Il canzoniere.pdf - Riassunto Letteratura italiana PDF

Title Il canzoniere.pdf - Riassunto Letteratura italiana
Author Alessandra Galati
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Catania
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IL CANZONIERE Petrarca scrisse la maggior parte delle opere in latino, solo il Canzoniere i Trionfi, un opera rimasta incompiuta, furono scritti in volgare. Egli ammetteva la superiorità della lingua latina, ritenendo che gli scritti in tale lingua fossero migliori di quelli in volgare e affidando ad essi la fama e l’immortalità presto i posteri, in opposizione all’idea che noi abbiamo del grande capolavoro petrarchesco. Egli considerava gli scritti in volgare come bazzecole, nonostante il gigantesco lavoro di perfezionamento, limatura e elaborazione, che nasconde dietro ogni canzone. Ovviamente questo non significa che l’atteggiamento di sufficienza nel confronti della poesia volgare fosse falso, poiché egli era fermamente convinto della superiorità della lingua latina, ma sapeva anche che la letteratura latina aveva già toccato il suo culmine di perfezione, mentre la lingua volgare offriva un terreno pressoché vergine per chiunque volesse raggiungere l’eccellenza poetica. Petrarca si prefissava una duplice impresa: ridare splendore alla lingua latina, tramite la passiva imitazione di forme e temi, e di elevare il volgare fino a portarlo allo stesso livello del latino, dimostrando che fosse possibile fare poesia di altissimo livello anche in volgare. Se vogliamo però fare un paragone con dante, possiamo dire che è presente un ritorno al passato con Petrarca, poiché il latino riconquista la supremazia, mentre Dante arriva ad elogiare la grandezza del volgare nell’opera De Vulgari Eloquentia. Petrarca comincio a scrivere l’opera probabilmente durante la giovinezza e continuo sino agli ultimi anni di vita. Pensò anche di riorganizzare e raccogliere organicamente le sue liriche e copie di queste redazione sono giunte a noi frammentate. Gli studiosi sono riuscita a redarre ben 9 gruppi di liriche posteriormente. La sistemazione definitiva della raccolta risale all’ultimo anno di vita ed contenuta nel manoscritto Vaticano, scritta in parte dallo stesso poeta, che evita che ci siano incertezze nella trasmissione e ci permette di capire il lavoro maniacale che Petrarca compie nella stesura dei vari componimenti. Prezioso è anche un altro codice della biblioteca Vaticana intitolato dal poeta “Frammenti di cose in volgare”, ma conosciuto anche con il nome di “Rime Sparse”, titolo tratto dal primo verso del poema, o, più semplicemente, con il nome di “Canzoniere”. L’opera comprende 366 componimenti, riprendendo il numero dei giorni dell’anni, più il proemio. La maggior parte sono sonetti, ma anche canzoni, ballate, sestine, il tutto scritto nelle forme metriche consacrate dalla lirica precedente, dai Pagina 1  di 4 

provenzali, passando per i rimatori siciliani, fino agli stilnovisti. La materia del Canzoniere è costituita dall’amore per Laura, incontrata in una chiesa ad Avignone il venerdì santo. Il libro racconta di una passione tutta terrena, che non esclude l’aspetto sensuale. Gli stati d’animo del libro sono un continuo oscillare tre poli opposto; ora il poeta tesse intorno alla donna complesse immagini, giocando con il nome Laura, che rimanda al lauro, pianta sacra ad Apollo, dio della poesia; ora il poeta lamenta della sua crudeltà e indifferenze e invoca pietà per le sue sofferenze; ora contempla il ricordo di Laura creato dalla memoria o dalla sua fantasia, poiché Laura è sempre lontana nel tempo e nello spazio. Tutto cambia quando però Laura muore, in tal modo il canzoniere viene diviso in due parti: le “rime in vita” e le “rime in morte”. Il poeta continua a vedere Laura nei luoghi consueti, coglie la brevità della vita, tutto diventa squallido e vuoto. Tutto questo vaneggiare porta il poeta a sentire il peso del peccato e il bisogno di purificazione, guarda con terrore il trascorre del tempo che porterà inevitabilmente alla morte, vista non come un porto tranquillo in cui rifugiarsi e trovare pace, bensì come un passo pieno di insidie e pericoli. Egli vorrebbe allontanarsi dalla volontà terrena e, attraverso la purificazione dell’anima, giungere verso il cielo. L’opera si conclude con un preghiera alla Vergine, in cui il poeta chiede finalmente pace per il suo animo tormentato. E “pace” è la parola che chiede l’opera e la suggella. Il poeta nel raccogliere le sue poesie gli sta un ordine stabilito, benché le definisce “rime sparse”. In questo modo il Canzoniere si presenta come un libro compiuto. Alla base di esso vi è sicuramente un carattere autobiografico, ma l’opera va identificata come trasfigurazione letteraria, come una costruzione ideale, che si allontana e sfuma la realtà da cui prende le mosse. Viene ripresa l’atmosfera illusoria e irrealistica della Vita Nuova e degli Stilnovisti e con l’opera petrarchesca diventa ancora più impercettibile. Laura, però, si configura come una donna ancor più reale, rispetto a Beatrice e alle donne cantate degli stilnovisti, ma nonostante ciò non trova concretezza di personaggio reale. Lo stesso Petrarca non ci da mai una descrizione concreta della donna, parlando di lei infatti usa aggettivi, che alla fine, portano al vago profilo di una bella donna bionda, che si staglia di regola su uno sfondo naturale. Il paesaggio che fa da sfondo all’opera rimanda al locus amoenus, consacrato dalla tradizione latina, e non ha concretezza nel reale, diventa quindi illusorio. La stessa cosa si può dire della vicenda amorosa: gli sguardi di Laura, il suo saluto negato, lo smarrimento del poeta, i pianti, la sofferenze, tutto sfuma in una sequenza di situazioni Pagina 2  di 4 

