Ovidio vita e opere PDF

Title Ovidio vita e opere
Author Marco Leo
Course Letteratura latina 
Institution Università degli Studi di Salerno
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Summary

appunti di ovidio, completi di vita e opere!!!!!!!!!!!! ecco a vooi...


Description

Ovidio Publio Ovidio Nasone nacque a Sulmona nel 43 a.C. da famiglia di rango equestre e, giovanissimo, si recò a Roma dove frequentò le migliori scuole di eloquenza e di retorica. Abbandonò presto gli studi per dedicarsi alla poesia, fece parte del Circolo di Messalla e divenne il poeta alla moda, in palese contraddizione con i programmi di restaurazione morale che costituivano uno dei punti fondamentali del programma di Augusto. Entrato nel circolo di Messalla Corvino, Ovidio incominciò giovanissimo a “pubblicare” (cioè a leggere pubblicamente) i suoi versi, coltivando il genere dell’elegia amorosa e riscuotendo subito grande successo. Egli raccolse le sue elegie in una silloge intitolata Amores, curandone una prima edizione in cinque libri, che successivamente ridusse e rielaborò nella redazione in tre libri che ci è pervenuta. Agli Amores seguirono altre opere appartenenti allo stesso genere: le Heroides e l’Ars amatoria. Nel periodo in cui Augusto voleva ripristinare i valori del mos maiorum dimenticati dal popolo corrotto, senza valori, Ovidio fa scatenare sentimenti diversi tramite le sue opere. Nell’8 d.C., Ovidio venne relegato a Tomi da Augusto, sul Mar Nero, e nonostante le richieste (tramite lettere) sue, della moglie e degli amici, vi rimase fino alla morte avvenuta nel 17 o nel 18 a.C. La brillante carriera del poeta latino si interruppe definitivamente: le sue opere, accusate di immoralità, vennero ritirate dalle biblioteche e bruciate in pubblico. Nelle elegie raccolte nei Tristia l’autore confida pene, sofferenze, timori e speranze alla ricerca di un conforto che sembra poter venire solo dalla poesia, medicina dell’anima, dalla certezza dell’immortalità artistica e dall’orgogliosa consapevolezza della fama dovunque riconosciutagli. Ovidio scrive che il suo allontanamento è dovuto al 'Carmen et Error'. Il ‘Carmen’, era dovuto alla pubblicazione dell’Ars Amandi, perché quest’opera fece molto scalpore (troppo accattivante per un programma politico come quello di Augusto) in quel periodo di ripristino di sani valori, per quanto riguarda l’‘Error’ si pensa che Ovidio, vivendo a corte, avesse assistito ad uno scandalo nella famiglia di Augusto, per questo motivo venne esiliato. Infatti, contemporaneamente al suo esilio ci fu quello di una nipote di Augusto, Giulia; questi due esili erano collegati, probabilmente perché Ovidio aveva visto qualcosa che le riguardava. La differenza fu grave perché la nipote dopo alcuni anni fece ritorno e Ovidio si rammaricò ancora di più, rimanendo isolato a vita.

In Ovidio non c’è più l’amore da dedicare ad una donna in particolare, l’amore viene visto come un gioco, lusus, un piacere per Ovidio da sperimentare senza impegnarsi sperimentalmente poiché si sa che è piacevole senza furor. Ovidio sarà un poeta elegiaco del periodo augusteo che però si discosta dagli altri poeti (come Tibullo e Properzio che parlano di servitium e discidium amoris) perché la sua elegia non è prettamente d’amore ma basata anche sulla vita pubblica, l’amicizia... Rispetto alla sua opera Ars Amatoria, o Ars Amandi, ovvero l’arte di amare, venne visto sotto un altro punto di vista a Roma, in quest’opera didascalica divisa in tre libri, voleva lasciare un insegnamento sia per gli uomini che per le donne, rivolta a tutti coloro che hanno intenzione di amare, lui così da alcune dritte sulla vita di coppia (come portare avanti una relazione, come vestirsi, il comportamento da assumere...).

Le opere di Ovidio Opere giovanili elegiache Amores àè una delle sue più celebri opere, che si divide in tre libri da 49 carmi. Si parla d’amore in modo più leggero, il poeta non si mette più in gioco, in questo si discosta dai suoi predecessori Tibullo e Properzio, non c’è passione per quello che accade rispetto al servizium amoris. In Ovidio, questo è sostituito dal militiae amoris ovvero l’uomo viene considerato un ‘soldato di amore’, ma dell’amore in generale. L’uomo in sé si mantiene estraneo e decide di trattare l’amore come lusus, gioco, Ovidio scrive di queste vicende ma non ne è partecipe in prima persona. Medea Heroides 211 lettere d’amore immaginarie, scritte da famose donne della mitologia o del passato ai loro uomini e viceversa (tre di queste lettere sono accompagnate dalla risposta). Ars amatoria àuna delle opere più note di Ovidio, egli la compone quando ha 25 anni e dentro ci sono una serie di tecniche che un uomo può adottare per conquistare una donna. Ars amatoria (o Ars amandi): un “trattato” in tre libri su come conquistare l’amore femminile: si tratta di un vero e proprio codice e galateo dell’amore e della seduzione. Medicamina faciei femineae àtesto incompleto (circa 100 versi), dedicato ai cosmetici delle donne. La breve opera, poco più che un'elegia (si compone di cento versi), dà alle donne della nobiltà romana galanti

precetti, consigli sull'uso di cosmetici, con uno stile adatto ad un ambiente salottiero. Remedia amoris àl’antidoto dell’Ars amatoria; in un solo libro Ovidio spiega come evitare le insidie di Cupido, e in che modo liberarsene dopo essere caduti nel tranello d’amore.

