Introduzione allo studio del latino, Mondin, Pistellato PDF

Title Introduzione allo studio del latino, Mondin, Pistellato
Author Valentina Vignotto
Course Lingua E Letteratura Latina I A
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Summary

Riassunto dispensa per l'esame di Letteratura Latina ...


Description

Introduzione allo studio del latino Il latino in italiano – da dodici o tredici secoli non esiste più alcuna comunità umana in cui il latino sia il sistema naturale di parlanti nativi che lo abbiano appreso spontaneamente. Solitamente una lingua muore perché subisca la concorrenza di un'altra lingua predominante, cosicché i parlanti nel giro di qualche generazione (bilinguismo) abbandonano l'idioma originario. Questo è accaduto alla lingue italiane prima del latino o con il dalmatico scomparso nel 1898. Ma il latino non ha avuto tale destino, ha continuato ad essere parlato finché la sua stessa evoluzione lo ha condotto a trasformarsi in altre lingue tutt'ora praticate da milioni di parlanti. La Romània – Tale nome indica il mondo romano (vs quello delle nazioni barbariche). In età moderna, il termine viene usato per designare lo spazio geolinguistico europeo occupato dalle lingue derivate dal latino. Durante la massima espansione dell'Impero (II/III) il latino era parlato: Italia, Sicilia, tirreniche, Africa nor, Piccola Sirte, occidente dello stretto di Gibilterra, Danubio, Adriatico, Balcani, Dacia (Traiano, 106 d.C.) e Britannia romana. Gli eventi della crisi ridussero l'area latinofona, che perse: sud Danubio, sinistra del Reno, Africa (Romana perduta). Dove sopravvisse, si trasformò in una serie di idiomi, detti lingue romanze o neolatine. Le lingue romanze – cinque gruppi linguistici romanzi: 1 – galloromanzo: antica Gallia, comprende lingua d'oc, occitanico, provenzale, lingua d'oil, francese, francese moderno. 2 – ibero romanzo: Penisola Iberica, portoghese, spagnolo, castigliano, catalano. 3 – retroromanzo: Rezia. Il romancio, ladino, friulano. 4 – italoromanzo: italiano e il sardo. 5 – balcanoromanzo: rumeno Cosa significa che derivano dal latino? Che il loro livello fonetico, morfologico, sintattico, e parte del lessico sono esiti della trasformazione del sistema linguistico latino. Es: da focus deriva fogo, fuego, foc, … Italiano – la trasformazione non ha dato luogo ad un unico idioma romanzo, ma al mosaico di dialetti (settentrionali, toscani, centro – meridionali). Con la letteratura in volgare gran parte dei dialetti italiani ha dato via a una sua varietà scritta, ma la fioritura delle toscane fece sì che il fiorentino letterario trecentesco si imponesse come lingua italiana di cultura. Tuttavia, al momento dell'unificazione, il numero di italofoni rimaneva compreso, tra il 2,5/10 % della popolazione. L'unificazione linguistica è dovuto all'insegnamento scolastico, propaganda politica, comunicazione pubblica, etc. Dialetti – nonostante ciò, l'italiano non li ha soppiantati, ma ha creato una sorta di bilinguismo, detto diglossia, scegliendo poi l'uno o l'altro in base a contesto, interlocutore, etc. Però la dialettofonia pare essere in regresso.

