Ifigenie in Tauride - appunti sull\'opera di Goethe e confronto con il Tasso PDF

Title Ifigenie in Tauride - appunti sull\'opera di Goethe e confronto con il Tasso
Course Letteratura tedesca ii
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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appunti sull'opera di Goethe e confronto con il Tasso...


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TASSO, Goethe Tutto inizia quando Tasso viene festeggiato alla corte del duca Alfonso di Ferrara. Nello stesso giorno avviene un diverbio con un tale Antonio e c’è il rifiuto, d’amore, della principessa Eleonora; questa situazione fanno precipitare Tasso in un’infelicità che poi lascia intravedere i segni della follia. In Tasso, che crede di poter piegare la realtà al suo ideale, c’è l’addio di Goethe a quello che lui stesso è stato negli anni giovanili, lo scontro tra l’io e la società. Per questo lui stesso ha definito questo dramma un Werther potenziato. La principessa Eleonora incarna la misura, la moralità, il rispetto delle regole come le applicava Charlotte von Stein. Antonio, invece, rappresenta la vita attiva, la realtà pratica, si potrebbe dire che rappresenta il nuovo Goethe, che adesso sapeva riconoscere e apprezzare. Il Tasso è un conflitto insanabile e complesso. Illustra la problematicità dell’artista diviso tra l’esigenza di assoluto, di conoscere e la necessità di adattarsi alla società in cui vive. Il poeta è rappresentato incapace di rinuncia, crede di poter superare le istanze che regolano la vita sociale, l’amore stesso; in realtà chi si comporta così alla corte di Weimar non può che essere scacciato da quello che è il suo mondo e precipitare alla rovina. Rovina che il suo genio fa trasformare in canti.

IFIGENIE IN T TA AURIDE Riprende Euripide e scarta quegli elementi che non possono avere più risonanza nell’animo dello spettatore moderno. Sposta la vicenda sull’interiorità dei personaggi. Crea un nuovo tipo di dramma: SEELEN DRAMMA. Se l’Ifigenia mostra la volontà morale che vince sulle passioni, anche il Tasso mostra la stessa volontà morale. Si ha lo stesso problema dell’autolimitazione che nel caso del Tasso è dimostrato nel fallimento di un artista incapace di realizzare l’accordo tra il proprio io e il mondo. Cosa che invece riuscirà a fare Ifigenia. Quella del Tasso è la storia del fallimento di un artista che non riesce a superare lo scoglio tra l’io e il mondo. Ifigenia in Aulide: tragedia di Euripide, rappresentata nel 406 a.C. La tragedia pare sia rimasta incompiuta, completata solo postuma con qualche completamento. Le ultime parti si dice che non siano di Euripide. L’opera mette in scena il sacrificio di Ifigenia a favore della vittoria dei greci nella guerra di troia. La tragedia si apre nella tenda di Agamennone, re dei greci, che si trova in Aulide; c’è la flotta che deve partire per Troia, ma è immobilizzata nel porto perché non ci sono venti favorevoli; Agamennone racconta al suo schiavo come è stato nominato capo dell’esercito e si augura che qualcun altro possa prendersi carico della guida dei guerrieri perché in caso contrario sarà costretto a sacrificare la propria figlia Ifigenia alla dea Artemide affinchè permetta la partenza; Menelao e gli altri re insistono affinchè si faccia tutto ciò che è richiesto dagli dei; Agamennone cede, fa arrivare sua figlia in Aulide accompagnata dalla madre; il pretesto per far arrivare Ifigenia nell’aulide: le viene detto che dovrà sposare Achille; solo Calcante, Ulisse e Menelao

