Jeremy Bentham, Panopticon, ovvero la casa d’ispezione a cura di Michel Foucault e Michelle Perrot PDF

Title Jeremy Bentham, Panopticon, ovvero la casa d’ispezione a cura di Michel Foucault e Michelle Perrot
Author Giulia Di.
Course Storia della fotografia
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

"Panopticon, come dice il nome, è il progetto di un carcere super-razionale fondato sulla perfetta e continua visibilità dei detenuti da parte di un unico sorvegliante centrale che può vederli grazie a una struttura architettonica circolare. L'occhio del sorvegliante diventa quasi la presenza tangib...


Description

Jeremy Bentham, Panopticon, ovvero la casa d’ispezione a cura di Michel Foucault e Michelle Perrot L’occhio del potere – Conversazione con Michel Foucault pp. 7-8-9 (ho scoperto il Panopticon) studiando le origini della medicina clinica; avevo pensato di fare uno studio sull’architettura ospedaliera nella seconda metà del XVIII secolo, nell’epoca in cui si è sviluppato il grande movimento di riforma delle istituzioni mediche. Volevo sapere come lo sguardo medico si era istituzionalizzato; come si era effettivamente iscritto nello spazio sociale; come la nuova forma ospedaliera era insieme l’effetto e il supporto di un nuovo tipo di sguardo. (…) mi sono accorto fino a che punto il problema dell’intera visibilità dei corpi, degli individui, delle cose, sotto uno sguardo centralizzato, era stato uno dei più importanti principi conduttori. Nel caso degli ospedali, questo problema presentava una difficoltà supplementare: bisognava evitare i contatti, i contagi, le prossimità e gli ammassamenti, assicurando parimenti l’aerazione e la circolazione dell’aria: dividere lo spazio e allo stesso tempo lasciarlo aperto, assicurare una sorveglianza che sia insieme globale e individualizzata, separando nel contempo accuratamente gli individui da sorvegliare. (…) mi sono accorto che tutti i grandi progetti di ristrutturazione delle prigioni ((…) dalla prima metà del XIX secolo) riprendevano lo stesso tema, ma, questa volta, sotto il segno quasi sempre rievocato da Bentham. (…) il principio era: alla periferia, un edificio a forma di anello; al centro, una torre; nella torre sono aperte larghe finestre che danno sulla facciata interna dell’anello. L’edificio periferico è diviso in celle, ciascuna delle quali ne attraversa l’intero spessore. Queste celle hanno due finestre: una aperta verso l’interno, che corrisponde alle finestre della torre; l’altra, che da verso l’esterno, permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte. È sufficiente allora mettere un sorvegliante nella torre centrale, e in ogni cella rinchiudere un folle, un malato, un condannato, un operaio o uno scolaro. Per un effetto di controluce, si possono vedere nella torre le piccole sagome prigioniere nelle celle della periferia, che si stagliano nella luce. Insomma si inverte il principio

della segreta; la piena luce e lo sguardo di un sorvegliante captano meglio dell’ombra, che in ultima analisi proteggeva. È già sorprendente constatare che, molto prima di Bentham, la medesima preoccupazione era presente. Sembra che uno dei primi modelli di questa visibilità isolante sia stato messo in pratica dalla Scuola militare di Parigi nel 1751 a proposito dei dormitori (…). Tuttavia, se l’idea del panopticon precede Bentham, è Bentham che l’ha veramente formulata. E battezzata. Il nome stesso di “panopticon” sembra capitale. Indica un principio complessivo. Bentham non ha semplicemente immaginato una struttura architettonica destinata a risolvere un problema preciso (…) egli ha trovato una tecnologia di potere capace di risolvere i problemi di sorveglianza. (…) Bentham ha pensato e ha detto che il suo procedimento ottico era la grande innovazione per esercitare bene e facilmente il potere. pp. 12-13 (…) egli pone la questione in termini di potere: la popolazione come bersaglio dei rapporti di dominio. Si può dire, credo, che i meccanismi di potere (…) lasciavano apparire delle maglie abbastanza larghe (…) il potere (…) non era capace di praticare una analisi individualizzante ed esaustiva del corpo sociale. Ora, le mutazioni economiche del XVIII secolo hanno reso necessario far circolare gli effetti del potere, attraverso dei canali sempre più stretti, fino agli stessi individui, fino ai loro corpi, ai loro gesti, a ciascuna delle loro azioni quotidiane. È divenuto necessario che il potere, anche con una molteplicità di uomini da governare, fosse efficace come se fosse esercitato su uno solo. Bentham (…) pone il problema della visibilità, ma pensa ad una visibilità organizzata interamente attorno a uno sguardo che domina e sorveglia. Fa funzionare il progetto di una visibilità universale, che giocherebbe a profitto di un potere rigoroso e meticoloso. (…) l’idea tecnica dell’esercizio di un potere “onnivedente”, che è l’ossessione di Bentham. p. 15 MICHELLE PERROT C’è questa frase nel Panopticon: “Ogni compagno diventa un sorvegliante”. p. 16 Un potere la cui risorsa principale sia l’opinione non potrebbe tollerare delle regioni d’ombra. Se ci si è interessati al progetto di Bentham, è perché

