Letteratura Italiana - Il Giorno (Parini) e le opere in prosa PDF

Title Letteratura Italiana - Il Giorno (Parini) e le opere in prosa
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Trento
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Summary

Gli appunti contengono l'analisi de Il Giorno, l'opera più celebre di Parini, e della parte finale del corso, cioè quella che riguarda le opere in prosa. Infine, ci sono delle note su alcune domande che si possono trovare all'esame....


Description

IL GIORNO IL MATTINO PROTASI E DESCRIZIONE INIZIALE Come ogni poema epico, c’è un’introduzione in cui l’autore parla dei temi trattati. Parini si rivolge al giovin signore, l’eroe del poemetto, e lo elogia. 1. Ascoltami sia che tu sia di sangue blu, filtrato da generazioni di nobili, di antichissima stirpe di nobili, sia che tu sia il discendente di una nobiltà recente che ha acquistato il titolo di nobile grazie al fatto che gli avi erano ricchi e di conseguenza si potevano permettere di comprarlo. - Precettore d’amabil rito = deriva dall’espressione di Ovidio, che si identifica come precettore d’amore. Non è solo esibizione di cultura classica posseduta, ma ha un significato ironico perché Ovidio si riteneva maestro di arte erotica, mentre Parini dice che è precettore dell’arte del servire la dama (cicisbeismo), cioè come essere un buon cavaliere servente. Il cicisbeo infatti non prevede l’attività erotica, ma la simula, perché non succede nulla, il signore e la dama si fingono innamorati. “amabil rito” indica una convenzione sociale, il giovin signore non sta assieme alla dama perché ha piacere di stare con lei e perché la ama, ma perché c’è un accordo con il marito. 2. Il precettore insegna al giovin signore come ingannare l’ozio e quindi la noia, una malattia dell’anima insopportabile (or io t’insegnerò = verbo come al solito in fondo). Continua a parlare dei temi su cui verterà l’opera, cioè come ingannare il tempo. 3. Il precettore chiede al signore se ha fatto il Grand Tour, cioè il viaggio di cultura. Gli altari si riferiscono alla devozione religiosa, devozione ripresa anche mentre descrive il modo in cui ha visitato questi altari. - Mercurio è anche il Dio del gioco e dell’inganno quindi il suo altare è il casinò, mentre le case sacre a Venere sono i postriboli. Probabilmente ha contratto la sifilide e ne porta i segni (zelo = ironia sul fatto che abbia frequentato questi luoghi assiduamente e ora ne subisce le conseguenze). Ironia sul fatto che il Grand tour non abbia lo spessore educativo tanto professato. 4. Il signore non può perseguire la carriera militare (Marte è il Dio della guerra), anche perché secondo lui è folle guadagnare mettendo a rischio la propria vita, oltre al fatto che lui è pacifista. Dato che non ha altro da fare, può ascoltare cosa fare al Mattino. - Pallade è Atena, la Dea della sapienza. Lui non mette piede nei luoghi di studi perché ne ha abbastanza di studiare. A rendergli ostile gli studi è stata la stessa esperienza scolastica (queruli = risonanti delle voci degli alunni, che richiamano i lamenti dovuti alle punizioni corporali). 5. Parini apre uno squarcio sulla vita del mondo di fuori, nonostante per la maggior parte dell’opera il signore non esca. Il paesaggio naturale non compare quasi mai, al massimo appare un paesaggio cittadino, costruito dall’uomo; qui invece è rappresentato un paesaggio rurale, che rappresenta però il mondo di chi lavora, in particolare i contadini a cui Parini fa riferimenti morali, a differenza del signore. Comincia a parlare del Mattino, quello della natura. Il sole allieta tutte le piante e gli animali. - Il contadino è aggettivato in modo affettivo (buon villano). Il letto è “caro” perché tutta la famiglia vi dorme, riuscendo a scaldarsi; il calore non è solo fisico, ma anche umano. Le gocce di rugiada irradiate dal sole sembrano delle perle. Ritorna l’armamentario mitologico: Cerere è la dea delle messi e Pale è il dio della pastorizia. - L’artigiano è impersonato dal fabbro, che deve finire i lavori del giorno precedente. I chiavistelli servono a proteggere i tesori del ricco, che è sempre agitato. 6. Parini spiega che questo non è il suo mattino, così come l’andare a letto del contadino non è uguale al suo. Il comportamento del giovin signore è antitetico, rovesciato rispetto all’ordine naturale: infatti lui non va a letto al crepuscolo. 7. Il concilio di Semidei indica i signori, a cui spetta un destino diverso da quello dei contadini.

