KARL Abraham: gli stadi progenitali PDF

Title KARL Abraham: gli stadi progenitali
Course Psicologia dinamica
Institution Università degli Studi di Enna Kore
Pages 3
File Size 75.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 101
Total Views 123

Summary

teoria dello sviluppo psicosessuale, teoria della formazione del carattere, lutto e melanconia...


Description

KARL ABRAHAM: GLI STADI PROGENITALI Karl Abraham nasce il 3 maggio 1877 a Brema. Il padre era di stirpe ebraica, di stretta osservanza religiosa. La madre era una donna esuberante ed entusiasta. Karl abbandonò la casa paterna ma conservò comunque buoni rapporti con entrambi i genitori. Karl aveva una forte inclinazione per le lingue. Oltre il tedesco, sua lingua madre, conosceva molto bene l’inglese, lo spagnolo e l’italiano; parlava anche il ladino, il danese, l’olandese e il francese, il latino, il greco e l’ebraico. Si iscrive a medicina e a 24 anni consegue a Friburgo il dottorato in medicina e va a lavorare all’ospedale psichiatrico di Dalldorf, non lontano da Berlino. Nel 1907 si reca a Vienna e ottiene l’ammissione alla Società psicoanalitica e l’amicizia di Freud. Nel 1908 al primo Congresso internazionale di psicoanalisi, a Salisburgo, presenta la ricerca “Le differenze psicosessuali fra isteria e dementia praecox”. *Abraham contribuì efficacemente allo sviluppo della teoria psicoanalitica: fu il naturale prolungamento della mente di Freud. Karl Abraham fondò a Berlino, nel marzo 1910, la prima Società psicoanalitica, a cui si ispirarono tutti gli altri. Abraham morì per una broncopolmonite, il 25 dicembre 1925. *le idee centrali del suo lavoro ruotavano incontro a due ipotesi: la prima individuava- nei malati di dementia praecox- la figura del persecutore nelle persone, in passato, maggiormente amate; la seconda ipotesi considerava l’autoerotismo come un indizio del ritiro della libido, con conseguente perdita della capacità di sublimare. Nella dementia praecox, dunque, la perdita della relazione con l’oggetto favorirebbe una regressione all’autoerotismo. TEORIA DELLO SVILUPPO PSICOSESSUALE Abraham sviluppò lo studio dello sviluppo libidico distinguendo all’interno di ciascuna fase descritta da Freud dei “sottoinsiemi”, che si sono rivelati in seguito utili strumenti di osservazione clinica. Per capirla bisogna riferirsi alle attività che caratterizzano i vari stadi, le fantasie inconsce, lo sviluppo dell’ambivalenza e agli effetti psicopatologici, intesi in termini di fissazioni e regressioni. Fase orale precoce: caratterizzata dall’attività della suzione, quindi l’esperienza del piacere è connessa con l’assunzione del cibo, con il portare gli oggetti alla bocca ed attraverso questa inizia a relazionarsi col mondo. La fantasia è l’incorporazione dell’oggetto. Questo spiega perché le fissazioni in questo stadio sono dovute ad un tentativo di tentare un rapporto con l’oggetto esterno. Questo stadio, infatti, è caratterizzato dall’autoerotismo. Da qui derivano le difficoltà ad instaurare una relazione amorosa che come conseguenza potrebbe portare la chiusura in se stessi. Non c’è ambivalenza ma una pre-ambivalenza. Fase orale tardo: caratterizzata dall’attività del mordere, dall’introiezione, cioè dall’impossessamento dell’oggetto attraverso l’introduzione. Incorporando gli oggetti, il bambino si unisce ad essi, e con essi si identifica. È chiamato anche stadio sadico-orale. La fantasia è quella di assimilazione. Condizione di preambivalenza. Diversamente dallo stadio orale-precoce, il bambino passa dall’autoerotismo al narcisismo primario. C’è il desiderio da parte del bambino di annientare l’oggetto tramite fantasie cannibalesche. Le fissazioni si manifestano con un’ossessiva stimolazione della zona orale, comportando l’eccessivo attaccamento dell’adulto ad abitudini che coinvolgono l’utilizzo della bocca (suzione, alimentazione). Da un punto di vista comportamentale, l’individuo potrebbe manifestare un’inclinazione al vittimismo, regredire verso uno stato di dipendenza e/o sviluppare pratiche oralmente dipendenti come il tabagismo, l’alcolismo, la logorrea, o manifestare una forte dipendenza dal cibo. Fase anale precoce: caratterizzata da specifiche fantasie e attività: espulsione e aggressione dell’oggetto. Condizione di pre-ambivalenza. Le feci costituiscono l’oggetto primitivo di possesso, e la qualità della relazione nei suoi confronti può essere espressa mediante il trattenimento oppure l’espulsione. In questa prima fase, la tendenza prevalente sarebbe di annientare e di espellere l’oggetto (il bambino espelle le feci), di conseguenza si avrebbe una condizione di depressione melanconica,* in cui non è mantenuta alcuna relazione con l’oggetto annientato, o espulso.

