FENOMENOLOGIA ED ESISTENZA NELLA RIFLESSIONE DI LUDWIG BINSWANGER PDF

Title FENOMENOLOGIA ED ESISTENZA NELLA RIFLESSIONE DI LUDWIG BINSWANGER
Course Filosofia Teoretica
Institution Università di Bologna
Pages 173
File Size 2.3 MB
File Type PDF
Total Downloads 22
Total Views 130

Summary

Download FENOMENOLOGIA ED ESISTENZA NELLA RIFLESSIONE DI LUDWIG BINSWANGER PDF


Description

TITOLO DEL CORSO: «FENOMENOLOGIA ED ESISTENZA NELLA RIFLESSIONE DI LUDWIG BINSWANGER». Il corso prenderà in esame i principali aspetti della psichiatria di LUDWIG BINSWANGER e della cosiddetta  DASEINSANALYSE = ANALISI DELL'ESSERCI, DELLA PRESENZA al fine di evidenziare l'influenza che L'ANALISI FENOMENOLOGICA  DA HUSSERL A HEIDEGGER ha esercitato sulla definizione di una concezione  NON NATURALISTICA DEI FENOMENI PSICOPATOLOGICI, nella quale si condensano il significato antropologico di malattia mentale e le relative accezioni di follia e di delirio.

Binswanger ‹LUDVIG BISVANGHER). - Psichiatra svizzero (Kreuzlingen 1881 - ivi 1966), fondatore della scuola antropoanalitica (DASEINSANALYSE). Inizialmente condivise con il maestro  EUGEN. BLEULER (OIGHEN BLOILAR) l'interesse per la psicologia sperimentale e la psicanalisi; attento alla lezione di  SIGMUND FREUD (SIGMUND FROID) lo interessarono vivamente anche le ricerche di  EDMUND HUSSERL, in particolare la proposta husserliana per una fondazione rigorosa delle scienze umane, tra le quali la psicologia e la psichiatria. Ma la sua DASEINSANALYSE (ANALISI DELL'ESSERCI, DELLA PRESENZA) si può considerare scaturita sostanzialmente dal suo incontro con  ESSERE E TEMPO (1927) di MARTIN HEIDEGGER (MARTIN HAIDAGAR): pur costruitasi lentamente attraverso diversi apporti culturali, la DASEINSANALYSE si enuncia soprattutto in termini heideggeriani. Il suo linguaggio rigoroso e ricco di sfumature offre strumenti concettuali adeguati a una psichiatria attenta alla IRRIDUCIBILITÀ DELLE SINGOLE CONDIZIONI, e pertanto preoccupata di evitare definizioni dogmatiche e impostazioni riduttive dei fenomeni psichici. L'antropologia di LUDWIG BINSWANGER esplora  L'INAUTENTICITÀ DELLA RECIPROCITÀ, L'IMPOSSIBILITÀ O LA LIMITAZIONE ESTREMA DI ATTUARE SE STESSI, PROPRIE DEI MODI DELL'ALIENAZIONE MENTALE che, per BINSWANGER, altro non significa che essere costretti alla mercè degli altri. Su queste premesse BINSWANGER propone una  PSICOTERAPIA BASATA SULLA COMUNICAZIONE E L'INCONTRO CON LA PERSONA DEL PAZIENTE VISTO COME ESISTENZA STORICAMENTE DEFINITA E NON COME CAUSALE EVENTO DI NATURA.

