INGRAO G., Teoria e tecnica dell’imposizione tributaria, Messina, 2018 PDF

Title INGRAO G., Teoria e tecnica dell’imposizione tributaria, Messina, 2018
Author Marzia Tomaselli
Course Diritto Tributario
Institution Università degli Studi di Messina
Pages 171
File Size 3.4 MB
File Type PDF
Total Downloads 63
Total Views 254

Summary

DIRITTO TRIBUTARIO Capitolo 1: la nozione di tributo Il tributo rappresenta la rilevante tipologia di mezzi finanziari di cui lo Stato si dota per sostenere la spesa pubblica. I tributi solitamente rientrano nelle c. Entrate di Diritto Pubblico (confische, sanzioni, prestazioni amministrative, prest...


Description

DIRITTO TRIBUTARIO Capitolo 1: la nozione di tributo Il tributo rappresenta la più rilevante tipologia di mezzi finanziari di cui lo Stato si dota per sostenere la spesa pubblica. I tributi solitamente rientrano nelle c.d. Entrate di Diritto Pubblico (confische, sanzioni, prestazioni amministrative, prestazioni previdenziali) che trovano la loro fonte nella legge e si caratterizzano per la coattività, in quanto non rileva la volontà del soggetto passivo ai fini della corresponsione della prestazione patrimoniale. La spesa pubblica viene finanziata in modo marginale anche dalle c.d. entrate di diritto privato (affitti, concessioni, somme incassate per lotterie) che trovano la loro fonte nel contratto e si caratterizzano per la sinallagmaticità del rapporto. I tributi possono anche essere utilizzati per finalità extratributarie, ad esempio per indirizzare i contribuenti verso alcuni consumi o investimenti detassandoli o tassandoli in modo aggravato o per disincentivare la proposizione di controversie (es. contributo unificato), l’importante è che anche le finalità extratributarie rispettino la capacità contributiva. Il concetto di tributo si è evoluto in base all’evoluzione del concetto di Stato: nello stato liberale ottocentesco i tributi si pagavano sugli averi, la tutela dei diritti individuali era preminente rispetto a quella degli interessi collettivi e la spesa pubblica veniva finanziata soprattutto con entrate di diritto privato. Con l’avvento dello Stato sociale nel secondo novecento, il tributo assume una connotazione differente perché si ispira a concetti di solidarietà e giustizia distributiva, e la prestazione patrimoniale del contribuente è finalizzata a garantire un’esistenza libera e dignitosa a tutti i consociati. L’attuale assetto costituzionale tutela la proprietà e altri diritti inviolabili del cittadino, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, ma richiede l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica e economica e sociale, infatti proprio per garantire una maggiore tutela di questi diritti si è assistito ad un maggior intervento statale e quindi ad un netto incremento di spesa pubblica. L’esigenza di definire la nozione di tributo si è avvertita con la Costituzione, infatti: - L’art.75 vieta l’abrogazione mediante referendum abrogativo delle leggi tributarie - L’art.81 vieta l’introduzione di nuovi tributi con la legge di approvazione del bilancio - L’art.14 rende legittime le deroghe all’inviolabilità del domicilio per accertare le evasioni fiscali Il concetto di tributo viene menzionato anche in leggi ordinarie, infatti:

