Il Seicento - riassunto del 1600 letteratura italiana PDF

Title Il Seicento - riassunto del 1600 letteratura italiana
Author Matilde Bevilacqua
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Catania
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riassunto del 1600 letteratura italiana...


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Il 600 Un movimento artistico nato sul finire del 500 e inizi del 600 è il Barocco. Si tratta di un fenomeno europeo valutato in un’ottica interdisciplinare quali pittura, scultura, architettura, musica, letteratura… Si può affermare che il Barocco rappresentò una tendenza a enfatizzare gli aspetti formali delle varie arti, con una ricerca di soluzioni inedite e spettacolari. Esso si distingue per la sua carica eversiva nei confronti delle regole e dei precetti elaborati nel corso del Cinquecento: le poetiche barocche mirano al superamento dei vincoli e alla creazione di opere in cui risplenda l’abilità inventiva e la raffinatezza intellettuale dell’artista, che deve cercare in primo luogo l’originalità. Per questo contro le opere barocche è stata mossa l’accusa di “stravaganza”, ovvero di estraneità ai canoni rinascimentali dell’armonia e della misura. In Francia esso trovò una forte opposizione, mentre non fu così per l’Inghilterra e la Spagna e, di conseguenza con l’afflusso del dominio spagnolo, anche l’Italia. MOTIVI E TEMI Il termine Barocco si può dire che ha una sfumatura negativa che rimanda alla “irregolarità”. Impiegato dapprima solo in campo artistico, solo nel Novecento esso viene esteso all’ambito letterario, a indicare una precisa corrente anticlassicista, che cioè oppone agli ideali di equilibrio e armonia propri del classicismo umanistico rinascimentale. Quella del Manierismo è considerata una fase di passaggio. In effetti il Barocco è in primo luogo caratterizzato da un’insofferenza alle regole, che fa sì che le forme tradizionali siano svuotate e contraddette, deformate e stravolte. Inoltre, l’arte manierista privilegia il ripiegamento interiore e la raffinatezza, e si configura come un’arte elitaria, mentre l’arte barocca è spesso estroversa, spettacolare, anche popolare: l’effetto ricercato da molti artisti barocchi è in primo luogo la meraviglia, lo stupore suscitato dall’imprevisto, perciò le opere sono spesso concepite come condensati di artifici estremi. Il Barocco tende al grandioso, al molteplice. La ricerca della novità e della meraviglia sono prima di tutto necessari rimedi per ridestare l’interesse e il piacere in un pubblico ormai annoiato da un tipo di lettura che, fortemente regolata, tende a essere prevedibile e ripetitiva. La meraviglia dunque non va intesa nel senso come prodigioso o portentoso ma nel senso di inatteso, stupefacente, strabiliante. Il gusto barocco nasce in un clima culturale dominato da forze contraddittorie il quali esercitano un influsso diretto sulle arti: da una parte l’ideologia della Controriforma ha tendenze egemoniche e di propaganda; dall’altra l’immaginario collettivo viene segnato dal mutamento psicologico con le nuove scoperte tecnico-scientifiche e soprattutto astronomiche che hanno determinato nell’uomo. Per quanto riguarda i progressi della scienza fu l’imporsi della teoria copernicana a determinare un cambiamento di prospettiva, dal geocentrismo all’eliocentrismo. L’uomo del Seicento ha perduto la fiducia umanistica nelle sue possibilità di dominio del mondo e perfino di sé stesso. Incertezza e instabilità, precarietà dell’uomo e forte sentimento della morte sono elementi comuni dell’arte barocca in tutte le sue manifestazioni. La morte è un’idea ossessiva e strettamente connessa a motivi come quella del tempo fugace e delle devastazioni. Palazzi distrutti, cieli oscuri e alberi mutilati pervadono la pittura, così come è ricorrente l’immagine del teschio che ricorda all’uomo la fugacità della sua presenza nel mondo. In ambito letterario, la fugacità può essere rappresentata anche dal topos, già rinascimentale, della rosa, riproposto ora non più come invito gioioso a godersi l’esistenza, ma come emblema della distruzione della bellezza. Il Barocco predilige le forme in movimento, indefinite, decentrate, contorte o mutanti che esprimono il senso della frantumazione della realtà, del suo continuo trasformarsi e deperire. La metamorfosi è infatti uno dei motivi più diffusi che può significare anche maschera e finzione. La

