Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato (recensione di F. Barca – P. Ignazi, Il triangolo rotto. Partiti, società e Stato, Laterza, Roma – Bari, 2013). PDF

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di Damiano Palano Nell’aprile del 2013, mentre il governo Monti – dopo una lunga agonia – tramontava definitivamente, uno dei ministri dell’esecutivo, Fabrizio Barca, diffondeva una sorta di manifesto dall’ambizioso titolo Un partito nuovo per un nuovo governo. Con quel documento Barca abbandonava i panni del ‘tecnico’ per indossare quelli del politico, o, meglio, dell’intellettuale-militante che cerca di mettere le proprie competenze e la propria esperienza al servizio di una parte politica. Come esplicitava il suo sottotitolo, Memoria politica dopo 16 mesi di governo, la riflessione di Barca nasceva dall’esperienza proprio dell’esecutivo Monti, ma, a differenza di quanto avviene di solito nelle analisi degli osservatori, il focus non era tanto sulle riforme da fare e sulle scadenze da rispettare per ‘salvare il Paese’, quanto sul ‘metodo’ con cui perseguire ogni progetto di riforma. E il ‘metodo’ finiva col coinvolgere proprio i partiti, sovente raffigurati come l’origine di molti mali, e invece rappresentati da Barca come l’anello debole da rafforzare e ripensare. In questo senso, la Memoria costituisce un’autentica eccezione nel dibattito pubblico italiano, perché era probabilmente dagli anni Settanta http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html

"La democrazia senza partiti". Un volume nella collana "Le nuove bussole" di Vita e Pensiero. Dal 17 settembre in libreria! Damiano Palano La democrazia senza partiti Vita e Pensiero Collana "Le nuove bussole" (pp. 140, euro 12.00) ... L’ordine difficile in un mondo senza saggezza. "Ordine mondiale" di Henry Kissinger di Damiano Palano Nel 1954 l’allora ventisettenne Henry Kissinger discusse all’Università di Harvard la propria tesi di laurea, dal t... L’ambivalenza dello straniero. A proposito di un libro di Umberto Curi Per illustrare l’ipotesi sulla cruciale contrapposizione fra amico e nemico, Carl Schmitt, nel suo celebre Begriff des Politischen , ricorre... 11 settembre 2001, fu vera cesura? Che differenza fa un giorno. Su "Undicisettembre" di Luigi Bonanate

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che la forma-partito non veniva collocata al centro della discussione delle élite dirigenti (o quantomeno al centro di una discussione non coincidente con la liquidazione del modello novecentesco del partito di massa e con la generica e semplicistica esaltazione di un partito ‘leggero’ e aperto alle istanze della società civile). La riflessione di Barca non era dedicata genericamente ai partiti, ma si concentrava piuttosto sulla forma di un nuovo partito di sinistra, inevitabilmente identificato con il Partito Democratico (o con ciò che il Pd dovrebbe diventare in un prossimo futuro). Ciònonostante, la Memoria sviluppava temi e argomentazioni molto lontani dalla più classica tradizione della sinistra italiana, che pure – da Gramsci a Togliatti, fino a Berlinguer – ha dedicato una parte consistente della propria riflessione alla forma del «Partito». In effetti il discorso di Barca – che, vale la pena ricordarlo, era il discorso di un ‘tecnico’, impegnato per anni ai vertici della macchina amministrativa dello Stato – si proponeva come un tentativo di mettere a frutto la lezione dell’esperienza di governo e di superare alcuni degli ostacoli contro cui l’azione dell’esecutivo Monti si era scontrata. In altre parole, il manifesto di Barca coinvolgeva i partiti, ma proprio in quanto i partiti si erano rivelati uno strumento inefficace dal punto di vista dell’azione di governo. E la causa principale era così individuata in un rapporto viziato tra i partiti «Stato-centrici» e la macchina arcaica dello Stato. «In Italia», scriveva per esempio, «partiti Stato-centrici, macchina dello Stato arcaica ed élites che li governano vanno d’accordo, sostenendosi reciprocamente e producendo un equilibrio perverso, di sottosviluppo: una ‘fratellanza siamese… che porta al catoblepismo» (F. Barca, Un partito nuovo per un buon governo. Memoria politica dopo 16 mesi di governo, p. 13). Una delle conseguenze della «fratellanza siamese» erano sia la diffidenza dei cittadini nei confronti dei partiti sia l’«insensato conflitto generazionale» (p. 14), ma l’aspetto per molti versi più significativo che scaturiva da quell’intreccio – come sottolineava Barca in uno dei passaggi chiave – era l’inefficienza dell’azione pubblica: «Il combinato di Partiti Stato-centrici e macchina dello Stato arcaica tende a impedire politiche pubbliche efficaci e dunque buon governo, bloccando tutte le fasi del processo ricorsivo di costruzione dell’azione pubblica. La carenza di partiti con carattere e missione propri rende inadeguata e assolutamente opaca la fase iniziale di determinazione degli indirizzi delle politiche pubbliche, che dovrebbe fondarsi su una visione e su esperienze condivise attraverso un profondo, aperto e acceso confronto pubblico, sia la fase successiva del loro continuo adeguamento innovativo, che richiede la pressione e la voce robusta e ben indirizzata dei cittadini. La carenza della http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html