Accanto all'italiano standard (ufficiale e corretto) si è imposto un italiano medio o neostandard (normale e comune, con i pronomi lui, lei, loro invece di egli, ella, essi) e un italiano regionale (sostrato dialettale: uso improprio congiuntivi, che universale, a me mi) e l'italiano popolare (persone poco istruite e dialettofone). L'italiano rimane complessivamente simile al latino per: 1. il fiorentino era una varietà poco evoluta 2. essendo rimasto per tre secoli lingua elitaria e scritta, si è sottratto all'evoluzione Sopravvivenza del latino – ha conosciuto una sorte parallela. Se i meccanismi del mutamento linguistico lo trasformavano in bocca ai parlanti, i nuovi idiomi diventano sempre più distanti, ma d'altro lato sopravvive in una forma linguistica cristallizzata nella tradizione grammaticale e letteraria plurisecolare perdurando come lingua delle istituzioni religiose e degli apparati politici e amministrativi. Il latino imparato artificialmente dai libri era una lingua settoriale degli intellettuali, religiosi e funzionari, che conviveva con la lingua locale. Rilatinizzazione del latino – già prima dell'imposizione toscana, una latinizzazione era vocazione di tutti i volgari scritti nel momento stesso in cui si affacciavano alla scrittura (dominio latino). Fu il latino a guidare il fiorentino al raggiungimento della pienezza espressiva. Fu il mezzo di paragone anche quando chiese indipendenza. Esempi: alcuni recuperi della patina latina sono caduti in disuso, altri solo in scrittura, altri ancora perfettamente naturalizzati nell'uso. 1- Il superlativo: in latino -issimus, tranne acerrimus e integerrimus o facillimus e similissimus. La regola cade in disuso nel parlato che inizia a mettere avverbi (ualde, bene, sane) e così arriva alle romanze. L'originale superlativo italiano è quindi molto bello, ma successivamente si introducono le forme latineggianti celeberrimo dell'italiano forbito. Il suffisso -issimo diviene poi produttivo e si impone nello standard e nel medio. La cosa proliferò in castigliano, spagnolo. I prestiti – il livello del lessico è quello che vede l'italiano suddito del latino. A seconda delle storie e delle politiche, contatti linguistici hanno arricchito l'italiano, come i germanismi, gallicismi, e gli anglismi dell'Ottocento, ma non è minimamente paragonabile all'influsso latino: migliaia di parole letterarie, termini tecnici, e in ciò ha subito la concorrenza del greco antico, che ci ha dato gran parte del vocabolario scientifico. Stratificazione del lessico – le parole italiane di origine latina non hanno tutte la stessa storia perché bisogna vedere la loro modalità d'ingresso. Tre categorie: 1. Voci ereditarie / popolari – in una tradizione continua, parole giunte dal latino vivo, tramandate dalle generazioni nell'uso ininterrotto. Sono stato sottoposte a evoluzione linguistica, specialmente fonetica, e mostrano spesso anche

cambiamenti semantici risalenti alcuni al latino parlato, come focus, che da focolare diventa fuoco, parabola figura retorica > evangelica, domina da padrona > domna > donna. I percorsi non sono sempre lineari: una parola latina può dar vita a allotropi (esiti diversi di una stessa forma). Si pensi ategula che nel parlato diventa *tegla, in italiano teglia o tegghia, ma tegula torna in Apicio. Pretium (costo) ha dato sia pregio sia prezzo (evoluti). 2. Voci dotte o latinismi – parole transitate dal latino all'ita per tradizione discontinua, sono prelevati dal vocabolario latino letterario, giuridico, etc con un'operazione consapevole e artificiale. È recupero dotto senza passare per l'evoluzione fonetica. Forma fonologicamente conservata. Possono essere integrati, quindi italianizzati o mantenere inalterati la loro forma (lapsus integrato dà lasso, non integrato resta lapsus). Tendenzialmente mantengono il valore semantico latino. Ci sono anche citazioni o inserti (vade retro!). 3. Formazioni autonome o endogene – non hanno un corrispondente in latino, ma sono derivate da esso o dalla sua imitazione. Fischio, ad esempio, deriva da fischiare, esito di fistulare (suonare lo zufolo) + maremoto viene da terre moto che viene da terrae motus (movimento della terra). 4. Allotropi dotti – voci dotte inizialmente perdute perché letterarie e poi riacquisite come prestiti, ma altre riprendono parole del latino parlato giunte per tradizione continua: avremo, per una parola latina, due allotropi. Es: angustia (stranezza) ha popolarmente angoscia che angustia. Fuga è diventato foga (impeto) e fuga (fuggire), recupero dotto. Parabola è diventato parola, ma esiste anche parabola nel lessico dotto. Uitium dà vezzo (pop) e vizio (lat). In linea generale, le voci dotte sono sempre fonologicamente vicine alla forma latina. L'allotropo dotto riprende in genere il significato classico, mentre quello popolare, passato nei mutamenti, se ne allontana in modo sostanziale. Es: causa (ciò che fa effetto, la ragione, il motivo) ha una grande ampiezza semantica che la fa entrare in concorrenza con res (cosa nel senso più generale). Nella lingua parlata, causa iniziò a sostituire res e arrivando a cosa, perdendo significato originario. Allotropie complesse – radius (bacchetta, raggio ruota) passa a (raggio luminoso) e da qui derivano le pop raggio e razzo. Nel Cinquencento radio indica due ossa dell'avambraccio. I progressi tecnologici hanno fatto la fortuna di radio, base per altri termini (radioattivo, radografia) fino a radium, nome scientifico dell'elemento chimico Ra. Famiglie “miste” - parole latine della stessa famiglia etimologica possono giungere in ita per due percorsi: aurum ha dato il popolare oro e aureus ha dato aureo. Ecclesia ha dato il popolare chiesa, ma ecclesiasticus ha dato ecclesiastico. Oculus ha dato occio, ma ocularis ha dato oculare. Un altro caso è quello di bocca: non da os, ma da bucca, che significava guancia. O

