I fasti ovidio PDF

Title I fasti ovidio
Author Lea Cioffi
Course Diritto e Letteratura
Institution Università degli Studi del Sannio
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I FASTI introduzione I Fasti, insieme alle Metamorfosi, sono un’opera attribuibile al periodo della maturità del poeta latino Ovidio Nasone, letterato attivo nell’età Augustea. Entrambe le opere sono fortemente innovative: lo scrittore cerca infatti di far rivivere delle forme che altrimenti sarebbero cadute in uno stanco manierismo. La stesura di questi due scritti risulta essere frutto della profonda conoscenza di Ovidio sia della letteratura sia della tradizione antica romana, divenendo dunque una miniera di informazioni preziosissime sulla religione di Roma. Per quanto riguarda i Fasti, la loro composizione è stata avviata intorno all’1 o al 2 d.C.. Essi sono un’opera epico-mitologica, scritta in distici-elegiaci. Andando nel particolare, l’opera si presenta come un calendario poetico, stilato in versi, per la precisione 5000 e scanditi in 6 libri, a discapito dei 12 preventivati, mirati a raccogliere tutte le ricorrenze, festività e riti romani distribuiti mese per mese e, a partire dalla fondazione di Roma, illustra i fatti delle leggende analizzandoli nelle loro origini e sviluppi.

Il titolo Il titolo dell’opera fa riferimento all’elenco totale dei dies, ovvero dei giorni presenti sul calendario. A Roma il calendario si basava sull’alternanza di giorni fasti, in cui era lecito (fas,ciò che è lecito) attendere alle proprie occupazioni pubbliche e private, convocare le assemblee e adire i tribunali, in contrapposizione ai giorni nefasti in cui alcune attività erano sacrileghe e illecite(nefas)1. Sul Calendario i giorni Fasti erano contrassegnati dalla lettera F, i nefasti invece dalla lettera N. L’elenco dei giorni Fasti o Nefasti era a cura del collegio dei Pontefici. Col tempo, però divenne un calendario vero e proprio, e fu, in seguito, ampliato fino a comprendere tutti i giorni dell’anno, le feste, gli avvenimenti più importanti e addirittura i nomi dei magistrati.

IL CONTENUTO Nei fasti Ovidio illustra il calendario romano secondo la riforma Cesariana. Stando alla tradizione, infatti, il calendario che era in vigore inizialmente era quello di 12 mesi istituito dal re Numa Pompilio (715-673 a.C.) che rimase in vigore a Roma per oltre 600 anni, fino al 46 a.C., quando fu poi riformato da Giulio Cesare2. Con quattro mesi di 31 giorni, sette di 29 e uno di 28, il calendario “numano”, o “repubblicano”, conta in tutto 355 giorni. Era necessario perciò che

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A tal proposito, per fare un esempio, in maggio non era consentito sposarsi E’ infatti dall’imperatore Giulio Cesare che il mese di Luglio (Iulius) prende il nome;

fosse periodicamente intercalato per farlo coincidere con l’anno solare di 365 giorni e (quasi) un quarto.

Egli elenca per ogni mese dei, festività, riti, culti a partire dalla fondazione di Roma attuando anche un’attenta analisi e sintesi delle informazioni.

Molti dei giorni dell’anno erano, tra l’altro, dedicati a festività pubbliche o private, che prevedevano rituali che dovevano essere osservati o semplicemente imponevano il ricordo di determinati avvenimenti del passato mitico (come ad esempio i Lupercalia3). In due periodi dell’anno, invece, si celebravano riti in onore dei morti: il primo, dal13 al 21 febbraio, erano le feste dei Parentalia, in cui venivano per nove giorni ricordati i morti della famiglia. Il nono giorno, Feralia (da fero, “porto”), era dedicato all’offerta pubblica di particolari cibi, fra cui fave, sulle tombe dei morti. Si trattava di un rito in onore dei Manes4, quindi, di carattere prevalentemente ufficiale, la cui origine la tradizione attribuisce ad Enea. Le seconde festività dedicate ai morti erano invece i Lemuria (in onore dei Lemuri, gli spiriti della notte), celebrati il 9, l’11 e il 13 maggio, giorni nefasti (i templi erano chiusi, vietati i matrimoni), in cui si svolgevano riti nelle case private, che leggiamo secondo il racconto ovidiano (5, 419-444):

