IL Purgatorio - riassunto pdf PDF

Title IL Purgatorio - riassunto pdf
Author Margherita Maione
Course Letteratura Italiana
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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Riassunto e analisi di tutti i canti ...


Description

IL PURGATORIO Canto I • •

Dove: sulla spiaggia dell’Antipurgatorio Personaggi: Dante, Virgilio e Catone l’Uticense

RIASSUNTO

Indicato l’argomento della cantica, Dante invoca le Muse e in particolare Calliope, perché accompagnino il suo canto con il medesimo suono con cui vinsero le figlie di Pierio. Dante, uscito dalle tenebre infernali, gode della purezza dell’aria serena e guarda con piacere la volta celeste illuminata dalle stelle; in particolare è colpito dallo splendore di quattro di esse 1, che furono viste solo da Adamo ed Eva, e compiange il nostro emisfero perché privo della loro bellezza. Allontanato lo sguardo dalle quattro stelle, volgendosi verso l’altro emisfero, Dante vede accanto a sé un vecchio dall’aspetto venerando; è Catone: sul suo volto si riflette la luce delle quattro stelle, che lo illuminano come farebbe il sole. Catone credendo che i due poeti siano dei dannati, con sdegno chiede loro come possano essere fuggiti dall’Inferno infrangendo le leggi eterne. Virgilio fa inginocchiare Dante e rivela la loro vera condizione, chiarendo le ragioni del viaggio e supplicando Catone, anche a nome della sua Marzia, di lasciar loro visitare il regno di cui è custode. Catone risponde di aver amato teneramente Marzia finché fu in vita; ora che è al di là dell’Acheronte non può più influire su di lui per quella legge che fu fatta quando egli lasciò il Limbo. Ma se è un volere celeste a guidare i due pellegrini, ciò basta perché Catone conceda il permesso. Virgilio dovrà però lavare il colto di Dante per togliere le tracce dell’inferno e cingere i fianchi con un giunco colto sulla spiaggia dell’isola. Detto questo Catone sparisce. Dante si leva in piedi e si volge con gli occhi al maestro che lo invita a seguirlo. I due poeti scendono verso la spiaggia e Dante scorge il tremolio del mare. Giunti dove l’erba è ancora bagnata di rugiada, perché non ancora asciugata dal sole, Virgilio lava con essa il volto di Dante. Poi, sulla spiaggia, cinge i fianchi del discepolo con un giunco che, appena strappato, rinasce miracolosamente. IL CONTESTO PAESAGGISTICO

Dopo l’orrida tenebra infernale, la prima visione del Poeta è di un dolce colore azzurro che riempie di sé, fino all’orizzonte, la vastità notturna: l’aria è impregnata di quel tenue colore e in una sola terzina (vv. 1315) Dante insiste tre volte sul senso di pace: 1. “Dolce color” 2. “sereno aspetto” 3. “mezzo puro” La luce rappresenta la speranza. La situazione è quindi ben diversa dal proemio dell’Inferno, dove la speranza suscitata dal sole e dalla stagione era distrutta dall’apparizione della seconda e della terza fiera. Qui il simbolo è paesaggio concreto. La stessa cronologia del viaggio, cioè l’arrivo in Purgatorio poco prima dell’alba, non è, come altrove, un arido scema strutturale ma ha uno sviluppo paesaggisticospirituale i cui significati religiosi, attinti a una ricca tradizione, sono ovvii anche per noi lettori moderni. Questo canto è un esempio di quell’esigenza di concretizzare l’astratto propria dell’espressione poetica medievale e di Dante. Nell’intero canto il senso del mistero e del divino, e quindi i valori religiosi, si accostano a quelli paesisticopsicologici. Ciò risponde alla necessità di coerenza del racconto. Dante personaggio ha sofferto molto a 1

Rappresentano le quattro virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza.