di Luigi Bonanate di Damiano Palano Che differenza può fare un giorno? Dopo l’11 settembre 2001, la domanda cui rispondeva negli anni Settanta Esthe... Il tempo sospeso di Boccalone. Rileggere il primo romanzo di Enrico Palandri di Damiano Palano Quando uscì nel 1979 per la piccola casa editrice milanese L’Erbavoglio, Boccalone. Storia vera piena di bugie di ... La tragedia rimossa. L’immaginario della rivoluzione italiana in «Vogliamo tutto!» di Angelo Ventrone di Damiano Palano «Ne abbiamo visti davvero tanti / di manganelli e scudi romani / però s’è visto anche tante mani / che a cercar pie... «Dobbiamo prendere atto che il ‘postTangentopoli’ è fallito». Un'intervista a Damiano Palano su "il Piccolo" di Cremona Questa intervista di Daniele Tamburini a Damiano Palano appare sul numero in uscita del periodico "il Piccolo di Cremona". ... Reinhold Niebuhr e l'Ironia della storia americana. La visione di un realista cristiano di Damiano Palano Nel 1961, in occasione di un convegno organizzato a New York, presso la cattedrale di St. John the Divine, Hans Morg... Cosa resta della «meritocrazia»? L’analisi di un mito contemporaneo sulle pagine di

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macchina statale ne sabota le altre tre fasi: la definizione delle azioni con cui attuare gli indirizzi; la loro attuazione concreta nei diversi luoghi del territorio; l’esame dei risultati ottenuti, propedeutico all’adeguamento delle azioni e alla eventuale maturazione di nuovi indirizzi. Partiti Stato-centrici e macchina dello Stato arcaica sabotano la circolazione di idee e l’interferenza cognitiva fra centro nazionale livelli locali. Da un lato, infatti, creano una barriera alla circolazione e al confronto pubblico delle soluzioni prospettate e sperimentate nei territori, impedendo a queste di concorrere a formare le preferenze e le scelte nazionali. Dall’altro, tolgono al centro la cultura, gli strumenti e l’autorevolezza per intervenire nelle situazioni dove lo sviluppo e le possibilità di partecipazione effettiva sono ora bloccati, esercitando una funzione decisiva di riparazione, promozione e indirizzo nazionale. Piuttosto, partiti e Stato tendono ad agire nei territori spesso semplicemente per conservare gli assetti dati, vuoi con decisioni autoritarie, disattente alle specificità delle persone e dei contesti, vuoi con complice lassismo» (pp. 14-15). Per rompere il legame perverso fra partiti e Stato, e per scongiurare la prosecuzione della pratica di ‘cattivo governo’, Barca non si limitava a evocare una riforma dei partiti, ma riprendeva l’idea di uno «sperimentalismo democratico», proposta da Charles Sabel. In sostanza, si trattava di evitare le due distorsioni speculari della visione ‘socialdemocratica’, che riconosce le competenze per realizzare le politiche di riforma solo al personale tecnico dell’amministrazione pubblica, e del ‘minimalismo’ liberista, che ritiene invece che le competenze siano detenute esclusivamente dai grandi soggetti privati. Al contrario, per Barca «la conoscenza necessaria per assumere decisioni pubbliche che siano davvero di interesse generale non è concentrata nelle mani di pochi», ma «è dispersa fra una moltitudine di soggetti, privati e pubblici, ognuno dei quali possiede frammenti di ciò che è necessario sapere» (p. 20). Così, per prendere decisioni efficaci, la macchina pubblica «deve costruire un percorso, che, convincendo i molteplici detentori di conoscenza e esperienza a partecipare, promuova il confronto fra le loro parziali conoscenze, consenta innovazione, e lo traduca in decisioni assunte secondo le regole di responsabilità costituzionalmente previste» (p. 21). Ma, per raggiungere un simile obiettivo, il mutamento della macchina amministrativa dello Stato non è sufficiente. Ciò che serve sono proprio i partiti, capaci di articolare conoscenze ma anche di aggregarle in grandi visioni: «Per poter dare un buon governo al paese, ossia per migliorare la qualità, la giustizia e l’efficacia delle sue decisioni, servono, in conclusione, corpi sociali intermedi che non siano specializzati nella tutela di uno solo degli interessi o valori in gioco, che abbiano una visione, che permettano un confronto pubblico acceso e aperto, che consentano flussi di idee (nelle due direzioni) tra centro e periferia, che alla fine portino queste idee all’attenzione delle persone che il metodo democratico fa eleggere o nominare negli organi costituzionali. Insomma, servono i partiti. Al plurale, perché molteplici ed escludenti sono i convincimenti generali – soprattutto lungo un’asse sinistra-destra http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html

