Teoria E Tecnica Completo - Diadori PDF

Title Teoria E Tecnica Completo - Diadori
Author Vanessa Gallo
Course Teoria e tecnica della traduzione
Institution Università per Stranieri di Siena
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Sbobine corso + Libro riassunto....


Description

TEORIA E TECNICA DELLA TRADUZIONE 21/09/2020

Libro:

TRADURRE: UNA PROSPETTIVA INTERCULTURALE

Quando dobbiamo tradurre, sappiamo che non esiste la tecnica traduttiva esatta, ma bisogna individuare le strategie migliori in relazione alle lingue e al PROTOTESTO (testo originale) per realizzare il METATESTO (testo tradotto). Quando si traduce, non si traduce solo la lingua, ma vanno visti e considerati anche i riferimenti culturali: esistono diverse teorie e tecniche per poter tradurre. LAVORO FINALE: TESINA → scegliere un testo turistico, di qualsiasi tipo, e fare due/tre pagine di commento.

Capitolo 1 (pag.17) IL BILINGUISMO, MEMORIA, PROCESSI MENTALI: ALL’ORIGINE DELL’ABILITA’ TRADUTTIVA In generale, l’individuo bilingue è colui che traduce da una lingua all’altra attraverso processi mentali molto più evoluti e rapidi di un altro individuo che invece ha bisogno di tecniche di traduzione precise. Vi sono molti modi per tradurre il bilinguismo; alcune lingue hanno ripreso il significato dal latino: due lingue, altre, come il tedesco, nella quale vuol dire calco, no. Durante il corso degli anni la definizione di bilingue è cambiata: - 1933: il linguista americano Leonard Bloomfield dà la prima definizione di bilinguismo → “possesso da locutore nativo di due lingue”, cioè una persona competente su due lingue - 1953: Einar Haugen lo definisce come “l’attitudine a produrre in un’altra lingua degli enunciati corretti portatori di significato”, cioè chi produce in una lingua diversa rispetto a quella madre degli enunciati corretti - 1953: Uriel Weinreich sposta il problema dalle caratteristiche intrinseche del bilinguismo (ovvero il livello di competenza) a quelle estrinseche (alternanza tra una lingua e l’altra) e riconosce che il bilinguismo come “l’abitudine di usare alternativamente due lingue”. Entra nell’ambito della sociolinguistica (bilinguismo sociale). - 1967: John Macnamara → “il bilingue è il soggetto con una competenza parziale in una seconda lingua (L2)” - 1986: Beatens Beardsmore afferma una definizione di bilinguismo come: “doppio mezzo, opzionale o necessario, di comunicazione efficace tra (due lingue) due o più mondi che utilizzano sistemi linguistici diversi” Ad oggi, il bilinguismo può essere analizzato: - dal punto di vista psicolinguistico come BILINGUISMO INDIVIDUALE, che indica la compresenza di almeno due lingue. (ES: gli italiani che capiscono lo spagnolo anche se effettivamente non lo conoscono). - dal punto di vista sociolinguistico come BILINGUISMO SOCIALE, indicando la compresenza e la conoscenza di pari o di diverso grado di almeno due lingue in una società (Quebec, Trentino). Questo tipo di bilinguismo lo si può trovare all’interni delle società attraverso i cartelli stradali, gli annunci ecc. Per tanto, del bilinguismo, si occupano: a) la sociolinguistica → studia i fenomeni delle lingue in relazione al contatto, ai ruoli reciproci degli interlocutori, alle funzioni comunicative. b) la glottodidattica → si occupa dell’apprendimento e dell’insegnamento delle lingue e delle metodologie dedite all’acquisizione della L2. c) la traduttologia → si occupa delle forme di mediazione scritta e orale e del passaggio da un codice all’altro. d) la psicolinguistica → studia i processi mentali associati a: - lo sviluppo della personalità bilingue;

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il funzionamento del cervello bilingue rispetto a uno normale; la memorizzazione e il reperimento delle informazioni della L2; le varietà legate al bilinguismo; l’acquisizione spontanea della L2.

