Game-Based Learning - riassunto del libro esame Nesti-Freschi PDF

Title Game-Based Learning - riassunto del libro esame Nesti-Freschi
Author Giulia Rossi Bja
Course Metodologie del gioco e dell'animazione
Institution Università degli Studi di Firenze
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riassunto del libro esame Nesti-Freschi...


Description

Game-Based Learning: Gioco e progettazione ludica in educazione Romina Nesti Premessa: La parola gioco, che tutti noi conosciamo e usiamo quotidianamente, nasconde in sé mille significati diversi, mille mondi e fenomeni che la compongono. Uno di questi fenomeni è il game-based learning, la ricerca e l’applicazione del ludico come metodologia e modello per l’educazione e l’apprendimento. Nuovi strumenti ludici, come i digital games, i quali hanno ridisegnato le frontiere sia della presenza del gioco nella società contemporanea sia il rapporto tra fioco e apprendimento. I digital games e le forme di gamification sono diventati veri e propri fenomeni sociali che influenzano la quotidianità, i processi di apprendimento, le relazioni etc. con il loro pro ma anche con i loro contro. Sul piano educativo didattico il volume si concentra sul perché e il come utilizzare gli strumenti ludici e quali indicazioni teoriche e pratiche che la ricerca ha prodotto per sviluppare efficaci e significativi modelli di game design for learning che vadano a costruire significativi ambienti di apprendimento. Per fare questo il lavoro inizia affrontando la problematica relativa alle definizioni di gioco, siamo partiti da quelle ormai ritenute per arrivare a quelle più recenti, provenienti da autori che hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo dei game studies, un campo di ricerca multidisciplinare che ha messo il gioco al centro del suo operato. Partendo poi dal principio che gioco e società in rapporto molto stretto si è cercato anche di illustrare, alcune questioni relative alla presenza dei processi di ludicizzazione contemporanei. Dopo questa prima parte il lavoro si è concentrato sul rapporto tra gioco educazione e apprendimento e sulle caratteristiche e potenzialità del ludico, come strumento e modello didattico che la ricerca ha evidenziato. L’obiettivo del secondo capitolo è dunque quello di dimostrare cosa si intende con game-based learning, i suoi principi e i suoi obiettivi. Il mondi del game-based learning è molto ampio. Il mondo del gioco però cambia velocemente e nuovi fenomeni emergono e si innestano nella quotidianità attraverso forme molteplici, è il caso della gamification cioè dell’utilizzo degli strumenti del ludico e delle sue caratteristiche fuori dalla cornice ludica. La gamification oggi interessa anche l’educazione e necessita di riflessioni teoriche, metodologiche e sperimentali. Il game-based learning, in tutte le sue facce, ha bisogno di sviluppare forme di progettazione e di strumenti di analisi. La ricchezza multidisciplinare della ricerca ludica emerge in tutto il volume, perché il gioco non solo appartiene a tutti gli esseri umani, ma appartiene anche a tutte le scienze.

1. Il gioco alla ricerca di una definizione Premessa Quando si parla o si vuole parlare di gioco ci troviamo di fronte a un fenomeno complesso definito più volte come inafferrabile, anche disturbante e perturbante nella sua costante presenza nella storia umana . Il ludico è da sempre una presenza ambigua nella società e nella cultura umana,

