L industria culturale Tracce e immagini di un privilegio - Abruzzese PDF

Title L industria culturale Tracce e immagini di un privilegio - Abruzzese
Author andrea io
Course Sociologia
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Summary

L’industria culturale – tracce e immagini di un privilegioPremessaIl privilegio dell’IC deriva dal privilegio dell’Occidente sul resto del mondo. La sua ricchezza si è prodotta a spese della miseria dei paesi non sviluppati. Il termine “industria” sottolinea il carattere presocietario e antisocietar...


Description

L’industria culturale – tracce e immagini di un privilegio Premessa Il privilegio dell’IC deriva dal privilegio dell’Occidente sul resto del mondo. La sua ricchezza si è prodotta a spese della miseria dei paesi non sviluppati. Il termine “industria” sottolinea il carattere presocietario e antisocietario di macchinazione. Il termine “cultura” rimanda, invece, ad una sfera di attività di natura sociale. Per cui la definizione di IC mette insieme due concetti apparentemente antitetici: ciò che si costruisce per lavoro e ciò che si coltiva per svago. Definizione L’IC è un insieme complesso e organizzato di linguaggi, ciascuno con i suoi apparati di produzione e di consumo, ma destinati a funzionare come sistema. 1.Origini La nascita dell’IC comincia circa 50.000 anni fa con l’ invenzione delle mani: con la conquista della posizione eretta le mani furono liberate da funzioni deambulatorie e poterono essere impiegate per attività di manipolazione tecnica. La conquista delle mani a sua volta liberò la bocca da mansioni come afferrare, strappare, e ne rese possibile la specializzazione come apparato fonatorio. Insieme alla parola si svilupparono le prime tecniche di riproduzione delle immagini. La raffigurazione per immagini è una vera e propria istituzione sociale, con la funzione di comunicare e tramandare le conoscenze acquisite. La parola, per poter significare deve essere incarnata in un corpo e situata in un luogo. Per cui, ha potuto essere concepita come segno estrinseco e convenzionale delle cose solo quando è diventata essa stessa una cosa, cioè quando è stata scritta. La scrittura rappresenta un ulteriore passo verso l’acquisizione di forme più complesse di autocoscienza. È una tecnologia di rappresentazione del mondo più pratica e duttile rispetto all’immagine. Mentre l’immagine vincola alla rappresentazione di oggetti ed esseri esistenti, la scrittura consente di rappresentare nozioni non presenti nell’orizzonte del visibile. L’avvento della stampa può essere considerato l’evento che segna l’inizio dell’epoca moderna: essa porta alle estreme conseguenze le trasformazioni avviate con la scrittura relativamente alla resa visiva del pensiero astratto, inaugurando l’epoca in cui la parola è ridotta a cosa visibile, oggettiva e recuperabile. L’IC delle società primitive è rappresentata dal rito. Esso è la più antica arena di comunicazione collettiva dei gruppi umani. Implica una precisa divisione ed organizzazione sociale del lavoro tra produttori sacri e consumatori profani, necessita di un linguaggio specifico. L’antropologo Turner definisce i riti come attività liminari, cioè pratiche simboliche utilizzate per sancire il passaggio da un vecchio ad un nuovo ordine sociale e ridurre l’angoscia del mutamento. Quindi i generi espressivi che derivano dalle performance rituali esprimono un cambiamento di prospettiva nel modo in cui gli uomini osservano la propria realtà sociale. 2.Spettacolo e metropoli Tra il XVIII e XIX sec. le società occidentali sono caratterizzate da un processo di modernizzazione, interpretabile a partire dai concetti di mondanizzazione e secolarizzazione, entrambi riconducibili ai mutamenti della mentalità e della visione del mondo terreno rispetto a quello celeste, che portano all’abbandono delle caratteristiche tradizionali del potere, accentrate sulla sacralità del principe e della religione. Mondanizzazione e secolarizzazione sono connesse con l’espansione delle merci e del valore simbolico che esse assumono in rapporto all’indebolirsi del senso ultraterreno del mondo: gli individui cercano nella quotidianità, e quindi nelle merci, i surrogati di ciò che la religione e i rituali tradizionali non erano più in grado di soddisfare. Cominciano quindi ad affermarsi fenomeni come il collezionismo. La passione del collezionista è di riprodurre dentro lo spazio simbolico di un interno la messa in scena dell’universo. La raccolta dei prodotti

