Giovanni Verga - Il piacere dei testi PDF

Title Giovanni Verga - Il piacere dei testi
Author Daniele Zamò
Course Italiano
Institution Liceo (Italia)
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Giovanni Verga...


Description

Giovanni Verga La vita Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840, da una famiglia di agiati proprietari terrieri. I suoi studi non furono regolari, iscrittosi alla Facoltà di Legge di Catania, non terminò i corsi per dedicarsi al lavoro letterario e al giornalismo. Nel 1865 Verga lascia la Sicilia per Firenze. Vi ritorna nel 1869 rendendosi conto che per diventare uno scrittore autentico deve liberarsi di tutti i limiti della sua cultura provinciale. Nel 1872 si trasferisce a Milano, centro culturale dell’Italia. Entra a contatto con gli ambienti della scapigliatura. Nel 1878 avviene la sua svolta verista con Rosso Malpelo. Successivamente scrive le raccolte di novelle Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883) e i romanzi I Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo (1889). A Milano soggiorna per lunghi periodi, alternati con ritorni in Sicilia. Dal 1893 torna a vivere definitivamente a Catania. Allo scoppio della Prima guerra mondiale è fervente interventista e successivamente prende posizioni nazionaliste. Muore nel gennaio del 1922.

I romanzi preveristi A Milano, entrando a contatto con la scapigliatura, Verga scrive 3 romanzi preveristi:  Eva: narra la storia di un giovane pittore siciliano che arrivato a Firenze brucia i suoi ideali artistici nell’amore per una ballerina.  Eros: narra la storia dell’inaridirsi di un giovane aristocratico, corrotto da una società raffinata e vuota.  Tigre reale: narra il traviamento di un giovane innamorato di una "femme fatale”, divoratrice di uomini.

La svolta verista La svolta verista avviene nel 1878 con la pubblicazione della novella Rosso Malpelo, ma già nel 1874 con Nedda, Verga aveva annunciato una svolta. La novella racconta la storia delle condizioni di vita di un bracciante siciliano (ambientazione verista), ma i temi sono ancor legati alla drammaticità mondana.

Poetica e tecnica narrativa del Verga verista Alla base vi è il concetto di impersonalità. Secondo Verga lo scrittore deve eclissarsi, cioè non comparire nel narrato con le sue reazioni. L’autore deve mettersi nella pelle dei personaggi e vedere la storia con la loro ottica. Il lettore, inoltre, deve essere introdotto nel mezzo del racconto, senza che nessuno spieghi gli antefatti o tracci un profilo ai personaggi. Verga ammette che questo all’inizio può creare una certa confusione, ma saranno successivamente i personaggi a descriversi attraverso le loro azioni e parole. Solo in questo modo si ottiene l’illusione completa della realtà. Questo da origini ad una tecnica narrativa nuova e innovatrice. Il punto di vista dello scrittore non si avverte mai nelle opere di Verga. Un esempio è: “Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo”. La logica dietro questa frase non è di un’intellettuale come Verga, dato che il carattere non poteva dipendere da una qualità fisica. Questa visione è però presente nella Sicilia primitiva e superstiziosa del 1800. È come se a raccontare la storia non fosse lo scrittore, ma uno dei minatori della cava di Malpelo. Anche il linguaggio non è quello dello scrittore, ma sia adatta alla vita contadina. Per questo motivo è spoglio e povero, contenente molti modi di dire, paragoni, proverbi e imprecazioni. La sintassi è elementare e scorretta, seguendo la struttura dialettale.

Impersonalità e regressione La Prefazione al racconto L’amante di Gramigna ha la forma di una lettera indirizzata a Salvatore Farina che era contrario alle tendenze veriste e per questo motivo Verga si rivolge a lui argomentando i suoi convincimenti letterari. Dalla prefazione si possono desumere alcuni punti essenziali della poetica verghiana:  L’impersonalità: essa viene intesa come “eclisse” dell’autore, che non deve intervenire nella narrazione.  Regressione: i fatti saranno riferiti con le medesime parole della narrazione popolare.  L’eclisse dell’autore porta ad un processo di scarnificazione e riduzione all’essenziale del racconto.  Rifiuto di una facile drammaticità  Utilizzo di una ricostruzione scientifica dei processi psicologici.

