Giovanni Verga, Pensiero e Opere PDF

Title Giovanni Verga, Pensiero e Opere
Author Riccardo De Cesaris
Course Italiano Quinto Liceo Scientifico
Institution Liceo (Italia)
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GIOVANNI VERGA Vita: nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di agiati proprietari terrieri con ascendenze nobiliari  compì i primi studi presso maestri privati (Antonino Abate, da cui assorbì il patriottismo e il gusto letterario romantico)  in seguito si iscrisse alla Facoltà di Legge a Catania ma senza terminare i corsi: preferendo dedicarsi al lavoro letterario e al giornalismo. Formazione irregolare segnò la sua fisionomia di scrittore (si discosta dalla tradizione di autori “letteratissimi” e di profonda cultura umanistica che caratterizza la letteratura, anche moderna, del nostro Paese  Carducci: formazione sugli scrittori francesi moderni piuttosto che su classici italiani e latini). 1869: si stabilisce a Firenze, convinto del fatto che per diventare scrittore autentico dovesse liberarsi dei limiti della sua cultura provinciale e venire a contatto con la vera società letteraria italiana. 1872: si trasferisce a Milano (centro culturale più vivo d’Italia e aperto alle sollecitazioni europee) ed entra in contatto con la Scapigliatura  scrive tre romanzi legati al clima romantico Eva (1872), Eros (1875) e Tigre Reale (1875). 1878: svolta capitale verso il Verismo con la novella Rosso Malpelo  novelle di Vita dei campi (1880), i Malavoglia (1881), Novelle Rusticane e Per le vie(1883), Cavalleria Rusticana (1884), Mastro-don Gesualdo (1889). 1893: ritorno a Catania  1903: Verga si chiude in un silenzio totale e dedica la sua vita alla cura delle sue proprietà agricole (ossessionato dalle preoccupazioni economiche)  allo scoppio della Prima Guerra Mondiale è un fervente interventista e nel dopoguerra si schiera con i nazionalisti (pure distaccandosi da ogni interesse politico-militante)  muore nel Gennaio del 1922, l’anno in cui il Fascismo (con la marcia su Roma) prenderà potere in Italia.

Romanzi Pre-Veristi: la produzione significativa di Verga ha inizio con i romanzi pubblicati a Firenze e a Milano  a Catania aveva scritto Una Peccatrice (1866), romanzo fortemente autobiografico che in toni melodrammatici narra la storia di un intellettuale borghese siciliano che conquista il successo e la ricchezza ma vede inaridirsi l’amore per la donna amata e per ciò si suicida. A Firenze termina Storia di una Capinera (1871), romanzo sentimentale che narra di un amore impossibile e di una monacazione forzata  notevole e duraturo successo per Verga. A Milano completa Eva: storia di un giovane pittore siciliano che a Firenze brucia le sue illusioni e i suoi ideali artistici nell’amore per una ballerina (simbolo della corruzione della società materialista e protesa verso i piaceri  disprezza l’arte e l’asservisce al suo bisogno di lusso)  protesta per la nuova condizione dell’intellettuale: emarginato e declassato nella società borghese, dominata dal principio del profitto (influsso della Scapigliatura, polemica anti-capitalista). Romanzi che analizzano sottili passioni mondane: Eros (storia dell’inaridirsi di un giovane aristocratico, corrotto da società raffinata e vuota) e Tigre Reale (traviamento di un giovane innamorato di una donna “divoratrice di uomini” e successiva redenzione segnata dal ritorno alle serene gioie della famiglia)  romanzi (1875) esempio di “realismo”: analisi ardita e impietosa di piaghe psicologiche e sociali, nonostante presenza di clima tardo-romantico (rappresentazione ambienti aristocratici e bohème aristica + linguaggio enfatico ed emotivo)  lontani dal modello del Naturalismo Francese di Zola.

