Galgano - La globalizzazione nello specchio del diritto PDF

Title Galgano - La globalizzazione nello specchio del diritto
Author Aurora Brunelli
Course Diritto privato
Institution Università di Bologna
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Summary

Riassunto dettagliato del libro, con annesse spiegazioni di passaggi poco chiari...


Description

PREFAZIONE Di globalizzazione si usa parlare nei sensi più diversi. Se ne parla con riferimento alle nuove tecnologie della comunicazione, che hanno portato al superamento delle barriere fisiche dello spazio ed hanno reso gli abitanti della Terra membri di un unico «villaggio globale»; o se ne parla come di un fenomeno economico, provocato dalla progressiva caduta delle barriere doganali e dalla conseguente dilatazione dei mercati oltre ogni confine politico, fino all’avvento degli odierni mercati globali. Può poi accadere che si ponga l’accento sulla crescente transnazionalità del commercio oppure della finanza, o che si dia rilievo alle dimensioni transnazionali assunte dall’economia industriale, che hanno trasformato il Pianeta in un mondo abitato, mi si passi la metafora, da quei rinati dinosauri che sono le imprese transnazionali. Se ne può, altresì, parlare in un senso che assomma in sé tutti i singoli aspetti ora descritti, in rapporto di complementarità degli uni rispetto agli altri. Tutt’altro che raro è che se ne parli, infine, come di una riedizione dell’imperialismo, rinnovata tecnica di sfruttamento delle aree depresse del mondo, da contrastare con la protesta no global. Ci si domanda come, in una società mondializzata, possano trovare adeguata protezione libertà e diritti umani, come possa conseguire il dovuto rispetto la stessa sovranità degli Stati, come si possano estendere al governo della nuova società postnazionale i principi di democrazia storicamente sorti negli ambiti nazionali, e quali mutamenti siano intervenuti, o debbano intervenire, nella regolazione degli scambi o, più in generale, nell’organizzazione giuridica dei mercati. Della globalizzazione si occupano filosofi e sociologi, economisti e giuristi; si è formata una ormai sterminata letteratura, e ciascuno dà agli interrogativi ora menzionati le risposte suggerite dalla propria cultura e dalla propria sensibilità. In questo libro, che guarda la globalizzazione «nello specchio del diritto», si è tentato di rispondere agli interrogativi indicati secondo la cultura, e secondo la sensibilità, che è propria del giurista e, in particolare, del giusprivatista, qual è l’autore. Questo libro non vuole essere la predicazione di un futuro migliore, che sia reso immune dalle insidie della globalizzazione. Si occupa della realtà presente e dei mutamenti che la globalizzazione vi ha apportato. Può essere, tutt’al più, la prospettazione di un futuro possibile, ma solo nella misura in cui l’immagine del futuro sia già racchiusa nel presente, e la si possa rappresentare prolungando le linee di tendenza in atto, pur con il beneficio d’inventario che simili rappresentazioni esigono. Certo è che la realtà presente, vista con le coordinate del tempo e dello spazio, appare l’opposto esatto di quella del passato. Oggi la realtà è sempre più mutevole nel tempo, sempre più uniforme nello spazio; ieri era, al contrario, pressoché immota nel tempo, grandemente mutevole nello spazio. Il diritto era la legge, diversa da Stato a Stato, ma capace di garantire, in ciascuna società nazionale, uno stabile assetto. L’odierna globalizzazione dei mercati ha sovrapposto al diritto degli Stati, per la regolazione dei traffici transnazionali, una universale nuova lex mercatoria, cui si riconosce da parte delle corti nazionali natura di ordinamento giuridico originario; e l’attività creativa di nuove figure giuridiche, adatte alle mutate esigenze dei traffici, si sposta dalla legge al contratto, che ha valenza universale e può diffondere oltre ogni confine nazionale sempre nuovi modelli di operazioni economiche, sempre nuovi strumenti finanziari. (La Lex mercatoria è un sistema di norme e regole di tipo consuetudinario, nate in forma spontanea tra gli appartenenti a determinati settori commerciali, finalizzato alla regolamentazione di rapporti contrattuali ed extracontrattuali aventi elementi di internazionalità.) La realtà muta rapidamente nel tempo, ma si uniforma sempre più nello spazio. Nella lex mercatoria si fondono tra loro, formando un sistema unico, principi di civil law e di common law. L’organizzazione giuridica, in passato nettamente contrapposta fra paesi del Vecchio e del Nuovo continente, tende progressivamente ad uniformarsi, e il judge made law è ormai altrettanto presente in civil law quanto in common law; ma il nuovo che avanza non si arresta sulle due sponde dell’Atlantico: la lex mercatoria trasporta verso Occidente principi di diritto che hanno origine in Oriente, preludendo forse al tramonto dell’egemonia occidentale. Lo specchio del diritto rimanda, della globalizzazione, un’immagine fatta soprattutto di scambi contrattuali. A regolare i contratti commerciali internazionali è rivolta la nuova lex mercatoria, quale emerge dalla compilazione, in progressiva estensione nel tempo, dei Principi Unidroit, opera di giuristi e, tuttavia, opera

