Integrazione del disabile PDF

Title Integrazione del disabile
Course Pedagogia 1
Institution Università degli Studi di Milano
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riassunto integrazione del disabile, pedagogia...


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Integrazione del disabile 4.1 Soddisfare il bisogno di successo Tramite il processo scatenato dal bisogno di successo ciascuno apprende a conoscere meglio sé stesso e a costruirsi una propria autostima efficace per affrontare la vita. Anche per i disabili queste considerazioni sono valide, anzi, soprattutto per loro assumono valore imprescindibile in quanto sono i più indifesi di fronte alle richieste di un mondo sempre più complesso e difficile da capire e padroneggiare. Il grave rischio è che la persona con deficit non riesca a soddisfare questo bisogno poiché la vita, troppo complicata per tutti, lo è tanto più per un soggetto che ha oggettive difficoltà. Tutelare il soggetto disabile non significa eliminare gli ostacoli, non vuol dire precludergli strade impegnative, ma significa aiutarlo ad affrontare con competenza e responsabilità i problemi, offrendogli tutti gli aiuti possibili in un cammino che deve essere percorso il più autonomamente possibile. Il percepirsi come persona di valore, questo bisogno intimo dell’uomo di scoprirsi capace di padroneggiare l’ambiente e l’esistenza, trova nell’esperienza scolastica un suo fondamento. A tal proposito, occorre che gli insegnanti considerino attentamente i pericoli che la vita scolastica può riservare al soggetto disabile, per evitare i pericoli risultano fondamentali una programmazione educativo – didattica che preveda proposte ed impegni possibili e presentazioni dell’attività puntuali, semplici, chiare. La sostenibilità è per tutti presupposto di fattibilità: essa non è da confondere con il semplicismo, la faciloneria, ma sfida che richiede grande conoscenza del soggetto. E’ bene che l’insegnante programmi accuratamente la presentazione dell’attività:  introdurre con entusiasmo il compito prospettato;  far comprendere l’utilità dell’impegno richiesto;  offrire anticipatori cognitivi e operativi utili alla soluzione positiva del compito che l’allievo già padroneggia;  ricordare le competenze già apprese utili ad affrontare la nuova attività. 4.2 Generalizzazione della differenzazione Occorre una generalizzazione della differenziazione didattica assunta a metodologia trasversale di classe, dove l’individualizzazione didattica assunta a metodologia trasversale di classe, dove l’individualizzazione della proposta didattica sia presa a modello formativo per tutti gli allievi, non solo per il disabile, in cui si progettino vari percorsi differenziati con attività e compiti propri, dove ogni allievo possa trovare collocazione ed operare di conseguenza con competenza, per giungere poi, a livello di classe, ad una sintesi funzionale dei lavori eseguiti come conclusione condivisa del compito svolto. In questa prospettiva ognuno, anche il soggetto disabile, può trovare il suo spazio all’interno di un lavoro collaborativo in piccolo gruppo, in cui le differenze personali diventano una ricchezza e non solamente un peso da sopportare. 4.3 Relazione affettiva adeguata

