingua, sapeva onorare cui nell’animo gli capeva che il valesse. Ma a messer Betto non era mai potuto venir fatto d’averlo, e credeva egli co’ suoi compagni che ciò avvenisse per ciò che Guido alcuna volta, speculando, molto astratto dagli uomini divenia: e per ciò che egli alquanto tenea dell’oppinione degli epicuri, si diceva tra la gente volgare che queste sue speculazioni erano solo in cercare se trovar si potesse che Iddio non fosse. Ora, avvenne un giorno che, essendo Guido partito d’Orto San Michele e#venutosene per lo Corso degli Adimari infino a San Giovanni, il quale spesse volte era suo cammino; essendo arche grandi di marmo, che oggi sono in Santa Reparata, e molte altre dintorno a San Giovanni, ed egli essendo tra le colonne del porfido che vi sono, e quelle arche e la porta di San Giovanni, che serrata era; messer Betto con sua brigata a caval venendo su per la piazza di Santa Reparata, veggendo Guido lá tra quelle sepolture, dissero: — Andiamo a dargli briga. — E spronati i cavalli, a guisa d’uno assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che egli se n’avvedesse, sopra, e

cominciarongli a dire: — @ Guido, tu rifiuti d’esser di nostra brigata: ma ecco, quando tu avrai trovato che Iddio non sia, che avrai fatto? — A’ quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: — Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace. — E posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sí come colui che leggerissimo era, prese un salto e fussi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò. Costoro rimaser tutti guatando l’un l’altro, e cominciarono a dire che egli era uno smemorato e che quello che egli aveva risposto non veniva a dir nulla, con ciò fosse cosa che quivi dove erano non avevano essi a fare piú che tutti gli altri cittadini, né Guido meno che alcun di loro. Alli quali messer Betto rivolto, disse: — Gli smemorati siete voi, se voi non l’avete inteso: egli ci ha onestamente ed in poche parole detta la maggior villania del mondo, per ciò che, se voi riguarderete bene, queste arche sono le case de’ morti, per ciò che in esse si pongono e dimorano i morti; le quali egli dice che son nostra casa, a dimostrarci che noi e gli altri uomini idioti e non letterati siamo, a comparazion di lui e degli altri uomini scienziati, peggio che uomini morti, e per ciò, qui essendo, noi siamo a casa nostra. — Allora ciascuno intese quello che Guido aveva voluto dire, e vergognossi, né mai piú gli diedero briga: e tennero per innanzi messer Betto sottile ed intendente cavaliere. @"