che agisce ad instar della legge. (Che cosa sono i principi UNIDROIT? Si tratta di un insieme di 211 regole per i contratti internazionali elaborate al fine di armonizzare il diritto internazionale dei contratti commerciali fornendo regole che integrano strumenti internazionali alle leggi nazionali ). A giudicare della loro validità, interpretazione, esecuzione è destinata, in forza delle clausole compromissorie in essi inserite, la giustizia delle camere arbitrali internazionali. I principi di diritto che li governano, i lodi arbitrali che dirimono le controversie che da essi insorgono non segnano la supremazia di nessuno dei diritti nazionali del nostro tempo: non la supremazia del common law sul civil law, e neppure quella dell’Occidente sull’Oriente. I tre grandi modelli del diritto occidentale, il modello romano-francese, il modello romano-tedesco, il modello inglese hanno indubbiamente offerto un notevole apporto di materiali normativi, e sta ora emergendo l’influsso del diritto codificato dalle nuove potenze economiche dell’Estremo Oriente. E tuttavia la lex mercatoria si presenta come un sistema normativo a sé stante, di fonte consuetudinaria, quantunque raccolto e riordinato da Unidroit, il quale ripete la propria legittimità dal fatto di corrispondere all’opinio iuris di quanti, quale che ne sia la nazionalità, agiscono sui mercati internazionali. Altrettanto indubbio è che in questo nuovo sistema di regole siano confluite linee di tendenza già emerse all’interno dei predetti sistemi nazionali, ma è degno di nota che queste linee di tendenza, che hanno ricevuto un disuguale grado di sviluppo nei diversi diritti nazionali, si ritrovino tutte realizzate in un più alto grado di compiutezza nella nuova lex mercatoria. La globalizzazione riflette nello specchio del diritto un nuovo diritto universale, quale la lex mercatoria; riflette, al tempo stesso, una nuova vocazione dei diritti nazionali, non più chiusi entro i confini politici degli Stati, bensì aperti alla competizione, quali modelli fruibili per un lex shopping; e ciò tanto per regolare rapporti transnazionali, che sempre più spesso vengono per volontà delle parti sottoposti al diritto di uno Stato terzo rispetto allo Stato dei contraenti, quanto per regolare contratti fra connazionali, cui la Convenzione di Roma consente di optare, quanto alla disciplina del contratto, per un diritto ad essi non nazionale, ritenuto più congeniale al loro caso. Vi si riflette, infine, il mutato volto degli Stati, cui i mercati globali hanno sottratto molte delle loro tradizionali prerogative sovrane e che hanno dovuto riorganizzarsi al loro interno; sicché autorità tecnocratiche hanno preso il posto prima occupato da autorità politiche, e autodiscipline contrattuali hanno sostituito fonti normative, mentre il potere giudiziario si è a tal punto separato dagli altri poteri dello Stato, legislativo ed esecutivo, da tendere a configurarsi quale organo di una società civile ormai cosmopolita. Die Globalisierung im Spiegel des Rechts era il titolo di un articolo con il quale in Zeitschrift für Rechtsvergleichung, internationales Privatrecht und Europarecht avevo, nel 2003, anticipato alcune delle idee esposte in queste pagine, che sviluppano e danno sistematicità ad una serie di riflessioni cominciate con La giurisprudenza nella società post-industriale, in Contratto e impresa, 1989, e proseguite con lo scritto su Le istituzioni della società post-industriale, raccolto nel volume collettaneo di F. Galgano, S. Cassese, G. Tremonti e T. Treu, Nazioni senza ricchezza, ricchezze senza nazione, Bologna, 1993, con l’articolo su The new Lex mercatoria, in Annual Survey of International & Comparative Law , 1995, con il saggio su Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio , in Contratto e impresa , 2000; con l’articolo Lex mercatoria, shopping del derecho y reglamentos contratuales en la època de los mercados globalizados , in Revista de derecho mercantil, 2003, e infine con la lectio magistralis su L’impresa transnazionale e i diritti nazionali , letta a Genova nel novembre 2004 in occasione del conferimento della laurea honoris causa in economia. L’antecedente storico di questo libro è la Lex mercatoria, giunta alla quarta edizione nel 2001, i cui capitoli finali ne contenevano in nuce alcune anticipazioni. Posso dire che di una medesima vicenda quel libro narrava il passato, mentre questo ne raffigura il presente. Debbo aggiungere infine che queste riflessioni si sono alimentate, nel corso degli anni, di altre esperienze, contratte per così dire sul campo, nella veste di avvocato o di arbitro oppure di componente di comitati o di commissioni di studio, che mi hanno consentito di toccare con mano la realtà della globalizzazione. Ne ho talvolta fatto, nei luoghi opportuni, esplicito riferimento. In questo libro confluiscono altri due filoni di ricerca e di riflessione, oltre a quello della globalizzazione, entrambi strettamente connessi ad esso. Uno è il filone vertente sul tema del diritto giudiziario, cominciato