8. Descrive cosa fa il signore rientrando a casa e prima di andare a letto. Egli prolungò la notte il più possibile tra melodrammi al teatro e veglie. Quando fu stanco, torna a palazzo con la carrozza, ma è già piena notte quindi il rumore della sua carrozza rimbomba. - Non solo rompe il silenzio, ma anche il buio, per via dei fanali e delle fiaccole portate dai servi che correvano davanti alla carrozza per scansare la gente. Questo è un atto di superbia, e Parini ridicolizza questo comportamento paragonandolo al rumore che fece Plutone rapì Proseppina, preceduto dalle Furie, che avevano serpenti al posto dei capelli. - Un tema caro a Parini è quello della protezione dei pedoni, perché le persone, specialmente i ricchi, corrono velocemente aumentando il rischio di incidenti. 9. Tornato a casa, lo aspettano altri studi, cioè la tavola imbandita. I cibi non sono semplici ma ricercati e raffinati; i vini rendono allegri (= liet) e provengono da molti posti, ma il più prelibato è il Tocai (Ongarese Bottiglia), per volere di Bacco. Il sonno viene personificato e gli prepara un letto molto più comodo di quello del contadino. Un servo cala le tende in modo da non far filtrare la luce del sole. Il canto del gallo, che dovrebbe svegliare le persone, diventa una ninna nanna. 10. È suo diritto che dorma fino a mattino inoltrato, dato che è andato a letto tardi (= Morfeo). Il precettore gli insegna imprese molto importanti attraverso il suo canto. LA VESTIZIONE I servi si affannano per vestirlo, poi lui deve andare dalla dama. 1. Il gruppo di servi è rappresentato come gli aiutanti dei cavalieri antichi, protagonisti dei poemi cavallereschi (= primo ordine). Il gioco dell’eroicizzazione funziona perché Parini usa il nome di grandi eroi. Abbondanza di termini forti e bellici, che rendono un rito semplice un’impresa eroica. 2. Il signore deve portare l’attenzione sull’oggetto designato per le sue cure, ovvero la dama, di cui lui è il cavaliere serviente. Il precettore dice che il signore non ha le doti necessarie per interrompere la sua carriera e sposarsi. La finzione d’amore è quello che spetta al cicisbeo, mentre il marito ha il potere di poter continuare la specie, con l’atto della riproduzione. LA FAVOLA DI AMORE E IMENE È una favola inventata da Parini per spiegare la nascita del cicisbeismo. La favola è infatti un racconto, un episodio inserito nel poemetto per spiegare un fenomeno di cui si sta parlando: in questo caso la diversa funzione del rito gentile da parte del cicisbeo e la riproduzione umana da parte del marito. Il pometto è infatti pieno di favole per dare spiegazioni, che corrispondono ad una modalità propria del modo di essere dei poemi, che interrompevano la narrazione per far riposare il lettore. Hanno quindi carattere eziologico, cioè spiegano. Amore è il fanciullino alato con gli occhi bendati, con una faretra contenenti frecce con cui fa innamorare le persone (Cupido): è un personaggio ricorrente in tutte le favole, tranne in quella del piacere, in cui Piacere è comunque imparentato con Amore. Amore è figlio di Venere, che personifica il sentimento e la sua estrema libertà, perché è bendato e colpisce come vuole lui, non si comanda. È rappresentato come il più potente degli Dei perché ha potere sia sugli umani che sugli dei (come nel caso di sua madre e Adone, il cacciatore di cui si innamorò), motivo per cui sua madre si arrabbia spesso con lui, è disobbediente. Il mito rappresenta l’anarchia dell’amore. Imene è il fratello di Amore, i cui segni distintivi sono diversi: non è bendato, ha una coroncina di fiori, non ha un arco ma una fiaccola. È rappresentato nei menei, cioè i testi scritti in occasione delle nozze, per augurare un felice matrimonio agli sposi. Sono complementari, o perlomeno Venere vorrebbe che lo fossero, che procedessero e volassero sempre insieme, e che la freccia scagliata da Amore fosse guidata da Imene: questo significa che l’amore deve approdare al matrimonio. Per buona parte della favola le cose vanno bene, Eros è mitigato da Imene e dal suo senso del controllo. Eros però si arrabbia e vuole essere libero, non controllato da suo fratello minore, quindi protesta contro Venere perché vuole comandare da solo, ma lei propone una soluzione. 1. “Tempo già fu” richiama il nostro “c’era una volta”, in forma più antica e mitologica: Parini comincia a raccontare la favola. Amore era affidato in custodia a Imene, che doveva tenerlo a bada perché la loro madre, Venere, temeva che senza tale controllo Amore avrebbe fatto quello che voleva, con conseguenze anche tragiche per l’umanità, che affidata agli amori casuali avrebbe potuto estinguersi.

