estorsione art 629 cp PDF

Title estorsione art 629 cp
Author Riccardo Sclafani
Course Diritto penale
Institution Università degli Studi di Palermo
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estorsione...


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ESTORSIONE

Il reato di estorsione, disciplinato dall’ articolo 629 codice penale rientra nella categoria dei delitti contro il patrimonio. Esso si ravvisa anche all’interno dei cosiddetti reati di ‘’cooperazione con la vittima’’ poiché è fondamentale per l’integrazione della fattispecie l’attività posta in essere dalla stessa vittima. In primo luogo il codice Zanardelli di fine ottocento distingueva tra ‘’estorsione propria ‘’ che si svolgeva nella ‘’costrizione’’ a mandare, depositare o mettere a disposizione del colpevole denaro, cose e infine la ‘’pseudo estorsione ’’ che si rifaceva alla costrizione al fine di consegnare, distruggere un atto. Susseguite nel tempo diverse modifiche giurisprudenziali, il codice vigente ravvisa una profonda ‘’mutazione’’ delle forme del reato citato. Unificate le precedenti incriminazioni il legislatore ‘’qualifica’ tale reato come forma di ‘’violenza privata qualificata’’ dall’atto del trarre profitto con altrui inganno. Si distingue ancora dalla ‘estorsione da ‘’silenzio ‘’ con cui l’autore del reato si prefigge di ottenere e conseguire un profitto patrimoniale illecito attraverso la conoscenza dei fatti illeciti commessi dalle vittime, con l’intento della ‘’minaccia’ ’nei confronti delle vittime ‘’rivelando’’ la conoscenza dei fatti qualora vi sia un rifiuto (a fare o omettere). Ciò diverge dall’estorsione propria che costituisce una forma di criminalità più violenta. Chiunque può essere soggetto attivo del reato poiché si parla di reato comune. Va anche precisato che qualora il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale, questo fatto può essere incorniciato nella fattispecie del reato di concussione, chiaramente alla presenza degli estremi di legge previsti. Si discute invece la ‘’qualificazione’’ dell’elemento soggettivo necessario per l’integrazione del delitto. L’opinione tradizionale afferma che sia indispensabile una forma di dolo specifico, poiché si accompagna lo scopo specifico di conseguire profitto ingiusto con danno altrui seguito dalla volontà e coscienza di ‘’costringere’’ un soggetto terzo a fare o ad omettere qualcosa.

Quest’ultima tesi però è infondata oggi, in quanto il ‘’conseguimento dell’ingiusto profitto con altrui danno ’’ non è esteriore al fatto di reato, ma piuttosto ne costituisce l’evento che deve essere voluto dall’agente. Dunque si richiede il dolo generico. Il bene “tutelato” risulta il patrimonio nella sua globalità, oltre che la stessa libertà di autodeterminazione della vittima, pregiudicata dalla aggressione. Si badi che l’estorsione può colpire qualsiasi parte del patrimonio della vittima, incluse le ‘’aspettative di diritto ‘’ossia l’eredità. Tale reato si scandaglia all’interno della sua struttura bifasica: in primis vi è la coartazione della volontà e in secundis la lesione del bene patrimoniale. La condotta incriminata consiste nell’utilizzo di ‘’violenza ‘’ o ‘’minaccia’ diretta a creare uno status di coartazione psichica o psicologica al fine di ottenere un ingiusto profitto con successivo danno per la vittima. La violenza può effondersi nei confronti di persone o cose trattandosi in tal caso di violenza reale ad esempio l’incendio di beni mobili o immobili. Queste violenze possono essere esercitate anche nei confronti di un soggetto diverso dalla vittima, purché risultino idonee a produrre i loro effetti. Lo strumento più comune ai fini dell’estorsione è la minaccia. Essa si dipana sotto forma di un male futuro, la cui riuscita dipende dal soggetto agente; deve essere idonea inoltre a produrre l’effetto coartante del soggetto passivo. Ciò che rileva giuridicamente è la sua finalizzazione, la minaccia infatti si prefigge l’ottenimento di un profitto ingiusto con danno altrui e quindi il raggiungimento dell’obiettivo. Secondo la giurisprudenza la minaccia ha diverse sfaccettature: ad essa vengono attribuite forme di esortazioni, consigli, o comportamenti “apparentemente” corretti. Essa può consistere anche in comportamenti di tipo omissivo, a condizione che sul soggetto attivo che minacci gravi l’obbligo giuridico di compiere l’azione la cui omissione viene minacciata. La condotta minacciosa così si manifesta anche prospettando il mantenimento, dipendente dalla volontà dell’agente, di una situazione dannosa in atto. Infatti la condotta è coadiuvata da comportamenti che sono diretti solo ‘’apparentemente’’ alla realizzazione del contenuto di un diritto, ma nella fattispecie raggiungono un obiettivo diverso e per certi versi contrastante quello tipico. La giurisprudenza considera come estorsione la minaccia dell’instaurazione di una lite o della presentazione di una querela o denuncia all’ autorità giudiziaria se essa consegue finalità illegittime.