conoscono la verità; Agamennone preso dall’angoscia cambia idea, invia uno schiavo da Clitennestra dicendo di tornare a casa; Menelao non si fida del fratello, sorveglia la via di Argo, vede lo schiavo e ottiene il messaggio, scoppia la discussione tra Menelao e Agamennone che non intende cambiare i suoi ordini, Menelao ricorda al fratello che la guerra è scoppiata per l’oltraggio che gli è stato fatto; lo scontro tra i due fratelli è interrotto dall’annuncio dell’arrivo di Clitennestra e Ifigenia; Agamennone si dispera, commuove Menelao; Agamennone non riesce a confessare alla moglie il vero motivo per cui è stata chiamata lì, la lascia parlare del matrimonio, le consiglia di tornare ad Argo per badare agli altri figli lasciando Ifegenia con lui; la moglie rifiuta, incontra Achille che non sa nulla del matrimonio e il vecchio schiavo di Agamennone racconta la verità; Achille ama Ifigenia, ma non gli piace il tentativo di servirsi di lui per attirarla in Aulide con l’inganno; Agamennone ritorna in scena con Clitennestra e la figlia, adesso le due conoscono la verità; Agamennone viene messo alle strette, dichiara che l’esercito gli sfuggirà di mano se scoprirà che ha cambiato parere e quindi lascia moglie e figlia e si dirige verso i suoi guerrieri; ritorna Achille, tutto l’esercito si leva contro di lui; Ifigenia prende una decisione e accetta il sacrificio per il bene della comunità; Achille risponde che è pronto a salvarla; arriva il messaggero da Clitennestra e le racconta tutto; Ifigenia era vicino a Calcante davanti a tutto l’esercito, tutti con lo sguardo abbassato, poi il silenzio quando hanno osato guardare verso l’altare Ifigenia era scomparsa, al suo posto c’era una cerva agonizzante; la dea Artemide aveva portato via Ifigenia salvandole la vita e l’aveva sostituita con la cerva; si alza il vento favorevole e finalmente la flotta può prendere il largo. Ifigenia in Tauride: sempre tragedia di Euripide, anteriore all’Ifigenia in aulide, ma Euripide tratta l’ultima parte. L’anno di rappresentazione è ignoto. C’è un prologo che racconta i fatti che hanno visto Ifigenia salvata dal sacrificio, condotta nella Tauride dalla dea Artemide. La scena ha luogo nella Tauride, odierna Crimea davanti a un tempio con un altare insanguinato. Ifigenia è la sacerdotessa del tempio consacrato alla dea Artemide e la guerra di Troia è ormai finita da molto tempo. Ifigenia esce dal tempio, il suo compito era quello di sacrificare tutti i greci maschi che mettono piede sulla riva della Tauride, mentre la sorte delle donne è che quella di diventare schiave. Racconta la sua pena, ha fatto un sogno: le è sembrato di toccare col coltello il capo di un giovane che ritiene essere il fratello Oreste; il sogno è profetico, ma non nel senso inteso da Ifigenia; lei ritiene che il fratello sia morto; ora in scena entra Oreste. L’oracolo di Delfi gli ha detto che la purificazione per l’omicidio della madre che aveva ucciso non è sufficiente, deve riportare ad Atene la statua di Artemide che è nel tempio della Tauride. Studia un modo per entrare. Torna in scena Ifigenia seguita dal coro; arriva poi un pastore dicendo che è stata avvistata una nave greca. I due giovani che sono scesi e che sono stati individuati vengono annunciati dal pastore a Ifigenia che si deve preparare poiché ci sono due teste da tagliare; di questi il pastore ha saputo il nome di uno, proprio Pilade; arrivano i soldati della tauride che conducono i due prigionieri al tempio; Ifigenia interroga i prigionieri, li interroga sempre con la speranza che qualcuno venga da Argo; queste domande turbano Oreste e Pilade, ma in questo modo fratello e sorella potranno riconoscersi; occorre