cavallo, non da equus, ma da caballus (da tiro). Ma l'italiano poi ha recuperato orale e equino. È una duplice tradizione (conti e disconti), che ha generato famiglie lessicali miste. Le lingue straniere – una certa quantità di parole non arriva dal latino, ma da lingue straniere, romanze o meno. Mangiare viene dal latino manducare, diventato prima il francese mangier. Giallo viene dal francese janle, a sua volta dal latino galbinus (verde pallido). Gioia viene dal francese joie, dal latino gaudia. Prigione < prison < prehensio. L'italiano può anche attingere a una parola da un'altra lingua romanza pur avendo tale esito già presente. Altri allotropi. Griglia viene dal francese grille, che viene da craticula, latino, che ha dato anche graticola in italiano popolare. Si può prendere a prestito anche un latinismo da un'altra lingua romanza. È il caso di stilus, che in latino indicava attrezzi, pali, gambi, fusti, penna appuntita utilizzata per le tavolette cerate. Nell'italian moderno il significato si conserva in stelo ma torna in stilo e anche il dotto stile, che deriva sempre da stilus, ma passato dal francese style. Altri latinismi non integrati: monitor viene dal lat monitori inteso colui che ricorda, sponsor viene dal latino garante, medium è mezzo in ilatino. Quantità – Si calcola che, di tutto il materiale italiano, il 95% è di provenienza latina. Però, una larga parte di questo numero è fatta da latinismi dei linguaggi specialistici e dalla produzione letteraria o registri elevati. Il dosaggio varia a seconda del grado di cultura del parlante. Il latino di tutti – gli italofoni, quasi grado di istruzione, in qualche modo parlano latino, nel senso che impiegano con totale spontaneità un certo numero di parole latine, completamente inserite nel tessuto quotidiano. – bis: due volte – eccetera da et cetera – ex: significa da – extra e ultra – gratis – idem – tot: tanto – viceversa: vice versa, cambiato – album: da albus, bianco, era una tavola di legno imbiancata di gesso per apprendere i testi – alibi: altrove – curriculum vitae: percorso di vita – fac-simile – factotum: differenti mansioni – humus: terreno fertile – lapsus: scivolone, caduta

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lavabo: dal verbo lavare post scriptum: poscritto, è l'aggiunt promemoria: per memoria pus: secrezione qui pro quo: equivoco, c'è stato un qui pro quo raptus: ratto, rapimento rebus: rompicapo vice: in funzione di, al posto di virus: da uirus, indicava i liquidi sgradevoli, da cui il significato di “veleno”. Referendum, ultimatum, senior, iunior...