L’omettere o il fare hanno ad oggetto atti giuridici validi: la dottrina infatti tende ad escludere la configurazione della fattispecie estorsione qualora vi siano presenti atti nulli, mentre afferma la configurabilità del reato in caso di atti annullabili in quanto essi permangono e sono produttivi di effetti giuridici seppur temporaneamente. Le forme delle minacce coinvolgono una ingente quantità di beni quali la vita, l’integrità personale e l’onore. L’esistenza del danno non implica necessariamente la sussistenza del profitto; si tratta bensì di due requisiti autonomi. Nell’estorsione il danno ha carattere ‘’patrimoniale’. Si considera danno lo svantaggio che pregiudica il godimento della situazione patrimoniale del soggetto passivo, che si rifà alla perdita di un bene o un diritto di credito. Lo stesso profitto presenta il connotato patrimoniale: esso riguarda ogni forma di arricchimento o di evitata diminuzione dal patrimonio del soggetto attivo o di un terzo beneficiario della condotta dell’estorsione. Si badi che il profitto è ingiusto. Una precipua circostanza aggravante si fonda nel porre il soggetto passivo in uno status di ‘’volere e agire’’e quindi in una situazione particolare in cui manca al soggetto passivo il potere di scelta tra più comportamenti da tenere. Ciò impone una lettura sistematica del termine estorsione in rapporto a quello di rapina: se il discrimine dello stato di incapacità si intende assoluto, la violenza che lo procurerebbe andrebbe collegata allo schema della rapina. Dunque è fondamentale che nel reato di estorsione, al soggetto passivo rimanga un margine minimo di autodeterminazione. L’art 629 c.p. al secondo comma prevede nell’ambito delle circostanze aggravanti, un rimando alla disciplina della rapina. Si badi però che ’’ l’aggravante’’ della minaccia e della violenza commessa con armi risulta compatibile con l’estorsione solo se ha ad oggetto cose immobili; l’aggravante della ‘’procurata incapacità di agire e volere’’, opera soltanto quando si costringe la vittima ad un fare od omettere. Nel 2012 la Corte di Cassazione a sezioni unite ha stabilito la circostanza speciale nei casi ‘’di più persone riunite’’ che rimanda solo nel caso di più persone presenti nel luogo al momento dell’esercizio della violenza o della minaccia. L’articolo 629 c.p. ai fini sanzionatori prevede che: ‘’chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualcosa, procura a sé o ad altri un ingiusto

profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da 5 a 10 anni e con multa da euro 1000 a 4000 euro. La pena è della reclusione da 7 a 20 anni e della multa da 5000 a 15000 euro, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell‘articolo precedente’’.

RICCARDO SCLAFANI...


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