Svolta Verista: Verga in crisi  nel 1878 pubblica un racconto che si discosta fortemente dalla materia e dal linguaggio tipici della sua produzione anteriore (ambienti mondani, passioni raffinate, soggettivismo esasperato e melodrammatico): Rosso Malpelo, storia di un garzone di miniera che vive in ambiente duro e disumano, narrata con linguaggio nudo e scabro che riproduce il modo di raccontare di una narrazione popolare. Già nel 1874 Verga aveva pubblicato un bozzetto di ambiente siciliano e rustico con Nedda, novella che descriveva la miseria di una raccoglitrice di olive  non è preannuncio della svolta: nonostante siano mutati gli ambienti (ritorno al mondo arcaico e popolare della Sicilia) vi rimanevano identici i toni melodrammatici dei romanzi mondani, estranei alla futura “impersonalità Verista” (gusto per realtà esotica + sentimentalismo di fronte alle sofferenze degli umili). In Rosso Malpelo si nota un vistoso cambio di temi e linguaggio (“conversione” al Verismo)  nonostante Verga si proponeva di dipingere il vero già dai Tre Romanzi Pre-Veristi ma, secondo la critica, possedeva strumenti ancora inadatti, poco personali e “inquinati dalla convenzione romantica”  approdo al Verismo = svolta capitale (non inversione di tendenza), frutto di chiarificazione di propositi già stabiliti + conquista di strumenti concettuali e stilistici più maturi: concezione materialistica della realtà + impersonalità. Verga non si propone di abbandonare gli ambienti dell’alta società in favore di quelli popolari: si propone di tornare a studiare questi ultimi con gli strumenti che possiede  “basse sfere” = punto di partenza nello studio dei meccanismi della società: in esse questi

sono meno complessi e possono essere individuati con più semplicità  obbiettività: Verga non studia per ricerca di morale e valori, ma solo per comprendere le leggi su cui si regge l’andamento della società.

Poetica e Tecnica Narrativa del Verga verista: “Impersonalità” alla base  “la rappresentazione deve possedere l’efficacia dell’essere stato, deve conferire al racconto l’impronta di cosa realmente avvenuta”  eclissi dello scrittore: il lettore deve essere posto “faccia a faccia col fatto nudo e schietto” senza che abbia l’impressione di vederlo attraverso “la lente dello scrittore”. L’Autore deve “mettersi nella pelle dei suoi personaggi, vedere le cose con i loro occhi ed esprimerle con le loro parole”  l’opera sembrerà “fatta da sé”: il lettore avrà quindi l’impressione di assistere a fatti reali che si svolgono sotto i suoi occhi (deve essere introdotto in medias res, senza alcuna spiegazione degli antefatti e conoscenza del profilo dei personaggi, che “si faranno conoscere” con le loro azioni e le loro parole  ottenuta “l’illusione completa della realtà). Tecnica Narrativa: profondamente originale e innovativa  tramite l’eclissi dell’autore viene meno la figura del “narratore onnisciente” che aveva caratterizzato il romanzo del 1800 (Scott, Manzoni, Balzac): nei romanzi di Verga non vi è un narratore onnisciente che interviene continuamente nel racconto ad illustrare antefatti o le circostanze di un evento, a tracciare un ritratto dei personaggi e a spiegare i loro stati d’animo, a commentare e giudicare il loro comportamento, a dialogare col lettore. Il punto di vista dell’autore non si avverte mai: la “voce” che racconta la vicenda si colloca perfettamente all’interno del mondo rappresentato, allo stesso livello dei personaggi (come se a raccontare fosse un “personaggio che rimane anonimo  Rosso Malpelo: Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi, ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo  la logica dietro questa osservazione non è certo quella di Verga (intellettuale borghese), ma rivela una visione superstiziosa e primitiva della realtà  come se il narratore fosse uno qualunque dei minatori della cava in cui Malpelo lavorava. Il “narratore anonimo” non informa il lettore sul carattere e sulla storia dei personaggi: ne parla come se si rivolgesse ad un pubblico appartenente al suo stesso ambiente come se questo avesse sempre conosciuto le persone e i luoghi  i Malavoglia: all’inizio il lettore “incontra” personaggi di cui ha poche notizie e non essenziali, li conosce attraverso le loro azioni/parole man mano che la storia prosegue  la voce narrante che commenta e giudica i fatti è quella elementare e rozza della collettività popolare (che non riesce a cogliere le motivazioni psicologiche autentiche delle azioni e deforma ogni fatto in base ai propri principi di interpretazione, fondati sulla legge dell’utile e dell’interesse egoistico). Linguaggio: non è quello proprio dello scrittore  spoglio e povero, ricco di modi di dire, proverbi, imprecazioni popolari, sintassi elementare e talvolta scorretta in cui traspare il dialetto (nonostante Verga non usi mai direttamente il dialetto).