1

solcare il “mar … crudele” dell’Inferno e dunque deve rappresentare sé stesso consolato, immerso nella beatitudine della liberazione. È questo suo stato d’animo a riflettersi nel paesaggio: la notte azzurra, il cielo e il mare sono visti attraverso gli occhi di uno che è uscito dall’Inferno. IL PERSONAGGIO DEL CANTO: CATONE

In questo clima sereno all’improvviso appare la figura di un vecchio: è Catone l’Uticense, l’avversario di Cesare. Virgilio si affretta a far inginocchiare il discepolo, che rimarrà inginocchiato e silenzioso durante tutto il colloquio tra i due. Cantone si stupisce che due esseri siano potuti uscire dall’Inferno, violando la legge eterna. Virgilio spiega le ragioni dell’eccezionale viaggio: facendolo Dante riacquisterà la libertà morale, impedita dagli istinti e dalle superbie umane e Catone sa quanto tale libertà valga, egli che per essa si uccise a Utica. Virgilio prega poi Catone di consentire il loro viaggio attraverso i suoi sette regni; e lo prega anche in nome di Marzia, l’amata moglie. Il severo vecchio respinge queste “lusinghe”: gli basta, per aiutare Dante, sapere che il viaggio di lui è voluto dal Cielo, che esso dunque rientra nella legge. Catone dà dunque le istruzioni: Virgilio deve -

Cingere Dante con un giunco Lavargli il viso dalle tracce del dolore cui ha assistito

Poi il sole mostrerà loro la via. Quel che Catone fu storicamente è agli occhi di Dante prefigurazione dell’uomo nel suo destino soprannaturale ed eterno, rappresentato nel poema. La portata simbolica del personaggio è evidente: l’esigenza di libertà di Catone è la stessa esigenza di Dante pellegrino, per entrambi senza libertà morale, senza il pieno dominio di sé, non c’è possibilità di vita e di salvezza. TRE PROBLEMI PER LA CANTICA

Il fatto che Catone fosse pagano non ha molta rilevanza per Dante che poteva pensare che per l’eccellenza delle sue virtù civili Dio avesse ispirato all’eroe una fede implicita in Cristo venturo che lo pone ora in Purgatorio e, un domani, in Cielo. Tale Grazia gli pareva ovvia, viste le attestazioni quasi di santità tributate all’eroe latino dalla tradizione classico-cristiana. Quanto al fatto che Catone fosse anti-cesariano, per Dante, come ha notato Fubini, “vengono a porsi sullo stesso piano di provvidenzialità sia l’opera di Cesare (…) sia l’atto di Catone”. Infine possiamo dire che Dante salva Catone non malgrado il suicidio, ma proprio in virtù di questo. Secondo sant’Agostino e san Tommaso, in taluni casi, quando sia esempio gli uomini, Dio ispira il suicidio per dare un esempio, per accendere nel mondo l’amore alla libertà. IL TEMA DELLA MAGNANIMITÀ

La figura di Catone corona il discorso poetico sulla magnanimità. Il personaggio, oltre che avere caratteri esterni propri dei magnanimi (è disegnato dal Poeta come statuario e impassibile) ha la loro connotazione essenziale: la fedeltà a sé stessi. Ma nel magnanimo l’energia morale deve essere accompagnata dal senso dei propri limiti, cioè dall’umiltà, altrimenti è presunzione e superbia. Ed è proprio Catone a consigliare Virgilio di cingere Dante con un giunco, simbolo di umiltà (perché flessibile e in grado di rinascere ogni volta); a Dante l’umiltà serve per riconoscere i propri torti. Come afferma San Tommaso, tra umiltà e magnanimità non c’è contraddizione, ma complementarità: -

La magnanimità fa che l’uomo si creda degno di grandi imprese, considerando i beni che gli vengono da Dio L’umiltà fa che egli si stimi piccola cosa, considerando invece quanto gli manca

Alla fine del canto c’è un richiamo evidente al “folle volo” di Ulisse: Dante vuole sottolineare il fatto che Catone ha ciò che invece mancava al grande eroe greco, cioè la magnanimità per riconoscere i propri limiti, obbedire e fare obbedire alla superiore legge di Dio. 2

