La nascita del purgatorio - Le Goff, riassunto PDF

Title La nascita del purgatorio - Le Goff, riassunto
Author Sofia Gallotti
Course Tutela dei beni culturali
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto del libro

La nascita del Purgatorio di Jacques Le Goff

Parte I

Gli aldilà prima del purgatorio

Le tre vie indù. Nell’India antica, alla fine del periodo vedico compaiono le prime Upanisad (secolo VI a.C. Queste diverse tradizioni presentano elementi che si ritroveranno nel Purgatorio: l’idea di una via mediana di salvezza, il passaggio attraverso il fuoco, la dialettica tra le tenebre e la luce, miglioramenti di stato tra la morte e la salvezza definitiva, la funzione dell’aldilà come ricetto di anime che sarebbero altrimenti votate a vagare come fantasmi. L’assenza di giudizio e il ruolo centrale della metempsicosi sono però molto lontani dal sistema cristiano dell’aldilà.

Iran: il fuoco e il ponte. In Iran, quel che soprattutto colpisce nelle dottrine e nelle immagini dell’aldilà è l'onnipresenza del fuoco. Alcuni tratti dell’escatologia zoroastriana presentano però caratteri che, senza certo aver influenzato direttamente le concezioni cristiane che condurranno al Purgatorio. Il primo è l’esitazione tra un’interpretazione paradisiaca e un’interpretazione infernale del luogo di soggiorno dei morti prima del giudizio. Vi è poi la presenza di un ponte che collega la terra al cielo, e sul quale il defunto si impegna in una prova di forza e di destrezza che ha altresì un certo valore morale. Esiste infine per le anime un luogo intermedio.

Egitto: L’immaginario infernale. L’idea di un giudizio dei morti è in Egitto molto antica. L’inferno degli egizi era particolarmente impressionante e raffinato. Si trattava di un’immensa regione con mura e porte, paludi fangose e laghi di fuoco intorno a stanze misteriose. I castighi erano numerosi e severi, e le pene colpivano sia i corpo sia le anime. Fisiche e morali, erano segnate dalla lontananza dagli dei. Una sensazione prevalente era quella di clausura e di prigionia. Le pene erano cruente, e castighi comminati col fuoco numerosi e terribili. I «ricettacoli» formavano un complesso sistema di alloggiamenti. Presso gli antichi egizi non esistette però un purgatorio. Il purgatorio infernalizzato che si troverà nella cristianità medievale sarà nutrito dell’eredità egizia.

La discesa agli Inferi in Grecia e a Roma. L’antichità greca e romana ha recato qualche contributo alla visione cristiana dell’aldilà attraverso il tema delle discese agli inferi. Tale tema, che si ritroverà in Gesù Cristo, è frequente nell’antichità greca: Orfeo, Polluce, Teseo ed Ercole sono discesi nella dimora delle ombre. Una delle più celebri tra queste catabasi è quella di Ulisse nel libro XI dell’Odissea. Se ne possono desumere alcuni elementi geografici generali che si ritroveranno nella genesi del Purgatorio, un’isola (quella di Circe), una montagna a picco sul mare, scavata da grotte, un episodio di discesa nell’Averno dall’atmosfera veramente infernale, e l’evocazione dei morti, che non si ritroverà nel cristianesimo ufficiale, poiché toccherà soltanto a Dio far eventualmente apparire alcuni morti del Purgatorio a taluni viventi.

Una filosofia della reincarnazione: Platone. La dottrina platonica è dominata dall’idea che vi sia nella colpa una parte di volontà, e dunque di responsabilità, e una parte di ignoranza, che può essere cancellata solo attraverso un procedimento complesso. La sorte delle anime dipende dunque al tempo stesso dalla loro scelta e da un giudizio degli dei. Il destino dei morti assume normalmente la forma di reincarnazioni scelte più o meno liberamente dal defunto, ma può essere modificato o interrotto dall’intervento degli dei. I cattivi possono sia essere sottoposti a metamorfosi degradanti, passando nel corpo di uomini di bassa condizione sociale o in quello di animali ripugnanti, sia essere condannati dagli dei ai castighi dell'inferno. Quanto a coloro che hanno raggiunto l’ideale platonico, vale a dire la filosofia, e che l’hanno praticata, essi pervengono alla contemplazione perfetta, nella maggior parte dei casi nelle «isole dei beati». Varie considerazioni hanno spinto Platone a ricercare vie di stati intermedi dopo la morte. Tra queste, l’ idea che la pena dovesse essere proporzionale al crimine, ma anche la concezione di un destino particolare delle

persone di media virtù. Come L’Antico Testamento, il pensiero platonico concernente l’aldilà permane fondamentalmente dualista. Nella metempsicosi, le anime si trasformano sia in altre più cattive, sia in altre migliori, e questo permette le graduazioni della pena e castighi intermedi.