finzione è un atro elemento ricorrente nelle arti figurative, della letteratura barocca ma, soprattutto, del teatro. Fra uomo e maschera: la vita è una grande rappresentazione e l’uomo recita nel mondo solo una parte, portando una maschera che è espressione della sua inautenticità. Ma la condizione alienante in cui l’individuo si trova a vivere e il senso di disarmonia con il mondo che lo circonda trovano la forma più idonea di espressione nel motivo della pazzia, che trionfa nella produzione barocca, dai personaggi shakespeariani (come Amleto) a Don Chisciotte. Ma la pazzia è anche un atto di libertà, perché consente di esprimersi al di fuori dei canoni. Da ciò emerge come tratto fondamentale del Barocco la volontà di non voler occultare le contraddizioni insite nell’animo umano e nel rapporto fra uomo e natura, bensì di esibirle in forme spettacolari. Ecco perché il Barocco, mentre cerca un’approvazione dal più ampio pubblico possibile, si trova a esaltare le forme più brillanti dell’intelligenza, quali l’ingegno e l’acutezza: il primo riguarda l’inventività negli accostamenti concettuali apparentemente non associabili e l’abilità nel trovare soluzioni formali applicabili in modo originale persino a significati banali; l’acutezza, che pertiene piuttosto al lettore, si riferisce soprattutto alla capacità interpretativa e di decifrare i conetti. Sul piano stilistico la rottura dell’armonia si realizza nell’impiego di una sintassi disgiunta e contorta, nella ricerca di figure retoriche (perifrasi, circonlocuzioni, metonimie, simboli e soprattutto metafore) che rendono oscuro il significato e impiegano il lettore in uno sforzo interpretativo. Ma i poeti barocchi sembrano talvolta abbandonare del tutto l’idea di un messaggio da comunicare e concentrare i loro sforzi verso un unico fine: quello di stupire attraverso l’artificiosità sublime del loro linguaggio. CONTESTI E CONFRONTI Il Seicento è considerato generalmente come un secolo di crisi in Italia sotto tutti i profili: politico, economico e culturale. Dal punto di vista politico l’Italia fu soggetta al dominio spagnolo. Se in un primo momento vi era un periodo di pace sotto il dominio spagnolo, in un secondo momento fu coinvolta nella crisi della monarchia spagnola che culminò con la guerra dei Trent’anni. Proseguendo il tentativo di consolidare il proprio potere in Italia, la Chiesa rinforzò tutte le strutture create nella prima fase della Controriforma. Specialmente con l’ordine dei gesuiti che, oltre a dirigere le scuole e ad impartire l’educazione ai membri della borghesia, avevano una forte influenza politica. La Chiesa comprese con bastavano il controllo e la censura e che era necessario intervenire in un raggio più ampio: da quello ufficiale, morale e spirituale, a quello laico della politica e dell’intrattenimento, e quindi delle manifestazioni letterarie e artistiche. Ecco perché molti gesuiti furono anche critici letterari e scrittori, essi stessi cercarono di offrire con il loro esempio modelli adeguati alla nuova arte (il Barocco). GLI INTELLETTUALI, LE CORTI, LE ACCADEMIE La figura e il ruolo dell’intellettuale subiscono un profondo mutamento rispetto alla posizione di prestigio conquistata a partire dal Quattrocento. I fenomeni letterari rilevanti si sviluppano al di fuori del controllo ecclesiastico, nella laica istituzione della corte; ciò ha diverse ragioni: il rigoroso controllo della Chiesa, la crescente tendenza ai principi dell’assolutismo e la depressione economica, perciò è difficile per l’uomo di cultura dedicarsi esclusivamente agli studi. In particolare, la svolta assolutista implica anche nelle piccole corti una riorganizzazione, che va verso una sempre maggiore specializzazione dei ruoli: ai letterati toccano posizioni subalterne, funzioni del segretario. In generale le corti favoriscono, in questo periodo, la specializzazione legata al campo dello spettacolo: importanza acquista così l’attività di musicisti, scenografi e artisti figurativi.

