Il reato permanente ed il reato abituale si caratterizzano per il fatto che PDF

Title Il reato permanente ed il reato abituale si caratterizzano per il fatto che
Author Paola Celsa
Course Diritto Processuale Penale
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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Di ffer enza r eat o per manent e,abi t ual e,cont i nuat o,a consumaz i one pr ol ungat a

I lr eat oper manent eedi lr eat oabi t ual es icar at t er i zz anoperi lf at t oche,aifini del l al or oconfigur abi l i t à,ènecessar i ochel acondot t asipr ot r aggaperun det er mi nat oper i odot empor al e.Nelr eat oper manent el acondot t aoffensi v a si pr esent auni t ar i aesenzacesur et empor al i ,nelr eat oabi t ual e,i nv ece,l a condot t a è car at t er i z zat a da unapl ur al i t à diat t iche,nell or o compl esso, r eal i z zano l ' offesa albene gi ur i di co pr ot et t o dal l a nor ma i ncr i mi nat r i ce. i lr eat oper manent e I lr eat oper manent eècar at t er i zz at odalf at t ochel acondot t aoffensi vadel bene gi ur i di co pr ot et t o dal l a nor ma penal ei ncr i mi nat r i ce sipr ot r ae nel t empoe dalf at t oc hel ' offesast essa vi ene pr odot t a dalpr ot r ar sidel l a condot t ai n quant o,i n di f et t o del l a per manenza,i lr eat o non pot r ebbe configur ar si( sipensi ,ad esempi o,als equest r o diper sona,l addov el a pr i v az i onedil i ber t àdel l aper sonaoffesa,ondeconfigur ar el ' offesaalbene gi ur i di copr ot et t o,dev enecessar i ament epr ot r ar siperundet er mi nat os paz i o t empor al e) . Par t edel l adot t r i nahar i l ev at ocomei lr eat oper manent e,perl asuas t r ut t ur a, può configur ar si sol o l addov e i lbene pr ot et t o si a di car at t er e i mmat er i al e( adesempi o,nelsequest r odiper sona,l al i ber t àper sonal e) .I n sensocr i t i co,sièoss er v at ochei lr eat oper manenesar ebbeconfigur abi l e ancheconr i f er i ment oadoffeseabenimat er i al iesièf at t ol ' es empi odel del i t t odii nv asi oneod occupazi onedit er r eni ,azi endeed edi ficiexar t t . 508e633cp.Siè,t ut t avi a,r epl i cat oche,nel l ei ndi cat ef at t i speci e,i lbene offeso è i l di r i t t o di pr opr i et àenon i lt er r enoe l ' edi fici o nel l as ua mat er i al i t à. I lbeneoffesodalr eat oper manent edev e,cer t ament e,pr esent ar ei lcar at t er e del l ar esi st enzaal l acondot t aoffensi vanels ensoc hes idev et r at t ar ediun benel i mi t abi l enelsuogodi ment omanondi st r ut t i bi l e. Di v er sodalr eat oper manent e,chesicar at t er i zz aperl aper manenzadel l a condot t a offensi v a, è i l r eat o i st ant aneo con effet t i per manent icar at t er i zz at o dal f at t o che l acondot t a offensi va è i st ant aneama gl ieffet t i offensi visonoper manent i( esempi o t i pi co di quest acat egor i aèl ' omi ci di o) .

Ir eat ievent ual ment e per manent isono car at t er i zzat i dal f at t o c he, ast r at t ament e,i lr eat osiconfigur anonper manent ei nquant ononèr i chi est a l a pr ot r azi one del l a condot t a perr eal i z zar el ' offesa e,t ut t av i a,è poss i bi l e che,nel l aconcr et ar eal i zzazi onedelf at t o dir eat o,i lsogget t or ei t er il a condot t al esi v adandol uogoadunamodal i t àper manent edir eal i zz azi one delr eat o non per manent e( sipensi ,ad esempi o,al l ' i ngi ur i ache può, ev ent ual ment e, esser e car at t er i zzat a dal l ar i pet i z i one del l e espr essi oni offensi v eanches e,aifi nidel l ' i nt egr az i onedeipr esuppost imat er i al idelr eat o, er asuffici ent el apr i madi esse) . Si a ir eat i per manent i che quel l i ev ent ual ment e per manent i hanno unadi sci pl i na anal oga:i lt er mi ne dipr escr i z i onedecor r e dalmoment o del l acessazi onedel l aper manenza,cosìcomei lt er mi neperpr opor r el a quer el ae quel l o perl ' appl i cazi one del l ' amni st i a;l aflagr anza dir eat osi configur adur ant et ut t al aper manenzaefinoac heessacessi ;l acompet enza pert er r i t or i osi i ndi vi duanel l uogoi ncuicessal aper manenza. Di scuss aèl ' ammi ss i bi l i t à delt ent at i vocon r i f er i ment oat al e cat egor i a di r eat i ;sipr opende pr ev al ent ement e perl ' opi ni one posi t i vaa pat t o che l acondot t a cost i t ut i vadel r eat o per manent e s i af r az i onabi l e. I l