egli forniva, applicabile a molti domini diversi, la formula di un “potere per trasparenze”, di un assoggettamento grazie alla “messa in luce”. p. 17 MICHELLE PERROT È lo sguardo, essenzialmente; è anche la parola, poiché ci sono questi famosi tubi d’acciaio (…) che collegano l’ispettore principale a ciascuna delle celle in cui si trovano, ci dice Bentham, non già un prigioniero, ma dei piccoli gruppi di prigionieri. È infine l’importanza della dissuasione che è molto marcata (…) “Bisogna – dice – essere incessantemente sotto gli occhi di un ispettore; il che equivale a perdere in effetti la potenza di fare il male e quasi il pensiero di volerlo”. p. 18 Non c’è bisogno di armi, di violenze fisiche, di costrizioni materiali. Ma uno sguardo. Uno sguardo che sorveglia e che ciascuno, sentendolo pesare su di sé, finirà con l’interiorizzare al punto di osservarsi da sé; ciascuno così eserciterà questa sorveglianza su e contro se stesso. p. 20 M. PERROT C’è l’ispettore principale che, dalla torre centrale, sorveglia i prigionieri. Ma sorveglia anche molto i suoi subalterni, ovvero il personale di inquadramento; non ha alcuna fiducia, questo ispettore principale, nei sorveglianti. pp. 21-22 Nel panopticon ognuno, a seconda del posto che occupa, è sorvegliato da tutti gli altri o da alcuni degli altri; si ha a che fare con un apparato di sospetto totale e circolante, poiché non vi sono punti assoluti.

J. Bentham LETTERA I. Idea del principio dell’ispezione p. 36 Lo scopo dell’edificio sarà tanto più perfettamente raggiunto se gli individui che devono essere controllati saranno il più assiduamente possibile sotto gli occhi delle persone che devono controllarli. L’ideale, se questo è lo scopo da raggiungere, esigerebbe che ogni individuo fosse in ogni istante in questa condizione. Essendo questo impossibile, il meglio che si possa auspicare è che in ogni istante, avendo motivo di credersi sorvegliato, e non avendo i mezzi di assicurarsi il contrario, creda di esserlo. LETTERA V. Punti essenziali del progetto p. 47 (…) più possibilità si danno ad un individuo in un dato momento di essere realmente sotto sorveglianza tanto più forte sarà la persuasione, tanto più intensa sarà la consapevolezza di essere in questa situazione. LETTERA VI. Vantaggi del progetto p. 48 Mi vanto nel pensare che non ci siano più dubbi sui vantaggi fondamentali che ho attribuito al progetto: cioè l’apparente onnipresenza dell’ispettore (se i teologi mi permetteranno quest’espressione) unita alla estrema facilità della sua presenza reale.

p. 26 Politica dello sguardo. p. 29 (Bentham) descrive nell’utopia di un sistema generale dei meccanismi particolari che esistono realmente.

Michelle Perrot – L’ispettore Bentham p. 120 Bentham accorda molta importanza all’aspetto esterno delle prigioni: “Il solo aspetto di questa dimora di penitenza colpisce l’immaginazione e desta un salutare terrore. Gli edifici utilizzati a questo uso devono avere un carattere particolare che di primo acchito genera l’idea della clausura, della costrizione, che frustra ogni speranza di evasione, che dice: Ecco la dimora del crimine”. La prigione perpetua sarà dipinta di nero.

Michel Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione

Capitolo terzo – Il panoptismo

Parte prima – Supplizio.

p. 218 Il Panopticon di Bentham (…) Tante gabbie, altrettanti piccoli teatri, in cui ogni attore è solo, perfettamente individualizzato e costantemente visibile. Il dispositivo panoptico predispone unità spaziali che permettono di vedere senza interruzione e di riconoscere immediatamente.