Aumenta pure il numero di artisti slegati: si va dagli scrittori “avventurieri”, che si inseriscono nel mercato popolare, cronache piccanti o mirabolanti esperienze di viaggio; agli attori girovaghi, che si esibiscono sia nelle piazze che nelle corti; infine gli artisti indipendenti, che rifiutano persino violentemente un inquadramento in ruoli prefissati e difendono con orgoglio il proprio talento (come Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio). LA RIVOLUZIONE SCENTIFICA TRA TECNICA E LETTERATURA “Rivoluzione scientifica”: da un lato, questa etichetta fa riferimento a una serie di scoperte: geografiche, tecniche, astronomiche, biologiche; dall’altro, rimanda al radicale cambiamento che tali scoperte determinarono nel metodo di analisi, nella concezione stessa della ricerca scientifica e nella visione del mondo e dell’uomo nell’universo. Microscopio, orologio, termometro ecc… accrebbe non solo la conoscenza dei fenomeni, ma anche alla fiducia di poter scoprire e governare le leggi profonde della natura. Le scoperte astronomiche produssero contraccolpi forti: la concezione tradizionale, infatti, prevedeva che tutti i corpi celesti compreso il sole ruotassero attorno alla terra; le nuove scoperte dimostrarono che era invece la terra a ruotare intorno al sole e che l’universo non era uno spazio finito come si credeva. L’astronomia fu nel seicento il punto di partenza per la rivoluzione scientifica. Le osservazioni dirette portarono anche l’elaborazione di un nuovo metodo di ricerca scientifica, il metodo sperimentale, dal fisico Galileo Galilei. Tale metodo partiva dall’osservazione diretta dei fenomeni per arrivare alla formulazione di leggi matematiche generali. Il metodo sperimentale da un lato collegava strettamente la scienza alla tecnica, il pensiero dell’esperienza empirica; dall’altro sanciva l’autonomia della ricerca scientifica, ormai fondata su prove verificabili, dalle arti magiche e dalla religione. Sul problema del metodo di ricerca si incentrarono le riflessioni di alcuni tra i maggiori filosofi del periodo: Cartesio col suo Discorso sul Metodo, Bernardo Castelli, Bacone. Quest’ultimo teorizzò un metodo nuovo di tipo induttivo: per leggere e interpretare correttamente la natura è necessario partire dalla raccolta dei dati dell’osservazione per arrivare poi a formulare una regola generale. Il progresso della conoscenza piò realizzarsi solo dopo aver sgombrato il campo dagli “idoli”, cioè dalle false verità, e ridotto il linguaggio spogliato di quei significati “figurati” e metaforici di cui si arricchiva, per esempio, la Bibbia. Anche Galilei si batté per una ricerca libera da condizionamenti, fondata sulle , cioè sulle prove sperimentali e, nello stesso tempo, rigorosamente tradotta in , cioè in leggi matematiche.

La letteratura Nel 600i modelli classici non scompaiono dall’orizzonte dei nuovi poeti, ma vi è un mutato atteggiamento nei confronti delle auctoritates e nella scelta stessa degli autori da imitare. Il topos della novità si concretizza in una serie di motivi tematici e stilistici, che sono tutti inquadrabili nell’ampia categoria della meraviglia. Quest’ultima portò a creare nuove forme come il tragicomico e l’eroicomico. LA TRATTATISTICA RETORICA Mentre i poeti cinquecenteschi, e Tasso in particolare, si dibattevano nella difficile scelta tra “utile” o “diletto”, chiedendosi cioè se il fine principale della letteratura devesse essere quello di docere (insegnare) o quello di delectare (procurare piacere), i barocchi propendono decisamente per il

