Decameron - Giorno VI, Novella II (\" Cisti Fornaio\") PDF

Title Decameron - Giorno VI, Novella II (\" Cisti Fornaio\")
Author Kevin Miolli
Course Lettere moderne
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Summary

Parafrasi, Commento, Analisi delle figure retoriche....


Description

BOCCACCIO: IL “DECAMERON” GIORNO VI, NOVELLA II ("CISTI FORNAIO”) !

"

Analisi e commento E’ la seconda#novella#della#sesta giornata#del#Decameron, il cui tema è quello dell’arte della parola#(e la#cui regina è Elissa) che riesce a superare una situazione imbarazzante e accomuna classi sociali lontane fra di loro. Si fronteggiano infatti un personaggio di modesta condizione e un aristocratico. La novella è raccontata da#Pampinea, che introduce la storia con un#breve#discorso, di natura moraleggiante,#sulla Fortuna e la Natura: spesso accade che queste dotino uomini di condizioni umili di un’anima nobile e virtuosa. La novella, oltre a sottolineare il#tema boccacciano dell'intelligenza#(e di come attraverso un "motto" ben riuscito si possa superare un'iniziale situazione di difficoltà e anche superare momentaneamente le differenze sociali), è anche assai indicativa per la capacità dell'autore di condensare in#brevi scenette narrative#la variegata realtà." Il “motto” e la società di classe: in questa novella#Boccaccio!esalta la!virtù umana dell’intelligenza, grazie a cui i personaggi, anche di condizioni umili, emergono grazie alla loro arguzia, annullando almeno per un istante le distanze tra i ceti sociali. La nobiltà d’animo e lo spirito pronto di Cisti (che offre il vino ai nobili e non si fa ingannare dal servo) sono le due qualità che permettono al fornaio di confrontarsi da pari con il nobile Geri Spina, nonostante le sue umili origini. L'incisività della battuta di Cisti ("Ad Arno" risponde al servo che gli ha portato il fiasco di grandi dimensioni...) stabilisce un piano di parità, fondato sulla prontezza di spirito, tra il fornaio e il nobile, cui "s'apersero gli occhi dello ‘ntelletto"." Ma non si tratta di un sovvertimento dell’ordine sociale, in quanto la distanza tra i due personaggi rimane (in quell’epoca vigevano anche conflitti fra ceti medi e quello dirigente), e non vengono mai abbattute le distinzioni di classe:#Geri rimane nobile e Cisti un fornaio. Egli però rappresenta la realtà sociale del suo tempo non come è, ma come desidera che sia: una stratificazione sociale in cui ogni strato si accontenti della posizione che occupa, in cui però regni una perfetta armonia. Ed è qui evidente il tema introdotto da#Pampinea#all’inizio del racconto, come la Fortuna e la Natura intervengano sulla vita degli uomini." Costruzione narrativa: è importante osservare l’opposizione spaziale su cui si fonda la novella. Cisti non esce mai dal suo spazio, la bottega, per entrare in quello di Geri (rifiuta infatti di recarsi al banchetto d’addio agli ambasciatori del papa); è semmai il signore che si degna di entrare nello spazio di Cisti. I rapporti spaziali tra i personaggi sono la perfetta trascrizione dei rapporti sociali che li legano: il gentiluomo può abbassarsi sino al fornaio, ma il fornaio non può presumere di innalzarsi sino al livello del gentiluomo. Si può ancora osservare l’opposizione moto-immobilità del ceto: Geri si muove continuamente in uno spazio esterno, le strade fiorentine; Cisti invece appare costantemente fermo nella sua bottega."