L’ideologia verghiana Verga ritiene che l’autore debba “eclissarsi” dall’opera perché non ha il diritto di giudicare la materia che rappresenta. La società umana, per Verga, è dominata dal meccanismo della lotta per la vita (darwinismo sociale), un meccanismo crudele, per cui il più forte schiaccia necessariamente il più debole. Come legge di natura essa è immodificabile e la letteratura non può contribuire a modificare la realtà. Verga nega ogni trasformazione storica della società e identifica l’assetto vigente con l’ordine naturale → pensiero fortemente conservatore → rifiuto esplicito e polemico alle ideologie progressiste contemporanee.

Il verismo di Verga e il naturalismo zoliano Differenze tra i due autori:  Contesto di provenienza: o Zola: realtà dinamica della Francia o Verga: realtà arretrata e statica siciliana  Ideologia: o Zola: la società è regolata da leggi spiegabili scientificamente o Verga: la società è regolata da rapporti di sopraffazione immutabili  Finalità della letteratura: o Zola: la letteratura ha una funzione conoscitiva e la conoscenza può migliorare la società o Verga: la letteratura ha una funzione conoscitiva, ma non può modificare la realtà  Tecnica narrativa: o Zola: impersonalità come distacco scientifico dalla materia analizzata; il narratore commenta le vicende o Verga: impersonalità come “eclisse” del narratore che non esprime giudizi e non da spiegazioni

Vita dei campi È una serie di novelle raccolte nel 1880 che comprende:  Cavalleria rusticana  La lupa  Jeli il pastore  Fantasticheria  L’amante di Gramigna  Guerra di Santi  Pentolaccia e Rosso Malpelo

Fantasticheria L’autore si rivolge in forma di lettera a una dama dell’alta società, che, fermatasi nel villaggio di Aci Trezza, perché affascinata da quel mondo pittoresco di pescatori. Verga non riesce ad eclissarsi perché è meravigliato da ciò che descrive. La voce narrante rappresenta direttamente l’autore stesso e il suo mondo. Successivamente parla dei Malavoglia e descrive i personaggi principali. Notiamo elementi deterministici:” e si faranno grandi e grossi come il loro babbo e come il loro nonno, popoleranno Aci Trezza di altri pezzenti” → fattore ereditario. Viene trattato il tema della religione del famiglia/focolare/ostrica: la famiglia è la cosa più importante secondo Verga e chi si cerca di staccare dalla famiglia (scoglio) viene risucchiato in mare.

Rosso Malpelo Non c’è possibilità di riscatto. La frase iniziale evidenzia la novità dell’impostazione verghiana. La voce che racconta non è al livello dell’autore reale, ma al livello dei personaggi: è interna al mondo rappresentato. Ciò che ci dice il protagonista non è attendibile: il narratore non capisce le motivazioni dell’agire di Malpelo e le deforma sistematicamente. Rosso prende a ben volere Ranocchio, lo protegge, gli vuole insegnare le leggi brutali che regolano la vita, ma il narratore lo interpreta come “per prendersi il gusto di tiranneggiarlo”. Il narratore è il portavoce della visione di un mondo disumano, che ignora i valori e conosce solo l’interesse e la forza. Se nella prima parte Malpelo è visto solo dall’esterno, dal punto di vista ottuso e malevolo del suo ambiente, nella seconda parte emerge il punto di vista del protagonista stesso e possiamo allora sapere cosa pensa e cosa sente. Rosso ha colto perfettamente l’essenza della legge che regola tutta la realtà.

La lupa

Parla di una madre e di una figlia. La madre si innamora del genero e lo seduce. Alla fine la figlia e il genero decidono di ucciderla.

Il ciclo dei Vinti Parallelamente alle novelle, Verga, concepisce anche il disegno di un ciclo di romanzi che riprende il modello già affermato di Zola. Criterio unificante è il principio della lotta per la sopravvivenza. I Malavoglia lottano per i bisogni materiali, […] nel suo progressivo elevarsi attraverso le classi sociali, dall’avidità di ricchezza nella borghesia di provincia (Mastro-don Gesualdo) alla vanità aristocratica (La Duchessa de Leyra), all’ambizione politica (L’onorevole Scipioni) e artistica (L’uomo di lusso). Anche lo stile e il linguaggio devono modificarsi gradualmente in questa scala ascendente.