Un precursore: Enea agli Inferi. Nell’episodio della discesa di Enea agli inferi nell’Eneide di Virgilio c’è una evocazione topografica dell’aldilà. Brooks Otis ne ha anche disegnato la carta schematica. Dapprima c’è la discesa attraverso un vestibolo che si ritroverà insieme con i pozzi, nell’inferno-purgatorio. Vi è poi il campo dei morti senza sepoltura, il fiume Stige, i campi dei pianti e gli ultimi prati, prima della biforcazione che a sinistra porta al Tartaro (Inferno), e a destra, superate le mura di Dite (Plutone, re degli Inferi), conduce ai Campi Elisi, piacevole dimora paradisiaca, dietro la quale si trova il bosco sacro chiuso e infine il fiume dell’Oblio, il Lite. Eduard Norden segnala che le notazioni di tempo sono talvolta bizzarre sia in questo episodio virgiliano sia in Dante, ed è presente in entrambi i poeti l’ idea di un tempo stabilito per i viaggi nell’aldilà, dell’ordine di un giorno (ventiquattro ore) o soprattutto di una notte. Nell’Eneide la risalita deve terminare prima di mezzanotte, ora in cui escono le vere ombre (893 sgg.); nella Divina Commedia il viaggio deve durare ventiquattro ore (Inferno, XXXIV 68-69). Nelle Apocalissi e nelle visioni medievali il viaggio nell’aldilà deve in genere compiersi prima dell’alba, del primo canto del gallo. Nel libro VI dell’Eneide si trova tutto un insieme di temi che interverranno nella formazione del Purgatorio: la mescolanza di dolore e di gioia, la vista velata della luce celeste, il contesto carcerario, l’esposizione a pene, l’ espiazione commista alla purificazione, che avviene per mezzo del fuoco.

Gilgamesh agli Inferi Presso i babilonesi il paesaggio dell’aldilà è più movimentato, più ossessivo. Si vede comparire in straordinari racconti di viaggi negli Inferi. La discesa agli Inferi di Ur-Nammu, principe di Ur, è il più antico testo del genere nell’ambito medio- orientale europeo (secolo VIII a.C.). L’eroe viene giudicato dal re degli Inferi, Nergal; vi è fatta allusione a un fuoco, c’ è un fiume vicino a una montagna, e l’ altro mondo è coperto di «tenebre». È soprattutto la celebre epopea di Gilgamesh ad offrire una duplice evocazione degli Inferi. Enkidu invece, l’amico di Gilgamesh, prima di morire visita gli Inferi e ne fa una descrizione più precisa. È il regno della polvere e delle

tenebre, la « grande terra », « la terra senza ritorno», « la terra dalla quale non si torna indietro», una terra in cui si discende e donde risalgono, quando vengono evocati, taluni morti.

Un aldilà opaco e tenebroso: lo «sheol» ebraico. La menzione dell’altro mondo infernale, lo sheol, termine specificamente ebraico, è frequente nell’Antico Testamento. Del paesaggio dello sheol occorre ritenere due elementi importante, che si ritroveranno sia nel Purgatorio sia nell’Inferno cristiano: la montagna e il fiume. Tromp sostiene che i termini con i quale è descritto lo sheol si applicano propriamente a un luogo e non sono metaforici.Lo sheol dell’Antico Testamento figura essenzialmente nell’ambito di un sistema dualista e non si presenta tuttavia come un luogo di tortura. La terra, comprende, fusi insieme, il mondo dei vivi e quello dei morti, e più la dimora sotterranea che non il soggiorno in superficie. L’antico Testamento lascia supporre che nello sheol possano esistere distinzione di luogo, e che se ne possa essere tratti fuori da Dio. Da una parte l’Antico Testamento distingue le profondità estreme dello sheol, riservate a defunti di particolari ignominia: i non circoncisi, le vittime di omicidi, i condannati a morte e coloro che non hanno ricevuto sepoltura; si tratta però di impuri, più che di colpevoli.

