che cos\'è il welfare state PDF

Title che cos\'è il welfare state
Course Politica sociale
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
Pages 23
File Size 480.4 KB
File Type PDF
Total Downloads 24
Total Views 144

Summary

Download che cos'è il welfare state PDF


Description

Che cos’è il welfare state- D. Carbone e Y.Kazepov CAPITOLO 1. LE DEFINIZIONI Wohlfahrtsstaat: termine usato per la prima volta in Germania nel 1879 da Adolph Wagner (studioso socialista di scienze delle finanze) che nei suoi scritti teorizzò il ruolo interventista dello Stato nel garantire il benessere dei cittadini. Dimostrò come questo intervento avrebbe aumentato il fabbisogno finanziario dello stato comportando un mutamento qualitativo della sua struttura e lo sviluppo di nuove istituzioni. I costi di questa trasformazione si sarebbero potuti coprire con imposte progressive sul reddito. Von Papen (cancelliere tedesco): nel 1932 attaccò duramente il Wohlfahrtsstaat sostenendo che esso aveva indebolito le forze morali della nazione e l’iniziativa degli individui sovraccaricando lo Stato con compiti superiori alle sue possibilità. Welfare State: utilizzato per la prima volta nel 1941 dall’arcivescovo di York William Temple per sottolineare la differenza esistente tra il welfare state britannico (stato del benessere) e il welfare state dei nazisti (lo stato di guerra). Voleva mettere in evidenza i diversi principi ispiratori dell’azione dello Stato nei due paesi. Il processo attraverso il quale l’intervento dello Stato tale ruolo è fortemente intrecciato con le profonde trasformazioni economiche della modalità di produzione del benessere e delle condizioni di vita delle persone, ossia con le trasformazioni politiche che hanno influenzato la partecipazione dei cittadini alla sfera pubblica. Con queste trasformazioni si sono realizzate condizioni tali da favorire la creazione di consenso intorno allo sviluppo delle politiche sociali. Elementi che lo compongono: ● ● ● ●

Cause dello sviluppo del welfare state; Gli scopi; Gli elementi costitutivi; Il suo finanziamento.

La prospettiva inglese: particolarmente rilevante è il contributo riformista inglese sviluppatosi tra gli anni 40 e 50 che ha trovato nel Rapporto Beveridge un punto di svolta fondamentale, determinando così un salto di qualità. Questo mutamento di espansione dei diritti dei cittadini e della spesa pubblica ha coinciso con un processo di sviluppo economico senza precedenti che ha fornito le risorse necessarie a finanziare tale espansione. Asa Briggs (studioso britannico): sostiene che il welfare state è uno Stato in cui il potere organizzato è liberamente utilizzato nel tentativo di modificare le forze di mercato in almeno tre direzioni che sono garantendo agli individui alle famiglie un reddito minimo indipendentemente dal valore di mercato della loro proprietà; riducendo il grado di insicurezza; mettendo gli individui e le famiglie in condizione di far fronte a certe contingenze sociali assicurando ad ogni cittadino i migliori standard disponibili. Il mutamento che ha accompagnato l’affermazione della società di mercato ha fatto venire meno le basi tradizionali del sostentamento della popolazione, questo ha obbligato le persone a vendere la propria forza lavoro per poter far fronte ai propri bisogni comprando le merci necessarie. Secondo la definizione di Briggs le politiche sociali devono garantire l’accesso a risorse ridistribuite attraverso la mano pubblica assicurandole ad ogni cittadino. Ciò presuppone un approccio universalistico delle politiche, ossia interventi sociali a beneficio di tutti. Nella realtà però tali politiche non sono così universalistiche e distinguono implicitamente o esplicitamente tra i potenziali beneficiari i quali differiscono per status occupazionale, età, sesso, tipologia familiare, problemi. La definizione di Briggs ritiene che la gamma concordata di servizi sociali vari da contesto a contesto e che non possa essere fissata una volta per tutte, ma vada analizzata storicamente. Tale definizione dà per scontato il diritto alle prestazioni. 1