- Lo Statuto dei diritti del contribuente vieta l’introduzione di nuovi di tributi con decreto-legge - La l.241/90 dispone che il diritto di accesso agli atti nel procedimento amministrativo non trova applicazione per i procedimenti tributari - L. l.472/97 disciplina il procedimento sanzionatorio in caso di violazione delle norme tributarie - I dpr 600 e 602 del 1973 disciplinano l’accertamento e riscossione dei tributi - Il d.lgs. 546/92 individua l’oggetto della giurisdizione delle Commissioni tributarie in “tributi di ogni genere e specie, comunque denominati”. Mancando una definizione normativa del tributo, la Corte costituzionale ha contribuito definendolo come prestazione patrimoniale: - Prelevata in modo coattivo in assetto non sinallagmatico - Che determina una decurtazione patrimoniale definitiva - Destinata a sostenere la spesa pubblica In questo modo la nozione di tributo si estende anche a quelle prestazioni patrimoniali scaturenti da vincolo contrattuale, purché il quantum dovuto sia predeterminato da atto autoritativo (si pensi ai c.d. monopoli fiscali, i quali trovano la loro fonte nel contratto ma i prezzi sono predeterminati autoritativamente); inoltre il tributo prescinde dalla natura privata o pubblica del soggetto, se connesso all’erogazione di un servizio pubblico o all’esercizio di una pubblica funzione (si pensi ad es. al canone Rai, corrisposto alla società privata Rai spa, per la fruizione di un servizio pubblico). Ciò che connota maggiormente il tributo sono la coattività e la finalità di sostenere la spesa pubblica, ma tali requisiti si atteggiano in maniera differente a seconda del tipo di tributo, infatti la tassa presenta il requisito della coattività meno marcato rispetto all’imposta; allo stesso modo risulta meno marcata la finalità di sostenere la spesa pubblica nei tributi doganali, i quali hanno l’obiettivo di acquisire un’entrata per l’Erario, ma in primis di limitare l’ingresso di determinate merci provenienti da paesi terzi. A riguardo la Corte di Cassazione ha riconosciuto la nozione di tributo sia ai c.d. diritti camerali, che vengono versati annualmente dalle imprese presso le camere di commercio, e alle quote associative versate dai liberi professionisti iscritti agli albi degli ordini professionali (medici, avvocati, notai, commercialisti, ecc.) La giurisprudenza amministrativa ha invece negato la nozione di tributo nei confronti delle prestazioni patrimoniali per le zone a traffico limitato, in quanto finalizzate unicamente a limitare il traffico in alcune zone.

La dottrina inizialmente identificava il tributo nell’imposta, successivamente ha incluso nella nozione di tributo anche tasse e tariffe. Tuttavia non è sempre facile distinguere tra ciò che è tributo e ciò che non lo è. Un sistema fiscale composto da diverse tipologie di tributo svolge la duplice funzione di: - Assicurare un più ampio coinvolgimento di consociati al sostenimento della spesa pubblica - Illusione fiscale: il contribuente non percepisce l’effettiva entità dell’onere economico - Alcuni fatti economici vengono assunti a fattispecie di diversi tributi (es. cessione di un bene immobile è soggetta a imposta di registro, talvolta anche a Irpef)→ questo non determina una doppia imposizione vietata dalla legge, perché i tributi rispondono a logiche diverse e utilizzano criteri diversi di determinazione dell’imponibile In ogni caso l’imposizione fiscale non è illimitata, ma trova il suo limite nell’art.53, che sancisce la capacità contributiva. Negli ultimi anni si sta sviluppando sempre di più il fenomeno delle erogazioni liberali, che consistono in erogazione effettuate dai contribuenti a favore di soggetti appartenenti al c.d. Terzo Settore (= Università, Chiesa Cattolica, Onlus, Organizzazione non governative e simili) le quali sono deducibili dal reddito tassabile ai fini delle imposte sui redditi, e maggiore sarà il sostegno finanziario del contribuente a favore di tali soggetti, minore sarà l’esborso dello Stato per finanziare in via diretta tali servizi, riducendo così la spesa statale per tali servizi. La ratio di queste erogazioni risiede nell’art.2 Cost. in base al quale si richiede l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Ma si tratta di una forma di concorso che è destinata a restare marginale, altrimenti si devolverebbe ai singoli la possibilità di scegliere i servizi pubblici da finanziare, scelta che spetta unicamente alla collettività per mezzo dei suoi rappresentanti, che devono infatti stabilire cosa e come tassare ma anche le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche. L’imposta sul reddito non è certamente l’unica tipologia di concorso alla spesa pubblica, ma comunque è la più rilevante e per questo si giustificano i limiti di deducibilità dal reddito complessivo Irpef delle erogazioni fatte a soggetti che svolgono attività particolarmente meritevoli di interesse generale. Infine va precisato che non costituiscono forme di erogazioni liberali il c.d. 8 per Mille e il 5 per Mille del tributo Irpef, perché tali somme che il contribuente intende destinare a determinati soggetti per finalità umanitarie, sociali e/o culturali rientrano in quelle comunque dovute a titolo di Irpef in relazione