Il rapporto educativo deve orientarsi su alcune direttive:  La naturalezza: significa agire con spontaneità, con semplicità  Il rispetto: è essenziale essere corretti, pieni di tatto, gentili nei confronti degli allievi.  Il fascino: bisogna conquistare l’interesse degli allievi e ciò non è possibile se non si adottano atteggiamenti educativi e proposte didattiche davvero affascinanti.  La prima impressione: E’ molto importante che il disabile abbia fin dall’inizio del rapporto educativo la sensazione di trovarsi di fronte ad un adulto valido. E’ necessario programmare molto bene “l’incontro educativo” fin dai primi istanti.  La disponibilità: i ragazzi difficili si conquistano soprattutto su un piano di disponibilità personale reale, ma, nello stesso tempo, discreta. Essi devono percepire gentilezza ed affabilità d’animo; apprezzano molto la discrezione e la delicatezza nei modi e nel comportamento dell’insegnante che sta per iniziare con loro un cammino relazionale significativo.  Saper attendere: l’atteggiamento dell’educatore non deve mai essere pressante. I ragazzi disabili hanno bisogno di tempi più dilatati per raggiungere risultati e non bisogna avere fretta. La pazienza è una qualità che in educazione assume sempre un ruolo fondamentale; essa è indispensabile nel campo dell’educazione speciale quando si è a contatto con educandi particolari, incapaci di mantenere ritmi e comportamenti che normalmente vengono impiegati a scuola. L’allievo disabile ha certamente bisogno di aiuto a causa del suo deficit, ma di un aiuto coniugato con il rispetto e funzionale al raggiungimento dell’autonomia e dell’indipendenza personale. Ciò che occorre è una proposta educativo- didattica molto attenta al bisogno intimo di ogni persona di percepirsi come soggetto valido e capace di affrontare il mondo con le proprie forze. 4.4 Operare per sollecitare la motivazione intrinseca Uno degli obiettivi educativi più importanti della scuola è quello di cercare di favorire nell’allievo la voglia di conoscere e di partecipare sempre più consapevolmente alla cultura e alla vita sociale. Per ottenere questo occorre operare affinché l’allievo maturi una volontà personale ed una partecipazione autonoma nei confronti dei processi d’apprendimento scolastici e non sia sollecitato solo esteriormente all’impegno. Occorre una motivazione intrinseca. Coloro che parlarono per primi di motivazione intrinseca furono Piaget e White che intorno agli anni ’50 accennarono a costruzioni interne e a bisogni intrinseci molto potenti capaci di guidare gli individui nelle loro azioni. Chi, però, diede un notevole impulso alla chiarificazione delle dinamiche della motivazione intrinseca fu Edward Deci. I suoi studi e le sue ricerche hanno messo in evidenza alcuni processi interni alla persona che possono essere molto utili nel risolvere notevoli problemi de motivazionali. Deci e i suoi collaboratori sono convinti che esistano tre bisogni fondamentali i quali, se soddisfatti, possono favorire un corretto sviluppo della motivazione intrinseca:

1) Il bisogno di autodeterminazione: ogni persona sente un impulso a governare autonomamente la sua vita e vive con disagio le vicende in cui deve sottostare ai voleri altrui. Decidere della propria esistenza è un bisogno connaturato all’uomo. 2) Il bisogno di relazione: l’uomo è un essere sociale che ha bisogno degli altri per vivere e maturare in pienezza la sua umanità. La scuola come ambiente sociale presenta molte opportunità formative utili a rispondere a questo bisogno. 3) Il bisogno di competenza: ogni allievo ha necessità di percepirsi soggetto di valore, in grado di affrontare i compiti e gli apprendimenti scolastici e, quindi, il mondo intero con fiducia nei propri mezzi e nelle proprie potenzialità. La fiducia in sé stessi è una delle più grandi conquiste che la persona deve maturare nel corso degli anni e molto dipende da come l’individuo vive le sue esperienze scolastiche. La motivazione intrinseca è frutto di un lungo processo personale che cresce quotidianamente nel confronto diretto con il mondo e, quindi, con la scuola. Per la crescita della motivazione interna occorre che gli insegnanti cerchino il più possibile di non frustrare il bisogno dell’uomo di essere riconosciuto come persona abile e capace. Le proposte educativo- didattiche devono essere vissute in modo sereno dagli allievi, occorre evitare che il soggetto viva con eccessiva preoccupazione e accentuato malessere l’esperienza scolastica. Se vogliamo far sì che i nostri alunni maturino una motivazione intrinseca significativa, è necessario che la vita scolastica diventi un campo affascinante da sperimentare.

4.5 Ridurre al minimo la portata dei rinforzi comportamentali esterni Quanto affermato giustifica la scelta metodologica di ridurre al minimo la portata dei rinforzi esterni. Infatti l’apprendimento meccanico che consegue l’utilizzo di tali rinforzi comportamentali esterni non è sempre duraturo e significativo: ci troviamo di fronte ad un apprendimento poco stabile e fragile che necessita di continue attenzioni e riproposizioni procedurali. Molto più importante è l’apprendimento significativo. Un apprendimento questo che viene sollecitato con altre strategie educative molto più attente a favorire nell’allievo un processo di acquisizione autonomo e stabile, puntando molto non tanto sull’acquisizione in sé, non solo sul raggiungimento della meta prefissata, ma piuttosto sul processo cognitivo, sulla strategia di pensiero che porta il disabile a carpire il significato del problema o l’importanza di quel determinato atteggiamento sociale.

