Filosofia del diritto PDF

Title Filosofia del diritto
Author Renato Gobattoni
Course Filosofia del Diritto
Institution Università degli Studi di Padova
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Filosofia del dirittoFilosofia del diritto 2021- 20-21 aprile prova intermedia che funziona da preappello su part del programma di teoria del diritto, poi mancano 3 crediti di filosofia del diritto da dare nella sessione di giugno. Esame scritto (2 domande aperte) nella prova intermedia, orale a giu...


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Filosofia del diritto

Filosofia del diritto 2021-2022 20-21 aprile prova intermedia che funziona da preappello su part del programma di teoria del diritto, poi mancano 3 crediti di filosofia del diritto da dare nella sessione di giugno. Esame scritto (2 domande aperte) nella prova intermedia, orale a giugno. Libro Grammatica del costituzionalismo: solo certe voci che comunicherà in tempo. 12 maggio (ultima lezione) convegno sul costituzionalismo. + Le ragioni del diritto da 170, paragrafo 4 fino a 329 + cose fatte a lezione Data esami: 20-21 aprile, 20-21 giugno, 7 luglio NO lezione 8 marzo, 19 aprile, 3-4-5 maggio (forse)

Capitolo 3.6- 4: Le ragioni del diritto All’interno del processo di concentrazione del potere politico nelle forme dello Stato che va pian piano eliminando le precedenti forme di condivisione del potere, si pone il problema dei modi in cui contrastare l’avvento del totalitarismo andando a disciplinare gli ambiti e definendo il ruolo di ciascun soggetto. Questa tendenza a controllare il potere si sviluppa in due direzioni una interna e una esterna. Dal punto di vista esterno il potere pubblico nei confronti degli associati viene limitato nei suoi possibili arbitri attraverso una serie di sottili distinzioni. Se in Bodin, filosofo, economista e giurista francese, si parla ancora di leggi divine e di leggi naturali, istituendo al tempo stesso una distinzione tra il sovrano come persona fisica e il sovrano come persona giuridica, l’unipotenza legislativa del sovrano viene circoscritta oltre che la legge divina anche la legge naturale. Nelle tesi del giusnaturalismo si effettua un passo ulteriore passando dall’auto obbligazione di Bodin all’obbligo contrattuale nei confronti dei cittadini tramite il contratto sociale. In questo filone inseriamo il pensiero liberale che si caratterizza per il suo tentativo di limitare il potere politico creando una teoria del governo limitato in contrasto con la teoria paternalistica. Vi sono azioni che il potere, specialmente quello legislativo, non può fare: il potere stesso è limitato nei suoi comportamenti dall’esistenza di diritti inalienabili e inviolabili dell’uomo ma anche dal principio di legalità per cui il potere deve regolare tramite leggi la condotta dei cittadini ed esplicare la propria funzione. In questa teoria del governo limitato si va ad anticipare quello che ho già chiamato lo Stato costituzionale di diritto. Fondare l’autorità su un contratto, il contratto sociale, significa aprire la strada all’istanza di un controllo e quindi di una libera critica nei confronti dell’autorità (Stato liberale) e in un secondo momento un’aperta rivendicazione dell’esercizio diretto della sovranità popolare (Stato democratico). Nel versante interno si cerca di ridurre la sovranità assoluta con una frammentazione del potere destinato a creare meccanismi di controllo reciproco: si apre così la teoria della separazione dei poteri che si sviluppa nel pensiero costituzionalistico inglese. In quest’ultimo si va a dividere il limitare il 1

