Il Marketing Tribale - Cova B PDF

Title Il Marketing Tribale - Cova B
Author Cristiano Amici
Course Marketing
Institution Università degli Studi di Macerata
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Summary

'Il marketing tribale' propone una strategia di marketing volta a creare comunità intorno a un prodotto o a un servizio, inserita in una prospettiva manageriale di stampo mediterraneo opposta all'approccio nordamericano. In contrapposizione a quest'ultimo, la tendenza mediterranea si misura con il b...


Description

Teoria e tecnica della comunicazione aziendale: Il Marketing Tribale: Capitolo 0: Introduzione:  Fidelizzare un cliente significa: 

allevarlo ed accompagnarlo fino in tarda età,



riuscendo a proporgli

(in ogni periodo della sua vita ed a seconda degli eventi che

i prodotti ed i servizi che dovrebbe apprezzare maggiormente e che potrebbero servirgli di più (è condizionano

la

vita

stessa)

quindi necessaria una conoscenza approfondita del consumatore, dei suoi gusti e dell’ambiente che lo circonda);

o ciò perché una clientela fedele assicura la continuità delle vendite/del volume d’affari ad un’azienda; vi è una notevole differenza tra: 

1-il MARKETING “ONE TO ONE”, che usa la relazione per giungere allo scopo, cioè arrivare all’individuo [c’è (stato) il grande boom delle fidelity card (o carte fedeltà) che, però, rivela i suoi limiti proprio nella ricerca della fidelizzazione del cliente; ad esempio, il cliente potrebbe sentir violata la sua privacy, e/o sentirsi isolato in una relazione “disumanizzata”, e/o sentire di essere “manipolato” tramite i privilegi che gli vengono accordati]; ed



2-il MARKETING DI TIPO TRIBALE, che fa della relazione il vero scopo e dell’emozione condivisa il mezzo per giungere allo scopo [il passaggio dal MARKETING “ONE TO ONE” al MARKETING DI TIPO TRIBALE è stata una delle esperienza avvenute nella Salamon, marchio leader mondiale nell’attrezzatura sciistica che, a metà degli Anni Novanta, decide di entrare nel mercato degli sport emergenti, come lo snowboard ed il roller (gli “sport di scivolamento”). 

Però, per questo tipo di sportivi, Salomon rappresentava “il marchio di papà” e non offriva un forte appeal agli occhi dei più giovani, i quali non erano interessati agli specifici vantaggi di una fidelizzazione cognitiva e rifiutavano in blocco i brand già noti (Salomon in primis);



così l’azienda di Annecy è passata ad un APPROCCIO TRIBALE AL MARKETING (come vedremo nel Capitolo 3) adottando i concetti di tribù e di valore del legame per creare una fidelizzazione (del cliente) basata sull’affettività].

Capitolo 1: Il Tribalismo:  Perché si parla di tribù?

o Nonostante la tenacità delle istituzioni tradizionali (famiglia, stirpe, paese, quartiere, fede religiosa), l’uomo moderno ha lottato a lungo per realizzare l’ideale “illuminato” (dell’epoca dei Lumi) dell’individuo affrancato da ogni costrizione sociale [infatti il legame sociale/comunitario veniva considerato negativamente, come qualcosa che – mantenendo insieme gli individui – al contempo li intralcia, li costringe; invece il contratto sociale – una scelta volontaria e reversibile, che ogni individuo può compiere, che ogni individuo può compiere in un ambito limitato – era visto l’obiettivo da ottenere] ; per realizzare la “propria

liberazione”, l’uomo moderno ha sviluppato un’economia di mercato, che ben presto si è dimostrato l’agente disgregatore delle vecchie comunità; o in alcune epoche/luoghi, ci si è avvicinati al modello perfetto di rapporto sociale moderno, come ad esempio ai tempi dell’Inghilterra del XVIII e XIX secolo, dove l’isolamento individuale nelle città si era rivelato molto forte (nell’allegoria politica Sybil del 1845, Disraeli scrisse che “la modernità con conosce vicini”); o il Novecento ha vissuto intensamente il mito della liberazione individuale e, oggi, l’uomo non è stato mai così libero nelle sue scelte private e pubbliche né così solo e lontano dallo spirito comunitario; o due correnti di pensiero sociologico: 