4.6 Metodi utili

Il metodo da adottare proficuamente con i disabili non è unico, ma in base alle esigenze particolari della persona che abbiamo di fronte, occorre scegliere quello più idoneo. Si deve far uso di metodi facili e divertenti S’impone al maestro l’obbligo di adattarsi alle condizioni dell’allievo, di rendere in qualche modo gradita a lui la scuola e l’atto d’apprendere. Si deve far uso di metodi facili e divertenti. Alcune regole principali: a) Fare che l’insegnamento sia per quanto è possibile dimostrativo, oggettivo. Si ricordi inoltre di spiegare per via di dimostrazioni sperimentali chiare e complete i fenomeni fisici e chimici più semplici. b) Il maestro deve avere l’accortezza d’impartire le nozioni quando l’allievo è disposto a prestare attenzione. Sul principio avrà di mira soprattutto di rendere gradita la scuola all’allievo e di trarre il massimo profitto dai brevi momenti in cui questi si mostra spesso ad apprendere. Le lezioni devono essere brevi perché l’attenzione non si stanchi e alternate con esercizi fisici moderati per secondare il bisogno di muoversi, così imperioso in questi fanciulli. c) Il maestro deve suscitare e mantenere l’interesse per lo studio delle varie materie. Ma soprattutto bisogna aver di mira di rendere molto interessanti le nozioni che si vogliono impartire. (Montesano, Avviamento all’educazione e istruzione dei deficienti)

Non può il metodo essere unico Non può il metodo essere unico; deve assolutamente variare in rapporto alle condizioni psichiche d’ogni singolo allievo, poiché si tratta di allenare e sviluppare con esercizi speciali le attitudini difettose, quelle che mantengono l’incapacità ad apprendere con i metodi comuni. (Montesano, Comunicazione al congresso internazionale di psicologia)

Anche Maria Montessori espone la sua teoria sul metodo di insegnamento- apprendimento più efficace con i disabili e ci conferma nelle nostre opinioni comunicandoci in questo scritto un indirizzo metodologico generale molto indicativo. Regole Generali Per attrarre l’attenzione del bambino deficiente, sono necessari forti stimoli sensoriali: quindi le lezioni debbono essere eminentemente oggettive. Ogni lezione deve cominciare dalla presentazione di oggetti, che la maestra illustrerà con poche parole, ma spiccatamente pronunciate, con modulazioni di voce continue, e accompagnate da vivace espressione mimica. La lezione sia dilettante, presentata possibilmente sotto forma di gioco e tale da destare la curiosità del bambino. Ma comunque divertente, la lezione sia sempre breve in modo che la sua fine lasci in desiderio il bambino; la sua attenzione, che presto si esaurisce, non deve essere esaurita dalla lezione. Se un bambino si rifiuta alla lezione, non è bene forzarlo; ma cercheremo che ci obbedisca indirettamente per imitazione di compagni. Si applichi presto il bambino a lavori utili, anche se faticosi o poco dannosi(lavori di traforo in legno, ecc.). I lavori manuali debbono essere scelti e adottati secondo le tendenze naturali dei singoli fanciulli, sì che sul lavoro il bambino possa trovare la maggiore soddisfazione, e, per la naturale tendenza, riuscire a perfezionarsi in modo ch’esso riesca utile a sé stesso ed ad altri. EDUCAZIONE MORALE