Parafrasi Guido Cavalcanti risponde con un motto elegante ma poco cortese a quelli che lo avevano colto di sorpresa " Nei tempi passati c’erano nella nostra città usanze molto belle e lodevoli. Di esse oggi non ne è rimasta alcuna a causa dell’avarizia che qui con le ricchezze è cresciuta e ha scacciato tutti i buoni costumi. Tra quelle usanze ce n’era una che voleva i gentiluomini radunati in brigate in cui vi fossero alcuni che potevano sopportare comodamente le spese e, oggi uno domani l’altro, offrivano a tutti il pranzo o la cena. Allo stesso modo si comportavano con i forestieri quando capitavano in città, specialmente nei giorni di festa o in occasione di vittorie e altri fausti eventi, si vestivano tutti allo stesso modo e cavalcavano per la città facendo delle armi spettacolo. Tra queste brigate c’era quella di messer Betto Brunelleschi il quale si era molto ingegnato per tirar dalla sua messer Guido Cavalcanti e non senza motivo. Infatti, oltre ad essere uno dei migliori filosofi e studioso esperto nelle cose naturali delle quali, a dire il vero, poco la brigata si curava, fu uomo molto facondo e abile nel fare ogni cosa che si conveniva a un uomo gentile. Oltre a ciò era ricchissimo e sapeva onorare quelli che gli sembravano degni di merito. Messer Betto non era ancora riuscito ad averlo tra i suoi e credeva che ciò fosse dovuto alla tendenza di Guido di appartarsi dagli altri, immerso com’era nelle sue speculazioni. Poiché era ritenuto un epicureo, il popolino pensava che i suoi studi avessero come unico scopo quello di negare l’esistenza di Dio. Un giorno, lasciato Orsanmichele e, come soleva fare, attraversato il corso degli Adimari, Guido arrivò fino a San Giovanni dove incontrò Betto con la sua brigata che stava venendo dalla parte di Santa Reparata. C’erano ancora intorno a San Giovanni delle grandi arche di marmo5 , quelle stesse arche che poi furono poste nella chiesa di Santa Reparata6 . Guido Cavalcanti se ne stava presso le colonne di porfido che ancora oggi fiancheggiano la Porta del Paradiso. Vedendolo tra quelle arche i compagni di Betto dissero: “Andiamo ad attaccar briga”, e, spronati i cavalli in un assalto scherzoso, gli furono addosso prima che egli se ne accorgesse. @ “Guido, tu ti rifiuti di essere dei nostri ma quando avrai avuto le prove che Dio non esiste, che farai?”, gli chiesero. A ciò Guido, vedendosi accerchiato, rispose prontamente: “Signori, a casa vostra voi mi potete dire ciò che vi piace.” E aiutandosi con le mani, agilmente spiccò un salto oltre le arche e, liberatosi da loro, se ne andò. Quelli rimasero sbalorditi guardandosi l’uno l’altro e cominciarono a dire che era un balordo e che ciò che aveva risposto non voleva dire nulla poiché in quel luogo essi non avevano niente a che fare come nessun altro cittadino di Firenze, Guido compreso. Al che messer Betto, rivolto ai compagni, disse: “I balordi siete voi se non l’avete capito. Egli ci ha garbatamente e con poche parole detto la più grande villania che mai si possa dire perché, se guardate bene, queste sono le arche dei morti ed egli dice che sono la nostra casa a dimostrazione che noi e gli altri uomini siamo ignoranti e incolti al suo cospetto, peggio che uomini morti e perciò qui siamo a casa nostra.” Allora ognuno capì quello che Guido aveva voluto dire e si vergognò e considerando messer Betto un uomo acuto e intelligente non importunarono più il Cavalcanti. @"

Riassunto La novella si apre con il ricordo dell’usanza delle classi fiorentine più agiate#della fine del XIII secolo di riunirsi in gruppi secondo le contrade di appartenenza per tenere banchetti, divertirsi, celebrare insieme le festività cittadine o i successi militari, e per indire tornei di scherma e spada. Tra queste brigate, c’è quella di#Betto Brunelleschi, che vuole far entrare nel proprio gruppo Guido Cavalcanti, per il prestigio del suo nome e per le sue virtù nobili. Il poeta ci viene descritto da Elissa, narratrice di questa novella, con grandi onori e lodi, che ne sottolineano soprattutto la spiccata propensione alla filosofia (“un de’ miglior loici che avesse il mondo”) e le doti di#uomo di cultura." Inoltre, Elissa sottolinea che proprio#l’amore per la filosofia e la conoscenza, che ha fatto avvicinare Guido alla corrente dell’epicureismo, lo ha anche isolato dal resto degli uomini (“Guido alcuna volta speculando molto abstratto dagli uomini divenia”), così da farlo sembrare#altezzoso e superbo. Cavalcanti viene così fermato un giorno dalla brigata di Betto presso la#porta di San Giovanni, dove si trovano le tombe dei primi abitanti di Firenze. Betto e i suoi uomini circondano Guido e, con intento scherzoso ma anche desiderando “dargli briga”, gli chiedono di giustificare sia il suo rifiuto di unirsi a loro sia il suo ateismo." @ Guido, infastidito risponde con una#arguta, ma enigmatica risposta, cui egli abbina#un gesto atletico#che gli permette di saltare oltre le tombe e gli archi di San Giovanni: “Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace”." I#membri della brigata rimangono attoniti, poiché non hanno compreso il motto del poeta-filosofo, che viene però compreso e spiegato da Betto: per Cavalcanti, filosofo e poeta coltissimo, gli uomini della brigata sono “idioti e non letterati” e quindi#assomigliano in tutto e per tutto ai cadaveri#contenuti nelle tombe di San Giovanni, dove quindi si trovano a casa (“siamo, a comparazion di lui e degli altri scienziati, peggio che uomini morti, e per ciò, qui essendo, noi siamo a casa nostra”). @...


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