{-1-} secondo la corrente di postmoderno (libero dai vincoli costrittivi aggregazione):

Lipovetsky, delle

comunità

e

il di

soggetto altre forme

di



si trova abbandonato a sé stesso, autonomo, individualista, senza costrizioni e in grado di compiere il maggior numero possibile di scelte autonome;



vi è sia la frammentazione della società sia, soprattutto, la frammentazione dei consumi [favorita dallo sviluppo dell’INDUSTRIA e del COMMERCIO: i prodotti ed i servizi hanno sollevato l’individuo dalle occupazioni più alienanti (residue della tradizione) fino ad eliminare l’acquisto stesso: infatti, a casa propria l’individuo postmoderno può ottenere più o meno tutto ciò che desidera];



vi è la diffusione incondizionata dell’informatica in ogni ambito della vita umana, che permette all’individuo di essere in contatto con il mondo intero (tramite fax, video, telefono, e-mail, blog, social network,…);



tuttavia, vi possono essere anche dei tentativi di riaggregazione sociale [il soggetto che è riuscito a liberarsi dai suoi legami (sociali, arcaici o moderni) ricercherebbe (secondo un movimento contrario) una ricomposizione sociale sulla base di libere scelte emotive];



invece della differenziazione, oggi sarebbe la “dedifferenziazione” a guidare l’azione soggettiva;



{-2-} secondo la corrente di Maffesoli, invece: 

la postmodernità non costituirebbe il trionfo dell’individualismo bensì l’inizio della sua fine, in quanto designerebbe l’avvento di un movimento contrario, in direzione della ricerca ansiosa di un legame sociale di tipo comunitario [in tale prospettiva, l’individualismo avrebbe fatto parte solo di una breve epoca di transizione: non la postmodernità ma la tarda modernità (late modernity)];



Maffesoli ed altri studiosi mettono in luce il tribalismo sempre più diffuso [la nozione di tribù rinvia alla nuova insorgenza di valori arcaici (particolarismi locali, accentramento spaziale, religiosità, narcisismo di gruppo) il cui denominatore comune è la comunità, ma in epoca postmoderna];



la comunità postmoderna è più instabile ed effimera della comunità tradizionale in quanto, al suo interno: o ogni soggetto mantiene la propria autonomia; o ogni soggetto è libero di uscire dal gruppo quando lo desidera; o il controllo esercitato su ciascun membro della comunità e molto meno pressante e coercitivo; o il rischio assunto da ciascun individuo è maggiore rispetto a quanto accade nelle comunità tradizionali;



la comunità postmoderna è quindi composta da individui “emozionali”, che vogliono provare sensazioni insieme con altri, per ESSERE e non necessariamente per FARE.



[BOX 1.1] Con il termine Flash Mob si indica un gruppo di persone (i mobbers) che si riunisce all’improvviso in uno spazio pubblico (un parco, una piazza, un negozio) mette in pratica un’azione insolita, generalmente per pochi minuti (310), per poi disperdersi, spesso con l’applauso dei partecipanti. Tali forme di aggregazione racchiudono contemporaneamente le caratteristiche di effimero, di esperienza breve e di emozione condivisa (sfruttando le nuove tecnologie della comunicazione, come Internet e telefonia mobile).



La nascita dei Flash Mob risale ad un esperimento sociologico del 28enne americano Bill Wasek che mandò delle mail a delle persone dicendo loro che si sarebbero incontrate in un Bar della 32° strada; fatto questo, lì spiegò loro il piano, che era quello di entrare tutti alle ore 19,30 da Macy’s (un negozio famoso di articoli di arredamento) fingendosi interessati all’acquisto dello stesso articolo, il “tappeto dell’amore”: la messinscena doveva durare 10 minuti, al termine dei quali ognuno avrebbe lasciato perdere il finto acquisto e se ne sarebbe andato via applaudendo. Questo fu il primo Flash Mob della storia; oggi i Flash Mob si sono diffusi a macchia d’olio, grazie alle enormi capacità virali di Internet.