Il latino della lingua colta – tutti i parlanti forniti di una qualche istruzione sono note parole entrate nell'uso di lessici specialistici. Ad abundantiam (più del necessario), ad hoc (per questo scopo), ad maiora! (a cose più grandi), alias (altrimenti detto), apertis verbis (in termini espliciti), brevi manu (mano corta), ergo (dunque), ex novo (nuovamente), in alto loco (in alto luogo), in extremis, in nuce (in miniatura), in toto, ipso facto (automatica), mea sponte (mia volontà), aut aut ( o... o), casus belli (motivo di guerra), habitus (atteggiamento), modus operandi (modo di operare, procediemento), modus vivendi (compromesso), placet (sta bene, piace, consenso). Il latino della bibliografia – addenda (cose da aggiungere), errata corrige (lista degli errori), exempli gratia (a titolo di esempio) ibidem (stesso luogo: opera citata imm prima), id est o i.e. (cioè), infra e supra, passim (qua e là), sic (proprio), sub voce o s. v. (rinviare a voci o cataloghi). Il latino popolare – certi ibridi latino-italiani di impegno solo colloquiale, come fate vobis. Il latino del potere – fino quasi alle soglie della società moderna, le due lingue (morta e viva) si sono fronteggiate sul confine delle classi colte e incolte. È un demarcatore sociale, uno strumento autoritario. Esempio: latino di Don Abbondio. La sera del 7 nov 1628, i bravi di Rodrigo intercettano Abbondio intimandogli il divieto. Il curato fa resistenza con la diplomazia. Il riferimento al “saper di latino” è un complimento beffardo sulla superiorità culturale dell'uomo di chiesa rispetto a quelli di spada. Equivale ad “aver studiato”, perché latino = cultura. Parlare latino – Camilleri, in un romanzo ambientato nella Sicilia post-unitaria, ci mostra un altro punto di vista. Bortuzzi (prefetto) e don Memé dialogano: “Vostra eccellenza, mi permettete di parlare latino?”. Qui è sinonimo di “parlare franco, esplicito”. Indica la continuità culturale. Cicerone contro Verre, Marziale negli

Epigrammi (85/86), Ovidio nei Carmi: parlano di latine loqui, latine dicere. Latino/Italiano del XIII/XVI – La stessa parola latino nella tradizione linguistica dell'italiano indica: 1. come glottonimo (nome designante una lingua) indica la lingua latina opposta al greco, ebraico, lingua colta, opposta ai volgari. Si presenta uniforme, invariabile, chiara, elegante. 2. L'aggettivo latino indica 1. espresso in lingua latina 2. chiaro, elegante (Cino da Pistoia). 3. Come glottonimo, latino indica il volgare neolatino (vs tedesco, greco). 4. Il parlante romanzo usa latino intenso come propria lingua nativa, quindi per connotare una cosa semplice. 5. Indica, come etonimo (etnico) una persona di lingua neolatina, nel senso di italiana o anche occidentale. Nel Milione di Marco Polo. 6. Usato per antonomasia nel senso di lingua, parola umana, nel senso di nazionale, paesano, comuune o di parlare generale. Il latino oggi – il latinorum manzoniano è entrato nell'uso corrente per indicare il latino quando usato con pedanteria o oscurità, le cui conoscenze sono basilari, o in riferimento a popoli di lingua neolatina. Latino è usato dai nordini non.latini per indiciare i loro vicini meridionali sia da parte degli stessi latini per autodesignarsi. Capitolo 2 Le origini del latino – alcuni pensano sia derivato dal un dialetto greco trapianto in Italia, modificatosi a contatto con le altre. Le somiglianze tra latino e greco inducevano ciò. Ideologicamente, accreditare le origini greche del latino significava dimostrare che il latino aveva pari dignità. Durò fino al XVIII. Solo nei primi decenni dell'Ottocento l'indagine sulla genesi linguistica riceve un'impostazione scientifica. Nasce la linguistica storico-comparativa. L'indoeuropeo – la scoperta dell'antico indiano, cioè la lingua dell'antica letteratura indiana, con la varietà del vedico e quella del sanscrito. L'antico indiano presentava affinità con il greco, latino, armen, ecc, tali da suggerire l'opinione che ne fosse la lingua madre. La comparazione di fonetica, grammatica e lessifco portò all'evidenza che tutte, indiano compreso, erano imparentate. Erano sviluppi evoluti di un più antico stadio linguistico una protolingua. La chiamarono lingua indoeuropea o protoindoeuropeo. È un nome dato in per ragioni geografiche a una famiglia linguistica ben definitina. Sono la continuazione di circa quattro millenni di una protolingua. Alcuni rami dell'indoeuropeo si sono estinti in antichità, come l'anatolico, tocario, lingue celtiche si riducono, oggi solo gealico, gallese e bretone. La loro scomparsa è legata alla diffusione delle lingue romanze e germaniche. L'Europa orientale invece è dominata dalle lingue slave e baltiche (lituano, lettone) e dall'albanese. Il greco è ritornato alla penisola ellennica e il neogreco (forma moderna) nellle isole dell'Egeo. L'ultimo ramo è quello iranico e indiano.