fuggire, ma Oreste non può farlo senza la statua della dea; Ifigenia ha un piano d’azione, racconta al re Tuante che i due giovani spaventati dalla morte si sono gettati ai piedi della statua di Artemide e adesso tocca a lei, in quanto sacerdotessa, purificarla; è anche venuto a sapere che i due hanno commesso un delitto di sangue e quindi necessitano di purificazione per evitare che l’ira degli dei ricada anche sulla tauride; il re acconsente, raduna un po’ di uomini che accompagneranno Ifigenia, i due prigionieri e la statua al mare; arrivati sulla riva Ifigenia ordina ai soldati di voltarsi per compiere la purificazione; approfittano del momento per fuggire portandosi anche la statua e salpano con la nave di Oreste. Goethe ha sempre provato grande interesse per la letteratura classica, quella greca in particolare. La cosa che ha dato impulso al desiderio di conoscere la letteratura greca è stato individuato dalla critica nell’incontro con Herder a Strasburgo, inizio ottobre 1770. Quell’incontro ha dato input anche per l’interesse della letteratura classica. Nel 1771 Goethe si misura con Omero, in breve tempo è in grado di leggere il testo originale senza traduzioni; è probabile che Omero sia l’unico poeta con cui Goethe ha raggiunto questo grado di familiarità. Per quanto riguarda l’ispirazione per la tragedia è certo che Goethe ha utilizzato un volumone dell’epoca che comprendeva sei tragedie in francese e poi riassumeva altre opere. Era già stata tradotta in tedesco Ifigenia da Steinbuchel, però non è certo che Goethe stimasse a tal punto Steinbuchel per poi avvalersene nella traduzione. Secondo i critici Goethe ha utilizzato fonti originarie greche. L’incertezza della ricostruzione del percorso di letture tragiche si riflette anche nelle diverse valutazioni degli studiosi. Una prima idea dell’Ifigenia risale al 1776. Comincia a scriverla soltanto nel 1779, ma la versione definitiva sarà solo nel 1787. Si è affidato principalmente alle traduzioni. Sulla composizione di Ifigenie abbiamo alcuni riferimenti nelle lettere e nei diari. 14 febbraio 1779, Goethe appunta che ha iniziato la stesura; in una lettera a Charlotte von Stein scrive i suoi timori per quest’opera; 22 febbraio, lamenta il poco tempo a disposizione per realizzare l’opera; 24 febbraio, appunta “ho sognato di Ifigenie”; 1 marzo, scrive “il mio lavoro con Ifigenie continua ad andare avanti”; 4 marzo, scrive a Charlotte di sperare di portare a termine presto il lavoro; 5 marzo, si trova in posto dove c’è molta confuzione, dice a un amico di trovarsi in difficoltà; nel mese di marzo ha già scritto i primi atti, appunta quello che ha compiuto finora; le recite erano organizzate dalla corte; pensa a quali elementi della corte far recitare Ifigenie; 28 marzo, finisce una prima versione in prosa; ad aprile si occupa dei costumi e viene recitata all’interno della corte;

Goethe continua con le lettere e scrive che il testo non è perfetto, c’era bisogno di più armonia nello stile e per questo decide di realizzarlo in versi. La versione definitiva si avrà durante il soggiorno italiano. Ha chiesto il parere di Wieland e Herder. Goethe leggendo le tragedie antiche si rende conto del ritmo dei versi. In Italia tutto aiuta Goethe a raggiungere il livello di forma e resta affascinato dal ritmo dell’endecasillabo italiano. Goethe dipingeva pure, aveva fatto degli schizzi di come si immaginava Ifigenie. Sarà Herder l’ultimo giudice del suo stile. LA MALEDIZIONE DEI TANTALIDI Tantalo, figlio della sorella di Zeus o secondo altri il figlio stesso di Zeus, è accolto alla tavola degli dei però non è degno; viene punito nel modo peggiore, senza mangiare senza bere con la minaccia che una roccia possa cadergli addosso. Delitto familiare, uccide il figlio e lo dà da mangiare agli dei per vedere se sono davvero onniscienti, ma solo uno se ne accorge e lo richiamano in vita. La storia dei discendenti sarà caratterizzata da una serie di disgrazie, tra questi vi è Ifigenia, Oreste. Goethe lascia sottinteso, non fornisce particolari su questa maledizione. Lo cita in qualche modo. Il Goethe rinnovato omette gli aspetti più sanguinosi, poiché non rientrano nell’ottica del classicismo. La prima rielaborazione di Ifigenia in Italia si ha a metà del ‘500 con Ludovico Dolce. Nella letteratura francese si trova il cosiddetto “gran sequiel” nel ‘600, si mette in mostra Ifigenia come eroina, che partecipava alle esigenze patriottiche, decide di sacrificarsi, c’è già l’amore per Achille, ma il motivo amoroso passa in secondo piano con Racine che insieme a quella di Goethe costituisce la versione più nota. Racine, nel 1674, scrive di Ifigenie in Aulide. Si conclude positivamente, il motivo amoroso spinge Achille a difendere Ifigenia; in questa versione c’è uno scambio di persone, con la sorella, viene sacrificata lei, o meglio si uccide da sola. Questa versione viene tradotta in tedesco da Gottsched (teorico dell’illuminismo per eccellenza). Sia Ifigenia in Aulide che in Tauride hanno ispirato molti musicisti. Gluck nel 1775 realizza la sua versione, si ispira a una combinazione tra Euripide e Racine. La prima rielaborazione moderna in assoluto è di Rucellai, risale al 1525, dal titolo “Oreste”. Prima di Goethe in Germania Ifigenia è stata trattata da Schlegel in “I fratelli della Tauride”. A metà ‘700 abbiamo un altro dramma francese di Latouche, motivo centrale riconoscimento tra fratello e sorella. Resta tutto sospeso fino al quarto atto. Finale positivo per i protagonisti, ma Toante viene ucciso. Gluck nello stesso anno del dramma di Goethe compone un libretto in cui viene trattato il tema dell’amicizia tra Oreste e Pilade.