diletto e per una letteratura che, nello stile o nei contenuti, sia fonte di piacere per il lettore. L’atto interpretativo, il disvelamento dell’acutezza, è considerato di per sé stesso dilettevole. Questo è il senso ultimo dell’artificio. LA TRATTATISTICA MORALE Per la nuova figura del gentiluomo di corte, sul piano del comportamento, non meno che su quello del linguaggio, sono necessarie la dissimulazione, e in ogni caso, una notevole versatilità che consenta di adeguarsi al continuo mutare dei contesti e delle situazioni, ormai difficilmente inquadrabili entro casistiche definite. La prudenza è alla base delle strategie comportamentali; mentre la simulazione è moralmente riprovevole, in quanto menzogna, la dissimulazione può essere “onesta”, perché consiste semplicemente nel non far trasparire un pensiero o un sentimento. Partendo dalla considerazione che l’uomo deve sopravvivere salvaguardando sé stesso in un ambiente ostile, si suggerisce una forma di comportamento ambigua e di duplicità e copertura del proprio reale pensiero. LA TRATTATISTICA POLITICA Una delle constanti più notevoli della cultura ecclesiastica, ma anche laica, di primo 600, è l’anti machiavellismo. La ricca trattatistica politica seicentesca ruota essenzialmente intorno al concetto di “ragion di Stato”, per la quale si intende l’insieme dei mezzi a disposizione di un governante per acquisire e conservare il potere; essa coincide dunque con la difesa del potere vigente, prescindendo da qualsiasi giudizio intorno ad esso. Le parole d’ordine che guidano le indagini sulla politica e sul potere, spesso opere di religiosi, sono infatti prudenza e conservazione, cioè difesa o sottomissione all’ordine costituito. In campo politico, la satira anti-ecclesiastica e antispagnola si affianca alla polemica contro una ragion di Stato che è “utile agli stati, ma in tutto contraria alla legge di Dio e degli uomini”. LA STORIOGRAFIA Il dato più rilevante della storiografia seicentesca è il suo interesse per la contemporaneità. La produzione storiografica del secolo è accompagnata da un crescente interesse per l’aspetto teorico, per il metodo di indagine storiografico. Il proliferare di opere storiografiche dedicate a eventi notevoli della storia europea, quali la guerra dei 30 anni o le contrastate vicende della monarchia francese, è sintomo di un aprirsi degli orizzonti, verificabile un po’ in tutti i generi e conseguente alla perdita di centralità dell’Italia e della politica italiana nel panorama europeo. Un altro motivo centrale della storiografia seicentesca è quello religioso, non solo per l’attenzione al tema delle guerre religiose e alle riflessioni intorno al rapporto tra politica e religione, ma anche perché spesso gli storici sono essi stessi dei religiosi, e come tali, animati da intenti propagandistici. LA SCRITTURA FILOSOFICA E SCIENTIFICA Tra le maggiori personalità intellettuali del Seicento, Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei furono personaggi scomodi per la cultura controriformistica. Filosofi i primi due, scienziato l’ultimo, furono chiamati a comparire davanti all’Inquisizione e a rispondere delle loro professioni ereticali: prima fra tutte l’adesione alla concezione copernicana, cioè alla teoria eliocentrica. Loro bersaglio comune fu dunque l’aristotelismo in tutte le sue manifestazioni, da quelle scientifico-filosofiche ai canoni letterari. Alla passiva accettazione dell’autorità essi contrapposero il diritto a guardare la natura con i propri occhi, confidando nella propria capacità di