Fase anale tardo: l’attività è quella di ritenzione, trattenimento. La fantasia è di dominio, controllo dell’oggetto. Condizione di ambivalenza: il bambino è in grado di scegliere se espellere o trattenere le feci, se annientare o dominare. In questa fase, prevalgono le tendenze conservative, del controllare e del dominare. I nevrotici ossessivi si pongono all’interno di questo stadio: quelle persone che cercano di controllare la loro sfera emotiva, che vivono una vita di rinunce, devono sempre avere tutto organizzato. Fase genitale precoce: coincide con la fase fallica di Freud. Precoce perché i genitali non hanno ancora raggiunto la maturità e sono definite fallico-edipiche, quindi rivolte ad un genitore. condizione di ambivalenza. A questa fase appartengono le persone isteriche: quelle persone che non si lasciano andare facilmente, tendono a farsi desiderare. Fase genitale tardo: coincide con la fase genitale vera e propria di Freud. La fase in cui viene superata la dimensione edipica e ci si orienta verso la vera maturità. A questa fase appartengono quelle persone che vedono il sesso come piacere, condivisione; quindi soggetti che hanno una piena maturità psicologica e sessuale. Sono in grado di porsi in una relazione di intimità, non hanno paura di non essere più amate, quelle persone innamorate dell’amore. MELANCONIA: caratteristica del periodo taro orale e dell’anale precoce, è come il lutto, che è una perdita momentanea dell’oggetto alla quale segue una momentanea introiezione, incorporazione orale (a livello di fantasia) della persona scomparsa. La melanconia è un disturbo oggettuale non superabile e provoca un forte conflitto tra amore ed odio verso l’oggetto. Una piccola mancanza dell’oggetto provoca nel melanconico un odio così forte che rifiuta l’oggetto stesso, che viene espulso come se fosse una parte del corpo. dato che però la persona non può stare senza l’oggetto, segue un’introiezione ( stadio anale tardo). Qui scatta l’identificazone narcisistica della melanconia perché la persona odia l’oggetto che ha introiettato, quindi quando attacca e tormenta lui, attacca e tormenta se stesso. Vuole farlo soffrire, ma contemporaneamente soffre perchè l’ha introiettato. Quando la situazione si risolve, l’oggetto viene di nuovo espulso nel mondo esterno e torna nel periodo anale.

