L\' Altra Musica, Leydi PDF

Title L\' Altra Musica, Leydi
Course Etnomusicologia
Institution Università degli Studi di Palermo
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riassunti materia 12 cfu...


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“L’ALTRA MUSICA” di Roberto Leydi I. VECCHIE E NUOVE STRADE DELL'ETNOMUSICOLOGIA Gli anni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento vedono il formarsi dell’etnomusicologia come disciplina autonoma. D’Alembert scrisse nel “Discorso preliminare” dell’Encyclopédie del 1751 della necessità di creare un’arte per ascoltare la musica. Ipotesi al tempo paradossale ma rivelatasi poi profetica. Si cerca così di dar vita a un’arte che educhi il pubblico ad ascoltare la musica del suo tempo e della sua cultura. Questa nuova scienza si definisce “vergleichende Musikwissenschaft” (scienza della musica comparata musicologia comparata), che trova i propri antenati tra il XVII e il XVIII secolo con descrizioni/immagini/esempi di musiche esotiche con Léry, Mersenne, Frézier, Jones, Amyot, Villoteau e Rousseau. L’attenzione della ricerca sembra essere focalizzata solamente sul materiale esotico, mentre quello europeo viene marginato (ad esempio Rousseau ne fa solamente accenno) per poi essere riportato alla luce nel corso del XIX secolo. Il fondatore ufficiale dell’etnomusicologia è Alexander John Ellis, con un articolo del 1885 intitolato “On the Musical Scale of Various Nations”, ma anche Carl Stumpf con la musica degli indiani Bella Coola (1886). I pionieri austro-tedeschi sono invece Lach, Lachmann, Hornbostel, Abraham, Stumpf, Sachs, Schünemann e Wolf, i fondatori della vergleichende Musikwissenschaft. Questo gruppo di studiosi, che il destino riunisce a Berlino, ha come base due matrici culturali e scientifiche tra loro opposte: una tecnologica, innovativa e sperimentale (Luschan e Stumpf) e una musicologica conservatrice (Adler). Luschan, che ritiene la documentazione delle manifestazioni sonore delle culture “altre” sia importante per la loro conoscenza, intuisce da subito l’importanza del fonografo; egli infatti dedica un capitolo della sua guida per i ricercatori e i collaboratori del Museo di Berlino proprio all’uso di questo strumento. Tra il 1900 e la prima guerra mondiale infatti molti viaggiatori ed esploratori tedeschi utilizzano nei loro viaggi il fonografo a seguito della pubblicazione di questa guida. Stumpf si interessa sperimentalmente ai problemi acustici e in occasione di alcune esibizioni nella capitale tedesca dell’orchestra reale del Siam realizza sei registrazioni col fonografo di Edison. Questi 6 cilindri rappresentano il nucleo dell’importante archivio fonografico di Berlino, il cui primo direttore fu Hornbostel e il secondo Schneider. Nel corso della seconda guerra mondiale però parte dell’Archivio fu distrutto o venne disperso. Hornbostel e Abraham erano i due assistenti di Stumpf e decidono di seguire le orme del maestro e di mettere al centro delle loro ricerche gli indigeni. L’idea del “primitivo” nella coscienza europea si è formata grazie alle esibizioni etniche di uomini esotici affiancate allo zoo di animali esotici della famiglia Hagenbeck, che contribuisce anche ad alimentare la meraviglia nei confronti delle terre coloniali e i loro abitanti. Questa iniziativa prende il via nel 1875 quando Carl Hagenbeck importa dalla Lapponia un gruppo di renne con i loro mandriani. Il successo è grande, tanto che queste esposizioni continuarono con gruppi di eschimesi, aborigeni australiani, cingalesi, mongoli, indiani, ecc. L’impostazione del lavoro a tavolino, lasciando agli esploratori il compito di viaggiare, raccogliere il materiale e incontrare i popoli lontani, fu un tratto fondamentale della prima musicologia comparata. La parte conservatrice della Musikwissenschaft è l’eredità della tradizione musicologica tedesca, impersonata da Guido Adler. Adler cerca di fondare una musicologia scientifica. Mettendo a confronto il suo saggio con quello di Parry (pubblicati entrambi nel 1911) egli precisa la distanza tra i due lavori poiché il suo vuole soprattutto evidenziare l’aspetto scientifico della musica e dei suoi processi, mentre l’approccio di Parry era