Come molte persone (i mobbers) hanno dichiarato nelle interviste successive alle loro performances, così facendo si stabilisce un legame anche prescindendo dall’interazione tra soggetti, realizzando l’utopia di una

comunicazione non verbale che poggia le proprie fondamenta su emozioni, sensazioni, sguardi e sorrisi.



Dunque, la comunità postmoderna è fragile, non esplicita e composta di microgruppi societari (in cui gli individui stabiliscono forti legami emotivi, esperienze simili, sottocultura comune, visione del mondo condivisa.



[BOX 1.2] Il 31-01-1973 si è costituita l’associazione “Amici del Loggione del Teatro alla Scala” (i “Loggionisti”), dal nome di coloro che frequentano gli ultimi piano del teatro (il Loggione appunto).



I motivi che spingono i melomani a preferire il Loggione ai Balconi o alla Platea sono diversi, come:



1—si può godere meglio la qualità della musica;



2—si vede meglio tutto il teatro;



3—costo del biglietti più basso (anche perché non assistono solo ad un’opera, ma anche a tutte le repliche di quell’opera).



L’associazione “Amici del Loggione del Teatro alla Scala” raggruppa persone di tutte le età e di tutte le condizioni sociali che condividono la stessa passione per la musica ed il teatro lirico. Inoltre, si trovano molto tempo prima per studiare l’opera, si scambiano opinioni e non esitano (se necessario) a criticare quegli artisti che in scena non hanno espresso una buona performance.



Oggi, l’associazione dei “Loggionisti” è diventata un attore importante nel mondo dell’opera milanese.



Ogni soggetto postmoderno appartiene a tante tribù (all’interno delle quali ricopre ruoli anche molto diversi fra loro) e indossa varie maschere specifiche: ciò rende impossibile la classificazione secondo gli abituali standard sociologici (incluso lo stile di vita), infatti si assiste al costante riposizionamento dell’individuo all’interno delle varie tribù peculiari dell’epoca postmoderna;



questa ricerca dell’emozione e della condivisione sociale induce i postmoderni alla reintegrazione dei rituali e della trascendenza nella quotidianità (esistono svariate indagini sociologiche che insistono oggi sul ritorno dei riti, fondato però su un modo profano e non religioso di il quotidiano); in sostanza, oggi sembra che coesistano quattro modelli di legame sociale (le comunità risacralizzare

tradizionali, le aggregazioni moderne, l’individualismo postmoderno/tardomoderno e le tribù postmoderne)

e quattro modelli di consumo

(consumo individualizzato,

consumo tribalizzato, moderno consumo di massa, consumo locale di tipo tradizionale).

 Il concetto di tribù: o non è un concetto definito/reificato, bensì un’immagine provvisoria, mutevole, trasformabile;

o in primo piano non viene posto l’individuo ma la partecipazione a qualcosa di collettivo: tutto ciò restituisce significato alla dimensione comunitaria e selvaggia dell’esistenza, mentre induce il soggetto a perdersi in corpi sociali multipli (come i gruppi sportivi, musicali, religiosi, che accrescono la FUSIONE ma anche la CONFUSIONE SOCIALE); o quindi, la nozione di tribù concetti:

(inscindibile dall’idea di tribalismo)

rinvia ai seguenti



arcaismo e rinascita dell’elemento selvaggio nelle nostre società;



perdita di identità da parte del soggetto in una collettività di impronta comunitaria;



costituzione di emotive/estetiche



gruppi

di

(tribù di tipo affettivo)

individui uniti da scelte e non razionali (il contratto sociale);

forte ritualizzazione di tali raggruppamenti …);