con Giurisdizione e giurisprudenza in materia civile, in Contratto e impresa, 1985, p. 29; proseguito con L’interpretazione del precedente giudiziario , ivi, 1985, p. 701; con Giustizia civile e litigiosità, ivi, 1993, p. 323; con L’efficacia vincolante del precedente di Cassazione, ivi, 1999, p. 886; concluso con Stare decisis e no nella giurisprudenza italiana, ivi, 2004, p. 1. L’altro filone riguarda le nuove forme giuridiche dell’impresa, organizzata come impresa di gruppo: comincia nei primi anni settanta per concludersi nel volume, edito dalla Utet, su I gruppi di società del 2001. Questo non è, propriamente, un libro di diritto. Il mestiere del giurista consiste, come diceva Walter Bigiavi, nel risolvere puzzles, ossia nel ricomporre frammenti sparsi di materiale normativo fino a creare con essi un sistema compiuto ed organico; e bene ha scritto Harold J. Berman che la prima vera opera giuridica, iniziatrice della disciplina cui si dà oggi il nome di scienza del diritto, è stata quella Concordantia discordantium canonum cui Graziano pose mano alla metà del dodicesimo secolo. Il mio scopo è stato, piuttosto che risolvere puzzles, utilizzare gli elementi di conoscenza che al giurista è dato di acquisire nell’esercizio del suo mestiere caratteristico per pervenire, incrociandoli con gli elementi di conoscenza forniti da altre discipline, quali l’economia, la filosofia, la sociologia, alla comprensione della più vasta e complessa realtà del nostro tempo. Un simile proposito non è illusorio, se è vero che il diritto non è riflesso inerte del reale, sua mera sovrastruttura, ma è «ragione determinante dello sviluppo economico nel lungo periodo», come ha scritto Douglass C. North, premio Nobel per l’economia nel 1993. Ad un cimento del medesimo genere mi accinsi, trent’anni or sono, allorché scrissi, per i tipi della Zanichelli, Le istituzioni dell’economia capitalistica; e quel libro fu, autorevolmente, definito come di sociologia del diritto dalla rivista che porta il medesimo nome di Sociologia del diritto e che su di esso volle a quel tempo aprire un ampio dibattito. Sono, dunque, legittimato a concludere che anche a questo compete una simile qualificazione? Ma posso forse azzardare una più specifica qualificazione: oso dire, invertendo i termini di una ormai celebre formula, che questo è un saggio di analisi giuridica dell’economia. capitolo primo