Thomas H. Marshall: considera i diritti ai servizi sociali la chiave di volta di quello status che viene conferito a tutti coloro che sono membri a pieno diritto di una comunità, ovvero della cittadinanza, che trova piena realizzazione nel welfare state. Questa appartenenza è caratterizzata da tre elementi: ● Quello civile, diritti necessari alla libertà individuale: personale, di parola, di pensiero e di fede, il diritto di possedere cose di proprietà e di stipulare contratti validi e il diritto di ottenere giustizia; ● Quello politico, diritto di partecipare all’esercizio del potere politico come membro di un organo investito di autorità politica o come elettore dei componenti di tale organo; ● Quello sociale, diritti che vanno dalla garanzia di un minimo di benessere e sicurezza economica fino al diritto di vivere la vita di persona civile secondo i canoni, le abitudini e i consumi vigenti nella società (es. sistema scolastico e servizi sociali). In altre parole sono diritti a prestazioni che caratterizzano il welfare state e che sono volti a garantire da un lato un minimo benessere e dall’altro la partecipazione nella società. Arnold Wilensky: considera caratteristica essenziale del welfare state la protezione da parte dello Stato di standard minimi di reddito, alimentazione, salute e sicurezza fisica, istruzione e abitazione, garantita ad ogni cittadino come diritto pubblico e non come carità. L’elemento rilevante dell’aspetto giuridico è legato all’attribuzione al soggetto di un diritto rivendicabile a prestazioni di welfare. Gli individui vengono considerati come soggetti autonomi capaci di esprimere la propria volontà. La definizione però non chiarisce quali caratteristiche devono avere questi standard minimi e non considera neppure quali standard minimi di reddito possono essere garantiti. La divisione sociale del welfare state: il modo in cui i welfare state garantiscono e organizzano tali servizi è un elemento che varia notevolmente da paese a paese e riflette le configurazioni sociali e quella tensione tra valori prevalenti nei diversi contesti che ha accompagnato il consolidamento dei principi di inclusione ed esclusione alla base dei welfare state. Offrire servizi pubblicamente e gratuitamente a tutti ha un impatto redistributivo completamente diversi dall’offrirli sempre pubblicamente ma a pagamento oppure dal non offrirli pubblicamente ma farli offrire dai privati. Titmuss (1986): riconosce l’esistenza di una divisione sociale del welfare state che risponde a bisogni diversi, individuando tre categorie di welfare: ● Welfare sociale; ● Welfare fiscale; ● Welfare aziendale. Questa divisione si basa su differenze nell’organizzazione dei servizi e nell’impatto redistributivo degli stessi. Titmuss mette in guardia dalle possibili disuguaglianze sociali che possono moltiplicarsi quando alcuni servizi di welfare favoriscono determinati gruppi sociali piuttosto che altri. La crisi e le critiche: dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino alla prima metà degli anni 70 il welfare state ha conosciuto il suo periodo di massimo sviluppo, chiamato l’età d’oro. In questo periodo l’accesso ai servizi si è diffuso e l’entità delle prestazioni è aumentata tanto che parti sempre più ampie di popolazione hanno potuto partecipare al benessere sociale crescente. Le critiche formulate negli anni 70 mettono maggiormente in evidenza le dimensioni valoriali che fondano la legittimità del welfare state. La critica neomarxista: concezione dello Stato espressa da Marx nel Capitale secondo il quale lo Stato riflette le relazioni economiche che strutturano le società in classi sociali. Lo Stato quindi mobilitando esclusivamente gli interessi delle classi dominanti non può contemporaneamente venire incontro agli interessi di due classi senza entrare in contraddizione. Essi attribuiscono al welfare state lo scopo di assicurare il processo produttivo e accumulativo del capitale e il mantenimento della popolazione non attiva in una prospettiva funzionale al capitalismo. Le principali critiche riguardano: 2