dell’arte, della natura e della tecnica in un’unica emblematica scena, che è anche scena del potere. Un potere fondato sulla ricchezza materiale e spirituale dei beni conservati, resi oggetto di culto da un tempo che si è mondanizzato. Per questo il collezionismo privato diventa una forma di lusso borghese, poiché con l’oggetto che viene collezionato si compra e si custodisce un privilegio prima impossibile, quello di disporre del mondo e non di appartenergli come parte. Il collezionismo è anche la base che spinge al costituirsi dei grandi musei ottocenteschi. Ma, con la nascita delle città industrializzate, è nello spazio delle esposizioni universali che la sacralità originaria del collezionismo si integra con il simbolismo di massa della merce come feticcio, come oggetto libidico. La distanza tra grandi esposizioni e museo diviene la radice dei conflitti che segneranno per sempre la differenza tra le culture di mercato e le culture istituzionali. La mondanizzazione comporta anche un altro fenomeno, cioè la desacralizzazione della festa. Nelle società dell’ancien regime le celebrazioni festive erano eventi controllati e organizzati allo scopo di consolidare sul piano simbolico l’assetto dei poteri esistenti. Erano concepite come spettacoli in cui i sudditi erano spettatori e il potere l’unico oggetto di esibizione e celebrazione. Con la fine dell’ancien regime coincide una radicale trasformazione del significato della festa. Per gli Illuministi la festa non è più strumento di ostentazione o conservazione dell’ordine sociale, ma pratica comunicative necessaria al rinnovamento dell’immaginario collettivo e alla costruzione di una nuova società. La festa diventa, quindi, un mezzo di comunicazione che enfatizza il valore dello spazio omogeneo contro i particolarismi dell’età prerivoluzionaria. I filosofi espressero una forte polemica contro gli spettacoli dell’ancien regime. Ad esempio, Rousseau condanna il teatro poiché costringe il pubblico al ruolo passivo di spettatore. Secondo il filosofo anche nello spettacolo bisogna ripristinare lo stato di natura, e lo spettacolo più naturale è la festa nazionale. Essa non deve essere celebrata in luoghi chiusi ma all’aperto, in modo che chiunque vi partecipi possa vedere tutti e allo stesso tempo essere visto. Gli spettatori devono essere essi stessi gli attori della festa. I fenomeni che portano alla nascita della società moderna sono identificabili con gli effetti della Rivoluzione industriale. Questa è segnata dall’invenzione della macchina a vapore. Ideata da James Watt nel 1780, era in grado di trasformare l’energia motrice del vapore in lavoro meccanico utilizzabile nell’industria tessile. Essa sancì la scomparsa del lavoro a domicilio e rese economica la concentrazione dei lavoratori in un unico luogo produttivo. Nasceva così la fabbrica. La macchina a vapore, oltre a modificare quantitativamente il lavoro umano rendendolo meno costoso e più produttivo, diede avvio a 2 fenomeni, cioè la parcellizzazione del lavoro, per cui ciascun operaio forniva una prestazione limitata ad una singola fase della lavorazione del prodotto, e l’istituzione del tempo libero. La rivoluzione industriale è stata accompagnata da un’imponente rivoluzione dei trasporti con l’invenzione del primo battello a vapore e la realizzazione della locomotiva per merito dell’ingegnere Stephenson. La locomotiva, in particolare favorì alcuni processi delle economie di mercato e delle società di massa. In primo luogo l’accelerazione nel trasporto di beni e di persone e la contrazione delle distanze agevolarono e potenziarono gli scambi commerciali. Inoltre i viaggi ferroviari ebbero una particolare influenza sulla mentalità e l’immaginario ottocentesco, poiché fornendo una visione del paesaggio come panorama,fuggevole, senza profondità né dettagli in primo piano, costituì l’esperienza archetipica dello spettacolo delle immagini in movimento realizzato dal cinema. Dalla dimensione dei trasporti si passa a quella delle comunicazioni, con l’invenzione del telegrafo elettrico, con cui fu possibile inviare messaggi a distanza in tempo reale. Esso ha avuto un ruolo decisivo nell’organizzazione dei mercati e delle finanze del sistema capitalistico poiché fu possibile conoscere istantaneamente i prezzi delle merci su ciascun mercato locale, realizzando così le condizioni di trasparenza e razionalità. Le trasformazione del contesto industriale, caratterizzato da un incremento vertiginoso della produzione e del consumo delle merci comporta profonde trasformazioni nella cultura, nei bisogni dei destinatari e nelle pratiche degli autori. La cultura diventa una merce da vendere al maggior numero di acquirenti che dispongono di poco tempo per dedicar visi. Per cui viene sottoposta ad un trattamento industriale natura, funzione e formati espressivi. Nella merce culturale viene valorizzata la quantità a scapito della qualità, i contenuti emozionanti e spettacolari a scapito della forma elegante, le novità a scapito della tradizione. Questa produzione culturale deve creare dal nulla il proprio pubblico, cioè trasformare lavoratori incolti in potenziale consumatori di