2. Amore è il fratello maggior e più forte, mentre Imene è il più cauto. 3. Al tempo in cui i due fratelli erano d’accordo, le coppie erano immerse in un’atmosfera idillica di giorno, ed erano sposate di notte (inizio e fine). I gigli e le rose sono i fiori di buon auspicio per il matrimonio. 4. Il soggetto è l’ambizione al comando, che in questo caso cresce in Amore, il quale cresce sia di misura che di forza. Parini insinua che quando si ha tanta forza si vuole governare, ma anche viceversa, cioè chi governa usa la forza. 5. Amore va da Venere per dirle che vuole regnare da solo, non sopporta di ricevere ordini dal fratello minore e di scoccare solo una freccia per volta (perché una persona doveva provare l’amore solo una volta), non gli piace l’idea dell’amore indissolubile rappresentato dal laccio che non poteva slegarsi. Imene usava degli unguenti per controllare le frecce di Amore. - Citerea è l’appellativo di Venere, che deriva da una sua residenza a Citera. 6. Amore si rivolge al fratello, dicendo che al fratello piacerebbe governare da solo, ma dovrebbe risvegliare l’amore nelle coppie che non lo provano più. L’amore coniugale infatti elimina l’amore passionale secondo Eros. Egli desidera quindi che la madre divida il regno dei fratelli. 7. Venere pone fine al litigio dei fratelli: i regni vengono divisi in modo tale che sia il tempo nel quale ciascuno opererà che l’opera che ciascuno farà. Amore, fiero delle sue frecce, dovrà ferire le anime, cioè far innamorare le anime, durante il giorno; Imene, placido e con la corona di papaveri che richiama il sonno, regnerà durante la notte. Da qui deriva il rito gentile, cioè il cicisbeismo, che unisce corpi che non provano passioni amorose, assegna ai mariti il dovere nuziale assolto freddamente durante la notte e ai cicisbei il corteggiamento durante il giorno: sono due regni separati, una cosa non compete l’altra, il cicisbeo non consuma l’atto sessuale e il marito non corteggia la dama. 8. Versi ironici: Parini si rivolge al giovin signore, dicendo che forse in futuro i cicisbei riusciranno a estendere il proprio potere contemplando il rapporto sessuale. Sarà possibile solo se Amore usurperà ulteriori diritti a Imene. Parini richiama il signore per dirgli cosa deve fare la mattina nei confronti della dama, che spontaneamente o su suggerimento si concede (nel contratto di matrimonio c’era scritto chi dovesse essere il cicisbeo). La favola dice qual è la funzione del cicisbeo: non è un amante, ma un accompagnatore ufficiale approvato dal marito, che a sua volta fa da cavaliere servente a un’altra dama sposata, ma che con la sua sposa ha il compito di riprodurre la specie umana. Il quadro interpretato da questa favola è disprezzato da Parini, perché dentro il matrimonio non vige l’amore, anche perché ci sono degli interessi dietro il contratto, come prestigio sociale e condizioni economiche. Parini denuncia la crisi dell’istituto matrimoniale all’interno dei ceti nobiliari, mentre all’inizio del poemetto offre un quadro opposto, presente fuori dalla nobiltà, in quello che è chiamato il bel mondo, cioè la famiglia di contadini. LA BIBLIOTECA DEL GIOVIN SIGNORE Si parla del tipo di libri e di cultura di cui deve fare sfoggio il giovin signore. Il discorso di Parini è mirato ad affermare che le letture del signore sono alla moda, nel senso che il signore deve fare sfoggio di avere una cultura, anche se non ha letto attentamente i libri. I libri sono per la maggior parte francesi, simbolo di una esterofilia che Parini disprezza. Per sottolineare la superficialità della cultura del signore, Parini si sofferma sull’esterno del libro, che per essere apprezzato dal cicisbeo deve essere piccolo, con caratteri d’oro, rilegato finemente, con un segnalibro: deve essere un oggetto di consumo al pari delle boccette di profumo e di creme, cioè preziose e raffinate. L’accostamento del libro a questi oggetti suggerisce che il signore non distingue un oggetto che dovrebbe coltivare la mente da uno che serve a farsi belli. 1. Parini sottolinea la supremazia dell’artificio sulla spontaneità, dell’arte sulla natura. Il libro è un oggetto attraverso cui ci si fa belli davanti agli altri, sebbene la cultura che ne risulta sia superficiale. Il signore è svogliato e quindi lo apre a caso o nel punto in cui c’è il nastrino che funge da segnalibro. 2. Parini si sofferma sui possibili autori di questo libro destinato a un pubblico raffinato. Cita Voltaire, padre dell’Illuminismo, ma non il filosofo, bensì lo scrittore di opere piacevoli e romanziere. Parini lo chiama con l’appello di Proteo, la divinità che cambia sempre aspetto: è un rimprovero al fatto che Voltaire si sia cimentato in qualsiasi genere e abbia scritto di tutto e di più. Voltaire è sia lodato che biasimato, ma non è degno né di tutta la lode attribuitagli, né di tutte le critiche mosse contro di lui:

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lo abbassa di grado, di onore. Il suo stile è brillante, fa innamorare i destinatari dei suoi libri, ossia principalmente la nobiltà. Tali lettori però mostrano di sapere, senza veramente conoscere le opere. Le sue opere non possono superare i poemi epici, rappresentati dalla Gerusalemme Liberata: l’Italia continua ad avere il primato nei poemi, arginando la moda epica francese, che Parini disdegna. Parini cita altri autori, come Ninon de Lenclos, scrittrice di libri osceni, e la Fontaine, autore di favole e racconti erotici, che hanno preso gli aspetti peggiori del Decameron e dell’Orlando Furioso. Parini accusa i francesi di doppio furto: l’oro e le gemme, imitando il petrarchismo, ma anche gli aspetti meno puliti e raffinati della letteratura. Si riferisce agli scrittori che si rifanno alla novellistica di impianto orientale e agli scrittori che realizzano testi poco raccomandabili, rendendo protagonisti gli animali o oggetti animati. Il giovin signore si darà delle arie di fronte ad altre persone ignoranti dicendo che l’Italia ha una cultura arretrata e lui riesce ad illuminarla grazie alla letteratura francese. Gli attrezzi e i libri per rendere bello il signore sono sullo stesso piano. Questi versi introducono il merciaiolo, che interrompe i momenti di cultura del signore, che è ben felice di queste interruzioni. Il merciaiolo lo imbroglia spacciando i gioielli per stranieri dato che il signore odia le cose italiane, ma il signore non se ne accorge. Il signore gli crede perché è talmente presuntuoso da non credere che qualcuno osi imbrogliarlo. Il calzolaio e il drappiere però non sono stati pagati, perché secondo il merciaiolo loro fanno attività che si basano sulla necessità, mentre lui si occupa di oggetti superflui, prodotti dall’industria del lusso. Per questo, commercianti di quel genere sono sempre poveri, e il merciaiolo li rimprovera di non essere abbastanza furbi.

