i promessi sposi personaggi di Manzoni PDF

Title i promessi sposi personaggi di Manzoni
Course Lettere
Institution Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro
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Summary

Descrizione e sintesi dei personaggi di Alessandro Manzoni...


Description

LUCIA È la protagonista femminile della vicenda, la promessa sposa di Renzo che subisce le molestie di don Rodrigo e le cui nozze vengono impedite dal signorotto. Viene descritta come una ragazza molto pia e devota, ma anche assai timida e pudica sino all'eccesso, tanto che si imbarazza e arrossisce nelle più diverse occasioni, risulta essere spesso passiva e alquanto priva di spirito di iniziativa. Lucia è il personaggio che forse più di ogni altro ha fede nella Provvidenza divina e anche per questo sembra incapace di serbare ogni minimo rancore, persino nei confronti del suo persecutore (è dunque un personaggio statico, a differenza di Renzo che compie un percorso di maturazione all'interno della vicenda). Il suo nome allude al candore della persona, nonché alla martire siracusana che preferì farsi accecare piuttosto che darsi alla prostituzione, così come il cognome (Mondella) rimanda alla sua purezza e castità. RENZO È il protagonista maschile della vicenda, il promesso sposo di Lucia le cui nozze vengono mandate a monte da don Rodrigo. Compare per la prima volta nel cap. II, quando si reca dal curato la mattina del matrimonio per stabilire le nozze: è presentato subito come un giovane onesto e di buona indole, ma piuttosto facile alla collera e impulsivo. Il suo carattere irascibile e irruento gli causerà spesso dei guai, specie durante la sommossa a Milano il giorno di S. Martino quando, per ingenuità e leggerezza, verrà scambiato per uno dei capi della rivolta e sfuggirà per miracolo all'arresto; dimostra comunque in più di una circostanza un notevole coraggio, sia durante i disordini della sommossa (in cui si adopera per aiutare Ferrer a condurre via il vicario), sia quando torna nel ducato di Milano nonostante la cattura, al tempo della peste (a Milano si introduce nel lazzaretto e in seguito si fingerà un monatto, cosa che gli consentirà di trovare Lucia). Rispetto a Lucia si può considerare un personaggio dinamico, in quanto le vicende del romanzo costituiscono per lui un percorso di "formazione" al termine del quale sarà più saggio e maturo. DON ABBONDIO È il curato del paesino di Renzo e Lucia, colui che all'inizio della vicenda dovrebbe celebrare il matrimonio dei due promessi: è il primo personaggio del romanzo a entrare in scena, e in seguito all'incontro coi bravi l'autore ci fornisce una dettagliata descrizione della sua psicologia e del suo carattere. Non è assolutamente un uomo molto coraggioso e dimostra anzi in numerose occasioni la sua viltà e la sua codardia, che sono all'origine anche della scelta di farsi prete: non dettata da una sincera vocazione, ma dal desiderio di sfuggire i pericoli della vita ed entrare in una classe agiata e dotata di un certo prestigio, che offre protezione in tempi in cui regna la violenza e la legge non dà alcuna garanzia agli uomini quieti. Il curato svolge dunque il suo ministero tenendosi fuori da ogni contrasto, mantenendo la neutralità in qualunque controversia, non contrastando mai i potenti (esemplare è la sua sottomissione a don Rodrigo, che pure odia) e mostrandosi in ogni occasione come un debole, cosa di cui approfittano un po' tutti. Don Abbondio è comunque una figura fondamentalmente positiva, sinceramente affezionato a Renzo e Lucia, anche se la sua paura e la sua debolezza lo spingono a comportarsi in modo scorretto. I BRAVI I bravi nel romanzo sono anzitutto gli sgherri al servizio di don Rodrigo, capeggiati dal Griso: due di loro minacciano don Abbondio all'inizio, altri accolgono padre Cristoforo quando si reca al palazzo del loro padrone (V), altri ancora sono in paese la notte del "matrimonio a sorpresa" (VII) e poi partecipano al tentato rapimento di Lucia (VIII). DON RODRIGO È il signorotto del paese di Renzo e Lucia, ed è il personaggio malvagio del romanzo, decide di sedurre Lucia in seguito a una scommessa fatta col cugino Attilio. 1