Opere maggiori o opere della maturità Metamorfosi l’opera più importante e impegnativa di Ovidio, il "poema delle trasformazioni", sono in 15 libri di esametri (unica opera, nella sua produzione, scritta in questi versi), contenenti circa 250 miti uniti tra loro dal tema della trasformazione: uomini o creature del mito si mutano in parti della natura, animata e inanimata. L'opera inizia dalla più antica trasformazione, quella del Chaos primitivo nel cosmo, sino alla celebrazione di Augusto, ripercorrendo in tal modo tutte le fasi del mito e della storia universale, attraverso il motivo conduttore della mutazione continua. Il poeta si dichiara convinto, già nei primi versi dell'opera, di comporre un "carmen continuum", un'opera, cioè, profondamente unitaria. Un racconto scaturisce dall'altro in una dimensione che pare dilatarsi all'infinito. Dell'essere umano, che si trasforma in essere arboreo o inanimato, il poeta avverte l'intimo dolore, infatti lo narra seguendo tutti i passaggi e cambiamenti in modo cronologico. Qui da valore al mito greco infatti ci sono episodi che rappresentano la trasformazione attraverso racconti del mito di personaggi che si trasformano in cose vegetali, tutte trasformazioni irreversibili come quella che avvenne a due persone anziane costrette a lasciare la casa dove sono cresciuti, il loro pianto lungo ed intenso per esprimere nostalgia e dolore fece sì che le lacrime arrivassero fino al suolo così i loro arti si trasformarono in radici divenendo due grandi querce per poter rimanere in quel luogo per sempre. Ovidio da valore al mito greco, tramite questi episodi che rappresentano delle trasformazioni (argomento che ha sempre appassionato i lettori). C’è questo passaggio quindi dal mondo umano a quello vegetale, un tipo di trasformazione irreversibile, non si può tornare indietro; a differenza di queste abbiamo le Metamorfosi di Apuleio che raccontano di trasformazioni reversibili. Ovidio è stato famosissimo nel suo tempo e anche dopo la sua morte, tanto che ne riprendono i temi e imitano il suo stile moltissimi altri autori come: Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Shakespeare, Giambattista Marino e D’Annunzio. L’opera 'Le Metamorfosi', in particolare, ha ispirato moltissimi scultori e pittori italiani ed europei. Egli è colui che chiude il ciclo della grande elegia romana, portando nella poesia la vera anima della società. A

Ovidio va il merito di conoscere in maniera profonda l’animo dell’essere umano, in particolare quello femminile, e di essere un acuto osservatore rispetto alle avventure amorose e alle passioni. Nel complesso il linguaggio risulta flessibile, anche grazie allo studio approfondito della retorica. L’espressione del pensiero di Ovidio si tramutava subito in poesia, rendendolo un vero genio: nelle sue mani i pensieri prendevano forma agilmente e facilmente per diventare poesia. Con il suo modo di fare poesia Ovidio si allontana dalla compostezza classica di artisti come Orazio o Virgilio: egli è innovatore, improvvisatore e moderno rimanendo comunque un poeta.

Opere della relegazione Tristia àraccolta di elegie, in cinque libri, dedicate all’amara esperienza dell’esilio e scritte spesso in tono lamentoso e afflitto, nella speranza di ottenere il ritorno a Roma. Epistulae ex ponto àvero e proprio epistolario, in quattro libri, che comprende lettere sotto forma di elegie, indirizzate ad amici e familiari; vengono affrontati gli stessi temi dell’opera precedente tra disperazione, pianti e suppliche al fine di ottenere il ritorno. Ibis poemetto àdi trecentoventuno versi distici elegiaci, su questo uccello divoratore di rettili. Halieutica,Phaenomena

Apollo e Dafne Dopo aver ucciso il serpente Pitone, Apollo si sentì particolarmente fiero di sé, perciò si vantò della sua impresa con Cupido, dio dell’Amore, sorridendo del fatto che anche lui portasse arco e frecce, ed affermando che quelle non sembravano armi adatte a lui. Cupido indignato, decise allora di vendicarsi: colpì il dio con la freccia d’oro che faceva innamorare, e la ninfa, di cui sapeva che Apollo si sarebbe invaghito, con la freccia di piombo che faceva rifuggire l’amore (Dafne), provocando una forte repulsione per dimostrare al dio di cosa fosse capace il suo arco. Tuttavia, se già prima la fanciulla aveva rifiutato l’amore, essendo stata colpita dalla freccia di piombo di Cupido, quando vide il dio, cominciò a fuggire. Apollo iniziò allora ad inseguirla, elencandole i suoi poteri per convincerla a fermarsi, ma la ninfa continuò a

correre, finché, ormai quasi sfinita, non giunse presso il fiume Peneo, e chiese al padre e alla madre Terra di aiutarla facendo dissolvere la sua forma. Dafne si trasformò così in albero d’alloro prima che il dio riuscisse ad averla, egli, tuttavia, decise di rendere questa pianta sempreverde e di considerarla a lui sacra: con questa avrebbe ornato la sua chioma, la cetra e la faretra; ed inoltre, d’alloro sarebbero stati incoronati in seguito i vincitori e i condottieri.

