Decameron parafrasi PDF

Title Decameron parafrasi
Course Letteratura italiana 
Institution Università degli Studi di Udine
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DECAMERON: Proemio COMINCIA IL LIBRO CHIAMATO DECAMERON COGNOMINATO PRENCIPE GALEOTTO, NEL QUALE SI CONTENGONO CENTO NOVELLE IN DIECI DÌ DETTE DA SETTE DONNE E DA TRE GIOVANI UOMINI

V 1: Inizia il libro intitolato Decameron sottotitolato Principe Galeotto, nel quale sono raccolte cento novelle dette in dieci giorni da sette donne e da tre giovani uomini  Decameron: significa “dieci giornate” Principe Galeotto: dal nome del nobile cavaliere fedele compagno e amico di Lancillotto, uno dei protagonisti della tradizione cavalleresca narrata nel ciclo della Tavola rotonda e di re Artù

UMANA COSA 0 AVER COMPASSIONE DEGLI AFFLITTI: E COME CHE A CIASCUNA PERSONA STEA BENE, A COLORO 0 MASSIMAMENTE RICHIESTO LI QUALI GI2 HANNO DI CONFORTO AVUTO MESTIERE E HANNOL TROVATO IN ALCUNI; FRA’ QUALI, SE ALCUNO MAI N’EBBE BISOGNO O GLI FU CARO O GI2 NE RICEVETTE PIACERE, IO SONO UNO DI QUEGLI.

V 2: 0 umano avere compassione degli infelici: e per quanto si addica a chiunque, è soprattutto richiesto a chi ha già avuto bisogno di conforto e l’ha trovato in alcuni (cioè a chi è stato o è infelice); fra i quali, se mai qualcuno ne ebbe bisogno (di compassione), o gli fu gradito o in passione ne ricevette piacere, io sono uno di quelli  L’incipit del proemio è sentenzioso, secondo retorica, con un registro stilistico e lessicale adeguato e con una sintassi complessa PER CI; CHE, DALLA MIA PRIMA GIOVANEZZA INFINO A QUESTO TEMPO OLTRE MODO ESSENDO ACCESO STATO D’ALTISSIMO E NOBILE AMORE, FORSE PI= ASSAI CHE ALLA MIA BASSA CONDIZIONE NON PARREBBE, NARRANDOLO, SI RICHIEDESSE, QUANTUNQUE APPO COLORO CHE DISCRETI ERANO E ALLA CUI NOTIZIA PERVENNE IO NE FOSSI LODATO E DA MOLTO PI= REPUTATO, NONDIMENO MI FU EGLI DI GRANDISSIMA FATICA A SOFFERIRE, CERTO NON PER CRUDELT2 DELLA DONNA AMATA, MA PER SOVERCHIO FUOCO NELLA MENTE CONCETTO DA POCO REGOLATO APPETITO: IL QUALE, PER CI; CHE A NIUNO CONVENEVOLE TERMINE MI LASCIAVA CONTENTO STARE, PI= DI NOIA CHE BISOGNO NON M’ERA SPESSE VOLTE SENTIR MI FACEA.

V 3: Per il fatto che, essendo io stato dalla mia prima giovinezza e fino al presente acceso oltremodo da altissimo e nobile amore, per una donna di condizione più elevata di quella che, narrando le circostanze di tale amore, sembrerebbe appropriato alla mia bassa condizione, anche se ne fui lodato e maggiormente considerato da coloro che erano dotati di buon giudizio quando ne vennero a conoscenza, nondimeno (l’amore) mi fu faticosissimo da sopportare, non già per crudeltà della donna amata, ma per l’eccessivo fuoco d’amore concepito nella mia mente da un desiderio poco regolato: il quale, poiché mi lasciava restare contento dentro nessun limite di convenienza, spesso mi faceva sentire una pena maggiore del necessario