prodotti culturali. Quindi la produzione del testo viene razionalizzata, standardizzata e fondata sui modelli di consumo. Così in Edgar Allan Poe la letteratura diventa un’arte che ricerca l’effetto, concepita per incontrare il gusto e assecondare i ritmi di un pubblico borghese che ha poco tempo da dedicare alla lettura. Da qui la preferenza per il racconto piuttosto che per il romanzo, per la poesia breve e non per il poema epico. Dickens, invece, può essere visto come un anticipatore del montaggio filmico grazie alla forma narrativa dei suoi romanzi pubblicati a puntate. L’industria letteraria ha importanti risvolti anche dal punto di vista economico e produttivo. Infatti, allo sviluppo del sistema industriale sono associati processi di riduzione del tempo di lavoro e aumento dei salari, che alimentano la domanda dei beni di consumo legati al tempo libero. Ed è proprio in questo contesto che sorgono le prime grandi case editrici. Nella società di massa le trasformazioni investono anche gli autori e il loro lavoro intellettuale. L’autore cessa di essere al servizio delle corti aristocratiche e diventa un soggetto autonomo di creazione. Tuttavia, proprio perché vengono a mancare committenze e vitalizi degli antichi mecenati, la loro posizione economica e sociale si trasforma radicalmente. L’autore subisce un processo di proletarizzazione, diventando un semplice produttore, soggetto come tutti alle regole del mercato. Inoltre l’autore non ha più una conoscenza diretta ed immediata del suo lettore, per cui sempre più spesso ricorre ai periodici per intercettare nuovi bacini di utenza. 3. Poteri: massa e merci Nello studio della civiltà di massa si possono delineare due approcci. Il primo è quello proposto da Le Bon, il quale considera il fenomeno della massificazione come decadenza della civiltà. Egli vede l’avvento di un pubblico esteso oltre la compagine medio e alto borghese, costituito dai proletari, portatori di esigenze sociali ed espressive “degradate” rispetto ai modelli formali che l’Antico aveva trasmesso al Moderno. La massa viene percepita come una forma di vita inferiore. Ciò che accomuna gli individui sono i loro istinti più regressivi e violenti. Per questo Le Bon definisce l’età moderna come “ epoca delle folle” in cui la coscienza chiara e distinta dell’individuo è minacciata dalla brutale irrazionalità della folla. Il secondo approccio è quello di Tarde, il quale considera il fenomeno di massificazione come opportunità di miglioramento ed incremento delle condizioni comunicative. Per cui l’epoca moderna è vista come “l’era del pubblico” in cui la folla, grazie ai linguaggi della riproducibilità tecnica potrebbe aggregarsi in una comunità puramente spirituale di individui fisicamente separati, capace di scelte ponderate. Per propagandare e rendere visibili le merci l’Ottocento si è servito di alcuni dispositivi: Esposizioni universali – insediamenti territoriali collocati in scenari metropolitani in cui vengono pubblicizzate le tecnologie e le merci. Costituiscono un polo di attrazione nazionale e internazionale sia per il sistema produttivo capitalista, nel promuovere l’innovazione tecnologica, i prodotti e le strategie di comunicazione, sia per l’immaginario collettivo nel divulgare lo spirito delle macchine, la seduzione delle merci, le forme espressive della cultura di massa e della società dello spettacolo. Le esposizioni sono radicate sia nel territorio urbano che in quello dei media. L’allestimento in loco comporta poderosi flussi centripeti di risorse per attribuire valore generale e universale alla messa in scena, mentre la pubblicizzazione dell’evento ha bisogno di risorse centrifughe, proprio come quelle della stampa, dell’illustrazione e della fotografia che estendono il dispositivo delle esposizioni fino alle periferie, ai margini del sistema. La prima esposizione si tenne a Parigi nel 1789, ed inaugurò un modello che si realizza pienamente con l’esposizione di Londra del 1851. Quest’ultima fu significativa per diversi aspetti. Innanzitutto l’inaugurazione dell’esposizione avvenne alla presenza della regina Vittoria, che viene così a rappresentare il primo testimonial della storia della pubblicità moderna. In secondo luogo si decise di costruire il Crystal Palace (Paxton), un edificio costruito interamente in ferro e vetro. Luminoso e trasparente realizza l’obiettivo di accendere lo splendore delle merci trasformando le forme in immagini quasi incorporee. Inoltre le merci vengono presentate con i caratteri del dono, cioè come soggetti capaci di istituire nuove relazioni tra i soggetti, e sottolineando non le loro funzioni di utilità, ma quelle edonistiche, di investimento affettivo, fantastico, passionale. Grand hotel – sono luoghi di grande prestigio, destinati ad ospitare poche persone privilegiate, appartenenti all’aristocrazia e all’alta borghesia. Gli ambiento soddisfano l’aspettativa degli ospiti di ritrovarsi in spazi simili alla propria casa. L’obiettivo è quello di offrire riposo, intrattenimento e possibilità di nuove