potere mediante un controllo reciproco tra corona e parlamento, quello che Lock andrà a chiamare potere legislativo, esecutivo e federativo, anche se per la prima volta la divisione dei poteri viene teorizzata da Montesquieu. In quest’ultimo vediamo la divisione del potere tripartita tra legislativo, esecutivo e giudiziario. Carl Schmitt andata a firmare la separazione dei poteri costituendo una componente essenziale dello stato di diritto. Ogni limite della sfera di libertà del cittadino si deve realizzare nella forma della legge, sviluppandosi appunto la dottrina per cui i poteri non sono diversi nei diversi Stati ma sono sempre sono soltanto tre: legislativo, il principe fa le leggi o le abroga nel caso di leggi già fatte, identificato con la volontà generale dello Stato; esecutivo, esecuzione di tale volontà; giudiziario, punire i crimini e decidere le controversie tra privati. Agli organi giudiziari e così affidato il compito di una riconoscibilità delle regole e di una certa attuazione. Se questi poteri sono separati si dà luogo a una costituzione in cui ogni potere è limitato da un altro potere che porta alla creazione per le condizioni al fine di permettere il godimento della libertà e della tranquillità individuale. L’idea di separazione dei poteri risulta dunque un principio di distribuzione e organizzazione del potere. Ciò lo ritroviamo nella dichiarazione dei diritti del Massachusetts e nella carta costituzionale federale degli Stati Uniti d’America. Si suggerisce appunto di produrre poche leggi chiare e modificarle di rado e di considerarle come prescrizione a giudizio dato dei giudici il cui potere va sempre il più possibile ridotto. La forza deve originarsi unicamente dalla subordinazione di tutti a un legislatore sovrano. Nella prospettiva di Kant la giustizia finisce per identificarsi con il potere giudiziario dello Stato in quanto questo garantisce la giustezza del diritto in quanto ordine legislativo basato sulla libertà di individui autonomi. Nella prospettiva liberale abbiamo una rigida separazione dei poteri dove l’ampia crescita del ruolo della giurisdizione all’interno dei sistemi giuridici, il continuum politico amministrativo prodottosi tra potere legislativo e potere esecutivo e il sindacato di costituzionalità esercitato nei confronti della legge ordinaria vanno a compromettere il cosiddetto Stato di legislazione in cui la parte dominante del processo di formazione del diritto compete alla funzione legislativa. Nel nostro sistema costituzionale, la funzione legislativa può essere realizzata dal potere legislativo più il potere esecutivo mentre il parlamento esplica la funzione legislativa con un carattere esecutivo. Si faccia ricordo del Defensor Pacis di Marsilio da Padova dove avviene divisione dei poteri come corollario della sovranità popolare, visione che caratterizzava nel corso dell’ottocento un carattere in certo modo assoluto della sovranità statale, considerata come espressione della volontà popolare e fatta risalire alla titolarità della sovranità, nel caso di Stato nazionale, si identifica con la nazione, nel caso di Stato democratico, si identifica nel popolo. È solo con l’avvento dello Stato costituzionale di diritto che si va sbiadendo l’idea di onnipotenza di Stato. Le garanzie costituzionali si configurano allora come limiti alla stessa sovranità popolare che non può dirsi soluta né dalle leggi né dalla costituzione. La minaccia di debordare al di fuori di ogni controllo viene circoscritta tramite una limitazione interna operata dal diritto: si ha il passaggio allo stato di diritto. Quest’ultimo è la forma prevalente dell’Europa degli Stati nazionali tra il XIX secolo e la prima metà del XX secolo: Stato in cui la limitazione dell’autolimitazione dei meccanismi del potere attraverso la strumentalizzazione tecnica del diritto ha proiettato 2