al reddito complessivo realizzato→ non vi è quindi uno spirito di liberalità, ma semplicemente la possibilità di decidere la destinazione del prelievo fiscale. L’Imposta rappresenta la figura principale di prelievo tributario, e viene prelevata coattivamente in relazione a fatti economicamente rilevanti espressivi di capacità contributiva. E’ ovviamente destinata al sostenimento della spesa pubblica, ma in essa non rileva né il modo in cui vengano utilizzate le risorse economiche acquisite, né l’effettiva fruizione di funzioni o servizi pubblici. La causa impositiva dell’imposta risiede degli art.2,3 e 53, che sanciscono rispettivamente i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, uguaglianza tributaria e capacità contributiva. Infine si caratterizza per: - La funzione solidaristica, nel senso che si paga in quanto si appartiene ad una determinata collettività - Il principio del sacrificio, nel senso che il sacrificio del contribuente verrà compensato dal vantaggio procurato all’intera collettività. La complessità dell’imposta sta nel fatto che gli indici di capacità contributiva (reddito, patrimonio e consumo) non sono sempre di facile individuazione e misurazione, e questo può implicare un’alta propensione all’evasione fiscale. Nel nostro ordinamento infatti si corrispondono: - Imposte sui redditi (IRPEF E IRES) che forniscono il maggior gettito tributario e sono in un certo senso tollerate dalla collettività in quanto il possesso di un reddito denota inequivocabilmente la sussistenza di capacità contributiva; - Imposte sui consumi (IVA) che colpiscono bisogni essenziali dei contribuenti e vengono pagate a prescindere dal reddito o patrimonio del soggetto; - Imposte sul patrimonio (IMU, imposte sulle successioni e donazioni) per le quali si fa comunque riferimento al reddito (infatti non è detto che se tizio possiede un determinato immobile sia poi in grado di far fronte a tali imposte). Talvolta per far fronte ad esigenze straordinarie di cassa si utilizzano: - Sovrimposte→ costituiscono un tributo autonomo, ma per la quantificazione si rifanno alla base imponibile di un altro tributo (es. Robin Hood Tax, che è stata abrogata nel 2015, si basava sui parametri Ires e veniva corrisposta dalle imprese operanti nel settore energetico) - Addizionali→ non costituiscono un tributo autonomo, ma prevedono una maggiorazione (aliquota aggiuntiva) del tributo, che è destinata ad

ente diverso da quello statale (si pensi alle c.d. addizionali comunali IRPEF, la maggiorazione è destinata appunto al Comune) La Tassa è un’altra forma di prelievo tributario che trova la sua copertura costituzionale nell’art.53 Cost. (=principio di capacità contributiva) e secondo gli studi di scienza delle finanze si occupa di servizi pubblici divisibili e risponde al principio del beneficio, al contrario dell’imposta che invece si occupa di servizi indivisibili e risponde al principio del sacrificio. In un’accezione giuridica, la tassa è direttamente collegata all’esercizio di una pubblica funzione ovvero all’erogazione di un pubblico servizio: questo stretto collegamento tra la prestazione patrimoniale e esercizio di pubblica funzione/erogazione di servizio pubblico la connota come tributo commutativo, in base al quale la decurtazione patrimoniale del contribuente è compensata dall’utilità che ne ricava dalla funzione pubblica/servizio pubblico, a differenza di quanto avviene nei tributi contributivi dove la decurtazione patrimoniale viene giustificata in relazione alla capacità contributiva manifestata. Avendo come presupposto l’esercizio di pubblica funzione o l’erogazione di servizio pubblico, in essa non rileva la capacità contributiva, anche perché non è corrisposta con l’attività di autoliquidazione del tributo da parte del contribuente, ma è richiesta direttamente dall’ente che fornisce funzioni o servizi pubblici. Per tali motivi la tassa si colloca in una ipotesi di confine tra il ‘tributo’ e i corrispettivi di diritto privato che il cittadino paga per usufruire di pubblici servizi, e la sua quantificazione è tendenzialmente collegata al costo dei servizi erogati. Il carattere commutativo della tassa va inteso in senso atipico da quello civilistico (es. prestazioni corrispettive che richiedono la sinallagmaticità) infatti nei tributi commutativi lo scambio di utilità non ha rilevanza sinallagmatica, perché non è mai assicurata una corrispondenza tra utilità ricevuta e onere economico sopportato→ infatti la dottrina definisce le tasse come ‘tributi paracommutativi’. Secondo la corte costituzionale la tassa infatti sarebbe svincolata dalla capacità contributiva perché non viene tassata una manifestazione di capacità economica, e troverebbe le sue garanzie non nell’art.53 cost., bensì nel diritto alla restituzione in caso di mancata erogazione del servizio/funzione per causa imputabile all’ente e nel fatto che il quantum dovuto non deve superare il costo del servizio erogato. Parte della dottrina però ritiene che la tassa sia comunque coperta dalle garanzie ex art.53 Cost., come tutti gli altri tributi, in modo tale da tutelare gli utenti da determinazioni sproporzionate della tassa. Pertanto, se la tassa ha ad oggetto servizi pubblici essenziali come istruzione, sanità e assistenza, per la parametrazione si deve comunque fare