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Primo atto: composto da 4 scene. Forma circolare. Si apre e si chiude con un monologo di Ifigenia. È sorprendentemente moderno. In Euripide la prima scena è a carattere informativo. La protagonista ricorda la storia del suo mancato sacrificio e altri particolari. In Goethe è importante far conoscere i sentimenti che prova Ifigenie (seelen dramma). Ifigenia si sente estranea a tutto, con il cuore è da un’altra parte; forse è estranea anche per il compito. La vita nella Tauride per lei è una seconda morte, appello alla divinità. È una Ifigenia moderna, con gli dèi non si misura; Goethe fa sua la causa delle donne, per la differenza dei ceti sociali. Quindi gli dèi non si toccano, ma la donna vive in stato miserevole. La felicità della donna è stretta: obbedire a un marito rozzo. Si sente schiava, nonostante la sua posizione da sacerdotessa privilegiata. Prova nostalgia per la Grecia. Immagina in maniera idilliaca il ritorno nella sua terra. Prega la dea di farla tornare in patria. Qui è evidentemente l’impronta dei sentimenti che sono al centro di tutto. Tre problematiche fondamentali nell’evoluzione della vicenda: riuscirà Ifigenia a tornare in patria? Oreste e Pilade verranno salvati? Che ne sarà di Toante? Seconda scena: arriva Arcade. Arriva anche Toante, il re, che è intenzionato a sposare Ifigenie; c’è un’attrazione erotica, Toante non ha eredi. Terza scena: c’è un dialogo tra il re, che chiede le sue intenzioni a Ifigenie, e Ifigenie che deve riuscire a non offenderlo rifiutandolo. Questo rapporto così stretto è una novità in Goethe, che introduce lui stesso. In questa versione c’è subito l’incontro perché si vuole dimostrare che attraverso questa unione Ifigenie possa portare civiltà nella Tauride. Il dialogo sarà alla base di tutto; non più una gerarchia, un rispetto delle regole gerarchico, ma civiltà, alla base della civiltà c’è il dialogo. Ifigenie dirà sempre la verità. È dell’idea che chi dice sempre la verità non può far male. In questa scena Ifigenia si rapporta all’uomo con rispetto; lei dice che Toante è troppo per lei. Ifigenie cerca di distorglierlo parlando della maledizione di Tantalo. Il re che aveva già perso un figlio (altra variante di Goethe) non si lascia impressionare più di tanto. Si parla della maledizione, ma vengono omessi i particolari più crudi, tanto che la storia della maledizione di Tantalo si ferma qui. Cerca di giustificare il padre che l’aveva condotta al sacrificio. La critica trova una corrispondenza con la vita di Abramo. L’altro argomento che porta avanti è il suo stato di sacerdotessa, perché questo ruolo non le permette di unirsi a un uomo. Secondo Ifigenie il fatto che la dea l’abbia mandata al servizio di Toante indica che non è stata destinata lì per prendere marito. In questo modo Ifigenia mette in dubbio la capacità di Toante di interpretare la volontà divina. La volontà degli dèi è dentro il cuore (pietismo) di ognuno. C’è un rapporto diretto che deriva dal divino. Toante è offeso e capovolge il tutto facendolo passare per una mancanza di rispetto. Ifigenia riesce a farsi promettere che se si dovesse presentare l’occasione di riunirsi con la sua famiglia le darà il permesso di partire. Toante viene presentato come un uomo rude, quasi barbaro, strappa

questa promessa non appena capiterà l’occasione. Toante si vendica dicendo che il permesso di abolire sacrifici umani viene revocato proprio quando arrivano Oreste e Pilade. Tutti gli stranieri che metteranno piede nella Tauride verranno uccisi di nuovo. Il popolo della Tauride è un popolo xenofobo. Si pone anche il problema che se si facesse la volontà di Toante continuerebbe la maledizione di Tantalo, poiché Ifigenie ucciderebbe il fratello senza saperlo. Emerge la donna che deve obbedire all’uomo. È la sua pena, ma sembrerebbe anche il suo conforto. Fondamentali dell’obbedienza della donna all’uomo sono le parole di Toante: “Non è giusto che noi interpretiamo e pieghiamo con mente volubile ai nostri fini la sacra usanza. Fai il tuo dovere, io farò il mio. Due stranieri, che abbiamo trovato nascosti negli antri della riva e non portano niente di buono alla mia terra, sono in mano mia. La tua dea si riprenda con loro il dovuto sacrificio d’un tempo, a lei negato a lungo. Io li mando qui, tu conosci il rito” (pag.37). -