l’ordinata convivenza tra gli individui nel rispetto della loro libertà. Già Aristotele aveva contrapposto al governo degli uomini il governo delle leggi al fine di indicare all’interno dello Stato l’attività legittimata e limitata dalla legge che in tal modo diviene garante della libertà dei cittadini. Nello stato di diritto assume un significato più preciso la forma e divisione dello stato assoluto dello Stato di polizia. Certezza e irretroattività delle regole, tutela delle aspettative, eguaglianza di fronte alle lettere, legalità e uguale sottoposizione di tutti i soggetti, proporzionalità delle pene sono tutte caratteristiche dello stato di diritto. Fiducia nel diritto e connessione strutturale con un sistema di regole astratte che trovano nella loro forma coordinata sistematica del codice la loro apoteosi sono elementi chiave. Il diritto diviene elemento interno che partecipa alla struttura e assume una direzione volontaristica. La paura e il desiderio di garantire la sicurezza finiscono per prevalere puntando lo Stato in una posizione di neutralità assiologica che sfocia nel formalismo. Nello Stato moderno il giusto il bene sono considerati destabilizzanti per gli obiettivi perseguiti della pace e dell’ordine: i contenuti di valore vengono relativizzati e ricondotti a una razionalità formale per cui giusto è obbedire alla legge. L’essere della legge viene posto a fondamento del comportamento giusto. La giuridicità si incentra sul lato soggettivo che pone, impone e perciò stesso dispone il diritto. Si finisce a svuotare l’idea di Stato di diritto di ogni aspetto contenutistico: se ogni stato in quanto tale è stato di diritto, non si rilevano più quelle sue caratteristiche. Il fatto di assicurare un buon livello di chiarezza, certezza e prevedibilità nelle interazioni umane rappresenta già di per sé è un valore ma se si prendono sul serio i valori non soltanto civili di libertà ma anche etico sociali diviene impossibile continuare a condividere la neutralizzazione dei valori e della politica sottesa alla tecnicizzazione dello stato di diritto . Il principio di legalità, a seguito della costituzionalizzazione del diritto, principio che si fa la supremazia della legge propria dello Stato di diritto, va coniugato con il principio di legittimità ovvero conformità della legge i principi costituzionali. Nell’idea di Stato costituzionale non c’è solo la garanzia che i governi non esercitino l’autorità verso scopi privati o di parte ma c’è l’idea di un rapporto di reciprocità nel quale le istanze dell’autorità sono esaudite a patto che quest’ultima rispetti le esigenze introdotte da beni costituzionali. I valori fondamentali positivamente riconosciuti dallo Stato costituzionale precedono l’autorità. Vengono inclusi diritti fondamentali in quanto considerati degni di considerazione morale. Nello Stato costituzionale l’autorità politica, gli ordini giuridici e cittadini hanno a che fare con i limiti che sono dettati dalla legge ma anche con i limiti di carattere contenutistico costituiti da diritti dell’uomo etico-politici. Abbiamo la prima grande cesura nello schema volontaristico con l’introduzione del principio di costituzionalità che porta nelle mani del legislatore il potere normativo. Emerge il conflitto tra decisioni assunte dai parlamento a maggioranza e decisioni presi dalle corti supreme in tema delle interpretazioni posizioni diritti fondamentali. Trovano diffusione le concezioni neo-costituzionalistiche che sostengono la tesi per cui il diritto è una pratica sociale orientata alla realizzazione di valori morali dove il giudice opera con una tecnica di bilanciamento dei principi in cui la gerarchia è mobile e varia da un caso all’altro. La scienza giuridica tedesca con il dogma della personalità giuridica dello Stato vede la vicenda storico-politica come una persona reale 3

