Il corpo nell\'arte contemporanea PDF

Title Il corpo nell\'arte contemporanea
Course Storia dell'arte contemporanea
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Il corpo nell’arte contemporanea Dal libro di Sally O’ Reilly Rilegittimazione della presenza del corpo nell’arte Negli ultimi decenni il corpo è stato rivalutato, come soggetto e come mezzo di espressione, nell’arte il corpo viscerale e vulnerabile, oggi è sentito come un potente significante dell’esperienza vissuta e uno strumento di indagine estetica e formale. Anche nella cultura popolare il corpo è divenuto più visibile, come strumento di sfida nei confronti delle costrizioni imposte dai codici sociali. Il corpo, quindi oggi è riconosciuto come il principale terreno d’incontro delle strategie identitarie e come agevolatore ed indicatore di appartenenza. Il confine tra il corpo ed il mondo è incerto e fluttuante Non lo si può semplicemente identificare con la barriera fisica della pelle, perché questo significherebbe non tener conto né della sfera psicologica,che si estende oltre i puri e semplici confini del corpo, né dei rapporti specifici tra sé ed il contesto. Numerosi artisti indagano i limiti dell’umano, in rapporto al mito, alla tecnologia, alla spiritualità e alla psicologia. Nella pratica artistica il corpo, utilizzato per nuovi generi di opere e di ricerche artistiche, è visto come il luogo in cui convergono razionalità, turbamento, psicologico, funzionalità naturali e ambizioni raffinate; osservato, nei molteplici contesti in cui si trova, lungo linee culturali, sociali, emotive e intellettuali nello stesso tempo. Differenza tra il corpo e la sua rappresentazione figurativa Ci sono opere d’arte che si limitano ad osservare e rappresentare il corpo ed altre che danno la priorità all’esperienza di abitare i corpo. I canoni della storia dell’arte sono sempre presenti, a disposizione per essere manipolati dagli artisti che lavorano con la tecnica della citazione, dell’appropriazione, dei riferimenti, della ricostruzione La Performance: con il lavoro femminista degli anni settanta la rappresentazione artistica del corpo ha completato la sua metamorfosi: da immagine oggettiva e metaforica a soggetto conflittuale e cosciente di sé. Il corpo veniva costantemente impiegato in azioni aggressive di definizione di sé e di provocazione del pubblico, per rigettare convenzioni sociali. Cap 1: presenza e rappresentazione del corpo Cap. 2: corpo in relazione al tempo e allo spazio Cap. 3: rappresentazione del corpo come strumento politico Cap. 4: confini incerti tra natura, corpo e tecnologia Cap. 5: stati emotivi e mostruose aberrazioni Cap. 6: impatto del corpo in situazioni sociali e commerciali CAPITOLO PRIMO: PRESENZA E RAPPRESENTAZIONE Nel corso del XX secolo ci sono stati profondi cambiamenti nel rapporto tra l’arte e la figura umana, sono stati azzerati secoli di convenzioni, modificando radicalmente la posizione del corpo del soggetto, dell’artista e dell’osservatore: si è assistito al passaggio del corpo da un ruolo passivo ad un ruolo attivo. Il corpo, da fenomeno statico e visivo, è diventato incarnazione di relazioni umane dinamiche e strumento d’intervento all’interno dell’opera stessa. Fino al XX secolo il corpo rappresentato assumeva, fondamentalmente due ruoli: Figura idealizzata, mitologica, biblica o storica, oppure rappresentava un ritratto, anche in questo caso si tendeva a correggere o nascondere i difetti. La rappresentazione del corpo, quindi, più che con la

ricerca della verosimiglianza, ha sempre avuto più a che fare con le aspirazioni e le aspettative dell’artista. La rappresentazione del corpo nell’arte, oggi, è collegata strettamente alla rappresentazione del sé: Il corpo, lungi dall’essere semplicemente la nostra superficie visibile, è diventato inseparabile dai processi sociali e psicologici che lo influenzano incessantemente e rappresenta la pluralità dei nostri rapporti reciproci con l’universo che ci circonda. In questo mondo sempre più saturo di immagini il corpo rappresenta una presenza non mediata, che stimola la reazione del pubblico inducendo uno stato