(codici, gerghi, modi di vestire,

o la nozione moderna di tribù, o di neotribù, è molto diverso dal concetto di tribù primitiva, anche perché i suoi membri possono entravi/uscirvi in totale libertà e, soprattutto, possono far parte di innumerevoli neotribù diverse; o ciò che rende la neotribù un legame sociale è: 

-1- un medesimo tipo di affettività, un’esperienza comune, un’identica emozione, una passione condivisa,… fra individui diversi a priori in termini di caratteristiche obiettive [ogni microgruppo che si fonda principalmente su un legame sociale di tipo “origine” o “carattere obiettivo comune” non verrà considerato come tribù: ad esempio, non si parlerà di neotribù per indicare una corporazione di tassisti o un drappello di sardi in vacanza a Milano (il motivo primario di questa aggregazione è l’ origine comune e non l’emozione

(anche se si tratta di un gruppo di carattere molto tribale)

condivisa, che esiste ma è secondaria)]; (vengono eliminati dal campo neotribale: etnia, clan, famiglia, stirpe, popolo; generazione, razza; corporazione, casta; compagnia, associazione, squadra)

;



-2- vi è opposizione tra ciò che motiva il legame sociale fondamentale (all’interno del microgruppo), in senso non utilitaristico (nel microgruppo vengono scambiate emozioni e passioni, quindi si parlerà di neotribù) od utilitaristico (sarà più difficile parlare di neotribù); (vengono eliminati dal campo neotribale concetti come combriccola, movimento, partito, fazione,…);



-3- i membri della neotribù non amano accollarsi regole troppo rigide o pesanti (vengono eliminati dal campo neotribale ordine, congregazione, confraternita, setta; associazione, club, società);



-4- esistenza di interrelazione fra un buon numero di membri del microgruppo tribale (vengono quindi eliminate dal campo neotribale le aggregazioni omogenee di persone sortite dall’operazione mentale di un agente esterno – come un marketing manager – e che non hanno alcuna interazione fra loro: segmento, nicchia, stile di vita; tendenza);

o i raggruppamenti emozionali neotribali sono sempre esistiti (ad esempio, i mods, i teddy boys, gli skinheads,… negli Anni Sessanta-Settanta), anche se si trattava di forme più stabili/limitate/ costrittive rispetto alle neotribù odierne: infatti ora le novità consistono nell’AMPIEZZA DEL FENOMENO e nel TIPO DI PERSONE COINVOLTE dalla socialità neotribale [di fatto, le neotribù non sono solo gruppetti di adolescenti in un ambiente urbano; infatti sono note le infatuazioni degli adulti per la genealogia, le maratone, il bricolage,… che vengono abbondantemente condivise. Tra le neotribù e le passioni comuni ricordiamo i tifosi di una squadra di calcio, club genealogici, appassionati di meteorologia, club della degustazione vini, fanatici degli sport estremi, associazioni in difesa di qualcosa,…];

o la parola tribù quindi denomina sia la neotribù degli appassionati di roller a Béziers che si ritrovano ogni Venerdì sera per una corsa, sia l’insieme delle neotribù analoghe su tutto il territorio francese: si passa così dalla neotribù alla costellazione neotribale che si forma/non si forma grazie alle grandi adunate;

 la parola tribù (usata come un’abbreviazione di costellazione neotribale) entra in concorrenza con alcune recenti categorie proposte dalla letteratura americana sul marketing: o le sottoculture di consumo ( subcultures of consumption), utilizzate per descrivere i consumatori (bikers) uniti dalla passione per le moto Harley Davidson; quindi, sono “un sottogruppo distinto della società che si autoseleziona sulla base di un impegno condiviso nei confronti di un prodotto/una marca/un’attività di consumo”; o le comunità di marca ( brand communities), proposte per descrivere i consumatori uniti dalla fedeltà ad alcune marche (come Bronco, Mac, Saab,…). Costoro sono ben coscienti di essere legati da un prodotto di massa, ma non sono “malati”/ultra-fanatici di una marca. Tutte queste concettualizzazioni trattano di gruppi eterogenei di persone che si formano intorno ad un unico oggetto ed a un’unica pratica e si basano su uno sguardo etnosociologico (l’etnosociologia si interessa di ciò che crea un legame fra A e B) che tempera lo sguardo psicosociale (la psicologia sociale si interessa all’influenza di A su B, dove A è un individuo/un gruppo), adottato inizialmente dai marketing manager; o se è evidente la differenza tra la sottocultura di consumo la comunità di marca