dotata di natura giuridica andando verso l’abbandono della visione privatistica, la quale concepisce il rapporto giuridico come rapporto tra soggetti in posizione paritaria e accoglie l’idea dello Stato come soggetto superiore. L’espressione della razionalità dello Stato è la sua riconosciuta capacità di neutralizzare, tramite l’unificazione della sovranità la decisione politica, la distruttività di un conflitto. Si evince come l’interpretazione dello stato moderno individua e finisce per assolutizzare un singolo criterio notificativo. L’importante funzione della giustizia è stata nei fatti ridotta strumento volontaristico del potere. La riduzione giuspositivistica del diritto a legge dello Stato è solidale e simmetrica alla riduzione statualistica della giustizia alla percezione del sovrano. Vediamo in Hobbes la volontà di far scomparire ogni differenza tra legge statale giustizia esclusivamente amministrata all’interno della legge statale. Il giusto diviene obbedire alle leggi e da questo Spinoza arriverà a identificare il diritto con il potere. Lo Stato moderno è raffigurato come una persona giuridica vera e propria, la comunità politica come un corpo autonomo. Se nell’Europa continentale la forma è stata incentrata sulla causalità dell’amministrazione e sul primato del soggetto pubblico, il mondo anglosassone si mostra invece refrattario a sancire i privilegi della parte pubblica sull’interessi privati con uno sforzo costante di limitazione del potere. È l’autogovernarsi e l’autorganizzarsi della società attorno ad alcune regole costitutive l’elemento che segna il principale limite del potere del sovrano. Non assume l’ente è stato come principale punto di riferimento ma è piuttosto il giudice a divenire una figura centrale di soggetto di garanzia. Il diritto nella Common Law assume una funzione più diretta e pregnante dal punto di vista pratico e il potere si qualifica come punto di equilibrio. Possiamo definire Stato-progetto  quel modello statalista, istituzionalizzatore e giuspositivista, basato sul primato dell’amministrazione, tradizionale dell’Europa continentale, che aspira alla globalità della regolamentazione del sociale; differenziando dallo stato di equilibrio pluralista, antipositivista e basato sul primato della giurisdizione, tradizione angloamericana. I due grandi elementi caratterizzanti dell’istituzioni pubbliche sono rappresentati dall’universitas come associazione orientata all’unità di un’impresa comune e dalla societas come condizione civile di più soggetti e gruppi che agiscono per la soddisfazione dei fini in prevalenza personali. Si vede come obiettivo diviene l’edificare un potere rappresentativo (la politica sostanziale) e adottare regole formali rispettate da tutti. Questi due aspetti vedono due inclinazioni dell’uomo in senso associativo che ora privilegia il perseguimento di un interesse unitario collettivo e dall’altro il riconoscimento di regole procedure giurisdizionali comuni a tutela dei propri obiettivi individuali. L’ottocento e il novecento hanno dato luogo a una visione formalistica del diritto. Il costituzionalismo introduce nel diritto positivo principi e valori etici e giuridici che diventano parte integrante delle norme di diritto. Si vanno a rompere gli antichi dogmi giuspositivistici, quali unità, coerenza e completezza dell’ordinamento, viene meno la maestà del diritto positivo in quanto sempre soggetto a controlli di costituzionalità e avviene il declino della separazione tra diritto e morale. Allo stesso tempo un altro processo che porterà allo stato sociale contribuisce a ridefinire in un certo senso a minare l’autorità indiscussa dello Stato. Lo Stato sociale viene emergendo dalla 4