di empatia. Nudo Femminile: è sempre stato sottoposto a processi di oggettivazione, trattato come simbolo della bellezza classica o come allegoria, o rappresentato nell’atto di appagare i sensi nella natura o nell’eros. Anche oggi, nella pubblicità e nella pornografia il feticcio passivo di una femminilità sessualizzata è sempre presente. Demistificazione del corpo femminile, che spoglia il nudo dalla sua valenza sessuale o idealizzata Melanie Manchot (pag.4) in una serie di fotografie ritrae la madre, una donna di mezza età il cui corpo non corrisponde a stereotipi, in posa sullo sfondo di un paesaggio. Manchot, con le sue foto trasferisce all’immagine un contenuto umano, abolendo la rappresentazione idealizzata di un feticcio di idee utopistiche e restituendo al nudo un contenuto umano di entità fallibile, emotiva e sociale. Shirin Neshat (pag. 12) Nei suoi autoritratti fotografici tratta il tema dell’oppressione femminile in Iran e della resistenza all’oppressione con immagini di grande forza emotiva: immagini di donne velate sul cui corpo sono scritte poesie in arabo, abbinate ad armi. Sonia Khurana, (pag.13) performance “Bird”, ritratto intimo di una donna nuda e sovrappeso che si agita su una pedana, in modo sgraziato e farsesco, tentando di fare una cosa per la quale non è stata creata: rappresenta Il fallimento dell’artista nel ruolo di seducente dea classica. Dorota Sadovska, (pag. 14) “Corporealities” denuda i suoi seni, spogliandoli della loro valenza sessuale, per trattarli come mera materia scultorea, richiamando l’opportunità medica dell’autopalpazione Nudo maschile Il nudo maschile ha seguito percorsi diversi rispetto al nudo femminile: sempre rappresentato con figure di adoni idealizzati, costruiti su canoni di bellezza e riflessi di modelli ideali, o ritratti di condottieri eroici o di superuomini, rappresentativi di valori morali o politici. Robert Mapplethorpe, nelle sue fotografie, evidenzia, piuttosto che un’incarnazione universale di bellezza idealizzata e di potere, la forte valenza erotico/sessuale del nudo maschile Gilbert & George si presentano in grandi figure suddivise in pannelli, circondati da immagini ingrandite al microscopio di campioni di sangue, escrementi, sperma, allo stesso tempo come artisti famosi e anonime entità biologiche. Lontani dai solenni condottieri militari e dalle statue dei potenti semidei, i due artisti si definirono sculture viventi, vestiti, nudi o ridotti a fluidi corporei, proposero un

nuovo tipo di eroe fallibile. Mark Wallinger (pag.18) nel suo “Ecce Homo” sostituisce la figura monumentale di Cristo con un uomo di mezza statura, persino un po’ gracile, il corpo di un ex studente d’arte, accolto in un perizoma ottenuto con un asciugamano, con una corona di filo spinato sulla testa calva e le braccia legate dietro la schiena. La figura è del tutto priva di monumentalità e sproporzionatamente piccola rispetto al piedistallo di Trafalgar Square su cui poggiava: il salvatore dell’umanità appare più assente che sofferente. Collocare la statua dell’Ecce Homo, la figura di un uomo presentato in tutta la sua “gloriosa ordinarietà”, in una piazza monumentale assume una ricchezza di significato che un corpo idealizzato non potrebbe avere: non solo la rivendicazione di uno spazio pubblico, ma della storia stessa, mediante l’elevazione dell’uomo comune in una posizione di rilievo. Il ritratto convenzionale ferma il tempo e astrae il soggetto dal suo contesto quotidiano accentuando il carattere artificioso dell’oggetto artistico, mentre gli artisti contemporanei sono più interessati al corpo del soggetto, in quanto momento di convergenza tra arte e vita. La ritrattistica è divenuta sempre più consapevole del fatto che non esiste un’identità fissa, sovrana, e che la percezione che un individuo ha di sé si forma in relazione al mondo ed alle altre persone, alle circostanze contingenti, così come alla storia e ai flussi e riflussi sociopolitici. Come un linguaggio visivo, la semantica del gesto e della posa riferisce messaggi, descrive atteggiamenti e comunica dinamiche sociali. Mutamenti quotidiani della nostra