conoscenze. Il tempo è regolato da rigidi cerimoniali e i comportamenti, fortemente ritualizzati, assumono una natura ostentativa e teatrale. Grandi magazzini – offre al pubblico la visione della contemporaneità grazie all’esposizione scenica, all’accumulo ostentativo, alla mappatura di tutto quello che serve, di tutto quello che si desidera. Il suo accesso è libero: a stabilire la selezione dei pubblici sono i prezzi dei prodotto in vendita. La nascita dei grandi magazzini viene indicata con l’apertura del Bon Marchè nel 1852. Le vetrine – hanno una piena espansione a partire dal 1902, quando la fabbricazione del vetro apporta alcune innovazioni utili alla creazione di lastre più grandi, capaci quindi di un più forte effetto spettacolare. Grazie alle vetrine si ritrovano per le vie della città le visioni offerte dai grandi magazzini. 4. Le forme della metropoli In questa rete di consumi spettacolari si inseriscono anche il circo e il varietà. Il circo si afferma come apparato mobile destinato ad organizzare nei modi seriali dell’industria dello spettacolo il gusto cittadino per l’esotico e l’estremo, per la paura della morte e la messa a rischio del corpo. L’ingresso del circo nello spazio metropolitano erano l’annuncio di quanto il progresso delle tecnologie aveva rimosso: la natura selvaggia delle bestie feroci, la fascinazione dei costumi orientali, la forza del corpo, le forme mostruose della vita. Molto celebre fu il circo allestito nel 1871 Burnum, a cui si deve l’invenzione del side-show (spettacolo annesso), uno spettacolo in cui sotto un tendone separato si esibivano creature mostruose. Il varietà era una messa in scena teatrale in cui al formato comico si affiancava quello tragico. La programmazione mista aveva lo scopo di offrire in un unico contenitore consumi differenziati. Il varietà era una forma di spettacolo articolata in canzonette, numeri d’acrobazia e atti comici. Rispetto ai generi classici del teatro in cui la scena conferiva veste estetica al quotidiano, nel varietà erano il quotidiano e il dissonante a dare forma alla scena. In questo contesto viene a delinearsi anche un nuovo ruolo della stampa. Questa infatti, fino al XVIII secolo, aveva avuto il ruolo di assicurare all’opinione pubblica uno strumento di controllo e di pressione sul potere politico. Nell’800, invece, ha lo scopo di reperire, costruire e diffondere notizie, per lo più di cronaca in stile sensazionalistico. Il questo modo il giornale diventa un’impresa che produce informazione e opera in una dimensione di mercato. La nascita della stampa di massa si fa risalire al 1833 con la pubblicazione negli Stati Uniti del quotidiano New York Sun, il primo che riesce a raggiungere un elevata tiratura, grazie sia al prezzo modesto che al livello popolare degli articoli pubblicati. Un evento fondamentale per lo sviluppo del giornalismo moderno è l’invenzione della linotype, una macchina che accelera i tempi della composizione tipografica. Il modello americano si diffonde rapidamente anche in Europa, dove incontra però le critiche di coloro che accusavano la stampa di banalizzare il confronto politico sollecitando le curiosità più superficiali dei lettori. Altro aspetto caratterizzante la società di massa è l’interesse degli illustratori Grandville e Dorè per la caricatura, che esprime l’inquietudine per la crisi del principio di individuazione. Grandville è autore di caricature della vita civile e politica del tempo, in cui rappresentò i contemporanei sotto l’aspetto di animali. Il lavoro di metamorfosizzazione della realtà visiva coglie il processo di astrazione della civiltà industriale, il quale vedeva uniformati in un unico flusso dinamico i mondi tradizionalmente distinti dell’uomo, degli animali e delle cose. Dorè traduce al presente metropolitano tutto l’immaginario letterario prodotto dal mondo civile. Egli illustrò infatti la Divina Commedia, i racconti di Poe, la Bibbia, così come le strade di Londra e gli itinerari turistici d’Europa. Il suo lavoro fu il risultato della contaminazione di stili, forme, narrazioni. In questo modo l’immagine travalica la parola scritta. I fatti della cronaca vengono fissati dal tratto del disegno e l’accesso alla lettura avviene grazie all’esibizione dell’immagine illustrata. Inizia quindi la funzione pubblicitaria dell’immagine. L’animazione dell’illustrazione genere due linguaggi di grande efficacia per l’industria culturale del ‘900: il fumetto e il cartone animato.