“puramente estetico”. Adler ha come modello le scienze naturali e il loro principio comparatistico. Egli riprende anche il concetto di Slicht (strato) mutuato dalla geologia che si unisce in Adler al concetto (utilizzato prima da Kant e poi da Fichte) che ogni epoca ha un proprio carattere che determina la successione dei periodi storici e viene applicato alla successione logica dei periodi stilistici musicali, ciascuno caratterizzato da un’unica idea/ideale individuata in specifiche opere. Il risultato delle sue osservazioni è una rappresentazione della musica entro la quale operano in modo condizionante le leggi della selezione naturale, che sottraggono possibilità di scelta al creatore individuale e che affidano lo sviluppo della musica alla crescita delle forme musicali che si evolvono in modo logicamente inevitabile (conflitto artista - epoca), come catene di cellule. Lo studio della musica proposto da Adler è composto da due settori: - il settore storico, che si occupa della storia della musica secondo le epoche; - il settore sistematico che individua le leggi superiori nelle singole partizioni dell’arte musicale. Il settore sistematico comprende 4 sottosettori: analisi dell’armonia, del ritmo, della melodia e della coerenza tonale e temporale (1), estetica (2), pedagogia e didattica (3), comparazione in prospettiva etnologica (4). Questi sottosettori risultano incoerenti perché non omogenei. Il quarto è il primo spazio aperto allo studio delle musiche “altre”. Il quadro generale del progetto di Adler è profondamente legato alla cultura accademica e tedesca del suo tempo. Il schema ordinario restringe il concetto di musica a quanto l’Europa concepisce in quel momento come musica d’arte. La nuova disciplina viene così configurandosi entro un quadro concettuale e culturale sostanzialmente contraddittorio. Lo sviluppo della musicologia comparata rileverà queste contraddizioni e le supererà, ma ne porterà a lungo il peso. Il fonografo (commercializzato per la prima volta da Edison nel 1877) è la causa della frattura fra musicologi compartisti e folcloristi musicali. La sua apparizione (e in seguito quella del grammofono e del nastro magnetico) modifica radicalmente lo studio delle culture orali. Con la realizzazione di questi archivi di documenti reali e non mediati il lavoro antropologico ed etnologico si avvicina notevolmente a quello dello storico. Il riconoscimento della funzione decisiva della fissazione meccanica del suono conduce all’unanime celebrazione dello “storico 1889” (anno della pubblicazione del lavoro di Gilman), quale data capitale per la storia della disciplina etnomusicologica. Brailoiu fu un etnomusicologo rumeno che si rese subito conto della spaccatura tra le posizioni della musicologia comparata tedesca e altre esperienze di ricerca sulla musica popolare europea. Nel 1958 in una conferenza, ricorda come da dopo il 1900 si sia creata una “sorda guerra di secessione” tra due schieramenti: da un lato i ricercatori e gli studiosi di matrice folklorica, dall’altro gli >. La sua osservazione fa però notare che tra i due schieramenti non ci siano notevoli differenze se non nel fatto che i folkloristi migliorano la qualità del proprio lavoro grazie al fonografo, mentre i secondi decidono di non occuparsi di musica popolare europea. La querelle non era solo terminologica e non aveva il suo centro nell’uso o meno del fonografo, ma nasceva dai principi della musicologia comparata. Questa nuova scienza volgeva lo sguardo lontano, perché la realtà del folklore appariva troppo vicina e soprattutto appariva come un riflesso, un residuo della musica colta. La matrice evoluzionistica e la scelta comparativistica si fondono nella musicologia comparata, creando incomprensioni e polemiche nei fenomeni sociali europei in cui la musica popolare si colloca. Questa marginalizzazione del folklore europeo porta alla limitazione dello sviluppo della disciplina etnomusicologica a Berlino (e poi negli Stati Uniti) e rende difficile e più lento lo sviluppo di un’etnomusicologia folklorica aggiornata e musicologicamente preparata. I cultori della musica popolare sono costretti all’automarginalizzazione che portarono spesso a esiti negativi nei loro lavori. Innumerevoli esempi si possono