Le visione apocalittiche giudaico-cristiane

Tra il secolo II a.C. e il III d. C un complesso di testi elaborati in Medio Oriente, soprattutto in Palestina e in Egitto, hanno apportato un arricchimento decisivo alle concezioni e alle rappresentazione dell'aldilà. Un elemento che ha svolto un ruolo importante nella letteratura apocalittica è la credenza in una discesa di Gesù agli Inferi, la cui fama si è in qualche modo riservata sull’insieme del corpus apocalittico. I riferimenti all’aldilà si trovano soprattutto nella prima parte, il libro dell’Assunzione di Enoch. Nel capitolo XXII compare l’idea dei luoghi dell’aldilà e delle categorie di defunti. L’autore del libro sembra collocare questo aldilà in uno sperduto angolo della superficie terrestre. Si trova nel Libro di Enoch le immagini di un inferno sotto forma di baratro o di valle stretta, di una montagna terrestre come dimora posta tra luoghi di attesa del giudizio, l’idea di uno stato intermedio tra la morte e il giudizio e di una gradazione delle pene, le quali però dipendono solo in parte dal merito degli uomini. Il Purgatorio sarà una dimora o un insieme di dimore, un luogo di clausura; dall’Inferno al Purgatorio, però, e dal Purgatorio al Paradiso, il territorio si allarga, lo spazio si dilata.

Le apocalissi cristiane si presentano al tempo stesso in continuità e in rottura rispetto a quelle ebraiche. In continuità in quanto affondano le loro radici nello stesso contesto, tanto che per i primi due secoli dell’era cristiana è spesso piú giusto parlare di giudeo- cristianesimo che non di due religione distinte. Ma anche in rottura, poiché l’assenza o la presenza di Gesù, gli opposti atteggiamenti a proposito del Messia, la crescente diversificazione degli ambienti e delle dottrine accentuano progressivamente le differenze. L’ Apocalisse di Pietro è saldamente fondata su di una visione dualistica, e si dilunga nella parte infernale con particolare insistenza sui castighi di questo luogo. Nell'Apocalisse di Esdra ci sono il fuoco e il ponte, e vi si accede con dei gradini. Una fonte: l’Apocalisse di Paolo. L’Apocalisse di Paolo è quella che ha esercitato la maggiore influenza sulla letteratura medievale dell’aldilà in generale e del Purgatorio in particolare ed è stata redatta, in greco, verso la metà del secolo III dell’era cristiana, Egitto. La versione V è la più interessante per la storia del Purgatorio, in quanto è la prima ad accogliere la distinzione tra un inferno superiore e uno inferiore, introdotta da sant’Agostino, ripresa da Gregorio Magno e divenuta, tra il secolo VI e il XII, il fondamento della localizzazione al di sopra dell’Inferno di quello che alla fine del secolo XII sarà il Purgatorio. Vi si trova una descrizione delle pene dell’Inferno che si ritroverà in gran parte nel Purgatorio, quando quest’ultimo sarà stato definito come un inferno temporaneo. Nella redazione V si avverte soprattutto, nella distinzione di due inferni e nell’idea di un riposo sabbatico infernale, l’esigenza di mitigare le pene dell’aldilà, di una giustizia piú discreta e piú clemente. Il cristianesimo latino ha compiuto in due periodi- tra il secolo III e il VII, e tra la metà del XII e la metà del XIII di un aldilà intermedio tra l’Inferno e il Paradiso nel lasso di tempo che intercorre tra la morte individuale e il giudizio generale.

Gli ebrei scoprono un aldilà intermedio. Secondo Le Goff un’evoluzione nel pensiero religioso ebraico sembra essere stata decisiva per lo sviluppo dell’idea di purgatorio. La sua prima manifestazione consiste in una maggiore precisazione della geografia dell’aldilà. Le anime, dopo la morte, vanno sempre sia in un luogo intermedio, lo sheol, sia direttamente in un luogo di eterno castigo, la geenna, o di ugualmente eterna ricompensa, l’Eden. Lo sheol rimane sempre sotterraneo e oscuro: è l’insieme delle fosse, delle tombe, il mondo dei morti e della morte. La geenna è al di sotto dell'abisso o della terra che le fa da coperchio. Vi si può giungere attraverso il fondo del mare, scavando il

deserto o dietro a cupe montagne. Essa comunica con la terra attraverso un piccolo pertugio dove passa il fuoco (della geenna) che la riscalda. Alcuni situano tale pertugio vicino a Gerusalemme, nella valle di Hinnur, dove essa apre le sue porte, tre o sette, tra due palmizi.