Canto II • •

Dove: sulla spiaggia dall’Antipurgatorio Personaggi: Dante, Virgilio e Casella

RIASSUNTO

Sono circa le sei della mattina e il sole sorge all’orizzonte, mentre i due poeti si trovano ancora sulla spiaggia del Purgatorio. I due poeti sono ancora sulla spiaggia presso la marina, quando all’orizzonte appare un punto luminoso che diventa sempre più grande. Dopo poco appare, a destra e a sinistra di quello e sotto, qualcosa di bianco finché si distingue chiaramente che è un angelo a poppa di una veloce imbarcazione. Il vascello sembra volare sull’acqua nonostante sia pieno di spiriti che cantano un salmo. Toccata la riva, le anime scendono sulla spiaggia e l’angelo, dopo averle benedette, riparte velocissimo. Le anime appena giunte non conoscono il luogo e chiedono ai poeti la via per salire al monte. Virgilio risponde che anch’essi sono nuovi del posto, a cui sono arrivati attraverso una via aspra e difficile. Le anime, accortesi che Dante è ancora vivo, gli si affollano intorno stupite. Una delle anime si stacca dal gruppo, avanza e fa l’atto di abbracciare Dante. Questi a sua volta cerca di cingerle il collo con le braccia, ma il tentativo, ripetuto tre volte, è vano, perché quello del penitente è un corpo senza consistenza. Dante riconosce l’amico Casella, musico, e gli chiede come mai sia giunto solo adesso in Purgatorio. Casella spiega che l’angelo nocchiero accoglie nella barca le anime secondo il giudizio di Dio. Poi Dante gli chiede di cantare e Casella intona Amor che ne la mente mi ragiona, una delle canzoni di Dante. Questi, Virgilio e tutte le anime rimangono incantate dalla dolcezza del canto. Mentre i due poeti e le anime ascoltano, rapite, Casella, ecco riappare all’improvviso Catone che li rimprovera per la negligenza e li invita a correre al monte per purificarsi. Le anime si sparpagliano dirigendosi verso la montagna, e anche i due poeti si allontanano rapidamente. LA STRUTTURA DEL CANTO: ANALISI DEI DIVERSI MOMENTI

La luce è protagonista del Purgatorio e il suo ruolo continua anche nel secondo canto: nelle prime tre terzine, infatti, assistiamo al sorgere del sole che poi, ai vv. 55-57, saetta in ogni direzione. I nove versi iniziali descrivono, in modo particolarmente elaborato, l’arrivo dell’alba con rifermenti astronomici, astrologici e mitologici. Dante, per dare concretezza cronologica al suo viaggio, deve cosparge le due prime cantiche di riferimenti orari. Solo di rado il poeta si accontenta dell’indicazione pura e semplice dell’ora; negli altri casi arricchisce in vario modo il dato cronologico e questo del canto II risponde a un’esigenza espressiva generale. Subito dopo la descrizione dell’aurora, i versi 10-12 richiamano perentoriamente i versi 118-120 del primo canto: le due terzine hanno la medesima struttura: -

il primo verso riprende la situazione dei due viaggiatori, e inizia con un imperfetto troncato o “Noi eravam…”; “Noi andavam…” segue un verso che precisa la situazione con una pseudo-comparazione o “come gente…”; “com’om…” l’ultimo verso approfondisce psicologicamente il secondo termine della comparazione e implicitamente il primo o “che va col cuore…”; “che ‘nfino ad essa…”

Questi elementi sono spie del fatto che questo canto è la ripresa e lo sviluppo, sentimentale e narrativo, del precedente. Virgilio e Dante, dunque, sono viaggiatori che, pensando al cammino che devono fare, sono già in viaggio con i cuore, mentre il corpo è ancora fermo. Nell’attesa, all’estremo orizzonte marino, appare una luce che avanza con una velocità superiore a ogni volo terreno: è un angelo, che dalle foci del Tevere, dove si radunano tutte le anime destinate al 3

Purgatorio, le traghetta a gruppi, su una navicella veloce e leggera (contiene solo spiriti) tanto che sfiora appena le acque: l’angelo è evidentemente contrapposto a Caronte, traghettatore infernale. Più si avvicina e più l’angelo diventa luminoso, tanto che l’occhio mortale di Dante non ne può sostenere la vista. Il messo celeste non dice una parola né compie un gesto, se non il segno della croce. Vede di sicuro i due pellegrini sulla spiaggia, ma non presta loro alcuna attenzione, intento com’è al compito affidatogli da Dio: egli è solo lo strumento di Dio, tutto il resto non conta. Le anime prima di sbarcare cantano il salmo che celebra l’uscita degli Ebrei dalla servitù d’Egitto. Dante nel Convivio interpretava l’episodio biblico come l’uscita dell’anima dal peccato: il suo viaggio sulla montagna verso la libertà è simile a quello degli Ebrei per raggiungere la terra promessa. Gli spiriti appena giunti cantano “tutti insieme ad una voce”: l’insistenza verbale sull’unanimità del sentire è in evidente antitesi con l’Inferno, dove gli odi reciproci dei dannati si manifestavano anche nelle voci e nei suoni discordi. IL PERSONAGGIO DEL CANTO: IL MUSICO CASELLA

