LE Fiabe NON Raccontano Favole PDF

Title LE Fiabe NON Raccontano Favole
Author Federica Rossi
Course Teoria e forme della comunicazione
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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LE FIABE NON RACCONTANO FAVOLE Credere nell’esperienza

PARTE PRIMA – Esperire, parlare, godere Separazione fra ESPERIENZA e CERTEZZA  non ha senso misurare/calcolare un’esperienza e non è nemmeno possibile farlo. La scienza moderna, nata da un bisogno assoluto di certezza, è figlia NON dell’esperienza ma dell’esperimento.

L’esperienza del soggetto rappresenta una frattura, un momento di arresto, all’interno del FLUSSO che caratterizza la vita, rappresenta un punto di fuga dalla cosiddetta “nuda vita”. Il soggetto non solo esiste e vive MA fa anche esperienza del proprio esistere e della propria vita. Il soggetto inizia ad esistere come soggetto, e non come semplice vivente, nel momento in cui si arresta, si chiama fuori dal FLUSSO della vita, trova un punto d’appoggio e inizia a riflettere; nel riflettere, il soggetto si concentra in sé, si raccoglie in sé. Questo punto d’appoggio e luogo di raccoglimento è la PAROLA stessa. Se dunque l’esperienza è parola e risposta, allora quest’ultima parla del soggetto più di quanto egli stesso non ne parli. La parola del soggetto parla e narra anche quando non giudica, ma soprattutto parla e narra molto di più e molto di diverso rispetto a quanto il soggetto non creda e speri.

L’esperienza si intreccia con la memoria e con la speranza, con la MEMORIA di un passato che non è mai stato presente e con la SPERANZA di un avvenire al di là del futuro. Il TEMPO dell’esperienza dunque non è l’istante, non è l’ora, e neppure è il susseguirsi di molteplici istanti, ma è l’intreccio storico che lega il qui al là e all’al di là. L’esperienza è parola e risposta, proprio per questo essa è fin dal principio sempre una trama di parole, è logos in quanto intreccio di parole e racconto.

Nel mondo digitale la ragione per non esitare un istante ad entrare in contatto con l’altro esiste ed è fin troppo chiara: si tratta sempre di sé, di continuare a ripetere all’altro e a tutti gli altri: “non dimenticatevi che IO esisto”. La comunicazione si è così trasformata in un pretesto per l’affermazione del proprio EGO.

Schopenhauer, L’arte di ottenere ragione esposta in 38 stratagemmi: “La logica ha un oggetto puramente a priori, ossia le leggi del pensiero, il procedere che la ragione segue se è lasciata a sé stessa e non è disturbata, cioè quando un essere razionale pensa da solo e non è tratto in errore da nulla. La dialettica invece tratterebbe della comunione di due esseri, che di conseguenza pensano insieme, cosa da cui, non appena essi NON concordino come due orologi sincronizzati, sorge una disputa, cioè una battaglia spirituale”.

ACCORDO – quest’ultimo è occupato o dal procedere silenzioso della ragione quando essa è lasciata a sé stessa e NON viene disturbata da alcuna individualità/molteplicità, o dalla discreta “conversazione storica” in cui si comunicano solo fatti nei confronti dei quali la diversità NON può generare alcuna disputa. In questi ambiti NON vi è propriamente comunicazione, non vi son né conversazione né dialogo, ma solo trasmissione di messaggi ad un altro che, non intervenendo mai come tale all’interno dello scambio di parole, si limita a svolgere la funzione del semplice ricevente e mai anche quella del rispondente. DISACCORDO – occupato dalla “conversazione deliberativa” in cui ogni soggetto, proprio perché individuo, vuole necessariamente prevalere sull’altro.

Ibi: “A si accorge che i pensieri di B sul medesimo oggetto divergono dai suoi, egli non va per prima cosa a riesaminare il proprio pensiero per trovare l’errore, ma presuppone che questo si trovi nel pensiero dell’altro: cioè l’uomo è per natura prepotente, vuole avere ragione”. Affermazione della VANITÀ sulla VERITÀ  Ibi: “L’innata vanità non vuole accettare che quanto da noi sostenuto in principio risulti falso, e vero quanto sostiene l’avversario”. In sintesi:   

Le divergenze scaturiscono dalla DIVERSITÀ che è un tratto costitutivo dell’individualità L’individualità è sempre volontà di dominio, come si rivela soprattutto nell’uomo che è per natura prepotente e oggetto alla VANITÀ Ogni confronto verbale tra due soggetti si trasforma sempre in un campo di battaglia