pensiero o, come nel caso di Galilei, offrendo al mondo nuovi strumenti per osservarlo. Da qui una condivisa rivalutazione del “naturalismo”, cioè dell’importanza di un’osservazione diretta della natura e di uno studio delle sue regole. GIORDANO BRUNO E I “DIALOGHI” Pur essendo vissuto nella seconda metà del 500, Giordano Bruno esercitò un’importante influsso sulla cultura del periodo barocco. Le prime accuse di eresia nei suoi confronti risalgono già alla sua giovinezza; fra le sue letture figurava infatti Erasmo, autore vietato ai domenicani. Inoltre, egli aveva cominciato a manifestare dubbi sul dogma della Trinità; aderì al calvinismo, ma fu una breve passione. Se in materia di fede egli veniva definendosi propriamente come ateo, dal punto di vista culturale manifestava spiccati interessi per l’ermetismo, il neoplatonismo, la magia, l’astrologia. A Parigi pubblicò la sua unica commedia, il Candelaio, polemico-parodica, e le sue prime opere latini sull’arte della conoscenza e della memoria. Fu in Inghilterra, Germania e a Praga. Su invito del veneto Giovanni Mocenigo, incuriosito dai suoi studi sulla memoria e sulla magia, tornò a Venezia. Fu proprio il Mocenigo, forse deluso nelle sue aspettative, a denunciarlo all’Inquisizione. Nel 1593 Bruno fu trasferito a Roma nel carcere; sebbene in alcuni momenti egli sembrasse disposto ad abiurare, alla fine prevalsero l’orgoglio e la sicurezza delle proprie tesi. Fu condannato al rogo: l’esecuzione avvenne nel 1600. Bruno compose il gruppo dei sei dialoghi “cosmologici” e “morali”. La scelta del volgare per l’impiego di toni comico-satirici per argomenti di tipo scientifico e filosofico segnano un’importante acquisizione. L’esempio di Bruno sarà seguito da Galilei. La cena de le Ceneri descrive un convito durante il primo giorno di quaresima. Ne sono protagonisti 4 personaggi- Smitho, studioso gentiluomo, Teofilo, filosofo, Prudenzio, pedante, Frulla, servitore di Smitho-, due dei quali comici come indicano i loro ruoli (servo e pedante). La discussione verte intorno alla teoria copernicana della quale Teofilo è sostenitore. Teofilo tocca anche altri concetti della filosofia bruniana e questioni come quella dell’infinità dell’universo e quella dell’animismo universale (secondo la quale ogni componente del cosmo è dotata di una propria anima). In un’altra opera Bruno affronta questioni metafisiche, quali l’esistenza di un’”Anima del mondo” e l’eternità della materia, in continuo movimento e in perenne trasformazione. Lo spaccio della bestia trionfante, primo dei dialoghi morali, in un dialogo Bruno introduce alcuni spunti polemici in materia di fede, il suo scetticismo riguardo alla doppia natura di Cristo, il rifiuto per il culto dei santi, l’opposizione al dogma protestante della salvezza grazie alla sola fede. In Degli eroici furori Bruno affronta il tema della massima conoscenza: il “furore”, in accezione positiva, rappresenta il grado massimo dell’intelligenza, il punto sublime in cui si accede alla comprensione dell’infinito. TOMMASO CAMPANELLA E “LA CITTA’ DEL SOLE” Tommaso Campanella, nella sua formazione culturale, ereditò l’anti aristotelismo, l’insofferenza per ogni forma di regola precostituita, la passione per la liberà in campo espressivo, il culto di Dante e il principio che basa ogni forma di conoscenza e di espressione, anche estetica, sull’osservazione diretta della natura. Conobbe Galileo, a cui scrisse una Apologia, mostrando entusiasmo per le sue rivoluzionarie scoperte. Nel 1599 promosse una congiura antispagnola e anti-ecclesiastica, con il progetto di dar vita a una nuova organizzazione sociale, sul modello poi descritto nella sua opera La città del sole. Scoperto e catturato, riuscì a salvarsi dalla pena di morte fingendosi pazzo; fu condannato al carcere a vita ma morì in Francia nel 1639. Composta in volgare La città del sole è un’operetta utopistica in forma di dialogo fra un Ospitalario e un Genovese. L’utopia consiste nella descrizione di una città fantastica, che ha il nome dell’opera, una città ideale

e perfetta nella sua organizzazione sociale. In questa comunità ognuno opera secondo le sue virtù naturali, cioè dando il meglio di sé in base alla sua naturale disposizione. Si tratta di una società comunitaria, dove non esiste la proprietà privata, né dei beni, né delle donne; una società rispondente a natura, libera da tutti i tabù. Il comando di una tale città non può essere dunque attribuito che a un sapiente, un filosofo. L’utopia di Campanella non è però nostalgica bensì propositiva, progettuale, tesa cioè a una trasformazione del reale. LA PROSA FILOSOFICA DI TOMMASO CAMPANELLA= Egli propone una poesia filosofica, che è insieme frutto del suo pensiero. Della sua vasta produzione lirica Campanella pubblicò solo una piccola selezione che uscì in Germania. Campanella insiste in un suo sonetto sulla necessità che la poesia non sia menzognera ma portatrice di verità. Proprio la sua veridicità le consente infatti di essere “utile” e non fine a sé stessa, come è invece per gran parte la poesia barocca, nella quale l’aspetto ludico predomina quasi come esclusivo. Il poeta che Campanella ha in mente è un poetaprofeta sul modello di Dante, cioè un poeta mosso da una forte tensione morale e da un...


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