riportare a dimostrazione di come l’eliminazione dell’osservazione della struttura musicale nell’analisi dei canti popolari inevitabilmente conduca all’incomprensione degli stessi e a singolari fraintendimenti. Il caso di Julien Tiersot è un raro esempio di rapporto costante tra interessi etnomusicologici e interessi musicologici e storico musicali, in una posizione indipendente rispetto al modello tedesco dominante. Tiersot si fa promotore di un ampio progetto del Ministero dell’Istruzione per la raccolta della musica popolare, fece ricerche sia in Francia che in altri continenti. Nel 1889 pubblica l’Histoire de la chanson populaire en France che costituisce il primo tentativo sistematico e organico di rappresentare e storicizzare musicalmente un ampio repertorio musicale-tradizionale europeo (il suo lavoro è però solamente fissare in modo schematico le strutture melodiche dei canti). Tiersot viene indicato come il creatore della definizione “ethnographie musical” (la data indicata è il 1910 ma in realtà l’aveva già utilizzata agli inizi del ‘900). Percy Aldridge Grainger è un compositore e pianista australiano, riconosciuto però come americano (morto a New York). A differenza degli altri ricercatori inglesi, utilizza il fonografo per le sue ricerche (resosi conto che le trascrizioni a orecchio erano troppo approssimative) e promuove anche le prime registrazioni in studio con i cantanti popolari. Grainger manifesta anche interesse per la variabilità delle esecuzioni di uno stesso cantante e arriva perfino a registrare per 5 volte lo stesso cantante che esegue la stessa ballata. Egli è anche da ricordare come compositore per le sue ricerche e sperimentazioni sul suono, il rumore, la voce e la musica, alla ricerca di una “free music”, lontana dal sistema musicale occidentale e formata dai suoni naturali e umani. Utilizza per le sue composizioni anche strumenti poco usuali, come l’ukulele, dei bicchieri o il mandolino. In queste sue scelte musicali, sul versante della ricerca folklorica e della sperimentazione musicale, Grainger è forse l’unico compositore del Novecento che possa davvero porsi, almeno per le intenzioni, se non per i risultati artistici, accanto a Bela Bartok. L’attenzione per la poesia popolare in Europa si stava diffondendo velocemente, ma fu lo Sturm und Drang tedesco che trasferì questa attenzione dentro una dimensione ideologica e fu Herder a dare corpo teorico a questo interesse, mettendo in luce la valenza politica (oltre che ideologica) dell’interesse romantico per le “voci del popolo”. E’ grazie alle sue teorie che si è diffusa l’idea che la canzone popolare sia “l’espressione più genuina dell’animo del popolo”. Importante anche il contributo che Brahms diede, non solo con la sua opera musicale (che si pose a lungo come modello di canti popolari), ma soprattutto per i modi della sua partecipazione ad una polemica che è centrale nella storia del folklore nel XIX secolo. Nel 1855 Brahms viene in contatto con il “circolo renano”, un gruppo informale ma ideologicamente compatto di cultori della tradizione popolare. Egli si viene così a trovare nel vivo di una forte polemica a proposito dei canti popolari: I renani venivano accusati da uno schieramento intellettuale di grande rilievo (Erk, Fallersleben, Bohme ecc.) di falsificare i canti popolari che pubblicavano o addirittura di inventarli. Brahms interviene con forza difendendo i renani, i quali esprimevano la “scuola storica” dell’attenzione per il mondo popolare (seguendo il filo di Herder, Burger, Goethe, ecc.) ed esprimevano l’ideale Sturm and Drung, cercando nel popolo il “bello e puro”, quanto cioè potesse rappresentare il meglio dell’animo nazionale. Brahms, tuttavia, si schiera con la vecchia scuola (quella meno etnologica e più estetica) principalmente per considerazioni musicali: materiale che offre secondo Brahms un gruppo di melodie di notevolissimo interesse musicale. Nel 1933 Hornobostel e Sachs lasciano la Germania e si trasferiscono