1

DISCORSO INIZIALE PER ESAME

Inizialmente la frase che mi aveva maggiormente colpita era “il cancro la minava da dentro” di Biswanger, ma poi, man mano che sono andata avanti a leggere e quindi mi sono imbattuta nel concetto di entrare e comprendere il mondo dell’alienato mi è venuto in mente che avevo anni fa avevo scritto un romanzino proprio su questo argomento e questa cosa mi è piaciuta un sacco e quindi fatto proseguire con molto interesse. Infatti l’analisi fenomenologica che Biswanger promuove per comprendere l’uomo non prende spunto dal dualismo antropologico di anima e corpo, e nemmeno da quello metodologico che articola la scissione tra soggetto e oggetto. Il punto da cui prende le mosse è la presenza umana nel suo originario essere nel mondo, senza premettere a ciò la distinzione tra sano di mente e alienato. Anche perché questi due modi di essere appartengono entrambi allo stesso mondo, anche se l’alienato vi appartiene in un modo differente:  per il diverso strutturarsi- dei modelli percettivi- e di quelli di comprensione e comportamentali Anche perché – faccio un passo indietro- se la psicologia oggettiva lo psichico e si comporta come la fisiologia con gli organi corporei, trattandolo come una cosa in sé che non si trascende da altro, essa perde la presa rispetto all’oggetto cui essa è destinata e cioè l’uomo. Quindi l’alienato, per Biswanger, non andrà più compreso come colui che vive fuori dal mondo, ma come colui che proprio nell’alienazione ha trovato l’unico modo per lui possibile di essere al mondo: ovvero come progetto che si tenta di realizzare, di porre in essere, uscendo da sé, e dunque trascendendosi. Dunque, secondo Biswanger, l’approccio all’uomo alienato deve riconoscere come si costituiscono e si strutturano i mondi delle diverse forme di alienazione mentale e questo senza ricorrere a una visione del mondo assunta a norma o modello.

ma tornano alla prima frase che mi avava colpita “il cancro la minava da dentro” di Biswanger. Il cancro che la minava da dentro si riferiva al modo di procedere della psichiatria e poi anche alla psicoanalisi che utilizzava un approccio alla persona scientifico-naturalistico. Questo approccio si radicava in quella divisione cartesiana che aveva sancito l’atto di nascita della psicologia moderna, operando così nell’uomo una lacerazione irrimediabile tra anima e corpo di cui si avvaleva il sapere e la scienza e quindi anche la stessa psicologia del profondo applicando quella separazione tra conscio e inconscio.

In tal senso è significativo il motto di Kierkegaard (Briciole di filosofia, 1846), che campeggia in esergo al saggio Sogno ed esistenza (1930), in cui si dice. «Si tenga piuttosto ben fermo che cosa significhi essere un uomo” 2

POSSIBILI DOMANDE Psichiatria come scienza dell’uomo e necessità di rifarsi alla parola di Kierkegaard e al richiamo ad attenersi “a ciò che significa essere un uomo”. In tal senso è significativo il motto di Kierkegaard (dal Postscriptum alla Postilla conclusiva non scientifica alle Briciole di filosofia, 1846), che campeggia in esergo al saggio Sogno ed esistenza (1930), in cui si dice. «Si tenga piuttosto ben fermo che cosa significhi essere un uomo”. Critica della psichiatria organicistica e del riduzionismo biologico. È bene anticipare subito che l’antropoanalisi (detta altrimenti, psichiatria fenomenologica) non è sorta per così dire d’emblée, ma è venuta delineandosi nel tempo. Binswanger fu indotto infatti ad occuparsi di questioni attinenti più – diremmo – all’epistemologia che alla psichiatria vera e propria attraverso la presa di coscienza che quest’ultima era attraversata da una profonda crisi che – malgrado i progressi realizzatisi sul piano della conoscenza e del dominio dell’apparato psichico e del cervello – ne metteva in discussione sia gli intenti che le procedure. Più in particolare, la ragione ultima della destituzione di senso delle pratiche psichiatriche correnti era da imputare – secondo Binswanger – al fatto che esse impostavano il proprio orizzonte di comprensione sul modello epistemico delle scienze della natura, cosicché il depistaggio della psichiatria dal proprio corso doveva essere ravvisato nel fatto di ricorrere in maniera massiccia ad assunti di carattere scientifico-naturalistico. Sulle radici filosofiche e sulla costituzione teorica della psichiatria. Questa psichiatria (o psicopatologia) binswangeriana, quest’indagine fenomenologico-antropologica sui temi della malattia e del disagio mentale, è in grado infatti di riscattare il passato, recuperando le origini della psichiatria che ascolta, non chiudendosi (o spegnendosi) nel pregiudizio naturalistico, ma avviando una considerazione umana della psichiatria e dell’oggetto della psichiatria, al di fuori di ogni riduzionismo naturalistico. Peraltro, l’indirizzo intrapreso da Binswanger era motivato anche dalla valutazione compiuta da Jaspers nella Psicopatologia generale (1913), in cui si affermava che l’esclusione della filosofia era funesta per la psichiatria, proprio perché chi non è pienamente consapevole di una filosofia, dà modo a questa di introdursi nel suo pensiero e nel suo linguaggio scientifico senza che egli se ne accorga, rendendolo quindi poco chiaro sia dal punto di vista scientifico sia da quello filosofico. L’opera di revisione compiuta da Binswanger per cercare di restituire la psichiatria alla sua essenza autentica partiva dunque dalla constatazione che la crisi della psichiatria, così come i sospetti che avvolgevano e per molti aspetti avvolgono ancora la psicoanalisi, rimandano al fatto che entrambe mutuano per così dire i propri modelli concettuali dallo schema con cui Cartesio aveva sancito l’atto di nascita della psicologia moderna, e che la scienza ha fatto propri – per fini esplicativi – operando nell’uomo una lacerazione irrimediabile tra anima e corpo, tra res cogitans e res extensa. È proprio alle soglie della fondazione psichiatrica che si colloca il duplice incontro di Binswanger con la filosofia: da una parte, con gli assunti filosofici che hanno portato la psichiatria a smarrire il proprio autentico oggetto d’indagine e, dall’altra, con quelle concezioni filosofiche – delle vere e proprie “illuminazioni” – che le hanno invece permesso di risalire alle radici del suo male e di estirpare – per dirla con le parole molto eloquenti di Binswanger – “il cancro che la minava dall’interno”. La distinzione jaspersiana tra psicopatologia e psichiatria Del resto, a mio modo di vedere, l’importanza che manifesta tutt’oggi l’incontro dialogico tra filosofia e psichiatria inaugurato in grande stile da Binswanger (ma già all’opera come vedremo in Jaspers) si deve alla capacità che tale orientamento ha di dilatare la riflessione sulla struttura costitutiva di quei modi d’essere al mondo (schizofrenia, mania, le psicosi in genere), che tratteggiano le infinite modalità di una condizione 3