Arianna e Teseo Un esempio di epistola delle Heroides è quella di Arianna e Teseo, figure mitologiche. Nacque il Minotauro, dal corpo umano e dalla testa taurina, per nasconderlo Minosse incaricò l’architetto Dedalo di costruire un labirinto dal quale era impossibile uscire. Per saziare il Minotauro, Minosse costrinse la città di Atene, allora sottomessa a Creta, di inviare ogni 9 anni 7 fanciulli e 7 fanciulle. Un anno Teseo, figlio di Egeo re di Atene, si unì al gruppo; entrò nel labirinto, affrontò il mostro e lo uccise. Teseo ci riuscì grazie all’aiuto di Arianna che si era innamorata di lui: infatti in cambio della promessa di portarla via con sé egli ricevette un gomitolo di filo da dipanare una volta entrato nel labirinto, assicurandosi così la via del ritorno. Teseo, però, una volta che ebbe scampato il pericolo si pentì della promessa fatta ad Arianna e meditò di liberarsi di lei. E così, dopo aver fatto scalo a Nasso per rifornirsi di acqua e di cibo, egli, approfittando che la giovane si era addormentata, si imbarcò sulla nave e ripartì. Al suo risveglio la povera Arianna si accorse di essere stata tradita e abbandonata, perché Teseo l’aveva piantata, cioè abbandonata in Nasso. Proprio in questo momento che inizia a cercare il giovane disperatamente scrivendo molte lettere che non avranno mai una risposta. Le lettere riportano la disperazione della donna, riportata da Ovidio come l’eroina abbandonata e viene ripreso anche il tema della fides tradita che si intreccia con quello della solitudine riportando tutte le emozioni di una donna abbandonata proprio da chi aveva giurato di amarla e cambiare il suo destino.

Eco e Narciso "Eco e Narciso" è uno dei miti presenti nel libro III delle Metamorfosi ovidiane, in cui emerge il tema principale della trasformazione e dell'amore, legato da una profonda analisi psicologica. Ovidio riporta la leggenda di due opposti, Narciso incapace di amare altro se non sé stesso ed Eco ossessionata da un amore non corrisposto. Il mito narra di Eco che si innamorò perdutamente di Narciso. Ella desiderava comunicare con Narciso, ma Giunone la privò della possibilità di dire altre parole se non quelle appena sentite; nonostante ciò l'incontro tra i due protagonisti avvenne, ma Narciso la respinse, provocando alla fanciulla un dolore così grande da distruggersi fino a ridursi a pura voce. Narciso, non se ne curò e la sua indolenza fu punita dagli dei; infatti un giorno egli, desideroso di placare la propria sete, si avvicinò a una sorgente e vide la sua immagine riflessa nell'acqua, se ne innamorò perdutamente, e cercò di immergere le braccia per stringerle il collo e baciarla senza alcun risultato. Quando si rese conto di essersi innamorato della sua propria persona, e consapevole di non poterla toccare, amare ed essere contraccambiato si lasciò morire struggendosi inutilmente. Morendo egli si trasformò in un fiore che oggi prende il nome di Narciso. Ovidio tratta di due amori contrastanti e mortali: da un lato Eco che non vive se non per amare Narciso, e quest'ultimo acceso d'amore per il proprio riflesso. Sono due facce della stessa medaglia, due comportamenti dannosi che portano i due a una solitudine autodistruttiva, entrambi non sono in grado di comunicare e dove non c'è comunicazione non c'è amore.

Filemone e Bauci A Friglia, Giove e Mercurio travestiti da mortali chiedevano ospitalità per la notte e solo Filemone e Bauci li accolsero nella loro capanna e diedero loro del cibo e del vino in un’anfora che una volta svuotata tornava a riempirsi in continuazione. I due si accorsero che erano degli dei e volevano offrigli di più, così cercano di prendere l’unica oca che c’era la quale custodiva la piccolissima casa, i padroni si apprestavano a sacrificarla in onore dei loro ospiti divini. Zeus li fermò e li portò in cima alla montagna per sottrarli alla punizione stava per scatenarsi sugli altri abitanti del paese che non li avevano accolti. Il paese fu inghiottito, la capanna dei coniugi fu trasformata in una lussuosa dimora, così avviene la metamorfosi. I due coniugi espressero il desiderio di trasformarsi in alberi per non vedere la morte l’uno dell’altro, rimasero così per sempre intrecciati tra rami e radici....


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