UNA RIVOLUZIONE ANNUNCIATA 1. La Rivoluzione post-industriale Se c’è una parola della quale il lessico del nostro tempo sembra non poter fare a meno quando si propone di descrivere l’odierna realtà, questa è la parola rivoluzione. Ecco, nell’ordine in cui appaiono nelle prossime pagine, una serie di aggettivi che solitamente si ritrovano uniti alla parola rivoluzione: post-industriale, digitale, spaziale, multimediale, manageriale, neo-manageriale, neo-industriale e, infine, globale. L’aumento della ricchezza è, da qualche decennio, una variabile indipendente dall’aumento della produzione industriale. Questa è la Rivoluzione post-industriale, resa manifesta anche da un altro indice: il numero degli addetti all’industria è superato dal numero degli addetti ai servizi. Gli Stati Uniti furono i primi a varcare una tale soglia, già nel 1956; a sua volta l’Italia l’ha superata nel 1982. Altro riscontro a fine secolo: i servizi corrispondevano, negli Stati Uniti, a tre quarti del prodotto interno lordo, in Europa a due terzi . Dove sta qui il nuovo, il diverso dalla società industriale, che il prefisso «post» annuncia? Per molti società post-industriale equivale a società elettronica, a società informatica, nella quale una macchina guidata da un computer sostituisce il lavoro dell’uomo. Il nesso fra società elettronica e flessione degli addetti all’industria è allora evidente: risiede nell’automazione del processo produttivo, che provoca la liberazione delle energie umane; e liberazione è qui una parola che ha significato anche disagio sociale, disoccupazione. Il mondo del diritto non ha tardato ad adeguarvisi. Se si batte la parola computer nelle banche dati di giurisprudenza si trova, già nel 1985, una sentenza che mostra come il senso comune dei giudici si fosse subito trasformato. Vi si legge che «l’introduzione di un computer in azienda, determinando una riorganizzazione dell’attività aziendale, costituisce giustificato motivo obiettivo di licenziamento di un lavoratore, ai sensi dell’art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604». Nella motivazione è addotto il drastico