Ricostruito l'indoeuropeo – I rapporti evolutivi tra il proto-indoeuropeo e le lingue indoeuropee a noi note sono paragonabili a quelli tra il latino e le lingue romanze. La loro conoscenza però è più complessa a causa della maggiore vastità della famiglia indoeuropea, e soprattutto dal fatto che l’origine delle lingue indoeuropee è nella preistoria del Vecchio Continente (V° e il IV° millennio a.C.): migliaia di anni prima che le lingue di più antica attestazione iniziassero a essere scritte + lingue indoeuropee entrano nella scrittura in epoche lontanissime e in momenti assai diversi della generale evoluzione indoeuropea. La ricostruzione del protoindoeuropeo è stata possibile sulla base delle isoglosse (cioè delle forme linguistiche comuni). Esempio: rispettiva parola recante il significato di ‘padre, capo-clan, capo-famiglia’ mostra evidente somiglianza fonetica, che riconduce a un’unica forma della comune proto-lingua. Così, dall’antico irlandese athair, dal latino pater, dall’osco patir, del greco patę‚r dall’antico indiano e dall’antico persiano pita‚(r), dall’armeno hayr e da parole germaniche come il gotico fadar, l’inglese father e il tedesco Vater. = se ne può postulare la forma *pHtēr, frutto di ipotesi ricostruttiva La differenza tra*pHtēr e le singole forme dipende dalle leggi fonetiche che hanno governato l’evoluzione. Moltiplicando la serie delle comparazioni, risulta evidente la costanza di questi mutamenti e la regolarità di queste corrispondenze consente di formulare per le lingue germaniche e per le lingue celtiche le rispettive leggi fonetiche “*p > germ. f ”, “*p > celt. Ø ” Conclusioni: la sistematica comparazione dei sistemi fonetici, morfologici, sintattici e lessicali consente di ricostruire gli aspetti fondamentali della proto-lingua indoeuropea. A partire da questa ricostruzione, si possono tracciare le linee evolutive che hanno caratterizzato la trasformazione dell’indoeuropeo comune nelle singole lingue storiche. La ricostruzione ci fornisce uno stadio iniziale a partire dal quale noi possiamo descrivere la storia delle lingue figlie. Patria originaria – Studia fatti anche sulla presunta “stirpe originaria” da cui erano discesi i popoli parlanti le varie lingue indoeuropee, l’identità linguistica fosse legata a una determinata identità etnica e a una specifica “razza”. Meno nociva ma a lungo infruttuosa, fu la ricerca della patria originaria, di volta in volta individuata nei punti più disparati della carta geografica, dall’India al circolo polare artico. Negli ultimi decenni l’epicentro della prima irradiazione indoeuropea è stato circoscritto con più solida probabilità scientifica, e oggi la tesi più diffusa lo localizza nelle steppe a nord nel Mar Nero e del Mar Caspio, in una vasta regione compresa tra Ucraina, Russia meridionale e Kazakistan. Da qui successive ondate migratorie avrebbero condotto l'indoeuropea in espansione, frantumando l’originaria unità linguistica fino a dar luogo, nel corso dei millenni, ai vari rami.

Futuri latinofoni – III millennio a.C. era un insieme di popolazioni di lingua indoeuropea presenti nell' Europa centrale. Vari flussi di espansione fecero sì che a metà del II millennio a.C. si valicassero le Alpi (fase di migrazione) stanziò i Veneti (venetico) a zona nord Pianura Padana + i Siculi fin nella Sicilia + e portò i Latini, ad insediarsi nella fascia tirrenica (Latium uetus ‘Lazio antico’), tra Tevere e Circeo. I popoli di lingua italica – II° millennio a.C., un’altra serie di ondate riversò su tutta la dorsale appenninica gli antenati delle popolazioni che qualche secolo dopo parleranno le lingue italiche. I due gruppi linguistici dell’umbro e dell’osco e i molti dialetti intermedi. + il messapico nell’odierna Puglia + l’Italia centrale a nord del Tevere era invece occupato da una popolazione che parlava l’etrusco, non indoeuropeo La civiltà Etruria in Lazio – In questa zona, nell’età del ferro (IX-VIII sec. a.C.) si passò da piccoli insediamenti fortificati a veri agglomerati urbani: è l’epoca della nascita delle “città-stato” etrusche, seguita, a breve distanza, dallo sviluppo delle città latine, fra le quali Roma (fondazione 754 / 753 a.C.), sorta su un importante crocevia commerciale del Teve...


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