Testo Cisti fornaio con una sola parola fa raveder messer Geri Spina d’una sua trascutata domanda." & Molto fu da ciascuna delle donne e degli uomini il parlar di madonna Oretta lodato, il qual comandò la reina a Pampinea che seguitasse; per che ella cosí cominciò:" Belle donne, io non so da me medesima vedere che piú in questo si pecchi, o la natura apparecchiando ad una nobile anima un vil corpo o la fortuna apparecchiando ad un corpo dotato d’anima nobile vil mestiere, sí come in Cisti nostro cittadino ed in molti ancora abbiamo potuto vedere avvenire; il qual Cisti, d’altissimo animo fornito, la fortuna fece fornaio. E certo io maladicerei e la natura parimente e la fortuna, se io non conoscessi, la natura esser discretissima e la fortuna aver mille occhi, come che gli sciocchi lei cieca figurino. Le quali io avviso che, sí come molto avvedute, fanno quello che i mortali spesse volte fanno, li quali, incerti de’ futuri casi, per le loro opportunitá le loro piú care cose ne’ piú vili luoghi delle lor case, sí come meno sospetti, sepelliscono, e quindi ne’ maggior bisogni le traggono, avendole il vil luogo piú sicuramente servate che la bella camera non avrebbe. E cosí le due ministre del mondo spesso le lor cose piú care nascondono sotto l’ombra dell’arti reputate piú vili, acciò che di quelle alle necessitá traendole, piú chiaro appaia il loro splendore. Il che quanto in poca cosa Cisti fornaio il dichiarasse, gli occhi dello ’ntelletto rimettendo a messer Geri Spina, il quale la novella di madonna Oretta contata, che sua moglie fu, m’ha tornato nella memoria, mi piace in una novelletta assai piccola dimostrarvi." Dico adunque che, avendo Bonifazio papa, appo il quale messer Geri Spina fu in grandissimo stato, mandati in Firenze certi suoi nobili ambasciadori per certe sue gran bisogne, essendo essi in casa di messer Geri smontati, ed egli con loro insieme i fatti del papa trattando, avvenne, che che se ne fosse cagione, che messer Geri con questi ambasciadori del papa tutti a piè quasi ogni mattina davanti a Santa Maria Ughi passavano, dove Cisti fornaio il suo forno aveva e personalmente la sua arte eserceva. Al quale quantunque la fortuna arte assai umile data avesse, tanto in quella gli era stata benigna, che egli n’era ricchissimo divenuto, e senza volerla mai per alcuna altra abbandonare, splendidissimamente vivea, avendo tra l’altre sue buone cose sempre i migliori vini bianchi e vermigli che in Firenze si trovassero#o nel contado. Il quale, veggendo ogni mattina davanti all’uscio suo passar messer Geri e gli ambasciadori del papa, ed essendo il caldo grande, s’avvisò che gran cortesia sarebbe il dar lor bere del suo buon vin bianco: ma avendo riguardo alla sua condizione ed a quella di messer Geri, non gli pareva onesta cosa il presummere d’invitarlo, ma pensossi di tener modo il quale inducesse messer Geri medesimo ad invitarsi. Ed avendo un farsetto bianchissimo indosso ed un grembiule di bucato innanzi sempre, li quali piú tosto mugnaio che fornaio il dimostravano, ogni mattina in su l’ora che egli avvisava, messer Geri con gli ambasciadori dover passare, si faceva davanti all’uscio suo recare una secchia nuova e stagnata d’acqua fresca ed un piccolo orcioletto bolognese nuovo del suo

buon vin bianco e due bicchieri che parevano d’ariento, sí eran chiari: ed a seder postosi, come essi passavano, ed egli, poi che una volta o due spurgato s’era, cominciava a ber sí saporitamente questo suo vino, che egli n’avrebbe fatta venir voglia a’ morti. La qual cosa avendo messer Geri una e due mattine veduta, disse la terza: — Chente è, Cisti? è buono? — Cisti, levato prestamente in piè, rispose: — Messer sí: ma quanto, non vi potrei io dare ad intendere, se voi non n’assaggiaste. — Messer Geri, al quale o la qualitá del tempo o affanno piú che l’usato avuto o forse il saporito bere che a Cisti vedeva fare, sete avea generata, vòlto agli ambasciadori, sorridendo disse: — Signori, egli è buono che noi assaggiamo del vino di questo valente uomo; forse che è egli tale, che noi non ce ne penteremo — e con loro insieme se n’andò verso Cisti. Il quale, fatta di presente una bella panca venire di fuor dal forno, gli pregò che sedessero, ed alli lor famigliari, che giá per lavare i bicchieri si facevano innanzi, disse: — Compagni, tiratevi indietro e lasciate questo servigio fare a me, ché io so non meno ben mescere che io sappia infornare; e non aspettaste voi d’assaggiarne gocciola! — E cosí detto, esso stesso lavati quattro bicchieri belli e nuovi, e fatto venire un piccolo orcioletto del suo buon vino, diligentemente diede bere a messer Geri ed a’ compagni. Alli quali il vino parve il migliore che essi avessero gran tempo davanti#bevuto; per che, commendatol molto, mentre gli ambasciador vi stettero, quasi ogni mattina con loro insieme n’andò a ber messer Geri. A’ quali, essendo espediti e partir dovendosi, messer Geri fece un magnifico convito, al quale invitò una parte de’ piú orrevoli cittadini, e fecevi invitare Cisti, il quale per niuna condizione andarvi volle. Impose adunque messer Geri ad un de’ suoi famigliari che per un fiasco andasse del vin di Cisti, e di quello un mezzo bicchier per uomo desse alle prime mense. Il famigliare, forse sdegnato perché niuna volta bere aveva potuto del vino, tolse un gran fiasco; il quale come Cisti vide, disse: — Figliuolo, messer Geri non ti manda a me. — Il che raffermando piú volte il famigliare né potendo altra risposta avere, tornò a messer Geri e sí gliele disse; a cui messer Geri disse: — Tórnavi e digli che sí fo, e se egli piú cosí ti risponde, domandalo a cui io ti mando. — Il famigliare, tornato, disse: — Cisti, per certo messer Geri mi manda pure a te. — Al quale Cisti rispose: — Per certo, figliuol, non fa. — Adunque, — disse il famigliare — a cui mi manda? — Rispose Cisti: — Ad Arno. — Il che rapportando il famigliare a messer Geri, subito gli occhi gli s’apersero dello ’ntelletto, e disse al famigliare: — Lasciami vedere che fiasco tu vi porti. — E vedutol, disse: — Cisti dice vero — e déttagli villania, gli fece tórre un fiasco convenevole; il quale Cisti veggendo, disse: — Ora so io bene che egli ti manda a me — e lietamente gliele empiè. E poi quel medesimo dí, fatto un botticello riempiere d’un simil vino e fattolo soavemente portare a casa di messer Geri, andò appresso, e trovatolo, gli disse: — Messere, io non vorrei che voi credeste che il gran fiasco stamane m’avesse spaventato: ma parendomi che vi fosse uscito di mente ciò che io a questi di co’ miei piccoli orcioletti v’ho dimostrato, cioè che questo non sia vin da famiglia, vel volli staman raccordare. Ora, per ciò che io non intendo d’esservene piú guardiano, tutto ve l’ho fatto venire: fatene per innanzi come vi piace. — Messer Geri ebbe il dono di Cisti carissimo e quelle grazie gli rendè che a ciò credette si convenissero, e sempre poi per da molto l’ebbe e per amico."