A questo scopo manda due bravi a minacciare il curato don Abbondio perché non celebri il matrimonio fra i due promessi (cap. I), e in seguito tenta senza successo di far rapire la ragazza dalla sua casa (VIII); si rivolgerà poi all'innominato per ritentare l'impresa quando la giovane è protetta nel convento di Gertrude, a Monza, ma l'inattesa conversione del bandito manderà a monte i suoi progetti criminosi. In seguito allo scandalo suscitato dalla conversione dell'innominato lascia il paese per trasferirsi a Milano, dove si ammala di peste e viene ricoverato al lazzaretto. Qui morirà, lasciandoci nel dubbio se si sia ravveduto o meno dei peccati commessi (ottiene comunque il perdono di Renzo, cui il nobile agonizzante viene mostrato da padre Cristoforo). Don Rodrigo è ovviamente un malvagio, ma è un uomo mediocre, come più volte è evidenziato nel romanzo: la sua persecuzione ai danni di Lucia non nasce da un'ossessione amorosa, ma è più un atto di prepotenza sessuale di un nobile su una povera contadina. Egli è il rappresentante di quella aristocrazia oziosa e improduttiva che Manzoni critica spesso e che esercita soprusi sui più deboli come passatempo. PADRE CRISTOFORO È uno dei frati cappuccini, padre confessore di Lucia e impegnato ad aiutare i due promessi contro i soprusi di don Rodrigo. Il personaggio compare direttamente nel cap. IV, attraverso un lungo flashback che racconta la vita precedente di Cristoforo e le circostanze che lo indussero a farsi frate. È con la carità e la fiducia nella Provvidenza che padre Cristoforo tenta di aiutare i due promessi: affronta don Rodrigo nel suo palazzo (V-VI) e tenta dapprima di farlo recedere dai suoi piani con parole diplomatiche. In seguito, dopo la "notte degli imbrogli" e il fallito tentativo da parte di Rodrigo di rapire Lucia (VIII), consiglia ai due promessi di lasciare il paese e indirizza Renzo a Milano, mentre Agnese e Lucia andranno a Monza e verranno accolte nel convento dove vive Gertrude. DOTTOR AZZECCAGARBUGLI È un avvocato che vive a Lecco ed è intimo amico di don Rodrigo, nonché suo compagno di bagordi e complice delle sue prepotenze a cui trova spesso delle scappatoie legali. Viene introdotto nel cap. III, quando Agnese consiglia a Renzo di recarsi da lui per chiedere un parere legale circa il sopruso subìto da parte di don Rodrigo, che ha minacciato don Abbondio perché non celebrasse il matrimonio. L'avvocato è presentato come un personaggio buffo e sgraziato, con un carattere da commedia (e infatti il suo colloquio con Renzo nel cap. III è una sorta di "commedia degli equivoci"), che rappresenta il decadimento e il degrado della giustizia nel XVII secolo; è anche l'esempio di un vile cortigiano e di un parassita che sfrutta don Rodrigo, mettendosi al servizio dei suoi intenti delittuosi. PERPETUA È la domestica di don Abbondio; compare nel cap. I, quando il curato torna a casa in seguito all'incontro coi bravi, ed è descritta come una donna decisa ed energica, alquanto incline al pettegolezzo (è il motivo per cui don Abbondio è inizialmente restio a rivelarle il ricatto subìto) e dalla battuta salace, per cui rimprovera spesso al curato la sua debolezza e viltà. AGNESE È la madre di Lucia, e viene introdotta alla fine del cap. II, quando Renzo informa Lucia del fatto che le nozze sono andate a monte, e in seguito viene descritta come una donna alquanto energica, dalla pronta risposta salace e alquanto incline al pettegolezzo (in questo non molto diversa da Perpetua).