argomento che il licenziamento era da ritenersi obiettivamente giustificato dal fatto che «l’introduzione del computer aveva soppresso l’attività cui era adibito il lavoratore» [4] . L’«obiettività» della causa di licenziamento valutata da questo giudice ha sapore storico: possiamo dire che, con questa sentenza, anche la giurisprudenza ha varcato la soglia dell’era post-industriale. L’automazione della produzione industriale è, a sua volta, espressione di una più vasta rivoluzione, che è la Rivoluzione digitale, la quale investe, in misura progressivamente crescente, ogni aspetto della vita economica: non solo il modo di produrre, ma anche il modo di commerciare e di consumare o, più semplicemente, di comunicare , e sembra sospingere le relazioni fra gli uomini fuori del tempo e dello spazio, entro uno spazio non fisico, il cyber-spazio – sicché è anche Rivoluzione spaziale e Rivoluzione multimediale – in una sorta di spazio vuoto di diritto, nel quale le norme giuridiche sono soppiantate dalla tecnica, che ne prende il posto, decretando la fine del diritto. Società post-industriale non è però solo la società tecnologica avanzata. Non c’è solo, a causa dell’automazione, la drastica flessione delle tute blu; c’è anche, ed in misura quantitativamente superiore a questa flessione, e anzi nettamente superiore, l’aumento dei colletti bianchi, degli addetti ai servizi. Sotto questo diverso profilo, la società post-industriale è l’esito di un’altra rivoluzione ancora, ossia della Rivoluzione manageriale, e più propriamente della Rivoluzione neo-manageriale. La più antica, che si colloca fra la fine dell’Ottocento e il principio del Novecento, è quella che dissocia proprietà e controllo della ricchezza, o, secondo un’altra terminologia, quella che contrappone proprietà e funzione del capitale, che «nella persona del dirigente è separata dalla proprietà del capitale» [13] ; la nuova Rivoluzione manageriale è, per contro, quella che ha dilatato la classe dei dirigenti a seguito dei mutamenti che nell’organizzazione imprenditoriale sono intervenuti nel corso del Novecento. Lo sviluppo dei servizi non si lega tanto all’incremento dei servizi per il consumo finale, secondo una originaria ipotesi, ossia per il soddisfacimento dei nuovi bisogni della società del benessere, quanto piuttosto all’incremento dei servizi alla produzione, dovuto alla crescente complessità delle imprese industriali, che diventano imprese multiprodotto e transnazionali; sicché il controllo e il coordinamento di queste strutture complesse determina la nascita di molteplici servizi specializzati – secondo la descrizione che ne fa Chandler – nel reperimento e nello sviluppo delle risorse (reperimento delle risorse finanziarie, selezione e formazione del personale, ricerca e sviluppo tecnologico, pianificazione strategica), nell’organizzazione e nel coordinamento delle attività produttive e di scambio (contabilità, gestione del personale, gestione degli acquisti, gestione del magazzino), nel controllo della produzione (tempi e metodi, controllo della qualità, manutenzione), nella commercializzazione e distribuzione del prodotto (proiezioni di mercato, promozione delle vendite, pubblicità, assistenza ai clienti ecc.). Di qui la proposta di correggere la formula originaria: non già economia post-industriale, ma semmai economia neo-industriale, entro la quale è, rispetto all’era industriale, profondamente mutato il modo di produrre. Il punto è che l’espansione del terziario è dovuta soprattutto all’incremento del cosiddetto terziario implicito, ossia all’aumento delle «mansioni di servizio» all’interno delle stesse imprese industriali. Non già deindustrializzazione dell’economia, allora; ma, tutto all’opposto, terziarizzazione della produzione industriale. Entro questo nuovo modo di produrre, in cui si sostanzia l’economia neo-industriale, si inscrivono mutamenti sensibili della organizzazione giuridica dell’impresa . Le funzioni di direzione strategica e finanziaria si separano dalle funzioni operative per formare oggetto di una apposita società holding; a loro volta, le funzioni operative si diversificano fra loro, dando luogo ad una pluralità, talvolta sterminata, di società operanti sotto il controllo della holding. È, in termini giuridici, il fenomeno dell’impresa di gruppo, sul quale tornerò fra breve (par. 3) ed al quale è più oltre dedicato l’apposito sesto capitolo.

2. Economia post-industriale ed economia della finanza Il «post» che fa da prefisso ad economia post-industriale annuncia altro ancora. Oltre l’economia del terziario c’è l’economia della finanza: il nuovo non sta solo nel come si produce; sta anche nel che cosa si produce; e sta, oltre a ciò, nella singolare circostanza che il produttore è, ad un tempo, soggetto ed oggetto dell’economia, esso stesso merce di scambio. Nel nuovo che si produce certo ci sono, grazie sempre all’elettronica, quei prodotti dell’informazione e della comunicazione che hanno dato vita alla new economy, che è sì industria, e colossale industria, se è vero che Microsoft si colloca, in termini di valore, fra le prime tre imprese del mondo, ma è industria a tal punto particolare da alimentare un mercato finanziario a sé stante, dall’andamento affatto diversificato. Ci sono, soprattutto, le creazioni finanziarie: una parola nata per designare beni materiali si è trasformata in metafora; la parola «prodotto» si è dematerializzata, viene impiegata per indicare i «prodotti finanziari» . Qui è pertinente osservare che la ricchezza, per potersi internazionalizzare, si è dovuta dematerializzare. Se il mercato è la Mano invisibile che regge la vita economica, la ricchezza dematerializzata ne rappresenta l’espressione sublime: è ricchezza invisibile e intangibile, è la ricchezza elevata a puro concetto. Qui l’incontro dell’economia con il diritto si fa più ravvicinato. Nell’economia della finanza la tecnologia industriale è sostituita dalla tecnica contrattuale: i prodott...


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