 In questo verso è immediato il riferimento ai fondamentali luoghi comuni della cultura medievale in tema d’amore, diffusi sia tramite le compilazioni dei trattati (come il De Amore di Andrea Cappellano) sia tramite il successo della poesia lirica (“la donna crudele”) e dei romanzi di cavalleria (con tanti eroi che per amore perdono il senno) NELLA QUAL NOIA TANTO RIFRIGERIO GI2 MI PORSERO I PIACEVOLI RAGIONAMENTI D’ALCUNO AMICO E LE SUE LAUDEVOLI CONSOLAZIONI, CHE IO PORTO FERMISSIMA OPINIONE PER QUELLE ESSERE AVVENUTO CHE IO NON SIA MORTO.

V 4: In questa pena d’amore i piacevoli discorsi di qualche amico e le sue lodevoli consolazioni mi porsero tanto sollievo, che io ho fermissima opinione che solo grazie a queste conversazioni io sono sicuro di non essere morto (topica esagerazione dell’innamorato) MA SÌ COME A COLUI PIACQUE IL QUALE, ESSENDO EGLI INFINITO, DIEDE PER LEGGE INCOMMUTABILE A TUTTE LE COSE MONDANE AVER FINE, IL MIO AMORE, OLTRE A OGN’ALTRO FERVENTE E IL QUALE NIUNA FORZA DI PROPONIMENTO O DI CONSIGLIO O DI VERGOGNA EVIDENTE, O PERICOLO CHE SEGUIR NE POTESSE, AVEVA POTUTO N@ ROMPERE N@ PIEGARE, PER SE MEDESIMO IN PROCESSO DI TEMPO SI DIMINUÌ IN GUISA, CHE SOL DI S@ NELLA MENTE M’HA AL PRESENTE LASCIATO QUEL PIACERE CHE EGLI 0 USATO DI PORGERE A CHI TROPPO NON SI METTE NE’ SUOI PI= CUPI PELAGHI NAVIGANDO; PER CHE, DOVE FATICOSO ESSER SOLEA, OGNI AFFANNO TOGLIENDO VIA, DILETTEVOLE IL SENTO ESSER RIMASO.

V 5: Ma come piacque a Dio il quale, essendo infinito, diede come legge immutabile a tutte le cose terrene l’avere una fine, il mio amore, che pure era più fervente di ogni altro e che nessuna forza di proposito o di consiglio o di evidente vergogna o conseguente pericolo aveva né potuto né spezzare né piegare, diminuì da solo nel corso del tempo, in modo tale che (in guisa) oggi mi ha lasciato nella memoria solo quel piacere che vuole dare a chi non si mette a navigare troppo nei suoi più tempestosi mari ( metafora topica della vita umana e quindi delle esperienze amorose); e per questo, mentre prima (il mio amore in atto) era stancante ora che è svanito ogni suo affanno, sento che ne è rimasta solo la parte piacevole  Le fiamme d’amore si stanno estinguendo, rimane quindi solo la parte positiva ossia il ricordo. Concetto: in queste sofferenze d’amore c’era qualcuno, che non nomina con precisione (si capisce che sono degli amici, delle persone esperte della vita) che lo ascoltavano e gli davano dei consigli giusti.

MA QUANTUNQUE CESSATA SIA LA PENA, NON PER CI; 0 LA MEMORIA FUGGITA DE’ BENEFICI GI2 RICEVUTI, DATIMI DA COLORO A’ QUALI PER BENIVOLENZA DA LORO A ME PORTATA ERANO GRAVI LE MIE FATICHE; N@ PASSER2 MAI, SÌ COME IO CREDO, SE NON PER MORTE.