riferimento alla capacità contributiva, quindi sarebbe meglio qualificarla come tributo a carattere ibrido, in parte commutativo e in parte contributivo, cioè paracommutativo. L’art.41 della costituzione tutela la libertà di iniziativa economica, tuttavia lo Stato talvolta può riservare lo svolgimento di una determinata attività economica ad un soggetto specifico, con il limite dell’utilità generale dell’attività ex art.43 Cost. I monopoli di diritto infatti rispondono a questa ratio e tendono ad assicurare la massima fruibilità di un servizio essenziale a tutti i consociati. I monopoli fiscali invece, si possono assimilare alle imposte sul consumo, hanno l’obiettivo di acquisire gettito tributario e sono monopoli di diritto ove esistano esigenze di utilità generale da tutelare. Il soggetto che opera in regime di monopolio applica prezzi superiori rispetto a chi opera in regime di perfetta concorrenza. Il prezzo contiene: - Una componente corrispettiva, connessa al bene o servizio ceduto in regime di monopolio - Una componente aggiuntiva che viene acquisita dallo Stato La normativa UE in tema di monopoli fiscali vieta i monopoli che si pongono in contrasto col principio di non discriminazione tra stati membri in relazione agli approvvigionamenti e gli sbocchi e impone ai monopoli di rispettare comunque le norme sulla concorrenza. In atto esistono i monopoli del lotto, tabacchi lavorati e sigarette. Tributi Ambientali→ Per tributi ambientali si intendono quelle prestazioni coattive giustificate dal danno recato all’ambiente dal soggetto. Esistono diversi rimedi per prevenire gli effetti dannosi sull’ambiente, come quello sanzionatorio e risarcitorio. Il terzo rimedio è appunto quello del tributo ambientale che è indennitario, si ha quando gli effetti dannosi per l’ambiente non si possono evitare e nasce dal Trattato UE che ha consacrato il principio “chi inquina paga”. Attualmente nel nostro ordinamento solo l’imposta sull’inquinamento acustico degli aeromobili si avvicina a questo tipo di tributo, mentre la tassa per la raccolta dei rifiuti e le imposte di fabbricazione pur essendo finalizzate ad ottenere effetti positivi sull’ambiente sono comunque collegate all’esistenza di un indice di capacità contributiva del soggetto passivo o all’esercizio di una pubblica funzione, quindi rientrano nella ‘normale’ categoria di tributo finalizzato a sostenere la spesa pubblica, perché in questo caso la tutela dell’ambiente rappresenta un mero effetto indiretto. Si parla di ‘tributi indennitari’ non in relazione a manifestazione di ricchezza, bensì in base al rapporto causa-effetto tra l’attività svolta e il danno arrecato all’ambiente.