I vinti e la fiumana del progresso È la prefazione ai Malavoglia, che funge da prefazione all’intero ciclo dei Vinti. Ciò che muove l’uomo è la miglioria delle condizioni economiche. (Ripete ciò che ho già scritto nel paragrafo precedente). La prima parte è dedicata ai Malavoglia, ed indica con chiarezza sintetica qual è il tema di fondo dell’opera: la rottura dell’equilibrio di un mondo tradizionale e immobile. Nella parte successiva, lo sguardo si allarga al complesso dei romanzi del ciclo e la “fiumana del progresso”, cioè il grande processo di trasformazione della realtà contemporanea, in particolare dell’Italia, che sta avviando, dopo l’Unità, ad un’organizzazione economica e sociale moderna. Verga si sofferma sugli aspetti negativi.

I Malavoglia Il primo romanzo del ciclo è I Malavoglia (1181), la storia di una famiglia di pescatori siciliani. I Toscano, soprannominati Malavoglia vivono nel villaggio di Aci Trezza e possiedono una barca (la Provvidenza) e una casa (la casa del nespolo). Nel 1863 il giovane ‘Ntoni, figlio di Bastianazzo e nipote di padron ‘Ntoni, deve partire per il servizio militare. La famiglia si trova in difficoltà a cui si aggiunge una cattiva annata di pesca e il imminente matrimonio di Mena. Padron ‘Ntoni pensa di intraprendere un piccolo commercio e compra un carico di lupini, per rivenderli in un altro porto. Ma la barca naufraga nella tempesta, Bastianazzo muore e il carico va perduto.

Cominciano allora una serie di sventure: la cava viene pignorata, Luca, il secondogenito, muore nella battaglia di Lissa, Maruzza è uccisa dal colera, Mena perde la dote e non si può più sposare, ‘Ntoni giovane accoltella un guardia doganale, dato che dopo aver conosciuto la vita nel continente non riesce più adattarsi alla vita contadina e di provincia e Lia diventa una prostituta. A causa di tutto ciò padron ’Ntoni muore i ospedale. L’ultimo figlio Alessi, riesce a riscattare la casa e continua il mestiere del nonno. ‘Ntoni uscito di prigione torna alla casa, ma si rende conto di non poter più restare e si allontana per sempre. I Malavoglia rappresentano la vita di un mondo rurale arcaico, chiuso in ritmi di vita tradizionali che si modellano sul ritorno ciclico delle stagioni. La modernità si presenta come un elemento negativo, mettendo in crisi la famiglia: proprio dalla partenza di ‘Ntoni per il servizio militare iniziano tutte le sventure. Il personaggio in cui si incarnano le forze disgregatrici della modernità è il giovane ‘Ntoni. È venuto a contatto con la realtà moderna e non riesce più ad adattarsi ai ritmi della vita di paese. Emblematico è il suo conflitto con il nonno, che, rappresenta invece lo spirito tradizionalista. Non a caso condividono lo stesso nome. Si tratta di un romanzo corale, fittamente popolato di personaggi, senza che spicchi un protagonista. Ma il coro si divide in due: da un lato i Malavoglia, portatori di valori (fedeltà), dall’altro la comunità del paese mossa solo dall’interesse e cinica. Si alternano, quindi, nella narrazione, due punti di vista opposti. L’ottica del paese ha il compito di straniare sistematicamente i valori dei Malavoglia. Un esempio è l’angoscia di padron ‘Ntoni per il figlio durante la tempesta. Il sentimento è attribuito dal villaggio al timore per il carico di lupini in pericolo, quindi a ragioni economiche.

Il mondo arcaico e l’irruzione della storia Sono le pagine di apertura del romanzo. Vengono introdotti i personaggi. La voce che narra proviene chiaramente dall’interno del mondo rappresentato e si colloca al livello culturale dei personaggi stessi. Si parla di certi personaggi come se fossero già noti al lettore. Padron ‘Ntoni è portavoce di una mentalità tradizionale, che concepisce la società come qualcosa di immobile. Questa mentalità si esprime attraverso la sapienza secolare dei proverbi.