V 6: Ma malgrado la pena (d’amore) è finita, non per questo la memoria è scomparsa dei benefici che allora ho ricevuto e che mi furono dati, per la benevolenza da loro portata nei miei confronti, da coloro ai quali le mie fatiche (d’amore) risultavano gravi: né (questa memoria) passerà mai, ne sono certo, se non con la mia morte  Tratto importante di magnanimità, che vuol dire grandezza d’animo, ossia una condizione nobile dell’animo di un individuo che è dotato di una serie di virtù nelle relazioni con gli altri E PER CI; CHE LA GRATITUDINE, SECONDO CHE IO CREDO, TRALL’ALTRE VIRT= 0 SOMMAMENTE DA COMMENDARE E IL CONTRARIO DA BIASIMARE, PER NON PARERE INGRATO HO MECO STESSO PROPOSTO DI VOLERE, IN QUEL POCO CHE PER ME SI PU;, IN CAMBIO DI CI; CHE IO RICEVETTI, ORA CHE LIBERO DIR MI POSSO, E SE NON A COLORO CHE ME ATARONO ALLI QUALI PER AVVENTURA PER LO LOR SENNO O PER LA LORO BUONA VENTURA NON ABISOGNA, A QUEGLI ALMENO A QUALI FA LUOGO, ALCUNO ALLEGGIAMENTO PRESTARE

V 7: E siccome, secondo quanto credo, la gratitudine è tra le altre virtù quella che va sommamente lodata (commendare) mentre il contrario ed è da biasimare (l’ingratitudine), per non sembrare irriconoscente con me stesso mi sono proposto di volere prestare, in quel poco che posso, in cambio di ciò che ricevetti, ricambiando ciò che ricevetti, ora che mi posso dire libero (dalle pene d’amore); e se non posso prestarlo a coloro che mi aiutarono, perché forse non ne hanno bisogno dal momento che sono assennati o fortunati almeno a quelli che ne hanno invece bisogno, ho deciso di offrire un qualche sollievo (alleggiamento) E QUANTUNQUE IL MIO SOSTENTAMENTO, O CONFORTO CHE VOGLIAM DIRE, POSSA ESSERE E SIA A’ BISOGNOSI ASSAI POCO, NONDIMENO PARMI QUELLO DOVERSI PI= TOSTO PORGERE DOVE IL BISOGNO APPARISCE MAGGIORE, SÌ PERCH@ PI= UTILIT2 VI FAR2 E SI ANCORA PERCH@ PI= VI FIA CARO AVUTO.

V 8: E benché il mio sostegno, o, se vogliamo, possa essere e sia assai poca a chi ne ha bisogno, nondimeno mi sembra che lo si debba porgere con più urgenza là dove appare maggiore il bisogno, sia perché potrà qui essere più utile, sia anche perché risulterà qui più gradito E CHI NEGHER2 QUESTO, QUANTUNQUE EGLI SI SIA, NON MOLTO PI= ALLE VAGHE DONNE CHE AGLI UOMINI CONVENIRSI DONARE?

V 9: E chi negherà che sia molto più appropriato donare questo sostegno o conforto, per quanto piccolo sia, alle belle (vaghe) donne che agli uomini?

ESSE DENTRO A’ DILICATI PETTI, TEMENDO E VERGOGNANDO, TENGONO L’AMOROSE FIAMME NASCOSE, LE QUALI QUANTO PI= DI FORZA ABBIAN CHE LE PALESI COLORO IL SANNO CHE L’HANNO PROVATE: E OLTRE A CI;, RISTRETTE DA’ VOLERI, DA’ PIACERI, DA’ COMANDAMENTI DE’ PADRI, DELLE MADRI, DE’ FRATELLI E DE’ MARITI, IL PI= DEL TEMPO NEL PICCOLO CIRCUITO DELLE LORO CAMERE RACCHIUSE DIMORANO E QUASI OZIOSE SEDENDOSI, VOLENDO E NON VOLENDO IN UNA MEDESIMA ORA, SECO RIVOLGENDO DIVERSI PENSIERI, LI QUALI NON 0 POSSIBILE CHE SEMPRE SIENO ALLEGRI.