Capitolo 2: le fonti del diritto e i principi costituzionali Il diritto tributario è una disciplina giuridica governata da principi e regole fissati da fonti di produzione del diritto ordinate tra loro secondo il criterio gerarchico. Nell’ambito delle fonti interne al primo posto troviamo la Costituzione che fissa i principi fondamentali del diritto tributario, tra i quali troviamo:

❖ l’art.23 Cost. che sancisce la riserva di competenza della legge per la disciplina dei tributi ❖ l’art.53 Cost. che sancisce il principio di capacità contributiva ❖ artt.2 e 3 Cost. che sanciscono l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà economica e l’uguaglianza formale e sostanziale ❖ art.24 sancisce il diritto d difesa anche in materia tributaria ❖ art.75 cost. vieta il referendum abrogativo per le leggi tributarie ❖ art.81 cost. vieta di imporre nuovi tributi con la legge di approvazione del bilancio dello Stato. ❖ Art.97 cost. sancisce il principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione anche negli uffici tributari ❖ Art.111 cost. assicura un giusto processo anche in ambito tributario ❖ Artt.117 e ss. attribuisce la competenza anche agli enti locali di imporre tributi. Tutti questi principi devono essere adottati magis ut valeat, al meglio della loro capacità espansiva, per assicurare la migliore attuazione di tali diritti e doveri. Dopo la Costituzione, al secondo posto troviamo le leggi ordinarie statali e regionali e atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi): tra le leggi ordinarie, di fondamentale importante è lo Statuto dei diritti del contribuente (l.212/2000) che stabilisce ulteriori principi in ambito tributario che vanno integrati con quelli costituzionali, ai quali devono attenersi sia il legislatore sia l’Amministrazione finanziaria, nell’esercizio dell’attività di controllo e di imposizione dei tributi. Lo Statuto dei diritti del contribuente si autoqualifica all’art.1 comma1 come ‘norma di attuazione degli artt.3, 23, 53 e 97 della Costituzione’→ quindi le sue disposizioni possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali, in quanto rappresenta una “legge ordinaria rafforzata”. In realtà la sua valenza non è molto chiara, perché: - Parte della dottrina ritiene che lo Statuto possiede una valenza superiore rispetto alle leggi ordinarie (es. preleggi del codice civile) - Altra parte della dottrina ritiene che lo Statuto possiede un importante valore politico e ideologico, ma non condizionante rispetto alle altre norme, in quanto approvato con legge ordinaria.

La Corte Costituzionale propende per il secondo orientamento, in quanto la Commissione tributaria non può sollevare questione di legittimità costituzionale se una legge ordinaria viola lo Statuto, perché anch’esso a sua volta è una legge ordinaria, pertanto il giudice tributario non può disapplicare una legge ordinaria perché la ritiene in contrasto con una norma o principio dello Statuto. Tuttavia lo Statuto condiziona l’interprete in sede di applicazione di leggi tributarie, quindi la sua efficacia condizionante è circoscritta ai profili interpretativi della materia. L’iperproduzione normativa tributaria negli ultimi decenni ha contribuito a determinare uno stato di confusione e incertezza, proprio perché spesso manca la norma giuridica che individui in modo specifico il comportamento fiscale da tenere, determinando spesso l’intervento del legislatore tributario in sede di interpretazione autentica. Dopo la Costituzione, leggi ordinarie statali e regionali e atti aventi forza di legge, al terzo posto troviamo i regolamenti ministeriali e governativi, che disciplinano alcuni aspetti della materia tributaria per le parti non coperte da riserva di legge. Non fanno parte delle fonti del diritto tributario usi e consuetudini. Fonti comunitarie→ il trattato istitutivo della Comunità Europea ha comportato notevoli restrizioni in ambito tributario, perché il prelievo fiscale incide notevolmente sul principale obiettivo dell’UE di creare un mercato interno. L’art.113 TFUE infatti stabilisce che il Consiglio all’unanimità secondo procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale adotta le disposizioni che riguardano l’armonizzazione delle legislazioni relative all’imposta sulla cifra d’affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, al fine di assicurare il funzionamento del mercato interno e di...


Similar Free PDFs