negli Stati Uniti. Wolf tentò di mantenere in vita la Società per la Musicologia Comparata a Berlino ma si rese conto che era impossibile, così decise di far diventare membri dell’associazione tedesca i membri dell’American Society for Comparative Musicology, per far continuare oltreoceano la sua attività. La società però si sciolse. L’etnomusicologia però continuò la sua diffusione in America. Fin avanti la prima guerra mondiale si erano sviluppate negli Stati Uniti ricerche antropologiche con attenzione rivolta anche alla musica fra le comunità indiane. Fu Boas che immise nella ricerca antropologica americana una specifica attenzione per le manifestazioni musicali. Gli etnomusicologi americani operarono soprattutto sul campo (contrariamente agli studiosi berlinesi). È lo sviluppo della ricerca antropologica in piena evoluzione che rende palesi i limiti e le contraddizioni della Musicologia comparata: l’approfondirsi delle ricerche sul campo mettono lo studioso

finalmente in diretto contatto con realtà culturali “altre”. Si diffonde lentamente anche la consapevolezza che il problema della musica s’inscriva nel più vasto problema del pensiero, della mentalità, della vita individuale e sociale delle comunità che si studiano. Merriam pone le basi per una concezione organicamente antropologica della musica. Egli avanza la proposta di definizione dell’etnomusicologia: >. La sua opera, The Anthropology of Music (1964) è infatti una delle opere più conosciute e determinanti per la storia della disciplina e che ha spinto i più integralisti a proporre il punto di vista dell’etnomusicologia come unica possibile realizzazione della ricerca musicologica. Lo sviluppo della disciplina in America continua ad influenzare gran parte dell’etnomusicologia europea. Herzog fu il primo e principale tramite tra Germania e Stati Uniti. Anche Seeger si può ricollegare all’insegnamento berlinese, ma con uno spirito profondamente americano legato più all’innovazione che alla trasmissione. Atteggiamento americano che permane nel filone più specificatamente antropologico, cioè quello che fa capo direttamente a Franz Boas. Il dualismo dell’attenzione americana per la musica etnica (prevalenza antropologica vs prevalenza musicologica) si può notare ponendo a paragone due opere classiche: “The Anthropology of Music” di Merriam e “The Ethnomusicologist” di Hood. Hood esprime una scelta orientata verso una lettura musicologica dei fenomeni sonori etnici e una predilezione per le manifestazioni artistiche delle musiche delle altre culture. In lui non ci sono tendenze cooperativistiche ma la ricerca di specificità culturali. Merriam suggerisce invece una scelta antropologica e, pur non affrontando mai direttamente il problema, si occupa anche dello studio e dell’osservazione delle musiche popolari. È evidente la molteplicità delle posizioni nell’etnomusicologia e il sovrapporsi di relazioni ed influenze. Per capire quale fosse la considerazione che negli anni ’50 l’etnomusicologia ufficiale rivolgeva ai ricercatori di musica popolare è sufficiente ricordare l’amarezza di Lomax nel sentirsi apertamente discriminato dall’accademia etnomusicologica americana. Lomax ha avuto una grossa funzione nello sviluppo della conoscenza della musica popolare non-indiana degli Stati Uniti e ha anche influenzato il rafforzarsi della ricerca etnomusicologica in alcuni paesi europei e soprattutto in Italia. Figlio di uno dei pionieri della ricerca sulla musica popolare americana, realizza molte incisioni riguardanti il patrimonio musicale dei negri d’America ed ebbe parte nella nascita del folk revival. Nel 1950 la Columbia Recording Company lo incarica di realizzare una collezione discografica dedicata a documentare tutta la musica etnica e popolare del mondo. Lomax inizia nel 1952 in Europa e la sua presenza in Italia fu decisiva per lo sviluppo di una ricerca etnomusicologica nel nostro Paese. Rientrato negli Stati Uniti si dedicò al suo progetto di classificazione delle musiche etniche e popolari secondo paradigmi di comportamento culturale (Cantometrics). L’International Folk Music Council (IFMC), fondata a Londra nel 1947 da