I Malavoglia e la comunità del villaggio: valori ideali e interesse economico

Bastianazzo è morto in mare, affondando con la barca carica di lupini. Gli abitanti del paese si recano alla casa del morto per portare conforto alla famiglia. Emergono i valori negativi del pese come: la chiusura mentale, l’insensibilità ai limiti della crudeltà che sono proprie della comunità paesana, e che lasciano un’impressione cupa. Un esempio è la battuta di padron Cipolla sull’ultimo temporale che ha ucciso Bastianazzo. Secondo il personaggio, infatti, esso è stato un bene per le sue colture. Se nella prima parte del capitolo la scena e occupata dal paese, nella seconda parte emergono in primo piano i Malavoglia. Si propongono come portatori di alti valori etici come: l’onestà, il rispetto per la parola data ecc.… Muta anche la tecnica narrativa: nella sequenza precedente gli abitanti del villaggio sono sempre presentati solo dall’esterno, attraverso le loro parole e i loro gesti; i Malavoglia, invece, sono visti anche dall’interno.

Il vecchio e il giovane: tradizione e rivolta I Malavoglia, dopo ogni sventura, cercano con tenacia di rialzarsi, recuperando la speranza nel futuro. Solo il giovane ‘Ntoni resta estraneo a questo sforzo. Contrapposizione tra padron ‘Ntoni e ‘Ntoni giovane. Per padron ‘Ntoni non ci devono essere cambiamenti, mentre ‘Ntoni giovane vuole cambiare dopo aver visto un’altra tipologia di Italia. Verga non crede nel progresso → l’Italia sta rovinando le tradizioni siciliane. Le due visioni, del villaggio e della famiglia hanno qualcosa in comune, una concezione statica della realtà. Al contrario ‘Ntoni giovane è uscito dal cerchio chiuso del mondo paesano e ha fatto esperienza del mondo esterno. Il confronto con il nonno diviene il conflitto tra due mentalità: quella arcaica e immobilista e quella moderna, ansiosa di cambiamento. La conclusione del romanzo: l’addio al mondo pre-moderno Quando ‘Ntoni giovane torna a casa nessuno della famiglia lo vuole e quindi è costretto ad andarsene. Neanche il cane lo riconosce. Quando Alessi vede ‘Ntoni c’è un grande imbarazzo. Capisce che non può più stare e se ne va. (Esempio della religione del focolare di Luigi Russo).

Le novelle rusticane Tra il primo e il secondo romanzo del ciclo dei Vinti passano otto anni.

Nel 1883 escono le Novelle Rusticane, che ripropongono personaggi e ambienti della campagna siciliana, che portano in primo piano il dominio esclusivo dei moventi economici dell’agire umano (religione della roba).

La roba La novella racconta la storia di Mazzarò. Si apre con viandante che chiede di chi siano queste proprietà; la risposta è sempre la stessa: di Mazzarò. Mazzarò era un lavoratore che aveva accumulato una fortuna e aveva sempre cercato di investire nella roba. Egli voleva ottenere più roba del re. Non sapendo a chi lasciare la sua eredità, la novella si conclude con Mazzarò che cerca di uccidere i suoi animali per portarli con se dopo la morte. Il polo positivo dei valori puri scompare e la realtà è dominata dall’interesse economico e dalla forza. La famiglia non è più il centro ideale dei valori: si pensi a Mazzarò che rimpiange i soldi spesi per il funerale della madre. Mazzarò rappresenta il self-made man rurale: l’uomo che dal nulla si crea una fortuna. I temi della novella sono:  L’ammirazione per la potenza dell’accumulo capitalistico  Le virtù eroiche del protagonista come l’intelligenza e l’energia infaticabile  Il tendere inesausto sempre oltre gli obiettivi raggiunti Nella sua tensione ad accrescere il proprio possesso, Mazzarò si scontra col limite naturale della vita. Libertà È ispirata ad un fatto storico: nel 1860 i contadini di Bronte, interpretando a loro modo il proclama di Marsala che incitava alla rivolta antiborbonica e convinti che stesse per instaurarsi un nuovo ordine sociale che li liberasse dalla miseria, si sollevarono massacrando i borghesi. Nino Bixio, luogotenente di Garibaldi, giunto nel paese fece subito fucilare come esempio alcuni dei rivoltosi. Il racconto si suddivide in tre sequenze distinte:  La prima si concentra sulla sommossa popolare  La seconda sulle difficoltà degli insorti il giorno successivo  La terza sulla repressione da parte dei garibaldini e il processo Da un lato si ha il punto di vista vicino ai galantuomini, che esprime la condanna della furia irrazionale e devastante della folla. Un esempio è il figlio undicenne del notaio che viene accettato solo perché è il figlio del notaio. Dall’altro lato, però, si assiste anche a un tentativo di indagare le ragioni della rivolta popolare.