umana altra per così dire dalla nostra: una condizione spesso così sfuggente ed enigmatica, lontana nel suo spazio e nel suo tempo, ma così vicina al segreto del dolore e della solitudine La psichiatria clinica, quella che cura e fa diagnosi, non è la psicopatologia, anche se l’una non può fare a meno dell’altra. La psichiatria e la psicopatologia sono due realtà dialetticamente correlate che non possono essere stralciate l’una dall’altra, e in ciascuna di esse si nascondono nuclei problematici talvolta contraddittori. La posizione più drastica in ordine alla delimitazione di psichiatria e psicopatologia è stata quella di Karl Jaspers nel contesto della sua Psicopatologia generale (1913): la psicopatologia è scienza, mentre la psichiatria è scienza applicata (empirica) che si esaurisce nella conciliazione, spesso difficile e sfuggente, tra le realtà psicopatologiche e quelle somatologiche Il “cancro della psicologia moderna” e la sua origine cartesiana. per dirla con le parole molto eloquenti di Binswanger – “il cancro che la minava dall’interno”. Il cancro che si annida in ogni psicologia è rappresentato da quella divisione cartesiana così radicale, che non è qualcosa di originario tale da potersi offrire all’evidenza fenomenologica, ma è il prodotto della metodologia della scienza, la quale – consapevole che il suo potere e la sua efficacia si estendono esclusivamente nell’ordine quantitativo e misurabile della res extensa, si vede perciò costretta a ridurre lo psichico a epifenomeno (e cioè a manifestazione secondaria o accessoria) del fisiologico, che in psichiatria si chiama appunto “apparato cerebrale”, mentre in psicoanalisi viene definito come “ordine istintuale” (ovvero come gli istinti propri dell’organismo, le pulsioni, Trieb-Triebe, in inglese instinct o drive)). Se si risale però alle spalle dello stesso Cartesio, è Platone ad aver inaugurato quella filosofia della separazione che prevede un mondo vero (o delle idee) e un mondo apparente (o delle cose costruite a somiglianza delle idee). Lo statuto della separazione (korismos, che però Platone pospone a quello della methexis, della partecipazione) è proseguito nella distinzione cristiana tra cielo (come vera patria) e terra (come dimora provvisoria), condizionando così i valori etici (bene e male) di cui si nutre il sociale, e quelli logici (vero e falso) di cui si avvale il sapere e l’ordine delle scienze. La stessa psicologia del profondo, nutrendosi della separazione tra conscio e inconscio, non sarebbe per certi versi altro che l’ultima espressione del platonismo nel quale c’è sempre – per dirla con Nietzsche – “un al di là inventato per meglio calunniare l’al di qua”]. L’impossibilità di oggettivare e di trattare con metodiche oggettivanti l’uomo e la psiche. Quello che scaturisce da tale trend di pensiero non è certo una psichiatria che comprende l’uomo per come esso si dà (manifesta), ma una psicofisiologia che lo spiega come si spiega qualsiasi altro fenomeno della natura. Ma per spiegare l’uomo come fenomeno della natura occorre – questo è il punto – oggettivarlo, considerare la psiche non già come un atto di natura intenzionale (o per meglio dire come un insieme di atti di tale natura), ma come una cosa del mondo (un ente) al pari delle altre, da trattare quindi secondo le metodiche oggettivanti che sono proprie delle scienze naturali. Ma se la psicologia oggettiva lo psichico, e si comporta come la fisiologia con gli organi corporei, trattandolo come una cosa in sé (chiusa in sé) che non si trascende in altro, essa è destinata a perdere irrimediabilmente la specificità dell’umano, a perdere la presa rispetto all’oggetto cui essa è destinata. L’oggetto delle scienze psicologiche è infatti per Binswanger l’uomo, per cui in questo campo ci si deve attenere a ciò che significa essere uomo. Questo è il compito che Binswanger assegna a una psicologia che non voglia ridursi a psicofisiologia, perdendo di vista con ciò l’oggetto per cui essa è costituita. L’analisi fenomenologica che lui promuove per comprendere l’uomo non prende spunto, dunque, dal dualismo antropologico di anima e corpo, né da quello metodologico che articola la scissione tra soggetto e oggetto, che da Cartesio in poi ha rappresentato il cardine di ogni costruzione scientifica o teoria della conoscenza. Il punto da cui prende le mosse è invece la presenza umana, nel suo originario essere nel mondo, senza premettere a ciò la distinzione, assai frequente, tra sano e malato, tra sano di mente e alienato (spostato, ein Verrückter), anche perché questi due modi di essere appartengono entrambi allo stesso mondo, anche 4