TEORIA DELLA FORMAZIONE DEL CARATTERE Nella visione di Freud, le zone erogene assumono grande importanza nella formazione del carattere e dei suoi aspetti patologici, a scapito dei fattori costituzionali e relazionali. Il carattere per Abraham viene spiegato sulla base della sessualità infantile. CARATTERE ORALE: Se il soggetto vive dei traumi evolutivi, sperimenta un senso di pessimismo verso sé e gli altri, comincia a provare invidia e vive stati di rabbia narcisistica. Viceversa, il soggetto è caratterizzato da un senso di ottimismo, è propenso alla parola e prova piacere nell’apprendimento intellettuale. CARATTERE ANALE: il soggetto mostra la giusta determinazione, perseveranza, ordine, precisione, se l’ambiente è supportivo. Quando l’ambiente non è favorevole, questi aspetti non favoriscono l’adattamento. Se i soggetti sono troppo ordinati, troppo precisi, avranno difficoltà nelle relazioni interpersonali anche se magari si troveranno bene nell’ambiente lavorativo. CARATTERE GENITALE: se il soggetto non ha vissuto dei traumi, sarà amicale, si svilupperanno sentimenti di tenerezza. Viceversa, si svilupperà una condizione isterica.

LUTTO E MELANCONIA E’ un’opera di Freud scritta nel 1915. In questo testo, che ricorda gli orrori e le paure della prima guerra mondiale, Freud descrive l’essenza della melanconia (da lui intesa nel senso di depressione), confrontandola con l’effetto normale del lutto. Gli elementi centrali del lutto sono dolore e perdita. La perdita non va intesa solo come la morte del soggetto. Dall’esperienza della perdita può risultare o un’esperienza di lutto o un’esperienza melanconica. Nel caso del lutto, il soggetto svincola la libido dall’oggetto perduto, al nuovo oggetto. Alcuni soggetti non riescono a farlo e possono cadere nella melanconia. Quindi la melanconia è laddove il lutto fallisce. Il soggetto melanconico è come se, quando perde un soggetto, esso perde una parte di sé, non accetta la perdita dell’oggetto, tutto deve rimanere immodificato, nella speranza che l’oggetto ritorni in vita. Significa fermare il tempo.

“La melanconia- dice Freud- è psichicamente caratterizzata da un profondo e doloroso sentimento, da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare, dall’inibizione di fronte a qualsiasi attività e da un avvilimento di sè che si esprime in autorimproveri e autoinganni e culmina nell’attesa delirante di una punizione”. Se nel lutto il mondo si è impoverito e appare vuoto, nella melanconia, è l’Io stesso ad essersi impoverito e svuotato. L’odio rimosso per qualcun altro (che sia oggetto perduto o no) determina dunque gli autorimproveri, l’autoaggressività, ma anche l’irritabilità dei melanconici, che sono individui molesti, i quali si vittimizzano, quasi come se fossero sempre gli altri i responsabili di qualche ingiustizia nei loro confronti. Freud dice che per fare lutto dobbiamo ricordarci l’oggetto assente. Il ricordo non è la stessa cosa della memoria. Ricordare un evento, una persona cara, significa aver fatto un lavoro di sublimazione, che dà la possibilità di poterci confrontare con la perdita dell’oggetto ma facendo anche esperienza della sua dimenticanza, che non è l’oblio. L’oblio è qualcosa di assente sul piano della conoscenza, ma presente sul piano dell’inconscio. Il ricordo è qualcosa di consapevole, quando sposto la libido dall’oggetto del lutto, al nuovo oggetto. La memoria è una mancata sublimazione, per cui l’esperienza rimane viva a livello sensoriale. Noi, quindi, possiamo avere memoria di un trauma, ma se non riusciamo a trasformarlo, non riusciamo a dimenticare. (“se vuoi vivere preparati alla morte”). Abraham si discosta da Freud, perché per lui la melanconia ha a che fare sì con la perdita, però secondo lui il lutto non è legato ad uno spostamento lipidico, ma significa riportare in vita l’oggetto perduto. C’è una sorte di RIVITALIZZAZIONE. Distingue due forme di melanconia: depressione melanconica e depressione non melanconica. La prima risponde alla perdita del soggetto, introiettandolo, vi è una distruzione dell’oggetto,inadeguatezza, si hanno pensieri suicidari, rabbia narcisistica. Nella seconda c’è un ritiro rispetto alla realtà, il soggetto è chiuso in sé stesso....


Similar Free PDFs