r eat o

abi t ual e

La cat egor i a del r eat o abi t ual e è dicr eazi one dot t r i nal eed è par t i col ar ment edi sc ussa.L ' esempi ocomunement er i chi amat odit al efigur adi r eat o,è i ldel i t t o dimal t r at at ment ii nf ami gl i a,l addov el ' abi t ual i t à del l a condot t aèel ement ost r ut t ur al edelr eat o,conl aconseguenzacheuni sol at o epi sodi odimal t r at t ament onon sar ebbe i doneo a configur ar ei lr eat o st esso. La di s t i nz i one con i l r eat o per manent e s i i ndi vi dua nel l ecar at t er i st i chest r ut t ur al idel l acondot t ai nquant oi lr eat oabi t ual eè car at t er i zzat odalf at t oche,t r al esi ngol econdot t eoffensi vec her eal i z zano l ' abi t ual i t à,sussi st eunacesur at empor al e. Ov eisi ngol iat t idelr eat oabi t ual e,dipers é,non cost i t ui scano r eat o,si avr ài lr eat o abi t ual e pr opr i o, ov e, i nv ece, i si ngol i at t i , diper sé, cost i t ui r ebber oaut onomefigur edir eat o,sihai l r eat oabi t ual ei mpr opr i o. Sot t oi lpr ofil o deldol o,s idi sc ut e se ess o abbi acar at t er e uni t ar i oe si a l apr event i vacosci enzaevol ont àdipor r ei nesser eunaser i ediat t iche, compl essi v ament e,r eal i zz i nol acondot t aabi t ual eoffensi v ac ont empl at adal l a nor ma o s e sicar at t er i z zicome unapl ur al i t à diaut onome vol i zi oni

col l egat eai si ngol iat t ipost ii nesser econl acosci enzadegl iat t igi àpost ii n esser e. Cosìcomeperi lr eat oper manent e,ancheconr i f er i ment oalr eat oabi t ual e i lt er mi ne dipr escr i zi one,quel l o perpr opor r el a quer el a e quel l o per l ' appl i caz i onedel l ' amni st i adecor r edal l acessaz i onedel l ar ei t er az i one.

Reato abituale e reato continuato Ontologicamente diversi fra loro risultano il reato abituale ed il reato continuato anche se, anche ai fini dei loro effetti pratici, tendono spesso ad essere confusi. Infatti, risultato dell'applicazione di entrambe le fattispecie è che diverse condotte materiali siano soggette ad un unico trattamento sanzionatorio. Come già chiarito in un precedente post "il reato abituale viene definito come quel tipo di reato la cui condotta realizzatrice si sostanzia di per sé nell'abitualità della condotta, ovverosia, per dirla più semplicemente, quel reato che richiede ai fini della sua consumazione la ripetizione nel tempo di una determinata condotta. Esempio classico del reato abituale è lo stalking (tale tipologia di reato presuppone, infatti, più condotte reiterate nel tempo)". Pertanto, affinché si possa parlare di reato abituale occorre che singole condotte vengano ripetute nel tempo. La natura di tali condotte non deve essere per forza penalmente rilevante di per sé, atteso che vi possono essere diverse forme di reato abituale. Il reato abituale, infatti, si distingue in proprio ed improprio . Nell'ipotesi di reato abituale improprio, le diverse condotte materiali già di per sé costituiscono un'ipotesi di reato e la loro reiterazione nel tempo ne "sposta" soltanto la punibilità sotto altra fattispecie. Nell'ipotesi di reato abituale proprio invece le diverse condotte costituenti la fattispecie abituale, prese singolarmente, non costituiscono reato di per sé e, quindi, diventano penalmente rilevanti soltanto se reiterate nel tempo. Al contrario, il reato continuato già di per sé presuppone la coesistenza di diversi reati autonomi. Esso viene definito all'art. 81 cpv c.p. dove espressamente si legge che "alla stessa pena soggiace chi con più azioni od

omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge". Come chiarito brillantemente dalla giurisprudenza di legittimità "la differenza tra reato continuato e reato che tale non è anche se formato da una pluralità di azioni sta nel fatto che nel reato unitario l'obbiettivo del soggetto attivo è unico, anche se l'azione si articola in una pluralità di momenti successivi, mentre nel reato continuato vi è una pluralità di obiettivi tenuti assieme da un unico disegno o progetto criminoso" (Cass. Pen. sez. VI 84/448 Commentario breve al codice penale CEDAM). All'uopo va specificato come il reato continuato in realtà non possa considerarsi al pari del reato abituale come una classificazione della fattispecie giuridica in sé, bensì risulti piuttosto una "fictio juris" creata in un'ottica di favor rei al fine di arrivare in sede di applicazione della pena ad una pena minore che se si effettuasse un cumulo materiale dei delitti. Tale affermazione appare ancor più vera se si considera che la fattispecie della continuazione (e quindi il reato continuato) possa applicarsi anche al reato abituale (infatti se fossero classificazioni dello stesso genere ciò non potrebbe succedere). La giurisprudenza ha chiarito sul punto (in rare ed isolate pronunce - non trovandosene comunque di difformi) come anche nell'ipotesi di reato abituale possa applicarsi la fattispecie della continuazione se fra il reato abituale consumato ed una nuova condotta omogenea sia intercorso un lasso di tempo apprezzabile e tanto perché, lo si ricorda, il reato abituale è un reato unico che richiede soltanto ai fini della sua consumazione una reiterazione delle condotte. Tale orientamento ha trovato conferma indiretta, inoltre, in altre pronunce con riferimento al termine per proporre querela nel reato abituale e nel reato continuato. I Giudici di legittimità, interrogati sul punto, hanno ampiamente chiarito che in tema di reato continuato, essendo tale fattispecie unicamente applicabile quod poenam, i termini per la querela decorrono da ogni singola ipotesi di reato a nulla rilevando la continuazione, parimenti nell'ipotesi di reato abituale il termine decorrerà dal momento in cui la condotta è diventata punibile e, quindi, da quando la reiterazione ha rilevanza penale ed ha integrato la fattispecie di reato a prescindere dalle condotte successive, la cui punibilità viene comunque abbracciata dal processo instaurando.

Suprema Corte di Cassazione I Sezione Sentenza 29 aprile – 5 giugno 2014, n. Presidente Cortese – Relatore Zampetti