Il purgatorio cristiano esiste in germe nella Scrittura? Un solo passo dell’Antico Testamento, tratto dal secondo libro dei Maccabei,che ebrei e protestanti non considerano canonico, è stato accolto dalla teologia cristiana antica e medievale, da sant’Agostino a san Tommaso d’Aquino, come prova dell’esistenza di una credenza nel Purgatorio. I padri della Chiesa, i cristiani del Medioevo hanno visto in quel passo l’affermazione di due elementi fondamentali del futuro Purgatorio: la possibilità di un riscatto dei peccati dopo la morte e l’efficacia delle preghiere dei vivi per i defunti redimibili. Il Vangelo di Matteo (12.31-32) afferma la possibilità di riscatto dei peccati nell’altro mondo. Dal punto di vista dell’aldilà, Nel secondo testo, la storia del povero Lazzaro e del cattivo ricco arreca tre precisazioni: l’Inferno (Ade) e il luogo di attesa dei giusti (seno di Abramo) sono vicini, stante che ci si può vedere dall’uno all’altro, ma sono separati da un abisso invalicabile; nell’Inferno regna quella caratteristica sete e che si ritroverà alla base del concetto di refrigerium; infine, il luogo di attesa dei giusti è designato come il seno di Abramo. Il seno di Abramo è stato la prima incarnazione cristiana del Purgatorio. Il passo della prima epistola di san Paolo ai Corinzi è stato essenziale per la genesi del Purgatorio nel Medioevo. In questo testo si trova l’idea che nell’aldilà la sorte è diversa a seconda della qualità di ciascun uomo, che vi è una certa proporzionalità tra i meriti e i peccati da una parte e le ricompense e i castighi dall’altra, e che nell’aldilà avrà luogo una prova decisiva per il destino ultimo di ciascuno. Il momento di questa prova sembra però collocato nel corso del Giudizio finale. L’altro elemento del testo paolino che avrà una notevole influenza è l’evocazione del fuoco. Il Purgatorio, prima di essere considerato un luogo, è stato innanzitutto concepito come un fuoco, difficile da localizzare ma che ha contribuito alla nascita del Purgatorio. La teologia cattolica moderna distingue un fuoco dell’Inferno, punitivo, un fuoco del Purgatorio, di espiazione e purificazione, e un fuoco del giudizio, probatorio. Dal Nuovo Testamento è stato tratto un episodio che ha svolto un ruolo importante, se non nella storia del Purgatorio, almeno indirettamente nella concezione generale dell'aldilà cristiano: si tratta della discesa di Cristo agli Inferi.

La discesa di Cristo agli Inferi. L’episodio fu volgarizzato nel Medioevo attraverso le precisazioni fornite da un Vangelo apocrifo, quello di Nicodemo. Cristo, durante la sua discesa agli Inferi, ne ha tratto una parte di coloro che vi erano rinchiusi, i giusti non battezzati in quanto anteriori alla sua venuta sulla terra, cioè essenzialmente i patriarchi e i profeti. Questo episodio riveste, nella prospettiva del Purgatorio, una triplice importanza: dimostra che esiste la possibilità di addolcire lo stato di taluni uomini dopo la morte, ma esclude da tale possibilità l’Inferno, in quanto è stato alla fine dei tempi. Infine, crea un nuovo luogo dell’aldilà, il limbo, la cui nascita sarà pressappoco contemporanea a quella del Purgatorio, nell’ambito del grande rimaneggiamento geografico dell’aldilà compiuto nel secolo XII. Preghiere per i morti. L’intervento dei vivi in favore dei loro morti che soffrono nell’aldilà si riscontra in taluni ambiente pagani, soprattutto a livello popolare, come si può osservare nel caso dell’orfismo. Queste pratiche si sono sviluppate in prossimità dell’era cristiana, e si tratta ancora una volta di un fenomeno d’epoca particolarmente sensibile in Egitto, luogo d’incontro per eccellenza delle nazionalità e delle religioni. Il fatto che i vivi si siano preoccupati del destino dei loro morti, che al di là della sepoltura abbiano conservato con essi legami che non sono quelli dell’invocazione della protezione dei defunti, ma dell’utilità delle preghiere pronunciate per loro.