“Quando poi Vespro avrà mostrato per tre volte il bel volto, e per tre volte le stelle, vinte, avranno ceduto a Febo, ci sarà, o notturni Lemuri, il l’esecuzione rituale dell’antica sacra celebrazione: si daranno votive offerte ai mani silenziosi. L’anno era più breve, ancora non si conoscevano i pii riti di febbraio E tu, Giano bifronte, non eri ancora la guida dei mesi; tuttavia si portavano già propri doni alla cenere del morto, e il nipote faceva sacrifici espiatori sulla tomba dell’avo sepolto. Era il mese di maggio, chiamato così in onore degli antenati, che anche oggi conserva in parte l’antica tradizione. Quando la notte è giunta alla metà e offre silenzio per il sonno, e il cane tace, e siete in silenzio voi, variopinti uccelli,

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Era una festività religiosa che celebrava la Fertilità e la protezione del bestiame ovino. La festività si svolgeva a metà febbraio, con l’acme il 15 febbraio, perché questo mese era il culmine del periodo invernale nel quale i lupi, affamati, si avvicinavano agli ovili minacciando le greggi. Era quindi situata quasi alla fine dell'anno, considerando che i Romani festeggiavano il nuovo anno il 1º marzo. 4 I morti, nella loro funzione benefica di protettori dei familiari ancora in vita, vengono chiamati Manes, i “Mani”

quello, memore dell’antico rito e rispettoso degli dei, si alza (scalzo: i piedi non hanno impacci) e dà segnali con le dita, unite al pollice, perché nessun leggero fantasma si imbatta in lui, se è silenzioso. Quando ha lavato le mani, rese pure, all’acqua della fonte, si gira e prima prende le nere fave, e le getta alle spalle; ma mentre le getta dice: ‘io vi mando queste fave, con queste fave riscatto me e i miei’. Dice questa formula nove volte e non guarda indietro: si crede che il fantasma le raccolga e lo segua alle spalle mentre nessuno vede. Di nuovo tocca l’acqua, fa risuonare il rame di Temesa, e chiede che il fantasma esca da casa sua. Quando ha detto nove volte ‘Mani dei padri, uscite’, guarda indietro e considera compiuto il rito piamente”.

Tra elegia e tradizione didascalica L’attività che Ovidio si propone di svolgere è sicuramente tra le più faticose e impegnative: alla base di questo lavoro c’è tutta un’indagine di tipo etimologico, per quanto riguarda i nomi, di tipo eziologico5, per quanto i culti. Si tratta di un’opera di carattere civile ed erudito. Civile in quanto segue le orme dell’amico Properzio e delle sue Elegie Romane, condividendo di illustrare miti e costumi latini. Erudito, in termini della poesia alessandrina, che fonde tratti dell’elegia classica a tratti propri della tradizione didascalica. Ovidio dà prova di aver attinto a diversi autori tra cui Varrone6, Verrio Flacco7, Igino8 e Tito Livio9. Sia il contenuto che la struttura complessa dell’opera richiedono di per sé il ricorso a materiali eterogenei, non solo letterari ma anche eruditi e d’antiquariato, che Ovidio riesce a tenere insieme con virtuosismo10. Per questo motivo i Fasti offrono l’opportunità di percorsi di lettura di diverso genere la cui via maestra è quella che privilegia i numerosi brani in cui il poeta torna sui miti delle origini di Roma.