● L’efficacia e l’efficienza, inefficaci perché non eliminano le cause dei bisogni, non modificano i presupposti delle disuguaglianze sociali, inefficienti a causa dell’immenso apparato burocratico che li muove; ● Il controllo sociale, selezione di coloro che vengono considerati meritevoli; ● I condizionamenti ideologici, moderano gli effetti della divisione di classe, contribuiscono ad alimentare una falsa coscienza della classe lavoratrice limitandone la volontà di organizzarsi e di lottare per cambiare la società; ● La sostenibilità fiscale, i welfare state si trovano in una profonda crisi fiscale che nasce dal fatto che lo Stato capitalista deve soddisfare due funzioni fondamentali spesso contraddittorie ossia l’accumulazione della classe dei capitalisti e la legittimazione da parte di tutta la popolazione che vota. Questa contraddizione viene risolta solo tramite la crescita economica; La critica neoliberista: accusano il welfare state di radicalizzare e non moderare il conflitto sociale. Le istituzioni di welfare costituiscono un disincentivo agli investimenti e un disincentivo al lavoro. Murray: la causa del persistere della povertà latente è da ricercarsi nel basso tasso di partecipazione al mercato del lavoro che tali programmi inducono nei nuclei familiari a basso reddito. In altre parole le politiche sociali riducono la propensione delle persone a basso reddito ad accettare qualsiasi lavoro, anche se sottopagato o precario. Lawrence M. Mead: mette l’accento sull’influenza negativa che la dipendenza ha sulla motivazione dei poveri e dei disoccupati a superare la propria condizione e sottolinea il ruolo dello Stato che deve essere di autorità nell’obbligare al lavoro. Elementi di convergenza: ● I welfare state non può più essere considerato la risposta valida ai problemi socio politici delle economie capitaliste; ● Le società capitaliste allo stesso tempo non possono fare a meno del welfare state; ● Nessuno dei due approcci può contare su di una strategia realistica per la realizzazione di quello che ognuno reputa essere la forma più desiderabile di organizzazione della società e dello Stato, il welfare state ha raggiunto dei limiti che sono l’esito di dinamiche di trasformazione tra lo Stato e l’economia nell’ambito delle quali il welfare state offre risposte vecchie a sfide nuove. Un ri-orientamento concettuale: Albert: nella seconda metà degli anni 80 considera il welfare state come un insieme di risposte di policy al processo di modernizzazione, consistenti in interventi politici nel funzionamento dell’economia e nella distribuzione societaria delle chances di vita che mirano a promuovere la sicurezza e l’eguaglianza dei cittadini al fine di accrescere l’integrazione sociale. Flora e Heidenheimer: considerano il welfare state come una risposta a due processi fondamentali: ● La formazione degli stati nazionali e la loro trasformazione in democrazie di massa dopo la Rivoluzione Francese; ● L’espansione del capitalismo, diventato il modo di produzione dominante dopo la rivoluzione industriale. Il welfare state potrebbe essere interpretato come una risposta istituzionale alle crescenti domande di eguaglianza e di sicurezza sociale ed economica che viene fornita attraverso tre mezzi fondamentali: ● Il pagamento diretto di prestazioni in denaro; ● L’erogazione diretta di servizi in natura; 3