struttura psicologica e scostamento tra la vita emotiva interiore e la fisicità esteriore. E’ stata messa in discussione l’oggettività attribuita in passato alla fotografia Roland Fisher (pag. 20) “serie delle piscine”, fotografie di persone immerse nell’acqua turchese delle piscine, che non lasciano trapelare la personalità del soggetto: la ridotta profondità di campo, la luce, il colore, la trasparenza dell’acqua, creano un luogo circoscritto di contemplazione visiva, ma tuttavia i soggetti non lasciano trapelare niente della loro personalità, la nostra percezione si arresta bruscamente ai confini della loro pelle. Rineke Dijkstra (pag.24) “ritratti di adolescenti sulla spiaggia”, la figura umana non può fare a meno di trasmettere emozioni: anche se i suoi soggetti cercano di assumere posizioni formali che riflettono un’idea stereotipata della loro identità per cercare di mascherare la loro insicurezza, sul loro volto si rinvengono le tracce di questa tensione. L’artista cattura con gli scatti questi istanti di vulnerabilità. Zwelwthu Mtetwa (pag.27) Lavora con i suoi soggetti andandoli a trovare diverse volte nell’ambiente in cui vivono per discutere del loro dell’eventuale ritratto, in modo che il risultato finale rifletta non solo il punto di vista di un osservatore esterno, ma anche l’idea che il soggetto ha di sé. Il suo approccio è in contrasto con i metodi convenzionali del fotogiornalismo, introducendo un processo di negoziazione interna in situazioni in cui, di norma, la costruzione del significato sarebbe imposta dall’esterno. Pushpamala N. (pag. 27) Quando la costruzione da parte dell’artista si rende particolarmente evidente, la fotografia si rivela carica di segni, come un dipinto o qualsiasi opera d’arte.

In “The ethnographic series”, una quarantina di ricostruzioni di immagini stereotipate di donne indiane, interpretate dall’artista come rappresentazioni visive poco fedeli all’ “originale”, denuncia l’etnografia, in quanto infido processo di colonizzazione che ha escluso il soggetto dal contesto razionale, tecnologico e culturale della società occidentale, emarginandolo al ruolo di anonimo esemplare esotico, con il suo lavoro che diventa una parodia di queste false rappresentazioni. Sottopone il corpo a un trattamento paradossale per mettere in evidenza questi processi di mistificazione e isolamento, che non si limitano certamente all’etnografia. Phil Collins (pag. 30) “They shoot horses” un gruppo di adolescenti si specchia davanti all’obiettivo proiettando la propria idea di sé in un modo che imita gli stereotipi acquisiti delle celebrità mediatiche. “how to make a refugee” Collins documenta il modo in cui un gruppo di reporter inglesi costruisce l’immagine perfetta del giovane rifugiato sofferente, rivelando l’opera di manipolazione della stampa. Vanessa Beecroft “Vb 45” Una serie di corpi nudi di modelle, bellezze magre e slanciate ci offrono una visione della bellezza idealizzata, in un tempo e uno spazio reali, tuttavia, nel corso di queste installazioni, che dal vivo durano diverse ore, le modelle si afflosciano visibilmente, finendo per contraddire la loro immagine di perfezione. L’ideale, costruito artificialmente si incrina, facendo apparire il corpo reale. L’esperienza di disagio di un corpo solo che rimanda a una situazione collettiva Franco B Utilizza il proprio corpo come una tela ed il sangue come materia pittorica, attraverso immagini sconcertanti di un corpo sanguinante, si propone di richiamare l’attenzione su temi come la denigrazione e la marginalità, mettendo in scena la sofferenza del proprio corpo, infliggendosi delle ferite che rappresentano la sua sofferenza psicologica e sono di forte impatto emotivo sul pubblico, suscitando uno stato di empatia. Regina Josè Galindo (pag. 39) “Quien puede borrarlas huellas?” la Galindo immerge i piedi in un catino pieno di sangue umano, lasciando la scia delle sue impronte dei piedi dall’edificio della Corte costituzionale di Città del Guatemala al vecchio palazzo nazionale. Questi segni costituiscono un monumento effimero, ma di grande impatto alle migliaia di cittadini assassinati