TIPI DI BILINGUISMO Grazie alla psicolinguistica e alla sociolinguistica, si distinguono vari tipi di bilinguismo secondo vari parametri. - Tempi di esposizione alla L2: [BILINGUISMO INDIVIDUALE NELL’ETA’ EVOLUTIVA] 1. BILINGUISMO PRECOCE → due o più lingue acquisite nella prima infanzia. Non si sa riconoscere la lingua madre. ES: chi è cresciuto in una famiglia bilingue, inizialmente non sa riconoscere la L1, ma con il tempo cambierà. I tempi di esposizione cambiano l’acquisizione dei tratti fonetici della stessa lingua in maniera ottimale. L’infanzia è importante per comprendere gli aspetti intonativi e fonatori di una lingua poiché l’individuo non ne riconosce una difficoltà di parlarla come un adulto per esempio. 2. BILINGUISMO TARDIVO → una o più lingue sono acquisite dopo la pubertà: Comprende l’acquisizione di una lingua in modo più consapevole e difficoltoso: avviene dopo l’infanzia. Alcuni vantaggi dell’apprendimento bilingue infantile: - plasticità cerebrale, equilibrio fra i due emisferi - imitazione e automatizzazione verbale - contatti sociali - empatia -

Modalità di apprendimento: [EDUCAZIONE BILINGUE] 3. BILINGUISMO PRIMARIO → assimilazione naturale e spontanea della L2 per parte della famiglia, quindi senza alcun metodo di insegnamento. 4. BILINGUISMO SECONDARIO → acquisizione delle competenze della L2 attraverso lo studio attraverso riflessioni e limitazioni. * Il bambino che parla una lingua diversa da quella della scuola del paese sviluppa autonomamente le BICS, ma bisogna imparare le CALP *

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Livelli di competenza: 5. SUBORDINATO → quando una lingua (dominante) rimane la lingua base rispetto all’altra (dominata); si deve fare lo sforzo di mantenimento alla lingua madre. 6. BILANCIATO (o equilibrato) → la compresenza della conoscenza delle due lingue ad un livello equo. 7. ASCENDENTE (o additivo) → affinità tra le lingue; la competenza di entrambe le lingue si rafforza. 8. DISCENDENTE → quando per alcune ragioni psicologiche, una lingua sopprime l’altra: l’erosione di una delle due lingue.

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Abilità: 9. RICETTIVA → si può comprendere una lingua, ma non la si sa produrre. 10. PRODUTTIVA → si è capaci di leggere e parlare in L2 con delle difficoltà di riconoscimento delle varietà regionali. 11. CON DOPPIA ALFABETIZZAZIONE → di chi sa leggere e scrivere in entrambe le lingue.

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Acculturazione: 12. CON ACCULTURAZIONE E BICULTURALITA’ → entrambe le lingue associate a due culture di riferimento; come per esempio un bambino che impara una lingua collegandola ai contesti culturali. 13. CON SCARSA ACCULTURAZIONE → quando una lingua viene appresa indipendentemente dal contatto culturale (per lo più insegnata da un non madre lingua; es: l’inglese insegnato senza contatto con i parlanti anglofoni). 14. FORTE ACCULTURAZIONE MA SCARSA ALFABETIZZAZIONE → come gli immigrati che parlano parzialmente la lingua del luogo, ma non la conoscono a livello grammaticale e didattico.

- Concettualizzazione Sono stati fatti degli studi per quanto riguarda l’età di apprendimento della lingua. 15. INTEGRATO → il soggetto apprende le due lingue contemporaneamente in un bacino mentale unico: nella prima infanzia può iniziare a scambiare le due lingue 16. COORDINATO → quando la L2 è appresa in un’età che non è quella infantile in un ambiente non familiare, e ogni lingua ha una propria autonomia.

CHE TIPO DI BILINGUE SEI? Il grande numero di studi sul bilinguismo precoce ha messo alla luce il minore rendimento dei bambini bilingui immigrati rispetto ai coetanei monolingui. Questo ritardo nel momento della produzione orale del bambino bilingue sembrava confermare questa tesi, ma in realtà si è capito che con i test verbali i bambini bilingue ottengono risultati mediocri, in quelli non verbali non si ha alcuna differenza rispetto agli altri. Gli studi più recenti sul bilinguismo infantile si sono concentrati sulla relazione fra bilinguismo e sviluppo cognitivo. Non vi è nessuna indagine che confermi gli svantaggi del bilinguismo nel bambino, ma piuttosto ci si fa influenzare da delle credenze sociali e affettive. Tra i maggiori sostenitori del bilinguismo precoce vi è lo psicolinguista e glottodidatta Renzo Titone: - ragioni neurologiche: la plasticità neurocerebrale del bambino in età infantile facilitano l’acquisizione di sistemi verbali diversi. - ragioni psicoevolutive: nella prima infanzia si ha una assimilazione subconscia delle due lingue. - ragioni psicosociolinguistiche: la spinta alla comunicazione rappresenta l’autoconservazione della seconda lingua che allarga queste possibilità come mezzo nei contatti sociali. - ragioni personologiche: nei primi cinque anni di vita il bimbo intrattiene stretti contatti con il mondo, questo facilita la socializzazione verbale nella L2. Dal bilinguismo emergono i fenomeni di cui da sempre la traduzione si occupa.