se l’alienato vi appartiene in un modo differente, per il diverso strutturarsi – nel suo rapporto col mondo – dei modelli percettivi, di quelli di comprensione e comportamentali. D’altronde, se l’alienazione va intesa in quest’ottica come il tentativo più estremo di diventare, malgrado tutto, se stessi, l’alienato non andrà più compreso come colui che vive fuori del mondo, ma come colui che proprio nell’alienazione ha trovato l’unico modo per lui possibile (a sua disposizione) di essere nel mondo. La psichiatria come studio della presenza umana nel suo originario essere nel mondo. Se l’uomo infatti non viene predefinito in base a un modello o a una struttura teorica, sostanzialmente estranea, ecco che in relazione ad esso si potrà parlare solo dei suoi modi di essere, e cioè delle diverse funzioni della sua concreta presenza, di un certo suo modo di essere nel mondo e di progettarlo (Weltentwuf), rinunciando quindi a privilegiare un mondo rispetto a un altro, per imparare invece a riconoscere come si costituiscono e si strutturano i mondi delle diverse forme di alienazione mentale, senza ricorrere a una visione del mondo assunta precostitutivamente a norma o modello. In questo modo l’alienazione mentale non va più rapportata a uno schema meta-individuale, di tipo ad esempio biologico come nel caso di Freud, né riferita a un concetto di salute statisticamente determinato, quando non addirittura caratterizzato in senso moralistico o socio-politico, ma semplicemente in base a quell’elemento normativo – comune sia al malato sia al sano – che è il modo propriamente umano di essere al mondo come esistenza, come progetto che si tenta di realizzare, di porre in essere, uscendo da sé, e dunque trascendendosi. L’apporto della fenomenologia alla critica del naturalismo. Una volta abbandonato dunque il presupposto naturalistico che considera l’uomo non in ragione di ciò che ha di specifico – e cioè la sua capacità di comprendere il mondo – ma per ciò che ha di comune con tutti gli altri enti naturali che sono al mondo (senza che questi abbiano però la capacità di comprenderlo), l’analisi fenomenologica che Binswanger instaura è in grado di additare alla psicologia quel capovolgimento metodologico che la fa sorgere indubitabilmente come scienza umana, riscattandola da quel livello psicofisiologico in cui erano rimaste invischiate sia la psichiatria classica sia la dottrina psicoanalitica, dal momento in cui avevano accolto in maniera acritica il dualismo cartesiano tra anima e corpo, la conseguente scissione tra io e mondo, trovandosi nell’impossibilità di comprendere le modalità con cui l’io è al mondo e di cogliere, dunque, l’essenza dello psicologico in quanto tale. Le principali figure e i principali nuclei teorici dell’alienistica classica (Griesinger, Meynert, Kraepelin). La psichiatria, è stato detto, non è altro che una conoscenza pratica ( Kennerschaf) che si muove sul piano dell’intuizione e della percezione immediata. In questo modo, la psicopatologia e la somatologia sono le due discipline rigorose che, solo separandosi e integrandosi, consentono di fondare la psichiatria nella sua unitarietà. Per ottenere questo non ci si deve naturalmente accodare alla natura delle cose che ha trascinato ogni psichiatria somatologica nel solco delle tesi di Griesenger (1861), secondo le quali ogni fenomeno psicopatologico non sarebbe altro che l’espressione di una lesione cerebrale, giungendo così a schiacciare i fenomeni psichici sui fenomeni somatici (organici) e identificarli con essi. Sotto questo profilo non avrebbe più senso, infatti, fare analisi psico(pato)logiche nel contesto di esperienze psicotiche, ma in fondo anche di esperienze neurotiche, che finirebbero per essere più o meno considerate come malattie neurologiche. Infatti, procedendo così, la psichiatria non fa che destituirsi dalla sua originalità di scienza applicata all’analisi delle esperienze soggettive, uniformandosi allo statuto delle scienze radicalmente oggettive. Il sogno di Emil Kraepelin (che aveva studiato con Wundt e insegnò prima a Heidelberg e poi a München), esponente di punta della nosografia e dell’alienistica classica, di poter constatare e descrivere, in psichiatria, delle unità naturali di malattia sull’esempio della paralisi progressiva, non si è realizzato, poiché il 5