Il fumetto deriva il suo nome dalla nuvoletta di fumo che contiene le parole, negli Stati Uniti viene invece chiamato “comics”, in riferimento al contenuto umoristico delle prime storie a fumetti. I fumetti derivano dai quotidiani. Il primo fumetto, infatti, Yellow kid, nacque nel 1896 come supplemento del “New York World”. A questo il “New York Journal” rispose a sua volta con un supplemento domenicale dedicato ai fumetti. Lo sviluppo dei fumetti coincide con un periodo in cui si afferma la civiltà dell’immagine, in cui la parola si fa immagine e l’immagine prende la parola per soddisfare i bisogni comunicativi di un pubblico eterogeneo e semianalfabeta. Questo mezzo di comunicazione di massa è dotato di una vasta gamma di possibilità semantiche ed espressive e si avvale di una forma narrativa compendiaria e sequenziale, che utilizza solo alcuni elementi essenziali, lasciando all’immaginazione del lettore il compito di ricostruire il continuum narrativo. È un tipo di testo di facile leggibilità, ma tale da sollecitare continuamente la cooperazione e l’intervento del lettore. Il cartone animato è un genere espressivo che si sviluppa all’interno del cinema d’animazione, il quale si distingue da quello fotografico perché ha una dimensione artigianale e quindi può essere realizzato anche da un singolo e mediante una strumentazione povera. Il primo cartone animato è considerato il breve film realizzato da Emile Cohl nel 1908, Fantasmagoria. Ma la nascita del cartone animato come spettacolo di largo consumo si ha con la produzione di Walt Disney che coincide con l’avvento del sonoro: Michey Mouse del 1926 diventa presto un successo mondiale. Nei film Disney la tendenza all’antropomorfizzazione degli animali e all’animizzazione della natura va letta come un indicatore della sensibilità critic...


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