Un luogo di ristoro: il «refrigerium». Christine Mohrmann ha fatto un studio filologico dove ha descritto l’evoluzione semantica della parola refrigerium dal latino classico a quello cristiano, dove refrigerare o refrigerium o hanno assunto, nel linguaggio dei cristiani, un significato ben definito, cioè quello di felicità celeste e non rappresenta un luogo. Tertulliano utilizza la parola refrigerium per designare sia la provvisoria beatitudine delle anime che attendono il ritorno di Cristo nel seno di Abramo, sia la definitiva felicità in Paradiso, della quale, dopo la morte, godono i martiri, e che è promessa agli eletti dopo l’ultimo verdetto divino. Presso gli autori cristiani posteriori refrigerium esprime genericamente le gioie dell'oltretomba, promesse da Dio ai suoi eletti. Lui ha immaginato un tipo particolare di refrigerium, il refrigerium interim, ristoro intermedio destinato ai defunti che, tra la morte individuale e il giudizio definitivo, sono guidicati da Dio degni di un trattamento privilegiato durante l'attesa.

Il pensiero di Tertulliano rimane infatti molto dualista. Secondo lui vi sono due destini contrapposti, l’uno di punizione, espresso attraverso parole quali tormento, supplizio, tortura, l’altro di ricompensa, indicato dalla parola refrigerium e si tratta del seno di Abramo. Tra il refrigerium interim di Tertulliano e il Purgatorio la differenza non è soltanto di natura ma di durata: il refrigerum ospita sino alla resurrezione, il Purgatorio soltanto sino al termine dell’espiazione.

La prima concezione di un Purgatorio: la visione di Perpetua. Durante la persecuzione dei cristiani in Africa compiuta da Settimio Severo nel 203, un gruppo di cinque fedeli, due donne, Perpetua e Felicita, e tre uomini (Saturo, Saturnino e Revocato), fu messo a morte vicino a Cartagine. Durante la loro permanenza in carcere, nei giorni che precedettero il martirio, Perpetua, con l’aiuto di Saturo, scrisse o poté trasmettere oralmente i propri ricordi al altri cristiani. Nel corso della sua detenzione Perpetua fece un sogno e vide il fratellino defunto, Dinocrate, e dopo di pregare per lui a un’altra visione dove vide al fratello ristorato (refrigeratem). Quest’ultima parola rinvia palesemente alla nozione di refrigerium. Non si tratta qui di un Purgatorio in senso proprio, e nessuna delle immagini né dei morti delle due visioni si ritroverà nel Purgatorio Medievale. Tale testo tuttavia, a partire da sant’Agostino, sarà utilizzato e commentato nell’ottica della riflessione che condurrà al Purgatorio.

II I padri del Purgatorio Clemente Alessandrino e Origene erano grandi esponenti della teologia cristiana ad Alessandria. Dalla Grecia antica avevano attinto l’idea che i castighi inflitti non siano punizioni ma mezzi di educazione e di salvezza e che costituiscono un processo di purificazione. Per Clemente il castigo è punitivo per gli irriducibili ed educativo per gli emendabili, mentre per Origene tutti devono passare attraverso il fuoco spirituale, perché nessuna anima è veramente pura: i giusti lo attraverseranno e basta, i peccatori vi rimarranno per un certo tempo, i peccatori mortali lo subiranno a lungo. Appare la distinzione tra peccati lievi e peccati mortali e tre categorie di defunti: i giusti, i peccatori e i peccatori mortali, poi ripresa da Sant’Ambrogio.

Il cristianesimo latino: sviluppi e incertezze dell’aldilà.

È stato accreditato a san Cipriano, alla metà del secolo III, un importante apporto alla dottrina del futuro Purgatorio. Nella Lettera ad Antoniano, egli opera una distinzione tra i cristiani che non hanno resistito alle persecuzioni (i lapsi e gli apostati) e i martiri. In questa Lettera non si tratta affatto di purgatorio nell’aldilà ma di penitenza quaggiù. La prigi...


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