Ideologia Verghiana: cosa induce Verga a formulare il principio dell’impersonalità e ad applicarlo così rigorosamente??  Verga ritiene che l’autore debba “eclissarsi” dall’opera perché non ha il diritto di giudicare la materia che rappresenta: perché non ne ha il diritto??  pessimismo alla base della visione di Verga: la società umana è dominata dal meccanismo della lotta per la vita  meccanismo crudele in cui il più forte vince sul più debole: la generosità disinteressata, l’altruismo e la pietà sono solamente valori ideali che non trovano posto nella realtà effettiva  uomini mossi dall’interesse economico, dalla ricerca dell’utile e dall’egoismo. Legge di Natura: universale, governa qualsiasi società (in ogni luogo e di ogni tempo)  immodificabile: per Verga è impossibile dare alternative alla realtà esistente (né nel futuro, con un’organizzazione sociale diversa e più giusta; né nel passato, col ritorno a forme superate del mondo moderno; né nel trascendente, in quanto la sua visione è fortemente atea e materialista)  la realtà, pur negativa che sia, è data una volta per tutte: motivo per cui ogni intervento di giudizio appare inutile e privo di senso  allo scrittore non resta che riprodurre la realtà così come è. La letteratura non può modificare la realtà, permette solamente di studiare la realtà e riprodurla fedelmente. Valore Conoscitivo e Critico del Pessimismo di Verga: pessimismo con connotazione conservatrice (negazione di ogni trasformazione storica, identificazione dell’assetto vigente con un ordine naturale)  rifiuto polemico per ideologie progressiste (democratiche e socialiste), giudicate come “fantasie infantili”. Il Pessimismo di Verga non implica però un’accettazione acritica della realtà: al contrario, consente a Verga di cogliere con grande lucidità tutta la negatività nella realtà (Pessimismo = condizione del suo stesso valore conoscitivo e critico)  immunità dai miti della letteratura contemporanea: progresso, popolo. Nonostante le opere veriste di Verga hanno per gran parte al centro la vita del popolo non si riscontra in esse l’atteggiamento populistico che consiste nella pietà sentimentale per le miserie degli umili (letteratura del secondo Ottocento  traduzione in rappresentazione patetica e lacrimevole della realtà popolare)  il pessimismo che si concentra sugli aspetti più duri della realtà mortifica in Verga ogni possibile abbandono al patetismo umanitario: la scelta di “regredire” nell’ottica popolare che nega ogni valore di umanità e altruismo costituisce la dissacrazione di ogni mito populistico e del progresso.

Campagna: pur sottolineando la negatività del mondo moderno, Verga non contrappone ad esso il mito della campagna e della civiltà contadina (concepita come un Eden incorrotto)  il mondo primitivo della campagna è retto dalle stesse leggi che regolano il mondo moderno: interesse economico, egoismo, ricerca dell’utile, forza e sopraffazione.