apprezzato e incoraggiato da un lato, sottovalutato, vietato, controllato dall’altro. sicuramente, come ci ricordano i grandi teorici del ludico del Novecento, esso è una costante umana e il suo rapporto con l’educazione e la formazione dei soggetti ha ormai una lunga storia. Cinque ci sembrano le premesse fondamentali: 1. Per comprendere il gioco è necessario orientarsi attraverso studi di tipo interdisciplinare. Il gioco ha da sempre interessato discipline diverse, da quelle appartenenti alle macro-aree delle scienze umane a quelle matematiche per esempio. 2. Quando parliamo di gioco non parliamo solo di bambini. Tutti giocano, tutti hanno diritto al gioco. Quando viene in campo educativo prevede l’interazione tra pari e tra soggetti di età diversa. Il gioco è un sapere transgenerazionale. Il game-based learning, con i suoi strumenti, intervenga spesso nei processi di formazione degli adulti e si sia fatto metodologia importante per il lifelong learning. Il gioco si evolve con l’età dei giocatori ma non perde il suo potere. 3. Il gioco, i giochi, il giocare cambiano con la società, come ci ricordano Callois, il gioco risponde ai bisogni umani, vive nella società che lo gioca e risente dei cambiamenti che in essa si attuano. La società crea nuovi giochi e nuovi modi di giocare. il gioco per veicolare messaggi, valori e ruoli sociali. 4. Il gioco ha sempre un significato per il giocatore che lo gioca. E ogni giocatore sviluppa personali modi di giocatori. È importante pensare e progettare l’attività ludica centrandola sul giocatore che deve giocare. Se da una parte è vero che il gioco è attività spontanea e istintiva dell’altro, se vogliamo che offa opportunità di apprendimento, è necessario pensarlo e progettarlo secondo obiettivi da raggiungere, tipologie da preferire etc. Questo è proprio al centro dell’attuale ricerca del game-based learning. 5. Caratteristica principale del gioco, come vedremo, è il suo essere libero. L’azione ludica, di qualsiasi tipologia essa sia, tutto il soggetto che deve comunque sentirsi libero e autonomo di scegliere se giocare o non giocare. al gioco implica spesso la fine del gioco stesso e va a invalidare il suo utilizzo educativo.

1. È possibile definire il gioco? Definire il gioco è difficile, probabilmente impossibile. Qui faremo riferimento alla tradizione dei del ludico come Huzinga e Callois e ai game studies che hanno da tempo cercato e affinato linee teoriche e di ricerca particolarmente importanti. Huzinga e Callois hanno mostrato come il gioco appartenga all’uomo cercando di definirne le caratteristiche principali così da poterlo distinguere dalle altre attività che l’uomo quotidianamente compie, nel quale trova piacere, ma che non sono gioco. Huizinga legge il gioco in chiave culturale legandolo al rito e al sacro, gioco e cultura nascono e crescono insieme anzi la cultura è la sub specie ludi: . Lo storico olandese crea una definizione delle caratteristiche principali che a suo avviso definiscono proprio l’attività ludica: . Perché il pensiero e il lavoro di Huizinga sono ancora così importanti? Sicuramente non solo perché è uno dei primi studi dedicati al gioco nell’uomo e non solo al gioco dei bambini, ma perché ribadisce costantemente per tutto il lavoro