Fin dall’antichità è stata praticata l’educazione bilingue: Nell’antica Roma venivano parlate sia il greco che il latino. Nel XX secolo si sono attribuiti al bilinguismo precoce alcuni problemi di tipo cognitivo, e una delle tante voci contrarie all’educazione bilingue è quella di Otto Jespersen (linguista danese) che sottolineato la difficoltà del bambino a mantenerla L2. Il neurochirurgo canadese Wilder G. Penfield: uno dei primi a sostenere l’importanza dell’educazione plurilinguistica precoce, elaborò la teoria della plasticità celebrale → nei primi 10 anni di vita il

cervello del bambino è specializzato nell’acquisizione delle lingue che in futuro accrescono anche altri tipi di apprendimento. Negli anni ‘80 vengono attenziona ti I bambini bilingue nel contesto migratorio. In particolare, Jim Cummins (psicolinguista canadese) studia i bambini che vengono inseriti nelle scuole ed individua due fasi di tipo linguistico e cognitivo che l’individuo attraversa prima di avere accesso ai contenuti disciplinari: 1. Basic Interpersonal Communative Skills (BICS) → il bambino sviluppa nella lingua del paese di accoglienza le proprie competenze comunicative di base. 2. Cognitive Academic Language Proficiency (CALP) → sviluppa nella l 2 le abilità logico cognitive associate ha una padronanza comunicativa avanzata. Questa padronanza avanzata si sviluppa solo mettendo in relazione le 2 lingue. Michele Paradis, neurolinguistica canadese è anche lui a favore del bilinguismo precoce, e grazie ad alcune ricerche rileva come nella prima infanzia la L2 venga acquisita e memorizzata nei sistemi della “memoria implicita”, al contrario, una lingua appresa nella seconda decade di vita viene memorizzata seconda la “memoria esplicita”. In generale, ogni lingua ha delle caratteristiche formali e culturali che nella traduzione emergono in maniera particolare.

22/09/ IL CERVELLO BILINGUE Ad oggi, il dibattito non riguarda solo gli aspetti negativi o positivi del bilinguismo precoce, ma si fa attenzione a come il cervello bilingue possa funzionare. Franco Fabbro, un neurolinguista italiano, ha studiato la neuroanatomia funzionale del cervello bilingue. Afferma le varie forme di educazione bilingue del bambino in cui: - acquisisce le due lingue già dalla prima infanzia grazie alla famiglia; - acquisisce la L2 solo dopo i 6 anni; - usa le due lingue in contesti diversi; - alfabetizza contemporaneamente le due lingue. L1: emisfero sinistro L2: aree variabili secondo il periodo di apprendimento. Al centro di tutto c’è la persona, ma prima ancora il cervello. Quali sono le caratteristiche del linguaggio dal punto di vista neurologico? Cosa accade nel cervello di un bilingue? Cosa lo differenzia da uno monolingue? Ogni fenomeno riferito allo sviluppo linguistico ci rimanda ai processi della mente. La questione del linguaggio ha sempre interessato l’umanità (già dell’epoca egizia), anche se gli studi più efficaci sono avvenuti recentemente. I primi studi ufficiali nascono alla fine del XIX secolo quando Fraz Joseph Call pensa che ogni facoltà della mente fosse localizzata in un’area specifica e che quindi sono i lobi frontali ad essere responsabili per la formazione e la gestione del linguaggio nell’emisfero cerebrale. Il suo oppositore, Pierre Flourens sosteneva invece l’unità del lavoro cerebrale. Nel 1861, l’antropologo e chirurgo Pierre Paul Broca studiò un paziente all’ospizio di Parigi con un disturbo del linguaggio che lo portava a parlare lentamente e male con solo una sillaba, a non produrre parole, ma capiva le riproduzioni esterne. Quando morì, a seguito dell’autopsia, Broca, in base alla legge dell’incrociamento sferico, ipotizzò che la parte dell’emisfero sinistro era danneggiata: si pensò ad una emisferizzazione della funzione cerebrale del linguaggio concentrato in questa area, lobo frontale → area di Broca. Qualche anno dopo, Karl Wernicker, medico polacco, studiò un altro paziente con disturbi linguistici diversi, una persona che non capiva ma che sapeva parlare: mostra una lesione al lobo temporale dell’emisfero sinistro → area di Wernnicke.