stereotipate, riprese dalla tradizione dei provenzali e degli stilnovisti. Non vi è più nell’opera la presenza del mondo contemporaneo, come era stato nella Commedia dantesca, bensì si torna regredire entro i limiti di un’ esperienza soggettiva e privata. La realtà si dissipa, non è più concreta e l’unica autentica realtà è data dall’io e dai tormenti interiori del poeta. La realtà diventa cosi soggettiva. L’opera non va interpretata come tormentata storia d’amore, ma come analisi della coscienza del poeta. La storia d’amore fa soltanto da stabile sfondo alla crisi mistica, che inglobata l’animo di Petrarca e che era già stata analizzata nelle prose latine. Il Convivio riprende il problema del dissidio interiore che logora l’animo del poeta, come era stato nel Secretum. Petrarca da un lato avverte il bisogno dell’eterno, della pace, che non riesce a trovare, ma dall’altro guarda con angosciante labilità le cose umane. Tutte le gioie e i piaceri che l’uomo ricorre per tutta la vita con fatica sono soggetti inevitabilmente allo scorre del tempo e quindi alla morte. La stessa fama, a cui tanto aspira il poeta, è effimera e svanisce subito. Lo stesso discorso riguarda l’amore, che è una bella illusone che la realtà fa dissolvere. Nella poesia pretrarchesca spesso è evidente concezione tipicamente medievale del disprezzo del mondo. Deluso dall’evanescenza delle cose terrene vorrebbe rivolgersi solo alle cose celesti, conducendo una vita dedita alla purezza. Il canzoniere si configura quindi come il percorso di purificazione dell’anima del poeta, che vuole innalzarsi a Dio per trovare la pace e la salvezza. Il Canzoniere però non è la Commedia: il dissidio interiore in Petrarca non trova modo di annullarsi, poiché, a differenza di Dante che scrive l’opera quando è ormai lontano dalle acque del peccato, Petrarca compone l’opera quando è immerso in queste acque, che lo portano sempre più affondo, verso un’ abisso di peccato. Egli non riuscendosi a liberare delle cose terrene, non riesce neanche ad avvicinarsi a Dio e a trovare il lui libertà dal peccato. Questo però dipende dal suo bisogno irrealizzabile di conciliare il divino e l’umano, di voler dare la stabilità eterna alle cose terrene, inevitabilmente soggette allo scorrere del tempo e a perire, e di voler togliere la patina di peccato che avvolge le gioie terrene, in modo da ridargli dignità. Questa inconciliabiltà dipende dalla visione ascetica tipicamente medievale, che impone l’abbandon\o del mondo per trovare la beatitudine eterna. La crisi petrarchesca non è soltanto soggettiva, ma rappresenta la crisi di un’intera epoca e il passaggio da un periodo all’altro, poiché il conflitto tra terra e cielo è tipico della visione medievale e non interessa il poeta, che è devastato dall’irrealizzabile conciliazione del divino e l’umano tipicamente rinascimentale. Pagina 3  di 4 

Poiché la materia che compone l’opera è piena di contrazioni e di inquietudini che non trovano soluzioni, ci si aspetterebbe che il tutto si riversasse suolo stile del Canzoniere. Petrarca però supera questa aspettative e dona all’opera uno stile limpido, equilibrato. Ciò è dovuto al fatto che tutti i sentimenti che egli mette per iscritto passino prima attraverso un filtro: la letterature. Sulla base della sua venerazione per i classici latini, egli imita lo stile classico, che rappresenta il decoro e la compostezza e si sforza di attuarli in un opera in volgare. Oltre alla presenza nell’opera dei classici latini, è evidente anche l’influenza dei Salmi, dei letterati cristiani, dei provenzali, degli stilnovisti, di Dante. Si tratta di un processo spontaneo: quelle formule, quelle immagini fanno parte della coscienza del poeta, esprimono i suoi sentimenti, perciò il suo animo, al momento di essere messo a nudo nella pagina, ricorre naturalmente a questi genere vari. Solo attraverso questa limpidezza stilistica il suo animo si nobilita, si consacra e si purifica. Petrarca stesso è conscio del fatto che, solo attraverso il dominio il dominio della forma, può tenere a bada il tormento del suo animo lacerato, attingendo a una nuova forma di catarsi. Questo dominio non può essere attuato sul mondo reale e sulla sua coscienza a causa della sua concezione del mondo; egli, rifiutando la visione dantesca della moltiplicata della realtà , che può essere schematizzata, e ponendo al centro della sua filosofia l’io, esclude dalla poesia tuta ciò che sfugge alla sua sottomissione, chiudendosi nell’interiorità. L’unico dominio che gli è consentito è quello letterale. Il classicismo formale di Petrarca diventa cosi conseguenza della sua crisi spirituale, della sua incapacità di avere certezze, della sua rinuncia ad affrontare nella poesia il mondo esterno.

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