che il gioco non è subordinato ad attività ritenute più importanti. Se osserviamo la citazione riportata notiamo come l’autore stesso metta la parola tra virgolette per sottolineare come il giocatore è seriamente concentrato nell’azione ludica da essere in essa totalmente coinvolto. Caillois a sua volta riprenderà il lavoro di Huizinga cercando di la stessa definizione di ludico. Il sociologo francese cercherà di evidenziare la spinta che guida il soggetto a giocare/preferire un gioco rispetto a un altro. Il lavoro di Caillois è forse il primo tentativo di analisi scientifica, chiara, che il Novecento ci ha offerto. Vengono lì così a definirsi le caratteristiche che un’azione deve possedere per essere considerata ludica. L’azione ludica è tale quando: è libera, separata, regolata, caratterizzata dall’entrare in una realtà fittizia, improduttiva e incerta. L’analisi di Caillois mette in luce come esistono 4 categorie principali di gioco determinate dal comportamento umano che prevale in quell’azione ludica. Avremo così giochi di competizione (agon); giochi di fortuna (alea) dove il destino, il fato, la fortuna che determina il vincitore; giochi dove prevale la volontà di , di essere qualcun altro (mimicry); giochi dove si vuole provare una vertigine, una scarica di adrenalina, staccandosi quasi dalla fisicità del proprio corpo (ilinx). Categorie che si intrecciano tra loro nei vari giochi che sono sì tutti regolati ma non hanno tutti un sistema di regole rigidamente definito, come mostrano le due forze opposte di paideia e ludus. Caillois descrive una linea lungo la quale disporre tutti i giochi secondo la presenza più o meno forte e più o meno stringente delle regole. A uno dei poli di questa linea troviamo la paidia che è rappresentata dalle corse dei bambini, dalla sfrenatezza, dal riso gioioso del girotondo, all’altro polo troviamo il ludus che ha come esempio concreto il gioco degli scacci, cioè giochi con sistema di regole precisi, con obiettivi e scopi specifici da raggiungere. Entrambi gli autori definiscono un fenomeno ampio che appartiene a tutti, un fenomeno particolare nel suo essere sempre libero, separato e fittizio, ma non la motivazione del suo essere. Cosa spinge milioni di persone a giocare? In questo ci aiuta una definizione , proveniente da un filosofo statunitense, Suits il quale afferma “giocare ad un gioco è lo sforzo volontario di superare ostacoli non necessari”. Questa definizione ci appare così interessante perché ribadisce la libertà e la volontarietà dell’atto ludico e mette al centro la volontà di superare ostacoli e di superare se stessi. La definizione viene resa più chiara da Suits attraverso una serie di esempi i quali mostrano come quando si gioca in realtà si scelga di complicarsi la vita. Ciò che viene a cadere nel gioco è il principio dell’efficienza che determinala vita lavorativa del soggetto. Sul tema dell’inefficienza del ludico si sofferma anche Fagen quando parla del gioco come luogo di sperimentazione che genera apprendimento. Per Fagen l’inefficienza è la prima caratteristica dell’attività ludica, quindi l’azione che si compie per arrivare a uno scopo nel gioco ha senso solo in quel contesto. Nelle evidenze da lui riscontrare quelle che ci appaiono interessanti sono: l’eccitazione persistente, che produce un grande dispendio di energia, ma che è per anche la «causa» principale dell’alto e lungo livello di attenzione che i giocatori riescono a mantenere; gli stati di disequilibrio e destabilizzazione creati dalle azioni del gioco che conducono il giocatore a spingersi al limite delle proprie capacita ; il campo rilassato, cioè un contesto/ambiente ludico che non viene mai percepito come «pericoloso» dal giocatore (in quanto percepito come ambiente dove si esercita un «controllo»). Il tema delle regole non è certo nuovo all’interno della definizione di gioco, già Caillois aveva sottolineato proprio come il gioco sia un atto volontario ma regolato, ma le regole descrivono come si deve arrivare alla fine del gioco. Il filoso statunitense (Suits) si spinge oltre e definisce gli elementi intrinseci al gioco, come le regole e lo scopo, e uno che appartiene principalmente al giocatore che chiama «lusory attitude» e che potremmo tradurre con atteggiamento o spirito ludico e riguarda proprio la volontà di stare all’interno di un sistema di regole, di giocare secondo le regole: «to play a game is to attempt to achieve a specific state of affairs [prelusory goal], using only means permitted by rules [lusory means], where the rules prohibit use of more efficient in favour of less efficient means [constitutive rules], and where the rules are accepted just because they make possible such activity [lusory attitude]». Il lusory attitude sarà ciò che rende la metodologia ludica in apprendimento così efficace, così come sarà uno dei fattori principali da tenere presente (e

sviluppare) quando si progetta processi di apprendimento con e attraverso il gioco. Sul tema delle regole, della volontarietà e del conflitto insistono nel 1971 anche Avedone Sutton-Smith, che introducono un altro tema: l’idea di gioco come sistema che vogliamo/cerchiamo di controllare e che ha degli obiettivi da raggiungere. La definizione di Suits, Smith, Avedon e Sutton-Smith (insieme a Huzinga e Caillois) costituiscono una delle basi teoriche dei game studies.