Educazione morale: quella che tende a rendere sociale un individuo per sua natura extra o antisociale. Ridurre il bambino all’obbedienza. Gli creeremo un ambiente moralmente corretto, ambiente ove egli, già sottomesso nell’obbedienza, imiterà le persone che agiscono bene. Qui si procederà all’educazione del sentimento; all’educazione della volontà. UBBIDIENZA Il maestro che comanda è una volontà che s’impone al bambino deficiente, il quale manca di volontà; e si sostituisce alla sua o spingendolo all’azione o inibendo i suoi impulsi. E’ necessario che fin dal principio il bambino senta questa volontà che a lui s’impone e sempre fondamentale lo vince: e che comprenda come contro questa volontà egli non potrà mai resistere. Il maestro che ha comandato, deve farsi obbedire a ogni costo, pur ricorrendo in principio a mezzi coercitivi; nessuna cosa mai potrà far desistere il maestro dal suo comando: il bambino deve sottomettersi a ubbidire. Perciò il maestro comandi in principio solo cose che egli potrà ottenere. Per avere la forza del comando, il maestro deve possedere un forte potere suggestivo; che potrà acquistare parzialmente con arte. Il maestro dovrebbe essere fisicamente bello, di impotente persona; dovrebbe avere una voce limpida, modulata; un potente sguardo, energico il gesto ed espressiva la mimica del volto. Cose che in gran parte possono acquistarsi studiando la mimica e la declamazione; ciò che un perfetto maestro di deficienti dovrebbe fare. Lo studio artistico del comando che il maestro deve fare si divide in tre parti: La voce e la parola: la nostra voce deve colpire l’udito e suggestionare il bambino. Gesto: il maestro deve studiare il gesto espressivo col quale sempre dovrà accompagnare la parola, così per eccitare all’attenzione, come per provocare l’imitazione e spiegare il comando. Tanto perfetto dovrebbe essere e tanto espressivo nel gesto, da farsi comprendere anche senza parole. Sguardo ed espressione mimica: lo sguardo ha grande potere sul fanciullo. Questi comandi, che richiedono da parte del maestro tanto studio artistico, non saranno certo necessari durante tutto il periodo. (M. Montessori, L’autoeducazione.).

5. Unitarietà d’intenti Vi deve essere unitarietà d’intenti sui metodi da adottare in classe e sugli indirizzi metodologici efficaci per i soggetti “difficili”. Tre sono i prerequisiti indispensabili: 1) un’autentica collaborazione unitaria; 2) un clima di fiducia reciproca fra insegnanti; 3) autentica capacità collaborativa. Classi parallele Quando il numero degli scolari e il bilancio statale lo permettono, si suddivide ciascuna classe in una forte per i più intelligenti ed una debole per quelli che seguono con maggiore difficoltà. Tali classi si differenziano sia perché il programma dell’uno è ridotto,e vi si può procedere più lentamente, sia perché essendo minore il numero degli alunni è possibile curare meglio i singoli, sia perché i metodi seguiti sono più intuitivi. La formazione di classi forti e deboli non risolverebbe il grave problema delle attitudini. Importa soprattutto, infatti, non tanto differenziare i ragazzi secondo il grado della loro capacità di lavoro, quanto secondo le varietà delle loro attitudini. A

quella distinzione quantitativa bisognerebbe sostituirne una di carattere qualitativo. Bisogna sostituire una pedagogia a due dimensioni che, oltre alle differenze nella capacità di lavoro, tenga conto soprattutto dei diversi tipi di attitudini, riconoscendo che si devono venir posti sullo stesso piano e niente affatto gli uni al di sotto degli altri. (E. Claparède, La scuola su misura).

Programma delle idee associate e metodo dei centri di interesse Le caratteristiche di questo programma sono le seguenti: 1) la scuola deve rispondere al suo fine di educazione generale preparando il fanciullo alla vita sociale attuale; 2) questa preparazione si attua nelle migliore condizioni iniziando praticamente i fanciulli alla vita stessa in generale ed alla vita sociale in particolare; 3) questa iniziale a ciò che concerne il programma necessita l’esame dei due domini fondamentali di conoscenza; a) LA CONOSCENZA DA PARTE DEL FANCIULLO DELLA SUA PERSONALITA’; la presa di coscienza del suo io e di conseguenza dei suoi bisogni, della sue aspirazioni, dei suoi fini, insomma del suo ideale; b) LA CONOSCENZA DELLE CONDIZIONI DELL’AMBIENTE naturale ed umano nel quale egli vive, dal quale dipende e sul quale deve agire, affinché questi bisogni, queste aspirazioni, questi fini, questo ideale siano accessibili.