Dato che in entrambi i casi di studio le aree danneggiate erano nell’emisfero sinistro, dalla fine dell’800 fino al 900, questa ipotesi portò gli studiosi ad affermare la dominanza emisferica. Le prime riflessioni contrarie alla dominanza sferica vennero nel XX secolo quando si afferma la “teoria della forma” → una forma viene percepita come un tutto e non si riduce alle parti che la formano. Tra gli anni ’30 e ’40 del XX secolo, gli studi sul funzionamento neurolinguistico proseguirono e Wilder Penfield (formulò la teoria della plastica cerebrale) scoprì che ci sono altre zone del cervello interessate al linguaggio. Nello stesso periodo uno psicologo russo, Aleksandr Lurija, scopre il modello di organizzazione del linguaggio che è coordinato da numerose aree cerebrali. Questa dominanza viene ulteriormente messa in dubbio negli anni ’60 grazie a delle terapie effettuate su pazienti epilettici: durante le operazioni venivano tagliati i punti di contatto tra i due emisferi cerebrali (perché pensavano che tanto il linguaggio non sarebbe stato danneggiato) e scoprirono che i due emisferi elaborano le informazioni in modo diverso ma complementare. Quindi si capì, a metà del 900, che anche l’emisfero destro aveva un ruolo. I ricercatori Robert Sperry e Michael Gazzaniga hanno dimostrato lo “split brain” o cervello diviso e dunque la teoria della complementarità emisferica. Ad oggi, si è accettata la complementarità emisferica ma si è verificato che le due parti lavorano in maniera distinta e separata: - emisfero sinistro: comprensione, gestione e produzione linguistica → analitico - emisfero destro: elaborazione e gestione delle informazioni in modo globale riconoscendone le immagini → olistico. Se si sono avuti danni all’emisfero destro non si riesce a capire l’ironia o non riescono a modulare il tono di voce: studi fatti da Franco Fabbro.

I bambini, inoltre, hanno una capacità emisferica più accentuata dell’adulto: se ha un trauma all’emisfero sinistro, non ne danneggia il linguaggio poiché questo viene recuperato dall’emisfero destro. Il bilingue non perde mai totalmente quello che ha acquisito: le informazioni vengono immagazzinate in qualche area del cervello. Gli studi neurolinguistici sono andati oltre e negli anni ’90 Donald Hebb propone la “teoria dell’assembramento neuronale” → un certo numero di neuroni tendono a connettersi formando un circuito chiuso quando avviene il riconoscimento di una parola: reti neurali. Si è capito che non solo la parte più esterna del cervello lavora per la comprensione e la produzione linguistica, ma sono i neuroni che si collegano e fanno parte del tessuto cerebrale che danno luogo al riconoscimento di una parola, fanno dei collegamenti fisici tra le lingue. Le reti neurali che sono alla base del cervello umano, composte dalle sinapsi che portano a cambiamenti generali dell’umore, dell’attenzione, del controllo del corpo. Dato che i due emisferi sono complementari, le reti neurali ne fanno dipendere la gestione. Neurone: unità anatomica del sistema nervoso; cellula nervosa.

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Processi mentali per la comprensione scritta: se il nostro cervello conosce la lingua non ha bisogno di frasi complesse. Parole scritte interamente con ordine sparso ma prima e ultima lettera al posto giusto: meccanismo di confronto tra quello che vediamo e quello che conosciamo. Durante la produzione del linguaggio, i pensieri muovono l’apparato vocale e muscolare attraverso una serie di scariche che portano alla produzione dei suoni.