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Eziologia: In linea generale, si tratta dello studio e dell'approfondimento sul motivo per cui alcuni eventi o processi si verificano, o persino sulle ragioni che si nascondono dietro determinati avvenimenti. 6 un letterato, scrittore e militare romano, morto nel 26 a.C. 7

un grammatico romano, morto nel 20 d.C. scrittore e bibliotecario dell'Impero romano, morto nel 17 d.C. 9 storico romano, autore di una monumentale storia di Roma, Ab urbe Condita, morto nel 17 d.C 10 Padronanza assoluta dei mezzi tecnici connessi con l'esercizio di un'arte. Tra l’altro gli ha meritato da parte di Seneca l’appellativo di poëtarum ingeniosissimus 8

RIFACIMENTO L'autore, come già ribadito, si riallaccia alla tradizione della poesia eziologica: in questo caso si rifà a Callimaco11, autore degli Àitia (Le cause), opera che costituirà un modello da emulare per Ovidio, sia nella tecnica compositiva che nel carattere eziologico, di ricerca delle “cause”, delle origini della realtà attuale dal mondo del mito. Ovidio mira a completare l’aspirazione di divenire il nuovo Callimaco romano, già tanto ambita dall’amico Properzio: egli sembra, però, essere più determinato e convinto, tant’è vero che il suo obiettivo è quello di scrivere un’opera compiuta e dando vita a un nuov genere poetico.

LA CONNOTAZIONE DELL’OPERA

ENCOMIASTICA

E

CELEBRATIVA

Il progetto iniziale prevedeva in complesso ben 12 libri, uno per ogni mese dell’anno, ma solo i primi sei libri, quindi da gennaio a giugno, vennero terminati. L’interruzione della composizione si colloca intorno all’8 d.C., quando Ovidio fu costretto a lasciare Roma, a causa della relegatio12subita: fu proprio allora che decise di non continuarne la stesura. Sebbene la fermezza di Ovidio nella sua decisione, egli, in esilio, rivide i Fasti nel periodo subito successivo la morte di Augusto. L’esiliato infatti rivisitò un proemio di un libro indirizzato inizialmente ad Augusto: Ovidio,infatti, in quel periodo cercò di scrivere in maniera da risultare congeniale al potere imperiale facendo sì che i suoi testi assumessero una connotazione encomiastica. Decise così di scambiare il destinatario iniziale con il potenziale nuovo Imperatore, ovvero il nipote Germanico. Confidando quindi nella sua clemenza, Il libro sarà indirizzato a Germanico ma con effetti diversi da quelli che sperava il nostro poeta in esilio che trepidante aspettava di ritornare nella sua Roma: Ovidio sbaglia ancora una volta, in quanto Germanico mai diventerà imperatore. Da questo punto di vista, I Fasti possono essere considerati come l’opera ovidiana che certamente più si avvicina alle linea politica, alla propaganda augustea e alle tendenze non solo culturali ma anche morali e religiose del regime imperiale augusteo. Da una parte sembra essere un omaggio consapevole al programma augusteo di recupero dei valori della religione e delle tradizioni avite. I Fasti di Ovidio, infatti, raccolgono aneddoti, storie, leggende e miti intervallando anche con considerazioni personali del poeta che si esprimeva in modo negativo per quanto concerne la corruzione dei costumi, esaltando il mos maiorum e promuovendo quindi la linea politica augustea. Dall’altra, invece, è ancora dubbia la totale adesione di Ovidio alla linea d’azione di un morigeratore e fustigatore dei precetti morali come l’imperatore Augusto: il poeta non criticava l’operato di Augusto, né tantomeno l’appoggiava a pieno, semplicemente egli non era molto attivo in politica, non era una priorità, egli amava vivere, la bella vita, la vita allegra e leggiadra. Ovidio senza dubbio narra dettagliatamente aneddoti, favole, episodi della storia di Roma, impartisce nozioni di astronomia, spiega usanze e tradizioni popolari, ma l’intento celebrativo sembra rimanere esteriore, non essendo supportato né da un interesse storico-religioso, né dal senso patriottico della grandezza di Roma. Si può dire che Ovidio mancasse di autentiche motivazioni interiori, tanto che talvolta appaiono delle contraddizioni nell’opera: quanto in essa c’è di vivo e vero è, a volte, in contrasto con la realtà rivisitata e proposta da Augusto a cui l poeta s’accosta con spirito disincantato. Ovidio ha comunque il merito di aver