Dal gruppo delle anime se ne stacca una, il musico Casella, un amico di gioventù di Dante. Nel Purgatorio Dante recupera l’umanità in ogni sua forma, anche quella quotidiana, e in primo luogo la sua, quella della Firenze in cui è cresciuto, di cui sono parte essenziale gli amici e i maestri: Casella, infatti, è solo il primo di una serie di compagni di vita che costellano tutto il secondo regno. Il poeta riconosce l’amico con lentezza, in ritardo, anche se egli è morto da poco: ciò non ha spiegazioni logiche. In realtà, riconoscere l’amico solo dalla voce serve a Dante a mettere in rilievo la sua soavità, il tratto caratteristico della personalità di Casella. Dante chiede all’amico ritrovato di cantare come un tempo e Casella intona una canzone dello stesso Dante (Amor che ne la mente) e tutti si fanno prendere dalla melodia, dimentichi di correre a purificarsi su per la montagna, perché il potere della musica è universale. Catone li rimprovera chiamandoli “spiriti lenti” e allora tutti, Virgilio e Dante compresi, si affrettano verso la montagna. Questo famosissimo episodio ci svela un Dante diverso, più intimo e sensibile: è l’immagine che il poeta vuole darci di sé nel Purgatorio. Sulla dolcezza del canto di Casella, unico canto profano del Purgatorio, il poeta insiste molto: la dolcezza è elemento essenziale della musica. Più volte egli qualifica come “dolce” il canto dei beati o quello di una delle anime della Valletta. Tuttavia in questa dolcezza del canto Casella c’è forse qualcos’altro. Nella prima gioventù Dante fu essenzialmente un poeta d’amore. È normale dunque che nel suo ricordo al centro della sua gioventù ci fosse il nuovo modo, lo “stil novo” di far poesia, di cui egli fu promotore insieme a pochi amici. Sulla dolcezza come connotazione essenziale del nuovo stile Dante insiste più volte, e sempre in unione alla materia amorosa, l’altra caratteristica dello Stilnovo. L’INCONTRO CON CASELLA: PRIMO MOMENTO DEL RECUPERO DELLO STILNOVO

L’episodio di Casella si configura come il primo momento di un recupero dello Stilnovo, che del resto è frutto di un piccolo sodalizio di amici, e che fuori di questa coralità non si comprenderebbe appieno. Questo recupero si svolgerà lungo tutto il Purgatorio, e avrà negli ultimi canti il suo coronamento. Dante recupera lo Stilnovo perché lo vede ormai in maniera diversa, e può reinterpretare l’opera “fervida e passionata” della giovinezza alla luce dell’età matura. Questa reinterpretazione trionfa in Beatrice, creatura terrena e celeste. UN TEMA RICORRENTE PER LA SECONDA CANTICA: LA LENTEZZA

Il Purgatorio è ricco di momenti di pausa, d’indugi. L’impazienza non è del Purgatorio: la volontà divina e quella dei singoli coincidono. Inoltre, l’ansia di espiare è tutt’uno con una superstite traccia di umanità, per cui le anime, pur ansiose di avvicinarsi al Bene, possono farsi prendere da sentimenti terreni. La voce di Catone è la voce di Dante: per salire bisogna sciogliersi dalla Terra, dai suoi allettamenti, anche quelli non peccaminosi: perciò l’episodio di Casella è coronato da questo rimprovero che gli conferisce, di là dal ricordo e dall’affetto, significato religioso. E se la dolcezza del canto suono ancora dentro Dante 4

mentre scrive (V. 114), ciò vuol dire che al di là della finzione narrativa lo scrittore non considerava grande peccato il compiacersi delle cose belle e innocenti della vita.