La prospettiva della spartizione delle terre fa emergere nei contadini l’egoismo e la ricerca del proprio interesse. Un diverso atteggiamento dello scrittore si manifesta nella terza parte, che descrive la repressione sui contadini. Verga guarda sia con pietà che con un occhio distante i personaggi.

Il Mastro-don Gesualdo Nel 1889 esce il secondo romanzo del ciclo dei Vinti. Gesualdo Motta da semplice muratore, con la sua intelligenza e la sua energia infaticabile, è arrivato ad accumulare una fortuna. Quando il racconto ha inizio, la sua ascesa sociale dovrebbe essere coronata dal matrimonio con Bianca Trao, discendente da una famiglia nobile, ma in rovina. Nei calcoli di Gesualdo il matrimonio può aprirgli le porte del mondo aristocratico del paese e consentirgli di stringere legami con tutti quelli che contano. Gesualdo resta escluso dalla società nobiliare, che lo disprezza per le sue umili. Il disprezzo è testimoniato dall’appellativo mastro davanti al titolo don. Anche la moglie non lo ama, anzi prova orrore per lui e lo respinge. Nasce una bambina, Isabella, che però è frutto di una relazione di Bianca con un cugino. Isabella crescendo respinge a sua volta il padre. Durante i moti del 1848, i nobili dirottano l’odio popolare contro Gesualdo, che si salva a stento. Isabella gli crea un altro dolore fuggendo con un cugino povero. Per riparare Gesualdo la dà in sposa al duca de Lyra, nobile squattrinato, ma deve sborsare una dote spropositata. Tutte queste amarezze minano la salute di Gesualdo, che si ammala di cancro. Viene accolto a Palermo nel palazzo del genero e della figlia, ma per le sue maniere rozze viene relegato in disparte. La figlia non lo ama, vani sono i tentativi fatti da Gesualdo per comunicare con lei. Gesualdo trascorre i suoi ultimi giorni in solitudine. Muore solo, sotto lo sguardo sprezzante di un servo che non vuole servirlo per le sue umili origini. Nel Gesualdo Verga resta fedele al principio di dell’impersonalità. Il narratore deve essere interno al mondo rappresentato. Il livello sociale, però, si è elevato rispetto a quello dei Malavoglia e delle altre novelle. Di conseguenza anche il linguaggio si deve adattare e si quindi si innalza. La storia dell’ascesa sociale non è raccontata dal narratore, ma dal personaggio stesso. Il Gesualdo ha invece al centro una figura di protagonista, che si stacca nettamente dallo sfondo popolato di figure.

La roba è il fine primario dell’esistenza di Gesualdo, e ciò lo porta ad essere disumano, come quando sfrutta senza pietà i suoi lavoratori, o quando rinuncia a Diodata, che lo ama, per sposare Bianca. Dalla sua lotta epica per la roba Gesualdo non ha ricavato altro che odio, amarezza e dolore.

La tensione faustiana del self-made man Gesualdo giunge all’improvviso dove i suoi operai stanno costruendo il ponte di cui ha avuto l’appalto dal Comune, e li sorprende mentre hanno interrotto il lavoro per ripararsi dal caldo. Spinto dalla sua frenesia attivistica, in nome della roba, li incita a tornare al lavoro. Viene presentato Gesualdo. È simile a Faust perché vende l’anima alla roba. Accezione negativa della roba: rinuncia a tutto per essa. Il testo si divide in due parti. La prima è tutta dominata dall’attivismo infaticabile dell’eroe. La seconda vede invece il momento del riposo. Affiora tutta la negatività della sua ascesa, il prezzo durissimo che egli ha dovuto pagare, e soprattutto il volto disum...


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