2. I game studies Una vera e propria disciplina intorno al gioco si è sviluppata durante il Novecento. La nascita e la crescita di tale disciplina passa sotto il nome di game studies e si è sviluppata negli ultimi 20 anni. Tale sviluppo è dovuto all’evoluzione e alla diffusione del videogioco che ha cambiato radicalmente la presenza del gioco nella società e anche il modo di giocare. I game studies nascono sulla scia della volontà di comprendere e interpretare tale fenomeno. Ogni disciplina che studia il gioco ha in comune lo stesso punto di partenza: i giochi non sono solo fenomeni universali ma sono anche al centro della cultura e della società e hanno un rapporto stretto con la vita dei soggetti, con il loro sviluppo. Una delle domande principali a cui gli studiosi del gioco cercano di rispondere è: . Ciò che cerca di fare la disciplina dei game studies è guardare al complesso fenomeno del gioco, intrecciando metodi e teorie di discipline diverse, come ci ricorda anche Maira. Negli ultimi anni un contributo importante lo ha dato il game design e uno dei principali campi di indagine è senz’altro il videogioco: i game studies si concentrano sul cercare di rispondere alla domanda: . La ricerca sul gioco rimette il gioco al centro della ricerca ricordandocene la serietà e la sua importanza e ruolo nella società. Un approccio particolare, multidisciplinare che si è sviluppato soprattutto in relazione alla ricerca sui modelli di analisi ludica è quello che si è dato il nome di ludologia. I ludologi, di cui uno dei maggiori rappresentanti è Frasca, rivendicavano la specificità del medium ludico affermando che non è possibile secondo i modelli provenienti dai media tradizionali. Si scontrano così i narratologi che a loro volta utilizzano invece modelli già strutturati e guardano al gioco come se fosse un testo. La che inizialmente si è combattuta in relazione al mondo dei videogiochi si è in parte oggi risolta e le divergenze in parte ricomposte, anche perché è impossibile leggere i giochi solo attraverso l’analisi delle regole. Il contributo dei game studies ha permesso di guardare al gioco come fenomeno meno astratto e teorico, spostando lo sguardo sull’azione ludica, cioè sul giocare. Il gioco non viene più visto solo come fenomeno sociale e culturale (come era stato per Huizinga e Caillois) ma come qualcosa di molto pratico e tangibile. Al centro vengono messi i giochi, la loro struttura, la loro ricchezza e il loro significato nella realtà quotidiana. Partendo dal presupposto che ancora oggi le definizioni sul gioco non mettono tutti d’accordo è interessante notare come si è passati da concettualizzazioni ampie per poi giungere a definizioni sempre più specifiche dove si guarda al gioco come artefatto, e di come, citando Calleja un gioco sia definibile come tale solo nel momento in cui viene giocato. Un concetto che i game studies riprendono dalla dell’analisi del gioco è quello di cerchio magico ludico huizinghiano. Il gioco viene visto come momento separato e fittizio nel quale si entra volontariamente, diverso dalla realtà quotidiana ma legato ad essa, nel quale il giocatore costruisce e vive un modo dove regole e libertà si ricompongono come raramente capita nella quotidianità. Un cerchio nel quale il giocatore può sperimentare liberamente. Un concetto quello del cerchio ludico fortemente dibattuto all’interno dei game studies soprattutto se si cerca di definirne i confini e il rapporto con la realtà che si osserva nei giochi digitali. Ancora più complessa diventa la questione se si tenta di comprendere il rapporto tra cerchio magico, giocatori e società. Possiamo pensare la linea che definisce il cerchio come tratteggiata, perché garantisce un’interazione e uno scambio continuo tra