Verismo di Verga e Naturalismo di Zola: differenze che separano Zola e Verga  nei romanzi di Zola la “voce narrante” riproduce il modo di vedere e di esprimersi dell’autore borghese colto, che guarda la materia dall’esterno e dall’alto intervenendo spesso con giudizi (spesso impliciti e rivelati da un particolare termine che riflette la visione dell’autore stesso)  netto distacco tra narratore e personaggi. Eccezione dell’Assommoir: Zola si propone di riprodurre il gergo particolare dei proletari parigini  in certi passi la voce narrante si adegua alla mentalità e al linguaggio dei personaggi popolari e sembra dar voce a un loro “coro” che commenta gli eventi  soluzione episodica e limitata: per gran parte del romanzo sussista la netta distinzione tra il narratore e i personaggi. Zola risulta quindi estraneo alla tecnica della “regressione” applicata da Verga, di conseguenza l’impersonalità di Zola è diversa da quella di Verga: per Zola l’impersonalità significa essere “scienziato che osserva dall’esterno e dall’alto”, per Verga significa “immergersi ed eclissarsi nell’oggetto”. Diverse Ideologie: Zola interviene quindi a commentare e a giudicare la realtà dal suo punto di vista di “letterato-scienziato”, poiché crede che la letteratura possa contribuire a cambiare in meglio la realtà (fiducia nella funzione progressiva della letteratura come studio dei problemi sociali e stimolo delle riforme)  dietro la “regressione” di Verga invece vi è il pessimismo di chi ritiene che la realtà sia immodificabile e che la letteratura non possa minimamente incidere su di essa: lo scrittore non ha quindi il diritto di “giudicare” ma deve limitarsi alla riproduzione oggettiva della realtà. Zola ha fiducia nella possibilità della letteratura di incidere sul reale poiché vive in una realtà dinamica: società già pienamente sviluppata dal punto di vista industriale (borghesia attiva e consapevole + proletariato con coscienza sociale matura, combattivo ed organizzato): lo scrittore progressista si sente perciò portavoce di esigenze ben vive intorno a lui e sa di potersi rivolgere ad un pubblico che recepisce il suo messaggio  il rifiuto dell’impegno politico nella scrittura di Verga rimanda ad una situazione economica, sociale e culturale estremamente arretrata: Verga è il tipico “galantuomo” del Sud, proprietario terriero conservatore, che ha ereditato la visione di un mondo agrario arretrato ed immobile (estraneo alla visione dinamica del capitalismo moderno) e ha di fronte a se una borghesia pavida e parassitaria. Il “fatalismo” verghiano si conferma nella realtà dell’Italia unita, all’inizio dello sviluppo capitalistico  lungi dal migliorare le condizioni suburbane delle masse popolare, del Sud in particolare, e che non faceva altro che ribadirne l’esclusione e l’oppressione, rendendo la loro vita ancora più dura  Verga nota che nulla era mutato realmente dietro la facciata delle intense trasformazioni e perciò ricava la convinzione che nulla può mutare in assoluto nella storia (legge della sopraffazione = universale e necessaria  la letteratura può solo farti conoscere la realtà, non può cambiarla).

Vita dei Campi: il Ciclo dei Vinti: Verga progetta un ciclo di romanzi che riprende il modello dai Rougon-Macquart di Zola  ma a differenza di Zola, Verga pone al centro esclusivamente la volontà di tracciare un quadro sociale, di delineare “la fisionomia della vita italiana moderna”, passando in rassegna tutte le classi (non più intento scientifico di seguire gli effetti dell’ereditarietà). Criterio unificante = lotta per la sopravvivenza (ricavata dal Darwinismo: evoluzione delle specie animali  riapplicata alla società umana): tutta la società, ad ogni livello, è dominata da conflitti di interesse e il più forte trionfa sul più debole  Verga prende come soggetto della sua narrazione “i vinti” che devono piegare il capo sotto il piede dei “forti”. Prefazione de i Malavoglia: chiarimento degli intenti generali dell’autore  “il movente dell’attività umana che produce la fiumana del progresso è preso alle sue sorgenti”, la lotte per i bisogni materiali nelle “basse sfere” è meno complicata e analizzabile con maggior precisione  nei romanzi seguenti Verga analizzerà “la ricerca del meglio”, elevandosi progressivamente attraverso le classi sociali (con conseguenti elevazioni di stile e linguaggio).

I MALAVOGLIA: primo romanzo del Ciclo (1881), trattante la storia di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, i Toscano (soprannominati Malavoglia, poiché i soprannomi sono spesso il contrario delle qualità di chi li porta)  possiedono casa e barca che gli consentono di fare vita felice. Nel 1863 il giovane ‘Ntoni deve partire per il servizio militare, lasciando la famiglia senza un lavoratore (che deve essere pagato)  cattiva annata per la pesca e Mena, la figlia maggiore, ha bisogno della dote per sposare compare Alfio  padron ‘Ntoni, il capofamiglia, pensa di intraprendere un commercio di lupini (tramite compera a credito dall’usuraio Zio Crocifisso) per rivenderli ma la barca naufraga, Bastianazzo (figlio di padron ‘Ntoni) muore e i lupini vanno perduti.