(molto più aperta),

(simile alla setta)

e

riguardo la costellazione neotribale –

e quindi la definizione di tribù – vediamo che non vi sono divisioni nette fra passione estrema e semplice ammirazione (per un prodotto/una marca, come accade invece all’interno della sottocultura di consumo o nella comunità di marca): la tribù si colloca contemporaneamente all’interno dell’ambito commerciale ed al di fuori di esso;

o si può dire che una tribù (intesa nel senso di costellazione neotribale) è sì generatrice di consumo ma non è (o non è soltanto) una tribù di consumatori; di fatto, ogni gruppo neotribale ha bisogno di prodotti, luoghi di scambio e servizi per svolgere i rituali che rafforzano l’identità collettiva dei suoi membri;

 la sindrome del “gregario anonimo” (manifestazione estrema del tribalismo) è il comportamento di un individuo che dipende al contempo da un maniacale individualismo e una certa forma di tribalismo soft; dunque, si assiste alla nascita di un comportamento paradossale che porta alcuni soggetti ricercare la compagnia degli altri pur rimanendo anonimi e non interagendo con essi [tali soggetti desiderano provare emozioni accanto agli altri e con gli altri ma senza essere obbligati ad alcun rapporto sociale da entrambe le parti].

Dunque, possiamo definire: o il “gregarismo anonimo” con il concetto di “emozione contigua” opposizione a);

(in

o le attività tribali con il concetto di “emozione condivisa”; la ricerca di “emozioni condivise” è evidente nei seguenti tre esempi (che riguardano i comportamenti individuali in determinate occasioni): 

{-1-} nei rave parties. Infatti, per la maggior parte del tempo, i raver non si parlano e la danza non comporta alcun gioco di seduzione; e, anche se vi è assenza di dialogo tra i raver, comunque c’è una comunicazione non verbale (ad esempio i raver si scambiano sensazioni, emozioni, piacere, sguardi, sorrisi complici,… il tutto mediante la danza).

Inoltre, di fronte ad un malessere sociale diffuso, il rave promette un’altra realtà possibile e genera un sentimento comunitario che riesce a colmare solo temporaneamente la sensazione di vuoto e di isolamento che la società porta con sé;



{-2-} nei centri commerciali, riguardo i quali Ferreira Freitas nei suoi scritti dice che “sono esempi di nuovi quartieri del piacere, zone chiuse in cui si può vivere quella sorta di ‘non azione’ descritta da Maffesoli. Un piacere collettivo basato sullo scambio di sguardi e sullo stare insieme passeggiando. Negli shopping center, insieme, le persone sottolineano una globalità organica che offre una specie di godimento estetico collettivo”. Nei centri commerciali gli acquisti non sono essenziali, in quanto le persone si ritrovano per guardarsi e per sperimentare una forma di socialità anonima (come durante le passeggiate). In centri urbani dove la violenza è inquietante (Ferreira Freitas, al proposito, cita Rio de Janeiro) gli shopping center diventano (per la classe media) un eccellente spazio di svago privo di pericolo, poiché offrono la libertà del luogo pubblico e la sicurezza del luogo privato;



{-3-} nelle librerie con bar “ognuno conserva il proprio spazio e può osservare i movimenti degli altri, che non si conoscono”; quindi, ognuno è isolato e (nello stesso tempo) in comunione con altri. In questi luoghi il desiderio di socialità può trasformarsi in assenza di interazione reale/in fantasma comunitario; è proprio nello scambio (per quanto minimale/invisibile) che la lettura trova senso: si legge da soli ma si sa che con gli altri avviene uno...


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