V 10: Tra timore e vergogna le donne tengono nascoste nei loro delicati petti (cuori) le fiamme d’amore, che solo chi le ha provate sa quanta forza abbiano che le spinge a manifestarsi; e oltre a ciò, recluse dei voleri, dai piaceri, dai comandamenti dei padri, delle madri, dei fratelli e dei mariti, passano la maggior parte del tempo rinchiuse nel piccolo spazio (circuito) delle loro camere, e sedendo quasi in ozio e incerte, volendo e non sempre possono essere allegri  Questo ritratto in miniatura della donna medievale, poi espanso a testo in tante situazioni e connotato da tante protagoniste, sintetica un dato storico, relativo a donne appartenenti a famiglie di alto rango: chiusa in casa e sorvegliata con cura, per decoro di onestà secondo genere, dedita ai lavori dell’ago, del fuso e dell’arcolaio, ma soggetto e oggetto d’amore E SE PER QUEGLI ALCUNA MALINCONIA, MOSSA DA FOCOSO DISIO, SOPRAVVIENE NELLE LOR MENTI, IN QUELLE CONVIENE CHE CON GRAVE NOIA SI DIMORI, SE DA NUOVI RAGIONAMENTI NON 0 RIMOSSA: SENZA CHE ELLE SONO MOLTO MEN FORTI CHE GLI UOMINI A SOSTENERE; IL CHE DEGLI INNAMORATI UOMINI NON AVVIENE, SÌ COME NOI POSSIAMO APERTAMENTE VEDERE

V 11: E se tra questi pensieri irrompe nelle loro menti qualche malinconia, mossa da un desiderio amoroso, è necessario che vi resti con grave pena (alle donne non era consentito chinarsi), fino a quando non è rimossa da nuovi ragionamenti: sena poi tenere conto del fatto che le donne sono molto meno forti degli uomini a sopportare (le pene d’amore); ma come possiamo apertamente vedere, questo non avviene negli uomini innamorati ESSI, SE ALCUNA MALINCONIA O GRAVEZZA DI PENSIERI GLI AFFLIGGE, HANNO MOLTI MODI DA ALLEGGIARE O DA PASSAR QUELLO, PER CI; CHE A LORO, VOLENDO ESSI, NON MANCA L’ANDARE A TORNO, UDIRE E VEDER MOLTE COSE, UCCELLARE, CACCIARE, PESCARE, CAVALCARE, GIUCARE O MERCATARE: DE’ QUALI MODI CIASCUNO HA FORZA DI TRARRE, O IN TUTTO O IN PARTE, L’ANIMO A S@ E DAL NOIOSO PENSIERO RIMUOVERLO ALMENO PER ALCUNO SPAZIO DI TEMPO, APPRESSO IL QUALE, CON UN MODO O CON ALTRO, O CONSOLAZION SOPRAVIENE O DIVENTA LA NOIA MINORE.

V 12: Costoro, se qualche pensiero grave o qualche malinconia li affligge, hanno molti modi per alleviarle (alleggiare) o farsele passare, perché agli uomini (le esemplificazioni che seguono connotano un significato tutt’altro che universalistico, bensì’ molto ristretto e distintivo: nobili e ricchi); solo che lo vogliano, non manca la possibilità di andare in giro, udire e vedere molte cose, andare a caccia di uccelli, e di altri animali, pescare, cavalcare, giocare o fare