Per ritornare a Schopenhauer, ad eccezione di quella parola che trasmette dati numerici e fatti storici, laddove propriamente NON c’è alcun vero confronto e dunque dialogo con l’altro (ammesso e concesso che il soggetto sia capace di una tale trasmissione, ovvero sia capace di trasmettere senza godere), ad eccezione dunque di questa neutra trasmissione, sembrerebbe che il soggetto usi le parole esclusivamente per dominare, imporsi, per ottenere ragione anche senza averla, in una parola: per godere.

PARTE SECONDA – Il viaggio della donna Secondo Nabokov “la letteratura è finzione. Ogni grande scrittore è un imbroglione, ma lo è anche la Natura”. Le FIABE infatti hanno l’ambizione di dar voce ad alcune verità proprio attraverso la finzione che costruiscono e mettono in scena. Non tutta l’ESPERIENZA del soggetto, che è parola, che è intreccio di parole, si traduce in concrete parole dette e scritte. Gran parte di questa esperienza infatti resta segreta, come nascosta all’interno del soggetto stesso. Sembra quasi che il soggetto sia afflitto da una sorta di autismo (il quale NON coincide affatto con il mutismo: autismo NON è assenza di parola) che impedisce alle parole di tradursi totalmente in una parola esplicitamente detta e scritta. Il soggetto sperimenta in questo modo l’impossibilità di tradurre tutta la sua esperienza in un concreto atto comunicativo. Rispetto all’INTRECCIO che forma l’esperienza, la GRIGLIA risulta essere un inganno. Innanzitutto essa impone un ordine a ciò che di per sé non lo è; una griglia è costruita proprio perché i conti tornino e se talvolta non tornano se ne può sempre costruire un’altra più ampia e potente. Ma l’esperienza del soggetto è costituita da fatti che non sono affatto fatti: un FATTO non può tornare come torna un CONTO. Inoltre la griglia si rivela un inganno anche perché in essa il caso singolo non può essere accolto, resta fuori dal conto. Più il calcolo si perfeziona, maggiore sarà la distanza che lo allontana dall’unicità della singola esperienza. In altre parole, il CALCOLO si rivela come insufficiente non a causa della sua imperfezione ma proprio a causa della sua perfezione.

Le fiabe, sebbene spesso si chiudano con un lieto fine, NON sono state scritte per consolare e far tornare ad ogni costo tutti i conti. Le fiabe NON pretendono in alcun modo di dire tutta la verità sull’esperienza umana, inoltre esse fanno di tutto per lasciar trasparire l’esperienza del soggetto con tutti i suoi errori e terrori, con tutte le sue angosce e paure, senza preoccuparsi di creare un universo perfetto all’interno del quale ogni conflitto si risolve. Bettelheim: “Secondo certuni le fiabe non presentano quadri veritieri della vita e quindi non sono sane. Essi non pensano che la verità nella vita di un bambino può essere diversa da quella degli adulti. Non si rendono conto che le fiabe non cercano di descrivere il mondo esterno e la realtà. Né riconoscono che nessun bambino sano di mente crede mai che queste fiabe descrivano il mondo in modo realistico”.

Tratti fondamentali delle fiabe: 1. Le fiabe non sono per forza dei racconti per bambini; le fiabe, anche quando si rivolgono al bambino, parlano sempre all’uomo. 2. La fiaba mira sempre all’essenziale, per far ciò si serve sempre del comune e del quotidiano; benché gli eventi che si verificano nelle fiabe siano spesso insoliti e assai improbabili, sono sempre presentati come ordinari, come qualcosa che potrebbe accadere a tutti noi.

3. Un tratto caratterizzante è l’onestà; spesso il Male nelle fiabe ha temporaneamente la meglio e viene presentato come una virtù (es. Cappuccetto Rosso si lascia sedurre dal lupo). 4. La fiaba descrive un viaggio, un percorso o un travaglio (elemento del BOSCO). Tutte le fiabe sono racconti di iniziazione (Bildungsroman): l’uomo non nasce uomo ma lo diventa, e per diventarle deve rinascere una seconda volta. 5. A differenza dei MITI, nei quali il finale è sempre tragico, il fine delle FIABE è quasi sempre lieto. Tuttavia, il lieto fine NON deve essere interpretato come una funzione consolatoria, ma come la conferma che la seconda nascita è a portata di mano non solo del bambino ma dell’uomo in generale.