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stato un poeta e filologo greco antico d'età ellenistica, morto nel 235 a.C. La relegazione (relegatio ad insulam) era una sorta di soggiorno obbligato in un luogo molto lontano da Roma, imposto a personaggi considerati pericolosi dalle autorità romane. A differenza dell'esilio, esso non prevedeva la confisca dei beni e la perdita permanente dei diritti civili. Il provvedimento aveva di solito una durata limitata nel tempo: il condannato, ricevuto il perdono, poteva far ritorno a Roma. Ovidio subì la relegatio nell’8 d.C. a Tomi, sul mar Nero. 12

come fissato e trasmesso ai secoli un’immagine concreta e verace di quella che a lui appariva la religiosità romana.

Conclusioni I Fasti sono una miniera d’informazioni preziosissime sulla religione di Roma e su alcuni luoghi di culto consacrati in tempi remoti o recenti in occasione di eventi cruciali nella storia della città. Interessante diviene ricercare nella lettura dei Fasti lo spunto per illustrare il calendario romano e l’occasione per recuperare sotto molteplici strati di interpretazione greca qualche rimanenza della religione arcaica di Roma, di cui i contemporanei di Ovidio avevano perso totalmente il significato originario che in parte gli è stato restituito da studiosi moderni. Risultano, dunque, essere un documento straordinario e possono essere annoverati tra esempi unici di poesia e per struttura e per il particolare tema affrontato da Ovidio. Possono essere forse, da questo punto di vista, considerati come l’opera più ambiziosa di Ovidio, anche se, secondo alcuni critici, la meno riuscita o quanto meno non fra le sue prove migliori. Da una parte originali e autentici: Ovidio, stimato versificatore naturale, in questo scritto narrativo si propone infatti di illustrare il calendario romano mettendo in atto un’opera di analisi e poesia sullo stesso. Dall’altra parte monotoni per la struttura meccanicamente cronologica, appesantiti dalla sovrabbondanza dell’erudizione, spezzati dalla frammentarietà e caratterizzati da un Ovidio poco affascinato che si accosta alla materia in maniera disincantata. Più di una volta lo stesso Ovidio sottolinea lo stacco tra la frivola leggerezza dei suoi versi giovanili d’amore e l’altezza della materia del poema epico che sta scrivendo. Sicuramente il lavoro intrapreso da Ovidio si è dimostrato essere un’ardua impresa: ha dovuto, infatti, focalizzarsi sullo scorrere dei giorni e dei mesi nell’avvicendarsi delle costellazioni, passare in rassegna le ricorrenze delle feste laiche e religiose, gli anniversari della dedica di templi e anche di eventi storici a partire, tra l’altro, dalla nascita di Roma fino all’età augustea, ovvero quella contemporanea.

SITOGRAFIA: http://www.spaziovidio.it/ovidio.asp?art=opere#fasti http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/letteratura-latina/augusto/ovidio/I--I-Fasti--I-.html http://www.leonardomagini.it/PDF/Ovidio_FASTI.pdf http://mkmouse.com.br/livros/Fasti.pdf http://www.treccani.it/enciclopedia/publio-ovidio-nasone/ http://www.sunelweb.net/modules/freecontent/index.php?id=522

BIBLIOGRAFIA: GRANDE DIZIONARIO ENCICLOPEDICO UTET, Unione tipografico-editrice Torinese, autori vari, volume VII EM-FIM, 1965; L’Enciclopedia, La Biblioteca di Repubblica, autori vari, volume 7 Ege-Felic, 2003 Enciclopedia Treccani...


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