Canto III • • •

Dove: nell’Antipurgatorio, ai piedi del monte del Purgatorio Anime espianti: gli scomunicati, pentitisi in punto di morte Personaggi: Dante, Virgilio e il re svevo Manfredi

RIASSUNTO

Mentre le anime si allontanano velocemente, Dante si stringe alla sua guida che è addolorata per aver ceduto a un sentimento umano venendo meno al suo compito: le coscienze pure si rammaricano molto anche se lo sbaglio è lieve. Quando finalmente Virgilio rallenta il passo, Dante rinfrancato alza lo sguardo verso la montagna. Dante, alzando lo sguardo, vede davanti a sé solo l’ombra del proprio corpo e si volge temendo che Virgilio sia scomparso. Questi lo conforta spiegandogli che i trapassati hanno corpi “aerei” che lasciano passare i raggi solari, ma che possono anche patire le pene cui sono sottoposti. Come ciò avvenga è un mistero ed è stolto chi crede di poter penetrare i misteri divini con la sola ragione. L’uomo deve rinunciare a conoscere la cagione delle cose: altrimenti la Rivelazione non sarebbe necessaria. Compiange infine i grandi spiriti che hanno invano cercato la verità; poi, pensando a sé, tace turbato. Arrivati ai piedi dell’erto pendio della montagna, i due poeti si rendono conto che è impossibile salire: si fermano mentre Virgilio medita sul da farsi. Dante, scorgendo un gruppo di anime che procedono lentamente, avvisa il maestro che decide di andar loro incontro per chiedere dove sia la salita. Ma le anime, accortesi che Dante è vivo, indietreggiano stupefatte; solo quando Virgilio ha spiegato loro che ciò avviene per volere divino, rispondono indicando la strada. Una delle anime si rivolge a Dante e lo invita a guardarlo per vedere se lo riconosce. Ma Dante, dopo averlo fissato intensamente, dichiara di non averlo mai visto. L’anima allora dice di essere il re scomunicato Manfredi e prega il poeta, quando sarà tornato nel mondo, di annunciare alla figlia Costanza la sua salvezza, anche se sulla Terra si crede il contrario. Manfredi dichiara poi di essersi pentito in punto di morte e di essere stato perdonato da Dio, nella sua infinita misericordia, nonostante gli orrendi peccati. Ma i suoi miseri resti, disseppelliti, sono stati sparsi dal vento oltre i confini del regno. Spiega poi a Dante che la scomunica si paga, nell’Antipurgatorio, con un’attesa uguale a trenta volte il periodo vissuto da scomunicati. E anche questo Dante dovrà spiegare a Costanza, perché con le preghiere si può ottenere un abbreviamento della pena. I TEMI DEL CANTO

I primi 45 versi costituiscono una variazione sul tema dell’insufficienza della ragione umana a penetrare i grandi misteri e la conseguente necessità per l’uomo di affidarsi alla rivelazione. È Virgilio, cioè la ragione stessa, a pronunciare il nuovo monito all’umanità: è pazzo chi crede che la ragione umana possa percorrere la “infinita via” percorsa da Dio. L’uomo deve accontentarsi di sapere le cose che sono, non pretendere di conoscere l’essenza e la meta ultima: se avesse potuto vedere tutto da solo la rivelazione non sarebbe stata necessaria. Virgilio pensa poi malinconicamente ai grandi spiriti del passato, Aristotele, Platone e anche a sé stesso: proprio per l’insufficienza dei loro mezzi umani, sono destinati a desiderare in eterno di giungere alla verità suprema, a Dio, restando invece confinati per sempre nel Limbo. Questa dichiarazione sui limiti della ragione ha un legame con Manfredi, il vero protagonista del canto. Il re siciliano, figlio di Federico II, infatti, morì scomunicato e quindi dovrebbe trovarsi all’Inferno; invece è salvo, per la suprema bontà di Dio che nessun uomo, neppure il papa, può pretendere di alterare. Ai versi 67-145 si tratta un motivo religioso-morale già affrontato nel canto XXVII dell’Inferno: l’efficacia delle pronunce della Chiesa sulla sorte oltremondana degli uomini. Nella prima cantica, a proposito di Guido da Montefeltro, Dante aveva sostenuto che un’assoluzione, benché impartita da un papa, non ha valore dinanzi a Dio in mancanza di un’effettiva contrizione del peccatore. Qui, a proposito degli 5

scomunicati e in particolare di Manfredi, afferma che la condanna ufficiale della Chiesa può essere cancellata da un pentimento sincero, mediante un rapporto diretto fra l’individuo e Dio. L’episodio di Manfredi pone anche un altro motivo: gli uomini, anche se insigniti di alte cariche ecclesiastiche, giudicano basandosi sulle loro malsicure opinioni dimenticando che le lotte terrene hanno ben poca importanza di fronte all’eterno. IL PROTAGONISTA DEL CANTO: IL RE SICILIANO MANFREDI

Le anime di coloro che aspettano a pentirsi fino all’ultimo devono attendere nell’...


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