contrapposizione tra il concetto tradizionale di Stato e il nuovo configurarsi della società nell’epoca industriale. Il nuovo Stato abbandona l’idea liberale e interviene da un punto di vista sociale e economico, richiesto e preteso. I diritti dello Stato sociale sono sicurezza del posto di lavoro e del reddito di lavoro: i valori della moderna società industriale. Se nello Stato liberale c’è la difesa della società contro lo Stato nello Stato sociale è la difesa della società tramite lo Stato. Due visioni della stessa medaglia in quanto la presa d’atto realistica di un conflitto che si rovescia sulle strutture dello Stato a seguito del processo europeo di industrializzazione e della connessa questione sociale. Lo Stato essendo riconosciuto e legittimato dalla società è costretto a legittimarsi in una serie di equilibri nuovi e ristrutturarsi. Oggi lo Stato è sempre sociale. Fenomeni come globalizzazione e multiculturalismo hanno portato alla crisi della sovranità statale  oggi lo Stato-nazione non può più dirsi autosufficiente. Il processo di limitazione della sovranità esterna degli Stati si sviluppa secondo un percorso non lineare e segue trasformazioni del diritto internazionale. Lo Stato con la globalizzazione subisce gli effetti dell’azione di altri soggetti non statali quali organizzazioni non governative, imprese e capitali transnazionali. Lo Stato non detiene solo organizzazioni di potere ma anche architettura di vita, di azioni di identità. Possiamo avviare due possibili livelli di discorso nell’ambito delle relazioni internazionali: - Ideale, dove si cerca di delineare il dover essere dei rapporti tra gli Stati, i popoli e gli individui - Reale, dove si cerca di descrivere l’assetto reale di leggerlo di giudicarlo. Questo livello realistico porta due varianti: una che tende a giustificare la situazione di fatto è una che promuove l’evolversi dello stato di fatto nella direzione del modello ideale (quest’ultimo caso si rifà a Kant, si ricorre a livello ideale quanto a quello reale). Modello di Westfalia: il preciso modello di relazioni internazionali disegnato dalla pace di Westfalia alla conclusione della guerra dei trent’anni individua la comunità internazionale come è determinata da relazioni interstatali, in quanto costituita da una pluralità di Stati sovrani. Gli Stati sono costretti a convivere e non intendendo rinunciare al principio dell’uguaglianza formale dei loro rapporti, si impegnano al rispetto obbligatorio dei reciproci accordi e ribadiscono legittimità del ricorso alla forza per proteggere i loro interessi nazionali e per affermare la loro piena indipendenza da qualsiasi potere esterno. La forza diviene fonte fondamentale. La comunità non è più mondiale ma interstatale. Vediamo nell’800 il vero secolo di nascita il diritto internazionale, in un momento storico in cui il diritto viene identificato pressoché totalmente con lo Stato, il diritto internazionale è un diritto tra Stati sottomesso alle loro determinazioni. La natura di tale diritto è volontaristica, pattizia e consuetudinaria. Vediamo un diritto internazionale come un diritto primitivo. Ai cittadini non resta altro che piegarsi sotto la forza dell’imposizione. Il potere sovrano degli Stati si trasforma in strumento di oppressione dove l’etica si poteva applicare solo al diritto interno ma non a quello internazionale. La politica estera diviene così politica di egemonia basata sull’egoismo nazionale con l’utilizzo della forza. Si vede al centro delle relazioni internazionali la guerra come modalità di soluzione di conflitti tra Stati. Ciò porta a quello che si vede come panorama nel XX secolo, secolo di totalitarismi 5

che rappresentano il fallimento di una strategia di limitazione dei poteri dello Stato. Ciò spiega anche l’affermarsi della carta dell’ONU alla fine del secondo conflitto mondiale. Il 26 giugno 1945 il nuovo assetto giuridico internazionale che si origina dall’adozione della carta delle Nazioni Unite vieta l’uso della forza quale principio regolatore delle relazioni internazionali e riconosce che il diritto proprio della dignità e del valore della persona e dell’uguaglianza tra persone: ha come suo soggetto non lo Stato ma l’individuo. Basandoci su l’età dei diritti di Bobbio diviene rilevante il ruolo degli organi giurisdizionali: nascono la corte internazionale di giustizia, la corte europea dei diritti dell’uomo, la corte di giustizia delle comunità europee, la corte Inter-Americana dei diritti dell’uomo. La scena internazionale si arricchisce di nuovi attori con la costante inesistenza di un’autorità sovraordinata e centrale. La consuetudine e l’accordo rimangono formalmente con i principali fattori di produzione giuridica davanti a uno stato mondiale non unificato, ma differenziato e colmo di cittadini aventi tutti gli stessi diritti. Nel modello di Stato mondiale si vede l’utopia di difficile realizzazione di quest’ultimo. Si andrebbe a negare l’esistenza di alcune autorità. Nel mondo di oggi cresce il peso di una serie di organizzazioni cooperative di tipo pubblico, commerciale ed economico che hanno modificato la sovranità statale. La prassi internazionale mostra l’inesistenza di poteri in posizione efficaci impossibilitati di potere coercitivo sugli Stati. Con l’avvento del terrorismo internazionale l’uso della forza torno essere legittimato nuovamente. L’assetto internazionale del secondo dopo guerra intende ribadire il principio dell’autonomia della sovranità degli Stati ma il tempo stesso si andava alla ricerca di un meccanismo sanzionatorio che permettesse la comunità internazionale di reagire contro gli atti di aggressione della guerra specialmente contro un membro della comunità stessa. Il principio cardine su cui ruotava quella che è diventata poi l’organizzazione Nazioni Unite quindi principio di pace di sicurezza collettiva a trovato realizzazione in perfetta e deludente. L’ONU detiene uno scarso potere real...


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