Una corrente di studi più recente si è interessata sui processi mentali e sulle rappresentazioni cerebrali sull’uso della L1 nei soggetti bilingui. Un primo dibattito riguardava la posizione cerebrale delle diverse lingue nel cervello: a. Sigmund Freud riteneva che sia la L1 che le lingue successivamente apprese fossero collocate tutte nella stessa area cerebrale. b. Altri studiosi pensavano che le seconde lingue hanno una collocazione diversa. c. Altri ipotizzavano l’esistenza di circuiti diversi in diverse aree del cervello a seconda delle lingue. Afasie dei soggetti poliglotti: o recupero della L1 o recupero della L2 (se lingua più familiare) o alterazione delle competenze traduttive o alterazione delle capacità di inibizione reciproca di L1, L2, L3 … (code-switching e code-mixing) Alla metà del ‘900, il neurologo Görlitzer von Mundy espone l’ipotesi di una “lateralizzazione cerebrale” nei soggetti bilingui → la lingua acquisita solo oralmente viene rappresentata in entrambi gli emisferi, quella appresa sia in modo scritto che orale viene rappresentata solo nell’emisfero sinistro. Nel 1986 questa ipotesi viene confutata dal neurolinguista David Green che elabora il “modulare integrativo” → la mente dei bilingui funziona in maniera modulare con una serie di subsistemi indipendenti ma in constante relazione. Le relazioni fra questi sistemi riguardano due fenomeni: 1. L’attivazione: dipende dalla frequenza d’uso e dalla familiarità della lingua. 2. L’inibizione: evita le inferenze e spiega perché quando viene selezionata una parola in una lingua si inibiscono sia le parole semanticamente vicine, sia quelle fonologicamente vicine, ma anche i sinonimi nelle altre lingue. ES: “sale”. Dunque, il bilingue che possiede questa capacità distribuisce i due processi in base al suo interesse. Quando un bilingue si esprime in una delle due lingue, entrambe vengono mentalmente attivate, grazie all’inibizione ne viene parlata solo una. Il passaggio da una lingua all’altra può avvenire: - consapevolmente o inconsapevolmente - per incompetenza o pigrizia - per motivi contestuali o personali. Per quanto riguarda il linguaggio, invece, le componenti fonologiche sintattiche nei bambini sono Rappresentate prevalentemente nell’emisfero sinistro manca il destro può assumere queste funzioni che dopo io tu anni di vita sono fissate stabilmente nell’emisfero sinistro. La maturazione del cervello dopo la nascita è molto rapida poiché in questa prima fase di vita il bambino Mostra i comportamenti di imitazione e solo verso il primo anno di età è in grado di produrre volontariamente delle vocali: il bambino si comporta in questo modo con tutte le lingue a cui è esposto; rispetto al bambino monolingue quello bilingue precoce inizia più tardi ad usarle entrambe. 

Le fasi cruciali per l’apprendimento della L2 corrispondono ai processi neurobiologici dello sviluppo del cervello: la prima infanzia per ritratti fonetico-intonativi e l’adolescenza per gli aspetti morfosintattici

LA MEMORIA Questa costituisce un ruolo fondamentale per il mantenimento della specie poiché il ricordo di fatti passati permette di adattare il proprio comportamento a tali previsioni. Nel 1874 Carl Wernicke pubblica una monografia dove cerca vari dimostrare come il cervello organizzi il movimento e quindi anche il linguaggio considerato come un tipo di movimento volontario. Studi più recenti, invece hanno dimostrato che le strutture cerebrali più importanti per i processi di fissazione dei ricordi (memorizzazione) sono i lobi temporali, il diencefalo, e le porzioni basali del cervello anteriore (corteccia prefrontale). Circuiti nervosi attivati o inibiti nei processi della memoria:

Gli studi neuropsicologici degli ultimi 40 anni hanno dimostrato che esistono 2 tipi di memoria: 1. la memoria a breve termine (span di memoria) che raccoglie le informazioni per un massimo di 10 secondi e le elabora sfruttando dei sottocomponenti: a. l’esecutore centrale che regola la focalizzazione dell’attenzione; b. l’anello fonologico che a sua volta si basa su due componenti: - il “magazzino fonologico” che tiene traccia del ricordo per un massimo di 2 secondi; - il ...


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