attività mercantile; ciascuna di queste pratiche ha la forza di attrarre a sé, o in tutto o in parte, il proprio animo e quindi di rimuoverlo dai penosi pensieri (d’amore) almeno temporaneamente (“spazio di tempo” significa sempre “tempo”), dopo di che, con un modo o con un altro, sopravviene la consolazione o la pena si affievolisce.  Anche questo tratto in miniatura degli “innamorati uomini” rinvia a dati storici, relativi a soggetti di alto rango e ricchi: in primo luogo liberi dai vincoli che tengono le donne ristrette in casa, possono confortarsi nelle loro pene d’amore con le tante pratiche del tempo libero e del gioco distintive del cavaliere, ma anche con il lavoro, nel caso del mercante innamorato ADUNQUE, ACCI; CHE IN PARTE PER ME S’AMENDI IL PECCATO DELLA FORTUNA, LA QUALE DOVE MENO ERA DI FORZA, SÌ COME NOI NELLE DILICATE DONNE VEGGIAMO, QUIVI PI= AVARA FU DI SOSTEGNO, IN SOCCORSO E RIFUGIO DI QUELLE CHE AMANO, PER CI; CHE ALL’ALTRE 0 ASSAI L’AGO E ’L FUSO E L’ARCOLAIO,INTENDO DI RACCONTARE CENTO NOVELLE, O FAVOLE O PARABOLE O ISTORIE CHE DIRE LE VOGLIAMO, RACCONTATE IN DIECE GIORNI DA UNA ONESTA BRIGATA DI SETTE DONNE E DI TRE GIOVANI NEL PISTELENZIOSO TEMPO DELLA PASSATA MORTALIT2 FATTA, E ALCUNE CANZONETTE DALLE PREDETTE DONNE CANTATE AL LOR DILETTO.

Boccaccio fa una dichiarazione: V.13: (dichiarazione di amor cortese): E dunque affinché almeno in parte possa da parte mia essere emendato (riparare) il peccato commesso dalla fortuna (verso le donne) che proprio dove era minore forza, così come vediamo nelle delicate donne che amano, dal momento che altre bastano e avanzano l’ago, il fuso e l’arcolaio (cioè, i lavori prettamente femminili; in casa), intendo raccontare cento novelle, o favole, o parabole, o storie, come vogliamo chiamarle, raccontate in dieci giorni da una onorata (onesta) brigata di sette donne e di tre giovani, costituitasi nel tempo della passata pestilenza e della mortalità (che ne derivò) alcune canzonette cantate dalle donne di cui ho detto, per loro diletto NELLE QUALI NOVELLE PIACEVOLI E ASPRI CASI D’AMORE E ALTRI FORTUNATI AVVENIMENTI SI VEDERANNO COSÌ N@ MODERNI TEMPI AVVENUTI COME NEGLI ANTICHI; DELLE QUALI LE GI2 DETTE DONNE, CHE QUESTE LEGGERANNO, PARIMENTE DILETTO DELLE SOLLAZZEVOLI COSE IN QUELLE MOSTRATE E UTILE CONSIGLIO POTRANNO PIGLIARE, IN QUANTO POTRANNO COGNOSCERE QUELLO CHE SIA DA FUGGIRE E CHE SIA SIMILMENTE DA SEGUITARE: LE QUALI COSE SENZA PASSAMENTO DI NOIA NON CREDO CHE POSSANO INTERVENIRE.

V 14: In queste novelle si vedranno (narrati) piacevoli e aspri casi d’amore e altri avvenimenti prodotti dalla fortuna, avvenuti sia in tempi d’oggi sia in antichi; e le donne (che soffrono d’amore) che le leggeranno potranno prendere sia divertimento dalle cose divertenti raccontate da queste novelle sia qualche utile suggerimento in quanto potranno conoscere sia ciò che è da fuggire (la tradizionale aa dei vizi) sia ciò che è da seguire (la tradizionale area delle virtù):

e non credo che tutto ciò potrà accadere senza che sia scacciata la noia (le novelle come efficace “soccorso e rifugio”, come passatempo: passamento: “cioè: schifamento) IL CHE SE AVVIENE, CHE VOGLIA IDIO CHE COSÌ SIA; A AMORE NE RENDANO GRAZIE, IL QUALE LIBERANDOMI DA’ SUOI LEGAMI M’HA CONCEDUTO IL POTERE ATTENDERE A’ LOR PIACERI.