CAPPUCCETTO ROSSO

AT 333 The Glutton (Red Riding Hood) 1. Wolf’s Feats 2. Rescue



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Esempio di RACCONTO DI INIZIAZIONE  viaggio nel BOSCO, metamorfosi che porta ad una seconda rinascita (da una bambina dovrà nascere una donna, così come in Pinocchio da un pezzo di legno dovrà nascere un uomo) Concetto del diventare DONNA: bambina  mamma  nonna Colore ROSSO: colore del cappuccio, rimanda al sangue e al ciclo, quindi la fertilità e il desiderio sessuale, ma anche alla morte e alla violenza Riferimenti alla dimensione orale della BOCCA: non appena si è in due si vuole subito dominare, soprattutto per non soccombere, questa infatti sembrerebbe l’unica legge della natura, o si mangia o si è mangiati (Schopenhauer)

La fiaba si rivolge ad una bambina per sollecitarla ad abbondonare l’infanzia ed accedere al mondo adulto. La mamma, sollecitando la figlia al distacco, al tempo stesso la mette in guardia: bisogna sì abbandonare la casa della mamma, ma una volta fuori NON bisogna uscir di strada. Il simbolo per eccellenza del fuori che attende Cappuccetto Rosso è il BOSCO; prima o poi infatti ci si trova sempre soli: Luthi: “I protagonisti delle fiabe non hanno alcun vero legame con la propria famiglia, col popolo… i personaggi tendono ad isolarsi esteriormente: i genitori muoiono lasciando da soli i figli, oppure sono poveri e li abbandonano nel bosco… così i personaggi delle fiabe si distaccano dalle persone a loro note e dai luigi natii, isolati si avventurano per il vasto mondo”.

Perché il lupo non divora Cappuccetto Rosso non appena l’incontra? E perché lei dialoga con il lupo dandogli informazioni dettagliate su dove si sta recando? 1. Per poter catturare Cappuccetto Rosso, il lupo deve prima sbarazzarsi della nonna; inoltre vuole prima indurre la bambina ad andare a letto con lui, l’incontro sessuale deve precedere l’inghiottimento della bambina. 2. Cappuccetto Rosso risponde a tutte le domande del lupo semplicemente perché è ancora una bambina che ignora i pericoli della vita; allo stesso tempo però vi è una sorta di fascino da parte di Cappuccetto Rosso nei confronti del lupo. In questo voler far trovare la strada al lupo vi è in gioco non solo il tentativo di traferire le mire del seduttore da una fanciulla inesperta ad una donna matura quale la nonna, ma anche il desiderio inconscio di eleminare quest’ultima allo scopo di prenderne il posto accanto al lupo. Cappuccetto Rosso è ANCORA una bambina ma allo stesso tempo non è più SOLO una bambina.

La protagonista di questa fiaba è universalmente amata proprio perché, per quanto virtuosa, si lascia tentare dal lupo, ne subisce il fascino. Pulsione di morte di Freud: la vita tende a volere il proprio godimento anche se questo è contro o minaccia la sopravvivenza della vita stessa […] gli esseri umani non vogliono guarire. Essi non vogliono rinunciare al godimento che gli procura il loro sintomo.

La versione di Perrault termina con la vittoria del lupo  morale del lupo: state attenti, ovunque ci sono predatori, diventate adulti e imperate ad evitare i pericoli, perché questa è l’unica condizione per NON essere mangiati e continuare così a mangiare (Hobbes, homo homini lupus). Il finale dei fratelli Grimm invece è completamente diverso perché viene introdotta la figura del CACCIATORE, che ci fa comprendere come la donna non debba temere sempre il maschio, perché quest’ultimo non necessariamente è lupo. L’azione che il cacciatore compie non è quella di uccidere il lupo – compito che spetta a Cappuccetto Rosso e solo a lei – bensì quella di far rinascere prima la bambina poi la nonna.

BIANCANEVE

AT 709 Snow White 1. 2. 3. 4. 5.