● L’estensione indiretta dei benefici attraverso crediti e deduzioni fiscali. Essi affermano che i confini mutano nel tempo, ciò che diventa importante è una definizione che ci permetta di cogliere le diverse combinazioni tra istituti di welfare differenti. Verso una definizione analitico-istituzionale: la dimensione politico-istituzionale dello Stato sociale delinea le direzioni nelle quali le risorse che il welfare state si incanalano. Ferrera: il welfare state è un insieme di interventi pubblici connessi al processo di modernizzazione, i quali forniscono protezione sotto forma di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale, introducendo specifici diritto sociali nel caso di eventi prestabiliti, ossia specifici doveri di contribuzione finanziaria. Tale definizione ci permette di leggere il welfare state anche nelle diverse forme che si sono storicamente strutturate nei vari contesti. Il welfare state e le altre fonti di benessere: il ruolo dello Stato nella produzione del benessere nella società porta a considerare il fatto che il welfare state non è l’unica fonte di welfare, di fatti lo sono anche la famiglia e le altre istituzioni di reciprocità, le associazioni e il mercato. Tutte insieme queste fonti contribuiscono a rendere la società un sistema interconnesso da un punto di vista sociale ed economico. Sistema di welfare: comprende al proprio interno il welfare state integrandone l’azione con quella delle altre sfere allocative. Welfare state: insieme di interventi pubblici connessi al processo di modernizzazione i quali forniscono protezione e risorse sotto forma di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale. Essi sono parte di un più ampio sistema di welfare nell’ambito del quale definiscono il ruolo delle altre sfere regolative che producono e distribuiscono risorse, introducendo specifici diritti sociali nel caso di eventi prestabiliti, ossi di specifici doveri di contribuzione finanziaria che variano da assetto istituzionale ad assetto istituzionale.

CAPITOLO 2. ORIGINI E STORIA Per cogliere l’ampia portata dei cambiamenti sociali, economici e politici che incidono profondamente nell’affermazione della società moderna bisogna partire dal Medioevo. Nel periodo compreso tra il XI e il XV secolo si avvia quel lungo processo di trasformazioni che culminerà con il superamento definitivo dell’organizzazione politica ed economica signorile strutturata intorno a un’organizzazione del lavoro agricolo basato sulla servitù, una funzione di protezione militare garantita localmente. Economia premedievale: economia senza mercato. All’interno della quale il processo di distribuzione delle risorse avveniva prevalentemente attraverso un meccanismo di reciprocità asimmetrica tra i contadini (garantivano ai signori i beni di prima necessità) e i signori locali (offrivano la protezione militare contro eventuali saccheggiatori e garantivano l’amministrazione della giustizia nelle dispute tra cittadini. I campi intorno al villaggio venivano suddivisi in: ● Terre comuni, a loro volta ripartite tra i cittadini; ● Terre di dominio, appartenenti ai signori, presso le quali i contadini erano chiamati a lavorarci per un certo numero di giornate durante la settimana. Tale sistema iniziò a subire i primi cambiamenti importanti a partire dal XIII secolo a seguito della crescita demografica che intaccò l’abbondanza della terra (se fino ad un certo periodo le terre circostanti i villaggi erano stati sufficienti al soddisfacimento dei bisogni della popolazione, la crescita demografica impose la necessità di colonizzare nuove terre spesso meno fertili e sempre più distanti dal villaggio. Le principali conseguenze sono l’affermazione di nuovi modelli e strutture di regolazione della sfera politica e di quella economica; la costruzione di manufatti idonei alla lavorazione di terreni fino ad allora incolti e che 4