Penale 23619

Conl as ent enzachedisegui t osir i por t a,l aCassaz i onehat r at t at oal cuni i nt er essant i aspet t i r el at i vi alr eat odi mol est i e. I npar t i col ar e,conr i f er i ment oalr eat odicuisopr a,l aCor t esièpr eocc upat a di di st i nguer et r ar eat ocont i nuat oer eat oabi t ual e. Gl ier mel l i nihanno dunque affer mat oc he “ il reato di molestie non è necessariamente abituale, potendo essere realizzato anche con una sola azione, di tal che la reiterazione delle azioni di disturbo ben può configurare ipotesi di continuazione (v. Rv. 248982, 247960; ecc.). Peraltro tale impostazione di carattere generale non impedisce di rilevare che, in fatto, la vicenda concreta si sia snodata con caratteristiche tali da rendere la condotta abituale ed integrante il reato solo nella globalità unitaria delle condotte“ . Reato a consumazione prolungata e figure affini (Nota a Cass. pen., sez. II, 25 marzo 2014, n. 13916). Con la sentenza n. 13916/2014, la Corte di Legittimità rammenta la compatibilità tra la natura giuridica del delitto di truffa, p. e p. ex art. 640 cod. pen. e la figura del reato a consumazione prolungata. Il caso di specie riguarda un soggetto il quale, senza aver mai conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense, prestava la propria opera in uno studio legale curando pratiche per conto dello stesso. In tali occasioni, e mediante una complessa attività mistificatrice, il predetto riusciva ad ottenere indebitamente varie somme di denaro e al contempo era in grado di celare alle parti offese gli ammanchi prodotti ai loro danni, con un congegnato intreccio di pratiche ed un'attività di dirottamento del denaro progressivamente ottenuto. Solo dopo molti anni (l'attività fraudolenta si estendeva temporalmente dal 1995 al 2003) i soggetti passivi, di concerto con l'impresa della quale procedura esecutiva il reo si occupava, riuscivano a svelare la truffa facendo emergere obbiettivamente le perdite subite, con consequenziale concretizzazione della lesione fino ad allora rimasta solo latente. Quanto accaduto viene ricondotto dal Giudice della Nomofilachia non allo schema della continuazione di più ipotesi criminose (artt. 81 cpv, 640 c.p.), bensì alla truffa in senso unitario, sulla base dell'assunto per cui detto delitto, fondandosi sui segmenti strutturali degli artifizi/raggiri, dell'induzione in errore, dell'atto dispositivo, del danno e del profitto, è capace di estendersi temporalmente sicché la stessa estensione temporale diventa parte costitutiva dell'esecuzione criminosa, atteggiandosi come oggetto di rappresentazione anticipata funzionale ad aumentare il profitto. Secondo un percorso ermeneutico che ha riguardato altre ipotesi note, quali l'usura o il furto, si evince in sintesi la configurabilità della truffa nei termini di reato ad esecuzione frazionata (anche detto "a consumazione prolungata"), figura criminosa che, oltre a rientrare nella categoria dei reati istantanei non unisussistenti (si dice "reato istantaneo" quello che consuma l'offesa nel momento del perfezionamento del fatto tipico), nello stesso tempo si specifica rispetto ad essa in quanto aggiunge alla struttura tipica del

reato istantaneo il tempo come fattore ontologico, vale a dire la rilevante estensione temporale prodotta dallo "smembramento in fasi" del fatto tipico. Nel caso di cui si discorre, evidentemente l'inganno ben orchestrato era ab initio volto a prolungarsi nel tempo, e sfociava in artifizi e raggiri che, lungi dall'avere valenza autonoma, rappresentavano frazioni di una condotta ingannatoria unica e perdurante, di volta in volta celata alle parti offese mediante un utilizzo ben orchestrato delle pratiche. Quanto detto trovava il proprio momento di "discovery" dopo molti anni dall'inizio dell'esecuzione criminosa, poiché solo nel periodo post-2003 le parti offese subivano concretamente la deminutio patrimonii. L'occasione è dunque propizia per rammentare la distinzione tra i reati ad esecuzione frazionata e le altre figure criminose nelle quali lo "scorrere del tempo" assume un ruolo fondamentale. Il reato è detto "ad esecuzione frazionata" quando, stando ai contenuti letterali del fatto tipico descritto dalla norma, può essere eseguito in frazioni, cioè in segmenti distanziati dal fattore tempo. Il reato è unico e si perfeziona col verificarsi di tutto quanto richiesto contenutisticamente dalla fattispecie incriminatrice, dunque il termine di prescrizione decorre dalla produzione dell'evento: es. Tizio sottrae un autoveicolo e lo pone nei pressi del luogo ove è avvenuta la sottrazione; il giorno dopo fa ivi ritorno e si impossessa definitivamente del bene (furto ad esecuzione frazionata). L'esempio più attuale è però quello dell'usura, reato ad esecuzione frazionata per antonomasia (nonostante tesi avverse pur autorevolmente sostenute) poiché coinvolge più pagamenti parziali realizzati dalla vittima nei confronti dell'usuraio e finalizzati alla restituzione del capitale e degli interessi usurari. E' evidente che il reato ad esecuzione frazionata deve in primo luogo atteggiarsi come istantaneo, in quanto comunque il perfezionamento della fattispecie coinciderà con la consumazione (il perfezionamento è l'integrazione degli elementi del fatto tipico; la consumazione è il raggiungimento della lesione massima per poi far ritorno, la condotta del reo, in un alveo di liceità). In secondo luogo, il reato può atteggiarsi "ad esecuzione frazionata" solo se non è strutturato dal legislatore in modo da essere "unisussistente", cioè compatibile soltanto con il perfezionamento mediante singolo atto (es. ingiuria). Il reato ad esecuzione frazionata si distingue dal reato permanente , in quanto in questa seconda figura il lasso temporale non riguarda il perfezionamento, inserendosi al contrario nella divaricazione tra perfezionamento e consumazione del reato. Ciò - si rammenta - può avvenire solo quando il bene giuridico oggetto di tutela è suscettibile di compressione (al momento del perfezionamento) e di riespansione (al momento della consumazione), così come accade per il sequestro di persona, che coinvolge la libertà personale dell'individuo. Anche in questo caso, il reato è unico e il termine di prescrizione decorre dal momento della consumazione (il momento del perfezionamento è utile ai fini dell'individuazione del locus commissi delicti). Figura diversa è quella del reato abituale , che si sostanzia nelle incursioni reiterate al bene giuridico protetto, le quali, sedimentandosi, generano l'offesa complessivamente punibile. Le singole condotte avvengono a distanza di tempo (c.d. pause di normalità) e costruiscono un sistema comportamentale stigmatizzato dall'ordinamento: ogni condotta è un tassello del mosaico considerato illecito dal Legislatore, sicché dopo un numero minimo di episodi si raggiunge la soglia di offensività che merita sanzione penale. Si deve dare atto che nella categoria del reato abituale si inserisce la particolare ipotesi del reato abituale "improprio", la quale aggiunge ai caratteri suindicati il connotato dell'autonoma illiceità del singolo episodio offensivo: detto altrimenti, il Legislatore punisce una determinata condotta reputata ex se offensiva e, qualora al fatto già autonomamente illecito facciano seguito ulteriori episodi della medesima natura, tutti gli