Dalle fazioni allo Stato dei partiti. Una recensio... Il lungo tramonto dell’Europa nella riflessione de... "Il partito politico: storia, realtà, prospettive"... Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del... Povera politica, se è in mano a questi partiti. Un... A "Partito" il Premio Capri - S. Michele 2013 (Pre... Mann, Freud e i veri 'sonnambuli'. Trent'anni dopo... La storia di muro in muro. Un libro di Claude Quét... ► agosto (1) ► luglio (6) ► giugno (4) ► maggio (9) ► aprile (13) ► marzo (9) ► febbraio (4) ► gennaio (7) ► 2012 (57) ► 2011 (81)

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– di cui i partiti hanno bisogno per esercitare una carica simbolica che incentivi la partecipazione, per disporre di un linguaggio con cui realizzare il confronto, per avere un metro con cui dire i ‘si’ e i ‘no’ alle diverse ipotesi di azione pubblica» (p. 29). Era da questa specifica prospettiva – top-down più che bottomup, si potrebbe dire – che Barca giungeva a delineare il proprio Che fare?, ossia a descrivere la forma del «partito nuovo». Un partito di cui certo non era descritta in modo puntiglioso la struttura, ma che, in ogni caso, mostrava due carattere salienti. In primo luogo, il partito auspicato da Barca nella Memoria era infatti «un partito di sinistra saldamente radicato nel territorio che, essendo animato dalla partecipazione e dal volontariato di chi ha altrove il proprio lavoro e traendo da ciò la propria legittimazione e dagli iscritti parte rilevante del proprio finanziamento, torni, come nei partiti di massa del passato, a essere non solo strumento di selezione dei componenti degli organi costituzionali dello Stato, ma anche ‘sfidante dello Stato stesso’ attraverso l’elaborazione e la rivendicazione di soluzioni per l’azione pubblica» (p. 30). In secondo luogo, il partito che emergeva dal documento era un «partito palestra», capace di svolgere una funzione di «mobilitazione cognitiva», consistente prima di tutto nel «raccogliere, confrontare, selezionare, aggregare e talora produrre conoscenza sul ‘che fare’ dell’azione di governo attraverso un confronto pubblico, informato, acceso, aperto e ragionevole, nei luoghi del territorio, fra iscritti, simpatizzanti e ‘altri’ singoli o membri di associazioni, genuinamente indipendenti» e, inoltre, nel «trasferire questa conoscenza attraverso tutti i possibili strumenti della ‘voce’» (p. 32) agli amministratori locali e alla classe dirigente eletta agli incarichi di governo. Così, il partito evocato da Barca assumeva una conformazione piuttosto chiara, caratterizzata da quatto elementi: a) «Partito che mobilita, produce e pratica conoscenze sulle azioni pubbliche necessarie per soddisfare i bisogni e le aspirazioni dei cittadini»; b) «Partito del confronto pubblico informato, acceso e ragionevole»; c) Partito aperto, «sia a individui sia ad associazioni» (p. 37); d) «Partito separato dallo Stato», «sia in termini finanziari, sia in termini di relazione fra i funzionari del partito, locali, regionali e nazionali, da un lato, e le persone che il partito stesso concorre a fare eleggere o nominare negli organi di governo – locali, regionali e nazionali – o che vengono selezionate con criteri di merito (e non su proposta o pressione dei partiti) nell’amministrazione, nelle agenzie e autorità, negli enti di pubblica proprietà, dall’altro» (p. 38). Apparso in un momento in cui il Partito Democratico, dopo la delusione delle elezioni di febbraio, pareva a un passo dalla dissoluzione, il manifesto di Barca sollecitò una serie di critiche e commenti, oltre che il sospetto di una sorta di ‘scalata’ dei vertici del partito da parte di un ‘ex-tecnico’. Ora quei sospetti sono ormai piuttosto lontani, e la partita per la successione di Epifani al vertice del Pd non sembra coinvolgere – se non indirettamente