Parafrasi Cisti fornaio con una sola parola fa ravvedere messer Geri Spina di una sua domanda/pretesa/richiesta (richiesta di spiegazione) azzardata" Dico dunque che messer Geri godeva di una grandissima ammirazione per Papa Bonifacio VII. Il Papa mandò a casa di Messer Geri alcuni suoi ambasciatori di Firenze per provare a mettere pace tra i Bianchi e i Neri; e questo fecero quando arrivarono a casa sua. Tutte le mattine Messer Geri passava a piedi con loro davanti alla chiesetta di S.Maria Ughi, dove Cisti il fornaio aveva il suo forno e vi lavorava. Questo lavoro gli aveva dato tantissima fortuna in quanto egli era diventato ricchissimo che mai avrebbe cambiato il suo lavoro, avendo tra le sue cose anche vini bianchi e vermigli che si trovavano a Firenze nel contado." Cisti il fornaio vedeva passare ogni mattina davanti a se Messer Geri e gli ambasciatori del Papa, e dato che faceva molto caldo pensò di offrire loro da bere il suo vino bianco, ma avendo riguardo ad invitare Messer Geri perché era di condizione sociale più elevata, lo induceva ad autoinvitarsi. Cisti il fornaio indossava una maglia bianca e un grembiule pulito i quali lo facevano sembrare un mugnaio piuttosto che un fornaio. Ogni mattina all’ora del passaggio di Messer Geri e degli ambasciatori, faceva si che passassero davanti alla sua porta e li vi metteva un secchio nuovo colmo d’acqua fresca e un piccolo vaso di terracotta pieno del suo buon vino bianco, con due bicchieri che sembravano d’argento. Si sedeva poi al loro passaggio e beveva il suo vino in modo che avrebbe fatto venire voglia anche ai morti. Messer Geri vide per due mattina la stessa scena e alla terza disse : ”Com’è Cisti, è buono?”." Cisti si alzò rapidamente in piedi e rispose:” Si Messer, ma non posso spiegarvelo se non lo assaggiate”. Messer Geri aveva sete, una sete derivatagli dal caldo, dalla stanchezza e dal vedere bere Cisti. Si rivolse dunque agli ambasciatori e disse:” Sisnori è bene che assaggiamo questo vino se no poi ce ne pentiremmo”, e andarono così verso Cisti. Questo dopo aver tirato fuori una panca dal forno , pregò i signori perché si sedessero e ai servitori che si erano fatti avanti per lavare i bicchieri disse:” Compagni, tiratevi indietro e lasciate fare questo lavoro a me che so lavare bene quanto infornare, e che non vi venga i mente di assaggiarne una goccia!”. E così detto, fatti arrivare quattro bicchieri belli e nuovi e fatto arrivare un vaso del suo vino, diede da bere con molto cura a Messer Geri e ai suoi compagni, ai quali il vino parve il migliore di quello che avevano bevuto da molto tempo, e finche gli ambasciatori rimasero a Firenze andaro quasi ogni mattina con Messer Geri a bere." Avendo gli ambasciatori terminato il loro incarico e dovendo dunque partire, in loro onore Messer Geri fece un convito al quale potevano partecipare una parte dei cittadini più onorevoli evi invitò anche Cisti, il quale non volle andare per nessuna ragione. Messer Geri impose dunque ad uno dei suoi familiari di andare a prendere un fiasco del vino di Cisti, ed offrirne mezzo bicchiere ad ogni invitato con la prima portata di modo che lo potessero gustare meglio. Il familiare arrabbiato perché non