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Snow White and her Stepmother Snow White’s rescue The Poisoning Help and Dwarfs Her Revival

Mentre Cappuccetto Rosso si imbatte nel lupo (MASCHIO seduttore), Biancaneve si scontra con una DONNA, la sua matrigna  inversione dei ruoli, prima figura maschile negativa ora femminile (favorita invece dalle figure maschili quali nani, cacciatore, Principe)  NON sempre l’uomo è nemico della donna, NON sempre la donna è amica della donna Tema del ROSSO: tre gocce di sangue versate sulla neve bianca (innocenza sessuale VS. desiderio sessuale) Numero SETTE: numero dei nani, numero dei monti che separano la reggia della matrigna dalla casetta dei nani, numeri dei riti di iniziazione (durante questi riti le fanciulle venivano condotte nella foresta, in capanne lontane dal villaggio, dove dovevano restare per un periodo di apprendistato delle loro future mansioni di madri e mogli  i nani impongono a Biancaneve come unica condizione per restare con loro quella di tenere in ordine la casa e cucinare) Tema dello SPECCHIO: caratteristica essenziale dello specchio è quella di dire sempre la verità, una verità che non è mai qualcosa di totalmente estraneo alla regina, ma è qualcosa di cui non ha ancora preso piena coscienza. Ormai è Biancaneve la donna giovane e fertile, il tempo della matrigna è passato, il suo ciclo si è concluso. La matrigna, che non ha avuto figli, non li avrà mai più, non potrà mai essere una madre. È questa memoria della maternità mancata che la visione di Biancaneve riattiva nella mente della regina.

Tema dell’INVIDIA e della GELOSIA: l’invidioso si addolora nel vedere il bene dell’altro, ma ciò che lo addolora non è propriamente che l’altro possegga quel bene, ma che attraverso quel bene l’altro abbia realizzato ciò che anch’egli avrebbe potuto realizzare. Vedendo l’altro, mi accorgo che anche io avrei voluto, ma ora NON potrò più realizzare quel mio desiderio. La possibilità era mia, ma ora che la vedo realizzata nell’altro mi accorgo che NON lo sarà più. L’altro dunque mi fa vedere ciò che mi ero dimenticato mi appartenesse e al tempo stesso me lo sottrae irrimediabilmente. Il geloso invece teme che l’altro lo privi di un bene che gli appartiene (es. sono gelosa del mio ragazzo), mentre l’invidioso soffre nel vedere qualcosa che non è suo e mai lo sarà, e che tuttavia avrebbe potuto esserlo (es. sono invidiosa del ragazzo di una mia amica).

L’INVIDIA è connessa ad un’impotenza, ad un sapere di NON potere più; pertanto lo stato d’animo che caratterizza l’invidioso non è l’ira, quanto piuttosto la tristezza (che poi spesso si trasforma in ira e odio come testimonia il comportamento della matrigna). È il segno di un vuoto ormai incolmabile che forse può trovare una misera compensazione solo dalla distruzione di quello stesso bene presente nell’altro. In sintesi, più che essere gelosa della bellezza di Biancaneve, la matrigna è invidiosa della sua nascente fertilità. La regina, dopo essersi fatta portare dal cacciatore i polmoni e il fegato di Biancaneve (che in realtà sono di un cinghiale) li mangia, sperando così di impossessarsi della forza vitale della fanciulla e tornare ad essere giovane, ma soprattutto fertile.

Il CACCIATORE è un simbolo di protezione che tuttavia, così come i NANI, si prende cura di Biancaneve solo in parte e comunque momentaneamente; il periodo che la giovane trascorre con i nani è un periodo di latenza, durante il quale sarà al sicuro ma non potrà mai essere feconda. Ad un certo momento si è chiamati direttamente in scena, anche Biancaneve deve uscire allo scoperto e fare esperienza, da sola (tendenza delle fiabe ad isolare l’eroe). In questa fiaba il BOSCO è presentato come luogo di protezione e non di perdizione come in Cappuccetto Rosso.

La matrigna cerca di far fuori Biancaneve prima con delle stringhe per il busto, poi con un pettine ed infine con la mela. Le prime due tentazioni hanno a che fare con il diventare donna della giovane (avere un corpetto alla moda, una bella acconciatura), la mela invece rappresenta l’ amore e il sesso (colore rosso delle tre gocce di sangue).

BARA DI CRISTALLO  Biancaneve è anche una fiaba della vista, o meglio, dell’esperienza dello sguardo. Cosa vede il principe? Esattamente ciò che i nani vedono senza guardare, ovvero l’essere diventata donna della fanciulla; il principe invece non solo VEDE Biancaneve ma la GUARDA, riconoscendola come donna....


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