di Damiano Palano Recensione a Mauro Magatti, Libertà immaginaria. Le illusioni del capitalismo tecno-nichilista , Feltrinelli, Milan... Il nuovo odio per la democrazia. Uguaglianza, politica e biopolitica (a proposito di Jacques Rancière) 2/4 di Damiano Palano segue da: Il nuovo odio per la democrazia. Uguaglianza, politica e biopolitica (a proposito di Jacques Rancière) 1/4 ... L’amico del giaguaro. Leggendo "Bersani", una biografia di Ettore Maria Colombo di Damiano Palano Capita qualche volta che un destino ingeneroso inchiodi un leader politico a un episodio infelice, a una f... L’ambivalenza dello straniero. A proposito di un libro di Umberto Curi Per illustrare l’ipotesi sulla cruciale contrapposizione fra amico e nemico, Carl Schmitt, nel suo celebre Begriff des Politischen , ricorre...

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– Fabrizio Barca. Ciò nondimeno, la Memoria rimane ancora oggi un documento interessante per discutere del futuro della forma-partito evitando le più facili scorciatoie dell’anti-politica, o, meglio, di quella retorica ‘anti-partito’ di cui Salvatore Lupo ha http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html

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descritto recentemente le mille declinazioni, oltre che l’inesauribile forza, lungo il corso di tutta la storia repubblicana (cfr. S. Lupo,

Anti-partiti. Il mito della nuova politica nella storia della Repubblica (prima, seconda e terza), Donzelli, Roma, 2013). Ed è anche per questo che è molto utile la lettura del volumetto Il

triangolo rotto. Partiti, società e Stato, pubblicato proprio in questi giorni da Laterza (pp. 105, euro 10.00), in cui vengono riprodotte le relazioni tenute da Piero Ignazi e dallo stesso Barca nel corso di un seminario organizzato dall’editore nel maggio scorso, insieme agli interventi dei partecipanti al fitto dibattito (Nando Pagnoncelli, Walter Tocci, Laura Pennacchi, Carlo Borgomeo, Concita De Gregorio, Luca Telese, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Goffredo Bettini, Salvatore Biasco, Marco d’Eramo, Piero Bevilacqua, Andrea Ranieri, Claudia Mancina, Erica Jozsef). Non è certo fortuito che a introdurre la discussione sia Ignazi. In effetti, gran parte del ragionamento sviluppato da Barca nella memoria procedeva dall’immagine dei partiti «Stato-centrici», un’immagine proposta proprio da Ignazi nel suo recente Forza senza legittimità. Il vicolo cieco dei partiti (Laterza, Roma - Bari, 2013), un saggio in cui i partiti vengono descritti impietosamente come «creature gigantesche che si muovono impacciate e ingorde come dei Leviatani sgraziati». Nel saggio che introduce Il triangolo rotto, Ignazi torna naturalmente proprio su quella immagine, ma tiene anche a chiarire come il deterioramento del lato del triangolo che unisce i partiti alla società non caratterizzi esclusivamente l’Italia. In linea generale, scrive comunque Ignazi, le ragioni del deterioramento possono essere ricondotte a una principale: «la discrasia tra l’idea, l’immagine ricevuta che ancora alligna nell’immaginario collettivo di ciò che ‘deve’ essere un partito, e le trasformazioni socioeconomiche e culturali della società negli ultimi decenni» (p. 3). In altre parole, a dare sostanza effettiva alla crisi del rapporto fra società e partiti è il http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lave...


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