V.15: Se questo avverrà, e voglia Dio che così sia, ne rendano (le donne) grazie ad Amore (è la personificazione del sentimento), il quale, liberandomi dai suoi legami, mi ha concesso di poter attendere ai loro piaceri INTRODUZIONE: Descrizione della peste del 1348 COMINCIA LA PRIMA GIORNATA DEL DECAMERON, NELLA QUALE DOPO LA DIMOSTRAZIONE FATTA DALL’AUTORE, PER CHE CAGIONE AVVENISSE DI DOVERSI QUELLE PERSONE, CHE APPRESSO SI MOSTRANO, RAGUNARE A RAGIONARE INSIEME, SOTTO IL REGGIMENTO DI PAMPINEA SI RAGIONA DI QUELLO CHE PI= AGGRADA A CIASCHEDUNO.

V 1: Comincia la prima giornata del Decameron, nella quale, sotto la guida di Pampinea, si ragiona di quello che piace a ciascuno (dei dieci giovani della brigata), dopo che l’autore (torna solo in Conclusione dell’Autore) ha mostrato per quale causa avvenne che quelle (dieci) persone, che poi indicate, si dovettero riunire per conservare insieme QUANTUNQUE VOLTE, GRAZIOSISSIME DONNE, MECO PENSANDO RIGUARDO QUANTO VOI NATURALMENTE TUTTE SIETE PIETOSE, TANTE CONOSCO CHE LA PRESENTE OPERA AL VOSTRO IUDICIO AVR2 GRAVE E NOIOSO PRINCIPIO, SÌ COME 0 LA DOLOROSA RICORDAZIONE DELLA PESTIFERA MORTALIT2 TRAPASSATA, UNIVERSALMENTE A CIASCUNO CHE QUELLA VIDE O ALTRAMENTI CONOBBE DANNOSA, LA QUALE ESSA PORTA NELLA SUA FRONTE

V 2: Graziosissime donne, ogni volta che, pensando tra me e me, torno a osservare (riguardo) quanto voi siete tutte per natura piene di pietà (compassionevoli: Proemio), altrettante volte mi rendo conto che la presente opera risulterà, al vostro giudizio, avere grave e sgradevole inizio, così come è il ricordo (ricordazione) della passata mortalità portata dalla peste, universalmente doloroso a chiunque la vide o altrimenti ne conobbe i danni (dannosa) e quindi suscitatore di lagrime, e la presente opera porta questo ricordo al suo stesso inizio MA NON VOGLIO PER CI; CHE QUESTO DI PI= AVANTI LEGGERE VI SPAVENTI, QUASI SEMPRE TRA’ SOSPIRI E TRALLE LAGRIME LEGGENDO DOBBIATE TRAPASSARE

V 3: Ma non voglio che questo vi spaventi di leggere più avanti e che dobbiate trapassare (superare) con la lettura, quasi che, leggendo oltre, dobbiate procedere sempre tra i sospiri e le lacrime

QUESTO ORRIDO COMINCIAMENTO VI FIA NON ALTRAMENTI CHE A’ CAMMINANTI UNA MONTAGNA ASPRA E ERTA, PRESSO ALLA QUALE UN BELLISSIMO PIANO E DILETTEVOLE SIA REPOSTO, IL QUALE TANTO PI= VIENE LOR PIACEVOLE QUANTO MAGGIORE 0 STATA DEL SALIRE E DELLO SMONTARE LA GRAVEZZA

V 4: Questo orribile (orrido) inizio non sarà diverso da quello che accade a chi cammina su una montagna aspra e ripida (erta; dittologia sinonimica: due parole collegate, due termini sono sinonimi con sfumature diverse) presso la quale sia posta una bellissima e piacevole pianura, che viene tanto gradito a loro (ai viandanti) quanto maggiore è stata la fatica del salire e dello scendere E SÌ COME LA ESTREMIT2 DELLA ALLEGREZZA IL DOLORE OCCUPA, COSÌ LE MISERIE DA SOPRAVEGNENTE LETIZIA SONO TERMINATE