richiedevano attività più complesse per renderli produttivi. L’ambito urbano inizia ad assumere una posizione strategica nei processi di sviluppo economico, diventa la sede ideale per la crescita e lo sviluppo per gli scambi commerciali che garantiranno l’affermazione dell’economia monetaria e inoltre il centro urbano si afferma come luogo dell’innovazione tecnica. L’espansione del commercio durante il Medioevo portò alla nascita di due istituzioni: ● Le banche, si svilupparono a partire dalla crescita della domanda di finanziamento delle attività commerciali; ● Le assicurazioni, strumento importante per garantire gli investimenti. La crescita del commercio iniziò a minare alla protezione militare offerta dai signori alla popolazione e alle attività economiche del villaggio. Il commercio richiedeva infatti una protezione territoriale estesa ce nessuna signoria locale poteva garantire, di conseguenza tale funzione iniziò a spostarsi verso il sovrano, verso una dimensione nazionale. Il rapporto signore-servo cedette lentamente il posto a quello tra proprietario terriero-salariato, subentrò quindi un corpo di leggi scritte che davano esplicita definizione ai diritti personali e di proprietà. La forza lavoro divenne libera di cercare il ripago migliore e di conservare la maggior parte di ciò che guadagnava e la terra venne considerata come una proprietà che era lecito trasferire. La piena affermazione della modernizzazione avvenne con l’affermazione dei diritti di proprietà privata. La nascita della proprietà privata: secondo l’economia feudale la terra, da bene comune utilizzabile da tutta la popolazione doveva diventare un bene a uso esclusivo di un proprietario che ne potesse disporre secondo i propri interessi individuali e non più secondo gli interessi dell’intera comunità. In Inghilterra la liberazione della terra dai vincoli feudali si affermò a partire dal XVI secolo attraverso le recinzioni (enclosures) dei campi comuni da parte dell’aristocrazia locale. L’impatto delle recinzioni e la nascita della proprietà privata vanno valutati da due punti di vista: ● Il ruolo giocato nell’affermazione dell’economia capitalista, dopo le recinzioni la terra iniziò ad essere trattata come qualsiasi merce che si poteva comprare e vendere, la terra iniziò ad essere considerata come un moderno fattore di produzione attraverso cui ricavare un profitto monetario; ● Le sue conseguenze sul piano sociale, il sistema delle recinzioni prevedeva la sottrazione degli appezzamenti in usufrutto o in affitto ai contadini, con il conseguente allontanamento di questi ultimi dalla loro tradizionale economia di sussistenza, ossia dalle proprie abitazioni che in molti casi venivano distrutte. Il sistema delle recinzioni portò alla trasformazione della comunità di villaggio formata da contadini che vivevano a livello di sussistenza in comunità di lavoratori agricoli il cui livello di vita cominciò a dipendere sempre più dalle condizioni di mercato nazionale e internazionale e dalle condizioni meteorologiche. Tra il XVI e il XVII secolo, l’azienda familiare autosufficiente del contadino che lavorava per la propria terra cedette il passo a una popolazione rurale stremata e costretta a spostarsi spesso in altre zone rurali o in centri urbani in cerca di opportunità per vendere la propria forza lavoro (= nascita proletariato rurale). Non è più l’economia ad essere inserita nei rapporti sociali ma sono i rapporti sociali ad essere assorbiti dal sistema economico. La conseguenza è che le possibilità di allocazione delle risorse vengono a dipendere dalla posizione di ciascun individuo nel mercato e dalle condizioni del mercato stesso. Fasi di alta richiesta di manodopera erano seguite da fasi di stagnazione della domanda di lavoro in uno scenario caratterizzato da continue fluttuazioni economiche. Masse sempre più numerose di abitanti delle compagne erano costrette a frequenti spostamenti verso i centri urbani nei momenti di crescita della produzione, per essere poi spinte a ritornare nelle campagne nelle fasi di recessione. Questo andava ad aggravare le condizioni della comunità 5

rurale chiamata a farsi carico dei costi legati al sostentamento della popolazione espulsa dalla produzione industriale. Poor Law: uno dei primi interventi contro la povertà. Nel 1601 in Inghilterra il Parlamento inglese approvò la legge sui poveri con la quale veniva sancito il diritto a vivere per tutti i cittadini. La legge stabiliva che ad occuparsi dei poveri dovevano essere le parrocchie alle quali venivano trasferite le risorse derivanti dalle imposte locali che tutti i proprietari, ricchi o meno, erano tenuti a pagare a seconda della rendita della terra o delle case in loro possesso. Coloro che erano in uno stato di povertà erano tenuti ad accettare l’internamento in apposite strutture residenziali differenziate a seconda del tipo di disagio. Coloro che erano impossibilitati al lavoro (malati o anziani) potevano ricevere un servizio domiciliare oppure essere ricoverati in appositi ospizi. I suoi intenti primari erano il controllo dei poveri, la difesa dell’ordine pubblico e la possibilità di garantire una vasta manodopera a buon mercato. La povertà era considerata la conseguenza di una colpa e per questo l’unico metodo ritenuto e...


Similar Free PDFs