6. La gestione della classe per le integrazioni Emerge indiscutibilmente che il problema della scuola al giorno d’oggi non è più l’integrazione del soggetto disabile, ma riguarda le integrazione. Si impone la necessità di trovare metodi di conduzione integrata della classe capaci di corrispondere ai bisogni di ogni allievo. Se si lavora sui bisogni è più facile riuscire a comprendere le reali esigenze dei singoli, proporre attività e contenuti adatti, soddisfare le specifiche necessità. Il modello pedagogico volto alle integrazioni di tutti i bisogni degli allievi si fonda primariamente su un’atmosfera educative distesa, dove l’insegnante comunica il suo interesse vero per la persona e dove la sua intenzionalità educativa possa così esprimersi fin dal primo incontro mattutino. Il saluto, il sorriso, hanno una valenza straordinaria, poiché nessuna integrazione è possibile se non c’è accoglienza. Jacob Kounin è riconosciuto come il vero capostipite degli studi sulla condizione educativo- disciplinare del gruppo classe. I punti fondamentali del suo modello sono i seguenti: bisogna essere consapevoli che quando un docente interviene per redarguire un allievo, ciò non ha significato solamente per il ragazzo in questione, ma ha un effetto a cascata su tutta la classe(effetto onda). L’insegnate deve essere in grado di capire in ogni momento cosa sta succedendo nell’aula, ma soprattutto deve dimostrare che è perfettamente capace di essere presente ad ogni accadimento. Occorre essere capaci di impostare una lezione in modo tale che ogni allievo possa arrivare al medesimo obiettivo finale attraverso strade diverse. Fondamentale è acquisire l’abilità di saper condurre contemporaneamente più attività d’apprendimento, per diversificare la proposta educativo- didattica. Gestire in modo significativo una classe significa anche dare senso e continuità all’azione formativa. I ragazzi necessitano di programmi didattici chiari e

interessanti. Tuttavia l’interesse non lo si raggiunge agganciando lo studente a qualche argomento a lui caro, ma lo si deve continuamente alimentare anche con la nostra azione didattica. Non si sostiene la motivazione al compito intrapreso se l’insegnante interrompe spesso la lezione, passa da un contenuto ad un altro senza evidenziare collegamenti, arresta per futili motivi la continuità di un discorso che, invece, merita di essere svolto in modo scorrevole e continuativo. Occorre programmare bene la lezione in maniera tale che tutti possano avere sempre a che fare con un’attività ben precisa. Gli allievi devono costantemente essere impegnati in attività adeguate poiché molti problemi possono essere superati se l’insegnante riesce ad offrire a tutti continuità nel lavoro. La demotivazione spesso viene incrementata dal fatto che il ragazzo trova a scuola molti momenti vuoti, dove non c’è nulla da fare. E’ molto importante per gestire adeguatamente il gruppo classe che le varie attività siano strutturate in maniera tale che il ragazzo disabile possa sentirsi sempre sollecitato all’apprendimento. Certamente queste strategie non risolvono il problema della gestione della classe, possono rappresentare, però, un valido aiuto all’insegnante che desidera impostare un’azione educativa efficace. Emerge il valore della preparazione e della competenza professionale dell’insegnante. L’insegnante si prenda cura di tutti E si preparino bene tutti quelli cui fu data la fiducia dell’insegnamento. Chi fa la scuola è il maestro: la scuola si deve fare bene e, per farla bene, perché sia una vera e buona scuola, bisogna prepararvisi bene e a fondo. Non si gridi nell’insegnare; ma, nei modi, nella voce, nei tratti si seguano le nozioni d’una buona pedagogia. L’insegnante prenda cura di tutti, non solamente di alcuni; e interroghi sovente. Nel dare spiegazioni abbia sempre mira che intendano quelli che sono più indietro di tutti o di non facile ingegno. Non si diano castighi generali. Si miri semp...


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