realtà ludica e realtà quotidiana. La realtà sociale e culturale del soggetto contamina continuamente il gioco definendolo come giocatore e permettendogli di sperimentare ciò che non è, questo è particolarmente forte nei role play. Il gioco dunque come artefatto, ma soprattutto come sistema e come processo, è uno dei temi centrali della ricerca attuale che ha permesso anche una sua ridefinizione come quella che ci offre Juul nel suo testo Half-real ci propone oggi la seguente definizione dove riesce a rielaborare e sintetizzare le maggiori definizioni di gioco: «a game is 1) a rule-based formal system; 2) with variable and quantifiable outcomes; 3) where different outcomes are assigned different values; 4) where the player exerts effort in order to influence the outcome; 5) the player feels emotionally attached to the outcomes; 6) and the consequences of the activity are optional and negotiable». Oppure come quella proveniente dagli studi e dalle riflessioni dei game designer come Salen e Zimmerman, il quale afferma: , o come Malaby che rimette al centro del gioco l’idea di processo, di azione e di cambiamento. Al centro di tutte le considerazioni vi è lo sviluppo delle riflessioni sul gameplay. Con tale termine si intende la relazione che si instaura tra gioco e giocatore quando quest’ultimo agisce. Il game play o meglio un buon gameplay è dato da molteplici fattori in primis le regole (che nei giochi in scatola identificano il gameplay) ma anche e soprattutto ciò che giocare a un gioco suscita nel giocatore. Il gioco così inteso risulta interessante anche per la successiva analisi pedagogico-didattica del ludico perché ci guiderà verso la riflessione. Dalle definizioni e riflessioni sviluppate fin qui ci appare ancora una volta la difficoltà di definire il fenomeno ludico. Possiamo guardare al gioco come a un’azione che il giocatore sceglie liberamente di mettere in atto, che si svolge all’interno di un preciso ma non rigido frame, che presenta ostacoli garantiti e definiti dalle regole, sempre influenzato dalla soggettività del giocatore. Non dobbiamo poi dimenticare che il gioco rappresenta un ambiente protetto e protettivo nel quale il giocatore esercita e sperimenta se stesso e il mondo e lo fa provando piacere.

3. Il gioco oggi: la ludicizzazione della società È necessario soffermarsi sul rapporto attuale tra gioco e società. Da sempre vi è un rapporto forte tra gioco e società, come già aveva messo ben in evidenza Caillois e come oggi ci ricordano Pecchinenda, Ortoleva e altri. La società il gioco per veicolare messaggi e valori, per sviluppare le proprie rappresentazioni, . La storia ci racconta molto bene il ruolo di conformazione che il gioco ha giocato in alcune società e culture, basti pensare a quella romana o all’uso dei giochi sportivi per lo sviluppo della nazionalizzazione delle masse tra fini Ottocento e primi Novecento. Tale rapporto fa si che il gioco possa essere considerato un vero e proprio medium come ci racconta Mc Luhan: . Giochi e giocattoli sono le strategie che da sempre gli adulti usano per mostrare ai bambini il mondo in cui dovranno crescere. Oggi tale rapporto emerge anche nei nuovi giochi come i videogiochi o nell’uso delle dinamiche ludiche per pubblicizzare e vendere un prodotto. Non possiamo poi dimenticare come alcuni dei giochi finiscano per diventare specchio della società di appartenenza: si fa qui riferimento alla teoria dei giochi profondi di Geertz che attraverso le sue analisi antropologici che ci illustra proprio come il gioco e società vadano a influenzarsi a vicenda. I giochi profondi non appartengono solo alle società antiche

o ma sono tutt’ora vivi, hanno solo cambiato forma e modo, identificandosi ad esempio negli sport e nella loro spettacolarizzazione. Il rapporto tra il gioco e i membri di una società di una cultura è stato spesso ambiguo. Se da una parte l’attività ludica viene spesso incoraggiata, dall’altra viene negata, nascosta, considerata spesso futile, superflua e contrapposta al lavoro. Nel corso degli ultimi decenni il gioco è però esploso , si è infiltrato nella quotidianità non solo dei bambini ma anche di molti adulti. Come? Principalmente grazie a una serie di fenomeni che vedono coinvolti i videogame, i nuovi media e le nuove tecnologie, soprattutto mobile, insieme a un radicale cambiamento dell’idea di tempo libero, e all’uso del gioco, delle sue strutture e dei suoi strumenti laddove mai era entrato. Ciò ha prodotto vantaggi e svantaggi nel rapporto e nel significato che il gioco intrattiene con l’uomo. Tale situazione richiede quindi un’analisi critica dei fenomeni in oggetto. Il termine ludicizzazione è qui inteso come quella del gioco che lo inserisce ovunque e comunque. I processi di ludicizzazione e ludificazione del sociale non sono certo nuovi, basta pensare all’uso del gioco come strumento per creare consenso e unione sociale, ma come ci...


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