episodi verificatisi verranno assorbiti dal reato abituale nella logica del ne bis in idem sostanziale, in modo da dare origine ad un'unica fattispecie punibile. Il momento consumativo del reato abituale "proprio" è riscontrato quando le condotte raggiungono la soglia minima di offensività (in concreto: una consistenza numerica minima) vietata dal Legislatore. Di regola non è la norma, ma l'interpretazione che di questa viene data dalla giurisprudenza, ad esprimere il numero di episodi richiesto per la sussunzione dei fatti nel reato abituale, generalmente consistendo in due o al massimo tre vicende fattuali. Si nota altresì come nel reato abituale proprio possa parlarsi di "offese intermedie atipiche": infatti, se il Legislatore punisce un quantum di stress cui il bene giuridico è sottoposto, ciò presuppone implicitamente che le vessazioni intermedie debbano ontologicamente essere cariche di offensività (la somma di addendi inoffensivi è anch'essa inoffensiva). Tale offensività è però considerata irrilevante penalmente finché venga raggiunto l'apice intollerabile per l'ordinamento. Ciò peraltro non deve sorprendere in quanto, secondo le più moderne ricostruzioni, è vero che la tipicità del fatto deve fare il paio con l'offensività (ogni fatto tipico deve essere anche offensivo), ma non è detto il contrario (non ogni fatto offensivo deve considerarsi tipico, ad esempio perché l'offesa è blanda o comunque tollerabile). Quanto detto pare trovare conforto nella figura del reato abituale proprio, poiché gli episodi generano offensività punibile solo cumulandosi tra loro, ma l'offesa di cui ciascuno è portatore è reputata medio tempore irrilevante dall'ordinamento penale. Spostando la visuale verso il reato abituale improprio, è evidente che per la sua configurazione saranno già sufficienti due episodi criminosi, in quanto lo stadio della "offensività" è sicuramente già raggiunto dopo il primo episodio, dunque è sufficiente che avvenga un secondo fatto illecito per considerare configurate non solo l'offensività ma anche l'abitualità intesa come reiterazione. Dal punto di vista del coefficiente psichico, di regola è richiesto il dolo, ma esso non viene inteso come rappresentazione anticipata dei molteplici attacchi al bene tutelato: piuttosto, durante l'espletamento di ciascun atto vessatorio, l'agente deve rappresentarsi lo stesso in termini di condotta che, cumulata alle precedenti, sia idonea a generare un quadro complessivo di atti offensivi nei confronti della vittima. Ultima figura da menzionare - senza pretesa di esaustività poiché non è questa la sede per sviscerarne ogni carattere strutturale - è senza dubbio l'istituto della continuazione (anche detto "reato continuato") ex art. 81 cpv c.p.: qualora il soggetto agente co...


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