dall’esercito durante i trentasei anni di guerra civile in Guatemala. Marina Abramovic (pag. 39) Si sottopone pubblicamente al dolore ritualizzato come gesto di sfida nei confronti di convenzioni sociali e realtà politiche inique. In “Lips of Thomas”, l’artista si incideva, con la lama di un rasoio, una stella sulla pancia, si sdraiava su un crocifisso di ghiaccio e si infliggeva delle frustate. Sottoponendo il proprio corpo a dolorosi rituali simbolici, la Abramovic si avvicina alla soglia del dolore e della sopportazione, in riferimento a pratiche sciamaniche in uso tra i monaci tibetani, gli aborigeni australiani ed i sufi. CAPITOLO SECONDO: IL CORPO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO Con “Anthropometries”, nel 1960, di Klein, che ha usato donne nude come pennelli viventi, imprimendo la loro immagine diretta su grandi fogli di carta, si stava iniziando a riconoscere il corpo come strumento di rappresentazione in sé. Martin Creed (pag.46), Sottolinea il divario tra corpo come immagine e corpo come realtà vissuta. Nelle sue opere cerca di separare l’immagine del corpo dalla nostra esperienza di abitarne uno: in

“Work No. 730” tratta il corpo come se fosse una scultura, in una videoproiezione di grande formato di due corpi ripresi nel corso di un atto sessuale, ne inquadra un particolare e spoglia l’atto del fare l’amore dal peso emotivo e dalla sua valenza sessuale, il privato si fa monumentale e l’opera assume un significato esclusivamente ritmico e formale. Cezary Bodzianowski (pag49) nel video “Luna”, l’artista ruzzola in un cilindro in rotazione, con un pattino in un piede e l’altro in una mano, rappresenta l’uomo in un intenso e duraturo stato di frustrazione esistenziale, immagine in contrasto con l’uomo vitruviano, simbolo della perfezione, rappresenta il contrasto tra realtà e ideale. L’etnologo Marcel Mauss sostiene che Il modo in cui le persone muovono i loro corpi nella vita quotidiana è determinato in modo significativo dal contesto culturale: si può riconoscere una persona allevata in convento dal modo in cui cammina, i soldati inglesi ed i soldati francesi utilizzano la vanga in modo diverso, il modo di camminare e di atteggiarsi cambia da una generazione all’altra. L’apprendimento, l’adattamento e la diffusione di vari tipi di comportamento si ottengono attraverso l’imitazione o l’aderenza alle regole del mondo fisico e sociale che ci circonda. Il corpo si trasforma in uno strumento di apprendimento e di insegnamento attraverso cui perpetuiamo questi processi di espressione con la ripetitività di giochi, danze, rituali, gesti della produzione industriale. Erwin Wurm (pag.51) in una serie di fotografie alcuni volontari si trasformano in sculture viventi, assumendo con il proprio corpo le posizioni indicate dall’artista. Nelle fotografie di queste “sculture”, l’artista dissocia il corpo dal pensiero, il partecipante diventa un puro e semplice apparato fisico, privo di volontà individuale ed assume le pose più improbabili. Le istruzioni dell’artista generano possibilità fisiche e improbabilità sociali: il fatto che un partecipante accetti di infilare la testa (sede della nostra essenza spirituale e dell’intelletto) in un secchio o in un cespuglio genera una situazione di comicità inquietante. Hicham Benohud (pag.51) fotografa uno studente che, mentre il resto della classe continua a lavorare, s’inventa pose con qualunque oggetto si trovi a portata di mano: le immagini catturano attimi di trasgressione in cui l’autorità dell’aula è turbata da una serie di movimenti non ortodossi. Bruce Nauman (pag.56), con una telecamera fissa, in un’ambientazione neutra, compiva esercizi privi di senso, ciò costringeva lo spettatore a concentrarsi solo sul corpo che Naumann voleva fosse interpretato soltanto come un autentico fatto fisico, in contrasto con i corpi romanzati della televisione e del cinema. A questa concezione iniziale del video come rappresentazione della verità è subentrata poi una visione opposta, con il sopravvento della manipolazione digitale che ha soppiantato le ambizioni di fedeltà documentaria. Mona Hatoum in “Pull” capovolge le nostre aspettative rispetto all’illusione digitale: il pubblico è invitato a tirare una treccia di capelli che pende all’interno di una nicchia; sopra la nicchia c’è uno schermo che mostra la testa rovesciata dell’artista. Ogni volta che la treccia viene tirata il volto esprime sorpresa e dolore. L’osservatore pensa di essere in presenza di un software che gestisce un video preregistrato, in realtà quelli sono veramente i capelli dell’artista attaccati alla testa e l’immagine è ripresa dal vivo. Bill Viola (pag.58) nel video “The Greeting” rappresenta un tema classico della pittura rinascimentale, ispirata alla “Visitazione” del Pontormo: la

Vergine Maria incinta di Gesù incontra Elisabetta, in presenza di un’altra donna. I film di Bill Viola, in controcorrente rispetto al cinema narrativo, in cui il ritmo è veloce, sono lenti fino quasi alla fissità. In questo video la durata dell’’incontro, che è di 45 secondi, viene dilatata fino a dieci minuti. Dilatando il tempo Viola carica quel breve istante di tutta l’importanza che la storia gli assegna, amplifica le sfumature dell’azione sullo schermo, rendendo evidenti i più piccoli movimenti, consci ed inconsci che il corpo compie; Inoltre costringe lo spettatore ad essere attivamente contemplativo. Nicola Costantino (pag.74) condensa le basse inclinazioni umane in oggetti carichi di sarcasmo, come un sapone a forma di busto femminile o palloni da calcio decorati con capezzoli. Il corpo è ridotto, in questo caso, a prodotto usa e getta per una società aggressiva e consumista. Una persona appartiene, senza scampo, all’epoca e al luogo in cui vive e i codici culturali sono impressi sul corpo in vario modo. Il corpo è quindi l’incarnazione vivente delle pressioni, delle aspettative e dei bisogni della società. L’abito ed il corpo che lo indossa sono uno strumento di proclamazione e di riconoscimento di identità, di diversità o di solidarietà, ma assumere il controllo della propria immagine può essere una strategia di protesta e di sopravvivenza. Leigh Bowery (pag.75) trasformando e mascherando il proprio corpo ne operava un’astrazione del che era una sfida nei confronti del conservatorismo tatcheriano e un provocatorio strumento di autopromozione, in un’epoca in cui ci si aspettava che le persone sieropositive scomparissero in silenzio. La figura agghindata e manipolata di Leigh Bowery rappresenta l’esempio di un corpo che è un prodotto culturale e che, in quanto tale, non può considerarsi un’entità autonoma. I look individualisti di Bowery volevano essere una provocazione nei confronti di una società sempre più burocratica e dominata dalle leggi di mercato, in cui i malati di AIDS erano spersonalizzati e rappresentati come statistiche da una categoria medica troppo impegnata a soddisfare gli obiettivi prefissati. CAPITOLO TERZO: DIVERSITA’ E SOLIDARIETA’ Lo slogan “il personale è politico” racchiude in sé la possibilità di rappresentare, attraverso la rappresentazione personale del corpo, questioni più ampie che riguardano altri corpi come le diversità culturali, il contesto storico, le preferenze sessuali, le differenze razziali, l’identità di genere. Il corpo è la forma in cui si esprime nella società l’individuo e, nello stesso tempo è l’unità costitutiva della folla; è il luogo in cui è possibile esplorare, discutere, contestare il rapporto tra l’individuo e le masse, tra il sé e le categorie di alterità. Gillian Wearing (pag.78) La nostra identità e la nostra presunta unicità sono il risultato di molti fattori, che vanno dall’ereditarietà genealogica, alla moda di un’epoca: nella serie “Album” l’artista ha ricostruito sè stessa nell’immagine dei componenti della sua famiglia, uno per uno. Nelle fotografie finali capiamo che esse ritraggono tutte quante la Wearing. La Wearing è interessata alle

differenze ed alle somiglianze tra individui geneticamente imparentati in relazione ai loro profili psicologici e comportamentali. Roberto Cuoghi (pag.79) Ha cominciato a fare esperimenti con la biologia del proprio corpo, cambiando aspetto ne...


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