Karpeles, è l’organizzazione attorno alla quale si riuniscono i folkloristi musicali. L’attenzione di questa associazione è volta alla raccolta delle musiche e delle danze popolari, sulla loro conservazione e sulla loro rivitalizzazione (revival). Nel 1955 nasce la Society for Ethnomusicology (SEM) e negli stessi anni la IFMC subisce una crisi, soprattutto ideologica e di scelta di metodo, mentre alle spalle della SEM c’è la forza economica e istituzionale degli Stati Uniti. Il lavoro dell’IFMC era considerato prevalentemente amatoriale e privo di un aspetto scientifico. Al prestigio dell’IFMC non giovarono iniziative come la pubblicazione di un’antologia di canti popolari europei del 1956 che non avevano nessun fondamento scientifico. Con il Congresso di Budapest del 1964 e la presidenza di Kodály, l’IFMC compie una svolta decisiva per il suo rinnovamento e ciò permette la revisione dei rapporti tra etnomusicologia americana e folklore musicale. Nello stesso periodo prendono vita all’interno della IFMC gli study groups, gli organismi scientificamente più vivi dell’IFMC. Nel 1965 molti membri “americani” entrarono a far parte del Council. Nel 1981 la società cambia nome e diventa International Council for Traditional Music (ICTM). L’adozione del termine etnomusicologia (utilizzato come titolo di un’opera da Kunst, 1950) segna il primo distacco dalla musicologia comparata e l’introduzione di un richiamo più esplicito alla componente etnologica-antropologica della disciplina. Di fatto gli anni ’50 rappresentano un momento decisivo per

l’etnomusicologia che, nonostante il permanere di vecchie abitudini e radicate resistenze, subisce una trasformazione assai profonda. Non si trattò solo di un allargamento d’orizzonte, quanto piuttosto di una vera rifondazione della musicologia comparata e l’invito a fare dell’etnomusicologia una disciplina musicologica diversa dalla musicologia ufficiale ed anche una disciplina antropologica e sociologica con possibilità d’analisi e interpretazioni più estese dell’antropologia culturale. Oggi la situazione sembra certamente essere migliorata e la popular music, il jazz, la etno-danza trovano uno spazio nell’etnomusicologia, ma una parte non insignificante dell’etnomusicologia ortodossa ancora nutre diffidenze verso queste manifestazioni e verso il folklore musicale. Il compito di tale disciplina dev’essere quello di osservare i fenomeni musicali del mondo rimasto estraneo, o marginale, rispetto alla musica d’arte occidentale, ma anche quello di stabilire una collaborazione attiva con i musicologi, nell’impegno di rimodellare la storia della musica come “storia della musica nella cultura dell’uomo”.

II. IL MUSICOLOGO RADDOPPIATO Come sostenne Brailou al Congresso della Società Internazionale di Musicologia riunito a Colonia nel 1958, in qualità di rappresentante dell’etnomusicologia, ad animare la critica dei musicologi non era tanto la disistima per il lavoro degli etnomusicologi, quanto il disprezzo per l’oggetto delle loro ricerche e dei loro studi. Cioè la musica di quanti non erano stati e non erano partecipi del fenomeno che è la musica colta e scritta del nostro Occidente. La musica contrapposta alla non-musica; andando a fondo del problema, gli uomini contrapposti ai non-uomini. Sei anni dopo l’intervento di Brailou, Wiora era costretto a constatare come molti studiosi della musica non prendono in considerazione ne la musica primitiva, ne quella popolare orientale, anche in quei campi di lavoro nei quali sarebbe necessario, come per esempio le ricerche sul canto gregoriano e l’innodia. Questo scetticismo nei confronti di un approccio “storico” nell’etnomusicologia è dovuto all’assenza di sufficienti documenti scritti, in quanto limitata alla tradizione orale. Nel 1966 Strauss scrisse che “storia ed etnologia si distinguono in base all’esistenza o meno di commenti scritti dalle società studiate. Tale limitazione però non può essere considerata una barriera rigida in quanto, oltre a poter essere superata dalla tradizione orale (ricca presso popoli come certi popoli africani e dell’Oceania), l...


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