Debito da pagare e serie di sventure: casa pignorata, Luca (secondogenito) muore nella battaglia di Lissa, Maruzza (la madre) muore dal colera, la barca viene recuperata ma naufraga nuovamente  la sventura disgrega la famiglia: ‘Ntoni ritorna dal servizio militare e ha vissuto in città, non si adatta più a una vita di fatiche e stenti perciò comincia a frequentare osterie e cattive compagnie  in seguito sarà coinvolto nel contrabbando e finirà in galera a causa di una coltellata alla guardia doganale (motivi di rivalità a causa di donne e motivi d’onore: don Michele corteggiava la sorella Lia). ‘Ntoni in prigione, Lia diventa una prostituta, Mena non può più sposare Alfio e padron ‘Ntoni muore  Alessi riesce a riscattare la casa, continuando a fare il mestiere del nonno, ‘Ntoni esce di prigione e torna in famiglia, ma rendendosi conto di non poter più rimanere in quel mondo si allontana per sempre. Irruzione della Storia: nel romanzo è rappresentata la vita di un mondo rurale arcaico, chiuso in ritmi di vita tradizionali che dipendono dal ciclo delle stagioni e dominato dalla saggezza antica dei proverbi  non immobile: rappresentazione del processo in cui la storia entra nel mondo arcaico rompendone gli equilibri. 1863: messo in luce come il villaggio di Aci Trezza sia investito dalla rapida trasformazione della società italiana  coscrizione obbligatoria che sottraeva forza lavoro, ignota al Regno dei Borbone (l’inizio delle sventure comincia con l’allontanamento di ‘Ntoni: inizio difficoltà economiche e sventure che rompono l’equilibrio tra i Toscano e il sistema del villaggio. Il villaggio appare immobile solo perché i fatti sono presentati dall’ottica degli abitanti stessi, che sono abituati a concepirla così  in realtà anche esso subisce le trasformazioni dovute “all’esterno”. Modernità e Tradizione: ‘Ntoni = personaggio in cui si incarnano le forze disgregatrici della modernità  esce dal “mondo chiuso” del paese e viene in contatto con la realtà moderna e per questo non si adatta più a ritmi di vita del paese: conflitto con padron ‘Ntoni (spirito tradizionale, attaccamento alla visione arcaica e ai suoi valori). Disgregazione della famiglia: l’attaccamento agli antichi valori del vecchio ‘Ntoni non riesce a salvare la situazione che viene definitivamente compromessa dalla coltellata del giovane ‘Ntoni  alla fine Alessi riuscirà a ricomporre un frammento dell’antico nucleo familiare, ma ciò non implica il ritorno alla situazione iniziale (sono solo lui e Mena). Finale emblematico: l’inquieto giovane ‘Ntoni si distacca per sempre dal sistema del villaggio  percorso continuato da Gesualdo nel secondo romanzo del ciclo. Superamento dell’Idealizzazione Romantica del Mondo Rurale: Malavoglia spesso visti come celebrazione di un mondo primitivo e dei suoi valori, visti come “antidoto” alla falsità e alla corruzione della società moderna  il romanzo rappresenta la disgregazione di quel mondo e l’impossibilità dei suoi valori (romanzo = superamento irreversibile del vagheggiamento del mondo arcaico come soluzione). Lo scrittore pessimista sa che il mondo rappresentato, prima ancora di essere investito dal progresso, era già dominato dalla stessa legge della lotta per la vita che domina il mondo moderno (in ogni luogo, in ogni tempo)  avarizia di Zio Crocifisso, ottuso attaccamento alla proprietà di padron Cipolla. Costruzione Bipolare del Romanzo: duplice “coro”  da un lato i Toscano (caratterizzati alla fedeltà ai valori puri), dall’altro la comunità del paese (pettegola, cinica e mossa solo dall’interesse economico, disumana) : duplice punto di vista durante la narrazione. Straniamento: l’ottica del paese va a straniare i valori ideali proposti dai Malavoglia  l’onesta, il disinteresse e l’altruismo vengono quindi deformati e distorti: padron ‘Ntoni che pignora la casa per ripagare ...


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