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Rispetto a Lucia dimostra più spirito d'iniziativa, poiché è lei a consigliare a Renzo di rivolgersi all'Azzeccagarbugli (III), poi propone lo stratagemma del "matrimonio a sorpresa" (VI) e in seguito invita don Abbondio e Perpetua a rifugiarsi nel castello dell'innominato per sfuggire ai lanzichenecchi (XXIX). GERTRUDE È la monaca del convento di Monza dove si rifugiano Agnese e Lucia in seguito alla fuga dal paese e al fallito tentativo di rapire la giovane da parte di don Rodrigo. Manzoni fa di Gertrude uno dei personaggi più affascinanti del romanzo, specie nel racconto dettagliato della sua storia precedente la monacazione in cui dà prova di grande introspezione psicologica, mentre nella vicenda della relazione con Egidio e del delitto della conversa il racconto è decisamente più reticente. La vicenda di Gertrude è anche esemplare del male insito nel mondo del potere e nella stessa condizione nobiliare, poiché l'imposizione del padre nasce da motivi che riguardano il decoro aristocratico e la necessità di lasciare intatto il patrimonio, mentre alla fine Gertrude è indotta ad accettare il velo pur di non perdere quegli stessi privilegi nobiliari a cui è in fondo attaccata. L’INNOMINATO È il potente bandito cui si rivolge don Rodrigo perché faccia rapire Lucia dal convento di Monza in cui è rifugiata. In seguito a una crisi di coscienza e all'incontro decisivo col cardinal Borromeo giunge a un clamoroso pentimento, decidendo così di liberare la ragazza prigioniera nel suo castello e di mandare a monte i piani del signorotto, che dovrà successivamente lasciare il paese e andare a Milano. L'autore lo presenta come un bandito feroce e spietato, la sua figura acquista una sorta di grandiosa malvagità che lo rendono uno dei personaggi più interessanti del romanzo, specie se accostato a don Rodrigo che, al suo confronto, appare come un individuo ben più modesto e mediocre, anche perché l'innominato si compiace della sua reputazione famigerata e si propone come un nemico pubblico delle leggi e di ogni autorità costituita, mentre il signorotto ricerca continuamente l'appoggio della giustizia e degli amici potenti. In seguito alla conversione l'innominato tiene con sé solo i bravi che accettano la sua nuova vita, mentre egli va in giro senz'armi e si propone come un difensore di deboli e oppressi. FEDERICO BORROMEO È il cardinale arcivescovo di Milano che favorisce la conversione dell’innominato, consentendo in tal modo la liberazione di Lucia prigioniera nel castello del bandito e una positiva svolta nella vicenda dei due promessi. Federigo Borromeo rappresenta nel romanzo l'unica eccezione fra tanti personaggi potenti i quali si macchiano di gravi colpe, oltre ad essere praticamente l'unico esponente dell'alto clero a comportarsi in modo schietto e a non compromettersi col potere politico e aristocratico. PADRE FELICE È il frate cappuccino a cui viene affidato il governo del lazzaretto durante la peste del 1630. Attraverso la figura di padre Felice l'autore tratteggia un imponente ritratto di religioso totalmente dedito al prossimo e pronto al sacrificio assoluto di sé, molto simile allo stesso padre Cristoforo e in generale a tutti i cappuccini, fra i quali spiccano l'amore per il prossimo, la volontà di servire i poveri (non a caso lo stesso Cristoforo chiede di essere mandato a Milano per occuparsi degli appestati, morendo poi nel lazzaretto). GRISO È il capo dei bravi di don Rodrigo, al quale il signorotto affida incarichi delicati e commissiona imprese rischiose, come quella di rapire Lucia nella prima parte del romanzo.

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Viene presentato come uno dei personaggi più odiosi del romanzo, pieno di untuoso servilismo nei confronti del suo padrone e di una certa presunzione che però, alla prova dei fatti, non sempre corrisponde alle sue reali capacità; infatti, fallisce l'impresa di rapire Lucia la "notte degli imbrogli”. Quando si accorge infine che don Rodrigo è ammalato di peste promette di chiamare un medico per curarlo, ma in realtà si accorda con i monatti per far portare il padrone al lazzaretto e approfittare della situazione per derubarlo: l'avidità lo spinge a prendere i vestiti di don Rodrigo e a scuoterli per vedere se c'è del denaro, cosa che fa ammalare anche lui di peste. Il modo assai sbrigativo con cui la sua figura esce di scena è indicativo della bassezza morale e della piccolezza del personaggio. NIBBIO È uno dei bravi al servizio dell'innominato, suo luogotenente e l'elemento più valido al quale il bandito affida gli incarichi più delicati: compare nel cap. XX, dopo che il suo padrone ha accettato, sia pure con qualche remora, di aiutare don Rodrigo a rapire Lucia dal convento di Monza in cui è rifugiata sotto la protezione di Gertrude. Benché il suo ruolo sia secondario, il Nibbio ha comunque una parte essenziale nella conversione dell'innominato, poiché parlando della compassione provata per Lucia suscita nel padrone la curiosità di recarsi a vederla nella stanza dov'è prigioniera, incontro dal quale nasceranno poi i rimorsi che spingeranno il bandito a voler incontrare il cardinal Borromeo e poi a pentirsi pubblicamente. Il suo ruolo fra i bravi dell'innominato è simile a quello del Griso per don Rodrigo, anche se rispetto a quello il Nibbio si mostra più umano ed è proprio questo suo lato "compassionevole" che sarà poi decisivo nella positiva svolta della vicenda.

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