Capitolo primo – Il corpo del condannato p. 19 Nei meccanismi moderni della giustizia penale, permane (…) un fondo “suppliziante”, un sottofondo non ancora completamente dominato, ma avvolto, in maniera sempre più ampia, da una penalità dell’incorporeo. (…) queste modificazioni sono accompagnate da uno spostamento nell’oggetto stesso dell’operazione punitiva. (…) Alla espiazione che strazia il corpo, deve succedere un castigo che agisca in profondità sul cuore, il pensiero, la volontà, la disponibilità. Parte terza – Disciplina. Capitolo secondo – I mezzi del buon addestramento La sorveglianza gerarchica p. 187 L’esercizio della disciplina presuppone un dispositivo che costringe facendo giocare il controllo; un apparato in cui le tecniche che permettono di vedere inducono effetti di potere, e dove, in cambio, i mezzi di coercizione rendono chiaramente visibili coloro sui quali si applicano. p. 188 Tutta una problematica va allora sviluppandosi: quella di un’architettura che non è più fatta semplicemente per essere vista (fasto dei palazzi), o per sorvegliare lo spazio esterno (geometria delle fortezze), ma per permettere un controllo interno, articolato e dettagliato – per rendere visibili coloro che vi si trovano. Più in generale, quella di un’architettura che sarebbe diventata un operatore nella trasformazione degli individui: agire su coloro ch’essa ospita, fornire una presa sulla loro condotta, ricondurre fino a loro gli effetti del potere, offrirli ad una conoscenza, modificarli.

p. 219-221 (…) l’effetto principale del Panopticon: indurre nel detenuto uno stato cosciente di visibilità che assicura il funzionamento automatico del potere. Far sì che la sorveglianza sia permanente nei suoi effetti, anche se è discontinua nella sua azione; che la perfezione del potere tenda a rendere inutile la continuità del suo esercizio; che questo apparato architettonico sia una macchina per creare e sostenere un rapporto di potere indipendente da colui che lo esercita; in breve, che i detenuti siano presi in una situazione di potere di cui sono essi stessi portatori. Per questo, è nello stesso tempo troppo e troppo poco che il prigioniero sia incessantemente osservato da un sorvegliante: troppo poco, perché l’essenziale è che egli sappia di essere osservato; troppo, perché egli non ha bisogno di esserlo effettivamente. Perciò Bentham pose il principio che il potere doveva essere visibile e inverificabile. Visibile: di continuo il detenuto avrà davanti agli occhi l’alta sagoma della torre centrale da dove è spiato. Inverificabile: il detenuto non deve mai sapere se è guardato, nel momento attuale; ma deve essere sicuro che può esserlo continuamente. Bentham, per rendere impossibile il decidere sulla presenza o l’assenza del sorvegliante, per far sì che i prigionieri, dalla loro cella, non possano scorgere neppure un’ombra o cogliere un controluce, previde non solo persiane alle finestre della sala centrale di sorveglianza, ma, all’interno, delle divisioni che la tagliavano ad angolo retto (…). Il Panopticon è una macchina per dissociare la coppia vedere-essere visti: nell’anello periferico si è totalmente visti, senza mai vedere; nella torre centrale, si vede tutto, senza mai essere visti. Dispositivo importante, perché automatizza e de individualizza il potere. Questo trova il suo principio meno in una persona che non in una certa distribuzione programmata dei corpi, delle superfici, delle luci, degli sguardi; in un apparato i cui meccanismi interni producono il

rapporto nel quale gli individui vengono presi. (…) Esiste un meccanismo che assicura la dissimmetria, lo squilibrio, la differenza. Poco importa, di conseguenza, chi esercita il potere. (…) Tanto più numerosi sono questi osservatori anonimi e passeggeri, tanto più aumentano, per il detenuto, il rischio di essere sorpreso e la coscienza inquieta di essere osservato. (…) Un assoggettamento reale nasce meccanicamente da una relazione fittizia. In modo che non è necessario far ricorso a mezzi di forza per costringere il condannato alla buona condotta, il pazzo alla calma, l’operaio al lavoro, lo scolaro alla applicazione, l’ammalato all’osservanza delle prescrizioni. (…) Colui che è sottoposto ad un campo di visibilità, e che lo sa, prende a proprio conto le costrizioni del potere; le fa giocare spontaneamente su se stesso; inscrive in se stesso il rapporto di potere nel quale gioca simultaneamente i due ruoli, diviene il principio del proprio assoggettamento. p. 228 (…) il panoptismo, la disciplina-meccanismo: un dispositivo funzionale che deve migliorare l’esercizio del potere rendendolo più rapido, più leggero, più efficace, un disegno di coercizioni sottili per una società da venire....


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