aveva potuti ancora bere del vino prese un gran fiasco. Appena Cisti lo vide gli disse:” Figliuolo, Messer Geri non ti manda da me”. Ripete più volte la frase al familiare ma non ottenne alcuna risposta, il giovane tornò dunque da Messer Geri e gli riferì l’accaduto, esso rispose:” torna indietro e digli che sono io che ti mando e se ti risponderà ancora così, mandalo da me”. Il familiare tornò da Cisti e gli disse:” Cisti, mi manda per certo Messer Geri da te”. Questo rispose:” Sicuramente non ti manda da me”. “Adunque da chi mi manda” replicò il familiare.”Vi manda a riempire quel fiasco d’acqua all’Arno, perché un vaso così grande non lo si può riempire di vino pregiato”." Il familiare raccontò questo a Messer Geri al quale gli si aprirono gli occhi di intelletto e gli disse: ”Fammi vedere che fiasco gli porti” e vedendolo disse “Cisti dice la verità” e dopo averlo rimproverato gli fece avere un fiasco dalle giuste proporzioni. Vedendolo Cisti disse:” ora so per certo che egli ti manda da me” e felicemente glielo riempì." Lo stesso giorno poi fatto riempire un vaso simile di vino, lo portò a casa di Messer Geri, gli si avvicinò e gli disse: ”Messere, non vorrei pensiate che il gran fiasco di vino che oggi mi avete offerto mi abbia spaventato, ma mi sembrava vi foste dimenticato quello che nei giorni scorsi vi ho dimostrato con i miei piccoli vasi, cioè che il mio non è un vino da dare alla servitù, ed ora non intendo più conservarlo per voi anzi ho deciso di donarvelo: fatene quello che volete"." Messer Geri ebbe il dono di Cisti, gli rese le grazie dovute e lo stimò come uomo di molto valore tanto che rimasero amici per molto tempo."

Riassunto Il protagonista della novella è Cisti, un umile fornaio fiorentino. Ogni giorno il protagonista nota passare davanti alla propria bottega#il nobile Geri Spina e gli ambasciatori del papa Bonifacio, che discutono di importanti affari diplomatici passeggiando vicino alla chiesa di Santa Maria degli Ughi a Firenze. La circostanza storica (e quindi basata su fatti reali) passa presto in secondo piano, lasciando spazio all'invenzione narrativa.#Cisti vorrebbe offrire il suo migliore vino bianco ai tre uomini, per aiutarli a combattere il gran caldo;#ma, a causa della sua condizione sociale, non osa invitarli. Fa quindi in modo che Geri Spina si inviti da solo, sedendosi ogni giorno davanti alla propria bottega a#gustare il proprio vino." Attirato dalla scena, il terzo giorno il nobile si avvicina e chiede al fornaio di fargli assaggiare il pregiato nettare. Ne rimane così colpito che decide di#organizzare un banchetto con alcuni nobili della città, per farglielo gustare. Viene quindi mandato un servo a prendere il vino da Cisti (che si rifiuta di partecipare al banchetto, pur essendo invitato). Il servo, che vorrebbe avere un po’ di vino anche per sé, arriva dal fornaio con un grande fiasco. Cisti, tuttavia, si rifiuta di dare il vino in quanto un contenitore così grande non va bene per un tale vino, ma solo per l’acqua dell’Arno. Il servo riferisce la risposta a Geri, che lo invia nuovamente con un nuovo fiasco di dimensioni minori, che il fornaio riempie. In seguito Cisti spiega al nobile di aver dato tale risposta dicendo che#quel vino così buono non era degno di essere bevuto dai servi; infine regala tutto il vino a Geri." L'umile fornaio viene così ricompensato dal nobile e ne guadagna#l'amicizia....


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