modello medico di conoscenza non si applica, in maniera automatica, alla suddivisione e articolazione di quelle che sono le malattie psichiche. L’esigenza di superare perciò il mero momento oggettivante, classificatorio e quasi botanico, si traduce nel riconoscimento di non poter violare concettualmente la libertà del tu (alterità) in cui ci s’imbatte o che ci si fa incontro, di dedurne il comportamento in una data situazione da leggi prestabilite sulla base di un certo cognitivismo, e cioè di leggerne il sintomo avvalendosi di modelli combinatori più o meno rigidamente fissati. In psichiatria, non ci sono infatti sintomi lineari e rigidi (bloccati), ma solo dei segni immersi nella trama dell’intersoggettività e nella rete delle relazioni sociali. L’alienazione come tentativo estremo di diventare se stessi. Il punto da cui prende le mosse è invece la presenza umana, nel suo originario essere nel mondo, senza premettere a ciò la distinzione, assai frequente, tra sano e malato, tra sano di mente e alienato (spostato, ein Verrückter), anche perché questi due modi di essere appartengono entrambi allo stesso mondo, anche se l’alienato vi appartiene in un modo differente, per il diverso strutturarsi – nel suo rapporto col mondo – dei modelli percettivi, di quelli di comprensione e comportamentali. D’altronde, se l’alienazione va intesa in quest’ottica come il tentativo più estremo di diventare, malgrado tutto, se stessi, l’alienato non andrà più compreso come colui che vive fuori del mondo, ma come colui che proprio nell’alienazione ha trovato l’unico modo per lui possibile (a sua disposizione) di essere nel mondo. Se l’uomo infatti non viene predefinito in base a un modello o a una struttura teorica, sostanzialmente estranea, ecco che in relazione ad esso si potrà parlare solo dei suoi modi di essere, e cioè delle diverse funzioni della sua concreta presenza, di un certo suo modo di essere nel mondo e di progettarlo (Weltentwuf), rinunciando quindi a privilegiare un mondo rispetto a un altro, per imparare invece a riconoscere come si costituiscono e si strutturano i mondi delle diverse forme di alienazione mentale, senza ricorrere a una visione del mondo assunta precostitutivamente a norma o modello. In questo modo l’alienazione mentale non va più rapportata a uno schema meta-individuale...


Similar Free PDFs