LA FAVOLA DELLA CIPRIA Ha un significato eziologico, spiega come è nato l’uso della cipria, prendendo spunto dal fatto che il parrucchiere, finito di pettinare il signore, cosparge i capelli di cipria rendendoli bianchi. Parini ridicolizza l’uso della cipria, ma inserisce anche significati relativi all’esorcizzazione del tempo, tema intrecciato al cicisbeismo. 1. L’imbiancamento dei capelli dovuto alla cipria è messo in relazione all’invecchiamento. 2. Parini immagina la corte di Amore, i cui adepti cominciano a litigare su chi debba essergli più vicino. I vecchi si contendono tale onore con i giovani, che li prendono in giro. Amore, che non sopporta le disuguaglianze e i trattamenti di favori, trovò una soluzione a tutti questi litigi: i vecchi, con l’utilizzo di trucchi, dovevano fingere di essere giovani. 3. Gli amorini spiccano il volo e lasciano cadere una polvere bianca, cioè la cipria, così i capelli dei giovani diventano bianchi. In questo modo non si distinguono più vecchi e giovani. La cipria serve quindi ad annullare le differenze e lo scorrere del tempo. È la base dell’amabil rito, perché la vecchiaia non deve interrompere le attività del signore, il quale si attribuisce una qualità divina, l’immortalità. 4. La vita del giovin signore è costellata di riti, che hanno la funzione di non fargli sentire la noia. Parini osserva scientificamente il momento in cui la cipria cade sui capelli del signore: la cipria riempie tutto lo stanzino con la stessa densità. Parini ironizza paragonando il giovin signore per prendere la cipria a un soldato che affronta la polvere sul campo di battaglia, quindi come se fosse un’azione coraggiosa. Anche il lessico richiama la guerra e le battaglie. Anche l’uscita è un paragone enfatico con il campo di battaglia, perché il volto del signore è “sporco” e impolverato, come il volto del soldato è sporco e bagnato, con la differenza che il signore è molto più bello alla vista. Il mostrarsi del signore è descritto come un beare degli altri, cioè gli altri dovrebbero compiacersi alla vista di questo personaggio. Anche il termine “Patria” è usato in senso metaforico: il soldato lotta per salvarla, mentre per il signore è l’insieme della gente a cui porta salvezza, il suo pubblico. L’USCITA PER IL PRANZO È la fine del poemetto, quando il signore deve recarsi dalla dama per pranzare insieme. Parini mostra alcuni personaggi tipici del mondo nobiliare, come il mangione e il vegetariano. Il signore aiuta la dama nello stare a tavola, selezionando i cibi da mangiare, infatti Parini lo chiama “dolce ministro”. I nobili non si cibano per fame, perché solo i poveri mangiano per forza (come i mendicanti che stanno fuori dal palazzo. È un poemetto “claustrofobico”, le immagini del mondo esterno sono poche), ma

per gusto e per piacere, per vizio. Le due figure evidenziate mostrano un rapporto malato con il cibo: da una parte l’esagerazione, dall’altra la privazione, sono entrambi eccessi rispetto a chi non può mangiare niente. I signori devono mostrare di non avere nessuna legge e nessuna costrizione che limita le loro abitudini e i loro piaceri, e lo fanno rifiutando ogni vivanda oppure accettando tutto, senza mezze misure. Quando esce il signore, Parini lo appella con nominativi esagerati, e i servi si schierano per farlo passare. Parini riprende il tema della pericolosità delle strade e della messa in pericolo della vita delle persone dovuti alle carrozze dei signori che sfrecciavano ad altissima velocità. Il signore non ha nulla da fare e Parini ironizza su questo, perché nonostante abbia tempo, il signore va veloce, per mostrarsi come se il suo tempo fosse prezioso. La gente infatti teme le carrozze che più volte hanno investito i passanti, le leggi non vengono applicate. Il sangue del volgo è impuro perché non è nobile.

IL MEZZOGIORNO NEL PALAZZO DELLA DAMA La dama aspetta il signore nelle sue stanze. 1. Nella letteratura che descrive ironicamente i cicisbei si sottolinea il loro atteggiamento effeminato, che si riflette ad esempio nel modo di camminare ed incedere. Il signore veste delle scarpe eleganti che gli fanno strascicare i piedi. 2. La dama poteva avere più cicisbei, di cui solo uno era ufficiale e gli altri erano per altre dame ma venivano comunque a porgere saluti e fare complimenti. Questi cavalieri non possono interferire con l’attività del cavaliere servente. 3. La femminilità del signore è evidente comparata alla virilità del sultano, che davvero bea le donne. Il musulmano entra nell’harem per beare le spose, ma è una beatitudine diversa da quella del signore, più efficace e virile. Il sultano incede nell’harem maestosamente, a differenza del giovin signore: questa descrizione è come se fosse data dalla visuale delle donne, dalla prospettiva delle mogli. Come i cicisbei si ritirano quando entra il giovin signore, gli eunuchi si ritirano quando entra il sultano, che li disprezza perché...


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