Quarta scena: si conclude il primo atto con un altro monologo di Ifigenie. Abbiamo la preghiera di Ifigenie alla dea, prega con una certa fiducia. Crede nella bontà degli dèi. Ifigenie spera che il padre sia tornato vivo dalla guerra di Troia. Si contrappone la vita e la morte. La vita che conduce lì è la morte. Prega la dea di donarle una seconda vita.

SECONDO ATTO -

Prima scena: Oreste e Pilade. Pilade ottimista, cerca di sottrarsi a posizioni troppo assolute e vuole mantenere una certa autonomia nella vita, ha fiducia nella chiarezza, ragionevolezza, sa misurare bene le proprie forze, non aspira a gesta eroiche. La sua principale virtù è l’intelligenza. Non ha timore religioso. Oreste, invece, è aggravato da un grande senso di colpa che Goethe cerca di psicologizzare. La sua visione della colpa prevede il sacrificio. Tutto quello che dice è un presagio di morte ed è dispiaciuto che Pilade debba subirlo. Pilade esorta l’amico a ricordare solo gli aspetti positivi della vita. Pilade sostiene che i figli ereditano solo il bene, non il male:

“Gli dèi non vendicano sui figli i misfatti dei padri, ognuno, buono o cattivo, ha la mercede dell’azione che compie. Dai genitori si eredita la fausta, non l’infausta sorte”. Oreste è assassino della madre che adorava, accusa gli dèi di una vendetta, tutto riporta alla maledizione di Tantalo. Pilade è incrollabile nella sua positività, sostiene che gli dèi non possano avere delle intenzioni di vendetta. A ciascuno spetta il suo guadagno dall’azione che fa. E si ereditano benedizioni dai genitori. Oreste sostiene con ironia che le benedizioni non li avevano condotti là. Pilade insiste, prova argomenti per sostenere la sua tesi. Pilade pensa che la dea voglia essere liberata dalle usanze barbariche e che siano loro due a compiere questo gesto. Entra in campo il personaggio di

Ifigenie, si delinea il rapporto tra Pilade e Ifigenie; tutti i personaggi maschili arrivano ad avere un confronto diretto con la sacerdotessa. -

Seconda scena: Ifigenie chiede a Pilade notizie sulla guerra di Troia e sulla sorte della sua famiglia, ma non rivelandosi. Viene a sapere della morte del padre Agamennone. TERZO ATTO

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Prima scena: viene descritta la fobia di Oreste, qualsiasi cosa Pilade cerchi di dirgli lo respinge. Pilade ha raccontato un’altra storia a Ifigenia. Le ha raccontato che lui e Oreste erano fratelli, che venivano da Creta; Oreste ha ucciso il terzo fratello, per questo è perseguitato dalle furie ed è stato inviato al santuario per purificarsi. Ifigenie è profondamente turbata per la questione del padre. Per Ifigenia è impossibile scoprire la verità, che verrà rivelata da Oreste stesso. Per la prima volta Ifigenie dubita della bontà degli dei. La tecnica della botta e risposta (pag.69) si chiama STIPONIMIA. La situazione è capovolta rispetto a Euripide. Oreste si batte per conoscere. È una scena complessa. Oreste alla fine della scena cade in deliquio.

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Seconda scena: quando Oreste si risveglia crede di essere morto, incontra tutti i suoi antenati. Quello che vede è influenzato da Ifigenie. L’animo di Oreste è sulla via della guarigione. Poi c’è Ifigenia che pronuncia la sua preghiera.

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Terza scena: siamo al riconoscimento, dalle parole di Oreste sappiamo che le furie si stanno allontanando.

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QUARTO ATTO Prima scena: bisogna trovare il modo di lasciare la Tauride. Ci sarà la storia della statua; ...


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