V 5: E così come il dolore si colloca alle estremità della felicità e così le tristezze vengono concluse dalla felicità che sopraggiunge (la condizione umana è ciclica nella sua instabilità) A QUESTA BRIEVE NOIA (DICO BRIEVE IN QUANTO IN POCHE LETTERE SI CONTIENE) SEGUITA PRESTAMENTE LA DOLCEZZA E IL PIACERE IL QUALE IO V’HO DAVANTI PROMESSO E CHE FORSE NON SAREBBE DA COSÌ FATTO INIZIO, SE NON SI DICESSE, ASPETTATO.

V 6: A questa breve (dico breve in quanto si contiene in poche lettere / pagine) sofferenza (l’orrido cominciamento: è “breve” in quanto si risolve in poche parole) segue immediatamente la soavità e il piacere che io vi ho promesso, e che forse non si sarebbe aspettato, se non fosse stato detto, dopo un tale inizio E NEL VERO, SE IO POTUTO AVESSI ONESTAMENTE PER ALTRA PARTE MENARVI A QUELLO CHE IO DESIDERO CHE PER COSÌ ASPRO SENTIERO COME FIA QUESTO, IO L’AVREI VOLENTIER FATTO: MA PER CI; CHE, QUAL FOSSE LA CAGIONE PER CHE LE COSE CHE AP- PRESSO SI LEGGERANNO AVVENISSERO, NON SI POTEVA SENZA QUESTA RAMEMORAZION DIMOSTRARE, QUASI DA NECESSIT2 CONSTRETTO A SCRIVERLE MI CONDUCO.

V 7: E vi dico la verità, se io vi avessi giustamente potuto condurvi dove desidero attraverso un altro sentiero, invece che per un sentiero così aspro, io l’avrei fatto volentieri; ma per il fatto che senza questa rievocazione (della peste) non si poteva mostrare quale fosse la causa per cui avvenissero le cose che poi si leggeranno (nell’opera), mi appresto a scriverle quasi costretto dalla necessità DICO ADUNQUE CHE GI2 ERANO GLI ANNI DELLA FRUTTIFERA INCARNAZIONE DEL FIGLIUOLO DI DIO AL NUMERO PERVENUTI DI MILLETRECENTOQUARANTOTTO, QUANDO NELLA EGREGIA CITT2 DI FIORENZA, OLTRE A OGN’ALTRA ITALICA BELLISSIMA, PERVENNE LA MORTIFERA PESTILENZA: LA QUALE, PER OPERAZION DE’ CORPI SUPERIORI O PER LE NOSTRE INIQUE OPERE DA GIUSTA IRA DI DIO A NOSTRA CORREZIONE MANDATA SOPRA I MORTALI, ALQUANTI ANNI DAVANTI NELLE PARTI ORIENTALI INCOMINCIATA, QUELLE D’INUMERABILE QUANTIT2 DE’

VIVENTI AVENDO PRIVATE, SENZA RISTARE D’UN LUOGO IN UNO ALTRO CONTINUANDOSI, VERSO L’OCCIDENTE MISERABILMENTE S’ERA AMPLIATA.

V 8: Dunque vi racconto che era l’anno della reincarnazione 1348, quando giunse la pestilenza mortale nella celebre (egregia) città di Firenze (Fiorenza) più bella e nobile di qualsiasi altra città, giunse la pestilenza portatrice di morte (si manifestò all’inizio di aprile): la quale (pestilenza), o per influssi celesti (superiori : secondo la tradizione astrologica), o mandata sopra ai mortali dalla giusta ira di Dio per correggerci (correzione) per colpa delle nostre opere ingiuste (malvagie, inique), era iniziata diversi anni prima nelle regioni d’Oriente privandole di una incalcolabile (inumerabile) quantità di viventi, e poi, senza mai fermarsi si era diffusa verso l’Occidente  Il modello di riferimento per la descrizione boccacc...


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